CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA
PARTE PRIMA |
PREFAZIONE
"Padre... questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e
colui che hai mandato, Gesù Cristo" ( Gv 17,3 ). "Dio, nostro Salvatore, ...
vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della
verità" ( 1Tm 2,3-4 ). "Non vi è... altro nome dato agli uomini sotto il
cielo, nel quale è stabilito che possiamo essere salvati" ( At 4,12 ) che il
Nome di Gesù.
I. La vita dell'uomo - conoscere e amare Dio
1 Dio, infinitamente perfetto e beato in se stesso, per un disegno di pura
bontà, ha liberamente creato l'uomo per renderlo partecipe della sua vita
beata. Per questo, in ogni tempo e in ogni luogo, egli è vicino all'uomo. Lo
chiama e lo aiuta a cercarlo, a conoscerlo, e ad amarlo con tutte le forze.
Convoca tutti gli uomini, che il peccato ha disperso, nell'unità della sua
famiglia, la Chiesa. Lo fa per mezzo del Figlio suo, che nella pienezza dei
tempi ha mandato come Redentore e Salvatore. In lui e mediante lui, Dio
chiama gli uomini a diventare, nello Spirito Santo, suoi figli adottivi e
perciò eredi della sua vita beata.
2 Affinché questo appello risuonasse per tutta la terra, Cristo ha inviato
gli Apostoli che aveva scelto, dando loro il mandato di annunziare il
Vangelo: "Andate e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del
Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto
ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla
fine del mondo" ( Mt 28,19-20 ). Forti di questa missione, gli Apostoli
"partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con
loro e confermava la parola con i prodigi che l'accompagnavano" ( Mc 16,20
).
3 Coloro che, con l'aiuto di Dio, hanno accolto l'invito di Cristo e vi
hanno liberamente risposto, a loro volta sono stati spinti dall'amore di
Cristo ad annunziare ovunque nel mondo la Buona Novella. Questo tesoro
ricevuto dagli Apostoli è stato fedelmente custodito dai loro successori.
Tutti i credenti in Cristo sono chiamati a trasmetterlo di generazione in
generazione, annunziando la fede, vivendola nell'unione fraterna e
celebrandola nella Liturgia e nella preghiera [Cf At 2,42 ].
II. Trasmettere la fede - la catechesi
4 Molto presto si diede il nome di catechesi all'insieme degli sforzi
intrapresi nella Chiesa per fare discepoli, per aiutare gli uomini a credere
che Gesù è il Figlio di Dio, affinché, mediante la fede, essi abbiano la
vita nel suo Nome, per educarli ed istruirli in questa vita e così costruire
il Corpo di Cristo [Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. Catechesi tradendae, 1;
2].
5 "La catechesi è un'educazione della fede dei fanciulli, dei giovani e
degli adulti, la quale comprende in special modo un insegnamento della
dottrina cristiana, generalmente dato in modo organico e sistematico, al
fine di iniziarli alla pienezza della vita cristiana" [Cf Giovanni Paolo II,
Esort. ap. Catechesi tradendae, 1; 2].
6 Senza confondersi formalmente con essi, la catechesi si articola in un
certo numero di elementi della missione pastorale della Chiesa, che hanno un
aspetto catechetico, che preparano la catechesi o che ne derivano: primo
annuncio del Vangelo, o predicazione missionaria allo scopo di suscitare la
fede; ricerca delle ragioni per credere; esperienza di vita cristiana;
celebrazione dei sacramenti; integrazione nella comunità ecclesiale;
testimonianza apostolica e missionaria [Cf ibid].
7 "La catechesi è intimamente legata a tutta la vita della Chiesa. Non
soltanto l'estensione geografica e l'aumento numerico, ma anche, e più
ancora, la crescita interiore della Chiesa, la sua corrispondenza al disegno
divino, dipendono essenzialmente da essa" [Cf ibid].
8 I periodi di rinnovamento della Chiesa sono anche tempi forti della
catechesi. Infatti vediamo che nella grande epoca dei Padri della Chiesa
santi vescovi dedicano alla catechesi una parte importante del loro
ministero. E' l'epoca di san Cirillo di Gerusalemme e di san Giovanni
Crisostomo, di sant'Ambrogio e di sant'Agostino, e di parecchi altri Padri,
le cui opere catechetiche rimangono esemplari.
9 Il ministero della catechesi attinge energie sempre nuove dai Concili. A
tal riguardo, il Concilio di Trento rappresenta un esempio da sottolineare:
nelle sue costituzioni e nei suoi decreti ha dato priorità alla catechesi; è
all'origine del Catechismo Romano che porta anche il suo nome e che
costituisce un'opera di prim'ordine come compendio della dottrina cristiana;
ha suscitato nella Chiesa un'eccellente organizzazione della catechesi;
grazie a santi vescovi e teologi, quali san Pietro Canisio, san Carlo
Borromeo, san Turibio di Mogrovejo, san Roberto Bellarmino, ha portato alla
pubblicazione di numerosi catechismi.
10 Non c'è, quindi, da meravigliarsi del fatto che nel dinamismo generato
dal Concilio Vaticano II (che il Papa Paolo VI considerava come il grande
catechismo dei tempi moderni), la catechesi della Chiesa abbia di nuovo
attirato l'attenzione. Lo testimoniano il Direttorio catechistico generale
del 1971, le sessioni del Sinodo dei Vescovi dedicate all'evangelizzazione
(1974) e alla catechesi (1977), le corrispondenti esortazioni apostoliche,
Evangelii nuntiandi (1975) e Catechesi tradendae (1979). La sessione
straordinaria del Sinodo dei Vescovi del 1985 chiese "che fosse redatto un
catechismo o compendio di tutta la dottrina cattolica per quanto riguarda
sia la fede che la morale" [Sinodo dei Vescovi 1985, Relazione finale II B a
4]. Il Santo Padre, Giovanni Paolo II, ha fatto suo questo desiderio
espresso dal Sinodo dei Vescovi, riconoscendo che esso "risponde appieno ad
una vera esigenza della Chiesa universale e delle Chiese particolari",
[Giovanni Paolo II, Discorso al Sinodo dei Vescovi del 7 dicembre 1985] e si
è alacremente adoperato perché il desiderio dei Padri del Sinodo si
realizzasse.
III. Lo scopo e i destinatari di questo catechismo
11 Questo catechismo ha lo scopo di presentare una esposizione organica e
sintetica dei contenuti essenziali e fondamentali della dottrina cattolica
sia sulla fede che sulla morale, alla luce del Concilio Vaticano II e
dell'insieme della Tradizione della Chiesa. Le sue fonti principali sono la
Sacra Scrittura, i Santi Padri, la Liturgia e il Magistero della Chiesa.
Esso è destinato a servire come "un punto di riferimento per i catechismi o
compendi che vengono preparati nei diversi paesi" [Sinodo dei Vescovi 1985,
Relazione finale II B a 4].
12 Questo catechismo è destinato principalmente ai responsabili della
catechesi: in primo luogo ai vescovi, quali maestri della fede e pastori
della Chiesa. Viene loro offerto come strumento nell'adempimento del loro
compito di insegnare al Popolo di Dio. Attraverso i vescovi, si rivolge ai
redattori dei catechismi, ai presbiteri e ai catechisti. Sarà di utile
lettura anche per tutti gli altri fedeli cristiani.
IV. La struttura di questo catechismo
13 Il piano di questo catechismo si ispira alla grande tradizione dei
catechismi che articolano la catechesi attorno a quattro "pilastri": la
professione della fede battesimale (il Simbolo), i sacramenti della fede, la
vita di fede (i comandamenti), la preghiera del credente (il "Padre
nostro").
Parte prima: La professione della fede
14 Coloro che per la fede e il Battesimo appartengono a Cristo devono
confessare la loro fede battesimale davanti agli uomini [Cf Mt 10,32; Rm
10,9 ]. Perciò, il catechismo espone anzitutto in che cosa consiste la
Rivelazione, per mezzo della quale Dio si rivolge e si dona all'uomo, e la
fede, per mezzo della quale l'uomo risponde a Dio (sezione prima). Il
Simbolo della fede riassume i doni che Dio fa all'uomo come Autore di ogni
bene, come Redentore, come Santificatore, e li articola attorno ai "tre
capitoli" del nostro Battesimo, e cioè la fede in un solo Dio: il Padre
Onnipotente, il Creatore; e Gesù Cristo, suo Figlio, nostro Signore e
Salvatore; e lo Spirito Santo, nella santa Chiesa (sezione seconda).
Parte seconda: I sacramenti della fede
15 La parte seconda del catechismo espone come la salvezza di Dio,
realizzata una volta per tutte da Gesù Cristo e dallo Spirito Santo, è resa
presente nelle azioni sacre della Liturgia della Chiesa (sezione prima),
particolarmente nei sette sacramenti (sezione seconda).
Parte terza: La vita della fede
16 La parte terza del catechismo presenta il fine ultimo dell'uomo, creato
ad immagine di Dio: la beatitudine e le vie per giungervi: un agire retto e
libero, con l'aiuto della legge e della grazia di Dio (sezione prima); un
agire che realizza il duplice comandamento della carità, esplicitato nei
dieci comandamenti di Dio (sezione seconda).
Parte quarta: La preghiera nella vita della fede
17 L'ultima parte del catechismo tratta del senso e dell'importanza della
preghiera nella vita dei credenti (sezione prima). Si conclude con un breve
commento alle sette domande della preghiera del Signore (sezione seconda).
In esse troviamo infatti l'insieme dei beni che dobbiamo sperare e che il
nostro Padre celeste ci vuole concedere.
V. Indicazioni pratiche per l'uso di questo catechismo
18 Questo catechismo è concepito come una esposizione organica di tutta la
fede cattolica. E', dunque, necessario leggerlo come un'unità. Numerosi
rimandi all'interno del testo e l'indice analitico alla fine del volume
consentono di vedere ogni tema nel suo legame con l'insieme della fede.
19 Spesso, i testi della Sacra Scrittura non sono citati letteralmente:
viene solo indicato il riferimento (con cf). Per una comprensione
approfondita di tali passaggi si deve ricorrere ai testi stessi. Questi
riferimenti biblici costituiscono uno strumento di lavoro per la catechesi.
20 L'uso dei caratteri piccoli in certi passaggi sta ad indicare che si
tratta di annotazioni di tipo storico, apologetico o di esposizioni
dottrinali complementari.
21 Le citazioni di fonti patristiche, liturgiche, magisteriali o
agiografiche sono stampate in caratteri piccoli e rientranti. Esse sono
destinate ad arricchire l'esposizione dottrinale. Spesso tali testi sono
stati scelti in vista di un uso direttamente catechistico.
22 Alla fine di ogni unità tematica, una serie di testi brevi riassumono in
formule concise l'essenziale dell'insegnamento. Questi "in sintesi" hanno lo
scopo di offrire suggerimenti alla catechesi locale per formule sintetiche e
memorizzabili.
VI. Gli adattamenti necessari
23 L'accento di questo catechismo è posto sull'esposizione dottrinale.
Infatti, esso vuole aiutare ad approfondire la conoscenza della fede.
Proprio per questo è orientato alla maturazione di questa fede, al suo
radicamento nella vita ed alla sua irradiazione attraverso la testimonianza
[Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. Catechesi tradendae, 20-22; 25].
24 Per la sua intrinseca finalità, questo catechismo non si propone di
attuare gli adattamenti dell'esposizione e dei metodi catechetici che sono
richiesti dalle differenze di cultura, di età, di vita spirituale e di
situazione sociale ed ecclesiale di coloro cui la catechesi è rivolta.
Questi indispensabili adattamenti sono lasciati a catechismi appropriati e,
ancor più, a coloro che istruiscono i fedeli:
Colui che insegna deve "farsi tutto a tutti" ( 1Cor 9,22 ) per guadagnare
tutti a Gesù Cristo ... In primo luogo non pensi che le anime a lui affidate
abbiano tutte lo stesso livello. Non si può perciò con un metodo unico ed
invariabile istruire e formare i fedeli alla vera devozione. Taluni sono
come bambini appena nati, altri cominciano appena a crescere in Cristo,
altri infine appaiono effettivamente già adulti.. Coloro che sono chiamati
al ministero della predicazione devono, nel trasmettere l'insegnamento dei
misteri della fede e delle norme dei costumi, adattare opportunamente la
propria personale cultura all'intelligenza e alle facoltà degli ascoltatori
[Catechismo Romano, Prefazione 11].
Al di sopra di tutto la carità
25 Per concludere questa presentazione, è opportuno ricordare il seguente
principio pastorale enunciato dal Catechismo Romano:
Tutta la sostanza della dottrina e dell'insegnamento deve essere orientata
alla carità che non avrà mai fine. Infatti sia che si espongano le verità
della fede o i motivi della speranza o i doveri della attività morale,
sempre e in tutto va dato rilievo all'amore di nostro Signore, così da far
comprendere che ogni esercizio di perfetta virtù cristiana non può scaturire
se non dall'amore, come nell'amore ha d'altronde il suo ultimo fine
[Catechismo Romano, Prefazione 11].
PARTE PRIMA - LA PROFESSIONE DELLA FEDE
SEZIONE PRIMA - "IO CREDO" - "NOI CREDIAMO"
26 Quando professiamo la nostra fede, cominciamo dicendo: "Io credo" oppure
"Noi crediamo". Perciò, prima di esporre la fede della Chiesa, così come è
confessata nel Credo, celebrata nella Liturgia, vissuta nella pratica dei
comandamenti e nella preghiera, ci domandiamo che cosa significa "credere".
La fede è la risposta dell'uomo a Dio che gli si rivela e gli si dona,
apportando nello stesso tempo una luce sovrabbondante all'uomo in cerca del
senso ultimo della vita. Prendiamo anzitutto in considerazione questa
ricerca dell'uomo (capitolo primo), poi la Rivelazione divina attraverso la
quale Dio si manifesta all'uomo (capitolo secondo), infine la risposta della
fede (capitolo terzo).
PARTE PRIMA - LA PROFESSIONE DELLA FEDE
SEZIONE PRIMA - "IO CREDO" - "NOI CREDIAMO"
CAPITOLO PRIMO - L'UOMO E' "CAPACE" DI DIO
I. Il desiderio di Dio
27 Il desiderio di Dio è inscritto nel cuore dell'uomo, perché l'uomo è
stato creato da Dio e per Dio; e Dio non cessa di attirare a sé l'uomo e
soltanto in Dio l'uomo troverà la verità e la felicità che cerca senza posa:
La ragione più alta della dignità dell'uomo consiste nella sua vocazione
alla comunione con Dio. Fin dal suo nascere l'uomo è invitato al dialogo con
Dio: non esiste, infatti, se non perché, creato per amore da Dio, da lui
sempre per amore è conservato, né vive pienamente secondo verità se non lo
riconosce liberamente e se non si affida al suo Creatore [Conc. Ecum. Vat.
II, Gaudium et spes, 19].
28 Nel corso della loro storia, e fino ai giorni nostri, gli uomini in
molteplici modi hanno espresso la loro ricerca di Dio attraverso le loro
credenze ed i loro comportamenti religiosi (preghiere, sacrifici, culti,
meditazioni, ecc). Malgrado le ambiguità che possono presentare, tali forme
d'espressione sono così universali che l'uomo può essere definito un essere
religioso:
Dio creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su
tutta la faccia della terra. Per essi ha stabilito l'ordine dei tempi e i
confini del loro spazio, perché cercassero Dio, se mai arrivino a trovarlo
andando come a tentoni, benché non sia lontano da ciascuno di noi. In lui
infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo ( At 17,26-28 ).
29 Ma questo "intimo e vitale legame con Dio" [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium
et spes, 19] può essere dimenticato, misconosciuto e perfino esplicitamente
rifiutato dall'uomo. Tali atteggiamenti possono avere origini assai diverse:
[Cf ibid., 19-21] la ribellione contro la presenza del male nel mondo,
l'ignoranza o l'indifferenza religiosa, le preoccupazioni del mondo e delle
ricchezze, [Cf Mt 13,22 ] il cattivo esempio dei credenti, le correnti di
pensiero ostili alla religione, e infine la tendenza dell'uomo peccatore a
nascondersi, per paura, davanti a Dio [Cf Gen 3,8-10 ] e a fuggire davanti
alla sua chiamata [Cf Gn 1,3 ].
30 "Gioisca il cuore di chi cerca il Signore" ( Sal 105,3 ). Se l'uomo può
dimenticare o rifiutare Dio, Dio però non si stanca di chiamare ogni uomo a
cercarlo perché viva e trovi la felicità. Ma tale ricerca esige dall'uomo
tutto lo sforzo della sua intelligenza, la rettitudine della sua volontà,
"un cuore retto" ed anche la testimonianza di altri che lo guidino nella
ricerca di Dio.
Tu sei grande, Signore, e ben degno di lode; grande è la tua virtù e la tua
sapienza incalcolabile. E l'uomo vuole lodarti, una particella del tuo
creato che si porta attorno il suo destino mortale, che si porta attorno la
prova del suo peccato e la prova che tu resisti ai superbi. Eppure l'uomo,
una particella del tuo creato, vuole lodarti. Sei tu che lo stimoli a
dilettarsi delle tue lodi, perché ci hai fatti per te e il nostro cuore non
ha posa finché non riposa in te [Sant'Agostino, Confessiones, 1, 1, 1].
II. Le vie che portano alla conoscenza di Dio
31 Creato a immagine di Dio, chiamato a conoscere e ad amare Dio, l'uomo che
cerca Dio scopre alcune "vie" per arrivare alla conoscenza di Dio. Vengono
anche chiamate "prove dell'esistenza di Dio", non nel senso delle prove
ricercate nel campo delle scienze naturali, ma nel senso di "argomenti
convergenti e convincenti" che permettono di raggiungere vere certezze.
Queste "vie" per avvicinarsi a Dio hanno come punto di partenza la
creazione: il mondo materiale e la persona umana.
32 Il mondo: partendo dal movimento e dal divenire, dalla contingenza,
dall'ordine e dalla bellezza del mondo si può giungere a conoscere Dio come
origine e fine dell'universo.
San Paolo riguardo ai pagani afferma "Ciò che di Dio si può conoscere è loro
manifesto; Dio stesso lo ha loro manifestato. Infatti, dalla creazione del
mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con
l'intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e
divinità" ( Rm 1,19-20 ) [Cf At 14,15; At 14,17; 32 At 17,27-28; Sap 13,1-9
].
E sant'Agostino: "Interroga la bellezza della terra, del mare, dell'aria
rarefatta e dovunque espansa; interroga la bellezza del cielo... interroga
tutte queste realtà. Tutte ti risponderanno: guardaci pure e osserva come
siamo belle. La loro bellezza è come un loro inno di lode ["confessio"].
Ora, queste creature, così belle ma pur mutevoli, chi le ha fatte se non uno
che è bello ["Pulcher"] in modo immutabile?" [Sant'Agostino, Sermones, 241,
2: PL 38, 1134].
33 L' uomo: con la sua apertura alla verità e alla bellezza, con il suo
senso del bene morale, con la sua libertà e la voce della coscienza, con la
sua aspirazione all'infinito e alla felicità, l'uomo si interroga
sull'esistenza di Dio. In queste aperture egli percepisce segni della
propria anima spirituale. "Germe dell'eternità che porta in sé, irriducibile
alla sola materia", [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 18; cf 14] la sua
anima non può avere la propria origine che in Dio solo.
34 Il mondo e l'uomo attestano che essi non hanno in se stessi né il loro
primo principio né il loro fine ultimo, ma che partecipano all'Essere in sé,
che non ha né origine né fine. Così, attraverso queste diverse "vie", l'uomo
può giungere alla conoscenza dell'esistenza di una realtà che è la causa
prima e il fine ultimo di tutto "e che tutti chiamano Dio" [San Tommaso
d'Aquino, Summa theologiae, I, 2, 3].
35 L'uomo ha facoltà che lo rendono capace di conoscere l'esistenza di un
Dio personale. Ma perché l'uomo possa entrare nella sua intimità, Dio ha
voluto rivelarsi a lui e donargli la grazia di poter accogliere questa
Rivelazione nella fede. Tuttavia, le "prove" dell'esistenza di Dio possono
disporre alla fede ed aiutare a constatare che questa non si oppone alla
ragione umana.
III. La conoscenza di Dio secondo la Chiesa
36 "La santa Chiesa, nostra madre, sostiene e insegna che Dio, principio e
fine di tutte le cose, può essere conosciuto con certezza con il lume
naturale della ragione umana partendo dalle cose create" [Concilio Vaticano
I: Denz. -Schönm., 3004; cf 3026; Conc. Ecum. Vat. II, Dei ]. Senza questa
capacità, l'uomo non potrebbe accogliere la Rivelazione di Dio. L'uomo ha
questa capacità perché è creato "a immagine di Dio" [Cf Gen 1,27 ].
37 Tuttavia, nelle condizioni storiche in cui si trova, l'uomo incontra
molte difficoltà per conoscere Dio con la sola luce della ragione.
Infatti, sebbene la ragione umana, per dirla semplicemente, con le sole sue
forze e la sua luce naturale possa realmente pervenire ad una conoscenza
vera e certa di un Dio personale, il quale con la sua Provvidenza si prende
cura del mondo e lo governa, come pure di una legge naturale inscritta dal
Creatore nelle nostre anime, tuttavia la stessa ragione incontra non poche
difficoltà ad usare efficacemente e con frutto questa sua capacità naturale.
Infatti le verità che concernono Dio e riguardano i rapporti che
intercorrono tra gli uomini e Dio, trascendono assolutamente l'ordine delle
cose sensibili, e, quando devono tradursi in azioni e informare la vita,
esigono devoto assenso e la rinuncia a se stessi. Lo spirito umano, infatti,
nella ricerca intorno a tali verità, viene a trovarsi in difficoltà sotto
l'influsso dei sensi e della immaginazione ed anche a causa delle tendenze
malsane nate dal peccato originale. Da ciò consegue che gli uomini
facilmente si persuadono, in tali argomenti, che è falso o quanto meno
dubbio ciò che essi non vorrebbero che fosse vero" [Pio XII, Lett. enc.
Humani generis: Denz. -Schönm., 3875].
38 Per questo l'uomo ha bisogno di essere illuminato dalla Rivelazione di
Dio, non solamente su ciò che supera la sua comprensione, ma anche sulle
"verità religiose e morali che, di per sé, non sono inaccessibili alla
ragione, affinché nella presente condizione del genere umano possano essere
conosciute da tutti senza difficoltà, con ferma certezza e senza mescolanza
d'errore" [Pio XII, Lett. enc. Humani generis: Denz. -Schönm., 3875].
IV. Come parlare di Dio?
39 Nel sostenere la capacità che la ragione umana ha di conoscere Dio, la
Chiesa esprime la sua fiducia nella possibilità di parlare di Dio a tutti
gli uomini e con tutti gli uomini. Questa convinzione sta alla base del suo
dialogo con le altre Religioni, con la filosofia e le scienze, come pure con
i non credenti e gli atei.
40 Essendo la nostra conoscenza di Dio limitata, lo è anche il nostro
linguaggio su Dio. Non possiamo parlare di Dio che a partire dalle creature
e secondo il nostro modo umano, limitato, di conoscere e di pensare.
41 Le creature hanno tutte una certa somiglianza con Dio, in modo
particolarissimo l'uomo creato a immagine e somiglianza di Dio. Le
molteplici perfezioni delle creature (la loro verità, bontà, bellezza)
riflettono dunque la perfezione infinita di Dio. Di conseguenza, noi
possiamo parlare di Dio a partire dalle perfezioni delle sue creature,
"difatti dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si conosce
l'Autore" ( Sap 13,5 ).
42 Dio trascende ogni creatura. Occorre dunque purificare continuamente il
nostro linguaggio da ciò che ha di limitato, di immaginoso, di imperfetto
per non confondere il Dio "ineffabile, incomprensibile, invisibile,
inafferrabile" [Liturgia di san Giovanni Crisostomo, Anafora] con le nostre
rappresentazioni umane. Le parole umane restano sempre al di qua del Mistero
di Dio.
43 Parlando così di Dio, il nostro linguaggio certo si esprime alla maniera
umana, ma raggiunge realmente Dio stesso, senza tuttavia poterlo esprimere
nella sua infinita semplicità. Ci si deve infatti ricordare che "non si può
rilevare una qualche somiglianza tra Creatore e creatura senza che si debba
notare tra di loro una dissomiglianza ancora maggiore", [Concilio
Lateranense IV: Denz. -Schönm., 806] e che "noi non possiamo cogliere di Dio
ciò che Egli è, ma solamente ciò che Egli non è, e come gli altri esseri si
pongano in rapporto a lui" [San Tommaso d'Aquino, Summa contra gentiles, 1,
30].
In sintesi
44 L'uomo è per natura e per vocazione un essere religioso. Poiché viene da
Dio e va a Dio, l'uomo non vive una vita pienamente umana, se non vive
liberamente il suo rapporto con Dio.
45 L'uomo è creato per vivere in comunione con Dio, nel quale trova la
propria felicità: "Quando mi sarò unito a Te con tutto me stesso, non
esisterà per me dolore e pena. Sarà vera vita la mia, tutta piena di Te"
[Sant'Agostino, Confessiones, 10, 28, 39].
46 Quando ascolta il messaggio delle creature e la voce della propria
coscienza, l'uomo può raggiungere la certezza dell'esistenza di Dio, causa e
fine di tutto.
47 La Chiesa insegna che il Dio unico e vero, nostro Creatore e Signore, può
essere conosciuto con certezza attraverso le sue opere, grazie alla luce
naturale della ragione umana [Cf Concilio Vaticano I: Denz. -Schönm., 3026].
48 Partendo dalle molteplici perfezioni delle creature, similitudini del Dio
infinitamente perfetto, possiamo realmente parlare di Dio, anche se il
nostro linguaggio limitato non ne esaurisce il Mistero.
49 "La creatura senza il Creatore svanisce" [Conc.
Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 36].
Ecco perché i credenti sanno di essere spinti dall'amore di Cristo a portare
la luce del Dio vivente a coloro che lo ignorano o lo rifiutano.
PARTE PRIMA - LA PROFESSIONE DELLA FEDE
SEZIONE PRIMA - "IO CREDO" - "NOI CREDIAMO"
CAPITOLO SECONDO - DIO VIENE INCONTRO ALL'UOMO
50 Per mezzo della ragione naturale, l'uomo può conoscere Dio con certezza a
partire dalle sue opere. Ma esiste un altro ordine di conoscenza a cui
l'uomo non può affatto arrivare con le sue proprie forze, quello della
Rivelazione divina [Cf Concilio Vaticano I: Denz. -Schönm., 3015]. Per una
decisione del tutto libera, Dio si rivela e si dona all'uomo svelando il suo
Mistero, il suo disegno di benevolenza prestabilito da tutta l'eternità in
Cristo a favore di tutti gli uomini. Egli rivela pienamente il suo disegno
inviando il suo Figlio prediletto, nostro Signore Gesù Cristo, e lo Spirito
Santo.
Articolo 1
LA RIVELAZIONE DI DIO
I. Dio rivela il suo "disegno di benevolenza"
51 "Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelare se stesso e far
conoscere il mistero della sua volontà, mediante il quale gli uomini, per
mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, nello Spirito Santo hanno accesso al
Padre e sono così resi partecipi della divina natura" [Conc. Ecum. Vat. II,
Dei Verbum, 2].
52 Dio che "abita una luce inaccessibile" ( 1Tm 6,16 ) vuole comunicare la
propria vita divina agli uomini da lui liberamente creati, per farne figli
adottivi nel suo unico Figlio [Cf Ef 1,4-5 ]. Rivelando se stesso, Dio vuole
rendere gli uomini capaci di rispondergli, di conoscerlo e di amarlo ben più
di quanto sarebbero capaci da se stessi.
53 Il disegno divino della Rivelazione si realizza ad un tempo "con eventi e
parole" che sono "intimamente connessi tra loro" [Conc. Ecum. Vat. II, Dei
Verbum, 2] e si chiariscono a vicenda. Esso comporta una "pedagogia divina"
particolare: Dio si comunica gradualmente all'uomo, lo prepara per tappe a
ricevere la Rivelazione soprannaturale che egli fa di se stesso e che
culmina nella persona e nella missione del Verbo incarnato, Gesù Cristo.
Sant'Ireneo di Lione parla a più riprese di questa pedagogia divina sotto
l'immagine della reciproca familiarità tra Dio e l'uomo: "Il Verbo di Dio
pose la sua abitazione tra gli uomini e si è fatto Figlio dell'uomo, per
abituare l'uomo a comprendere Dio e per abituare Dio a mettere la sua dimora
nell'uomo secondo la volontà del Padre" [Sant'Ireneo di Lione, Adversus
haereses, 3, 20, 2; cf p. esempio 3, 17, 1; 4, 12, 4; 4, 21, 3].
II. Le tappe della Rivelazione
Fin dal principio, Dio si fa conoscere
54 "Dio, il quale crea e conserva tutte le cose per mezzo del Verbo, offre
agli uomini nelle cose create una perenne testimonianza di sé. Inoltre,
volendo aprire la via della salvezza celeste, fin dal principio manifestò se
stesso ai progenitori" [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 3]. Li ha invitati
ad una intima comunione con sé rivestendoli di uno splendore di grazia e di
giustizia.
55 Questa Rivelazione non è stata interrotta dal peccato dei nostri
progenitori. Dio, in realtà, "dopo la loro caduta, con la promessa della
Redenzione, li risollevò nella speranza della salvezza ed ebbe costante cura
del genere umano, per dare la vita eterna a tutti coloro i quali cercano la
salvezza con la perseveranza nella pratica del bene" [Conc. Ecum. Vat. II,
Dei Verbum, 3].
"Quando, per la sua disobbedienza, l'uomo perse la tua amicizia, tu non
l'hai abbandonato in potere della morte... Molte volte hai offerto agli
uomini la tua alleanza" [Messale Romano, Preghiera eucaristica IV].
L'Alleanza con Noè
56 Dopo che l'unità del genere umano è stata spezzata dal peccato, Dio cerca
prima di tutto di salvare l'umanità passando attraverso ciascuna delle sue
parti. L'Alleanza con Noè dopo il diluvio [Cf Gen 9,9 ] esprime il principio
dell'Economia divina verso le "nazioni", ossia gli uomini riuniti in gruppi,
"ciascuno secondo la propria lingua e secondo le loro famiglie, nelle loro
nazioni" ( Gen 10,5 ) [Cf Gen 10,20-31 ].
57 Quest'ordine, ad un tempo cosmico, sociale e religioso della pluralità
delle nazioni, [Cf At 17,26-27 ] ha lo scopo di limitare l'orgoglio di una
umanità decaduta, la quale, concorde nella malvagità, [Cf Sap 10,5 ]
vorrebbe fare da se stessa la propria unità alla maniera di Babele [Cf Gen
11,4-6 ]. Ma, a causa del peccato, [Cf Rm 1,18-25 ] sia il politeismo sia
l'idolatria della nazione e del suo capo, costituiscono una continua
minaccia di perversione pagana per questa Economia provvisoria.
58 L'Alleanza con Noè resta in vigore per tutto il tempo delle nazioni, [Cf
Lc 21,24 ] fino alla proclamazione universale del Vangelo. La Bibbia venera
alcune grandi figure delle "nazioni", come "Abele il giusto", il
re-sacerdote Melchisedech, [Cf Gen 14,18 ] figura di Cristo, [Cf Eb 7,3 ] i
giusti "Noè, Daniele e Giobbe" ( Ez 14,14 ). La Scrittura mostra così a
quale altezza di santità possano giungere coloro che vivono secondo
l'Alleanza di Noè nell'attesa che Cristo riunisca "insieme tutti i figli di
Dio che erano dispersi" ( Gv 11,52 ).
Dio elegge Abramo
59 Per riunire tutta l'umanità dispersa, Dio sceglie Abraham chiamandolo
fuori dal suo paese, dalla sua parentela, dalla casa di suo padre, [Cf Gen
12,1 ] per fare di lui Abraham, vale a dire "il padre di una moltitudine di
popoli" ( Gen 17,5 ): "In te saranno benedette tutte le nazioni della terra"
(Gn 12,3 LXX) [Cf Gal 3,8 ].
60 Il popolo discendente da Abramo sarà il depositario della promessa fatta
ai patriarchi, il popolo della elezione, [Cf Rm 11,28 ] chiamato a preparare
la ricomposizione, un giorno, nell'unità della Chiesa, di tutti i figli di
Dio; [Cf Gv 11,52; 60 Gv 10,16 ] questo popolo sarà la radice su cui
verranno innestati i pagani diventati credenti [Cf Rm 11,17-18; 60 Rm 11,24
].
61 I patriarchi e i profeti ed altre figure dell'Antico Testamento sono
stati e saranno sempre venerati come santi in tutte le tradizioni liturgiche
della Chiesa.
Dio forma Israele come suo popolo
62 Dopo i patriarchi, Dio forma Israele quale suo popolo salvandolo dalla
schiavitù dell'Egitto. Conclude con lui l'Alleanza del Sinai e gli dà, per
mezzo di Mosè, la sua legge, perché lo riconosca e lo serva come l'unico Dio
vivo e vero, Padre provvido e giusto giudice, e stia in attesa del Salvatore
promesso [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 3].
63 Israele è il Popolo sacerdotale di Dio, [Cf Es 19,6 ] colui che "porta il
Nome del Signore" ( Dt 28,10 ). E' il Popolo di coloro "a cui Dio ha parlato
quale primogenito", [Messale Romano, Venerdì Santo: Preghiera universale VI]
il Popolo dei "fratelli maggiori" nella fede di Abramo.
64 Attraverso i profeti, Dio forma il suo Popolo nella speranza della
salvezza, nell'attesa di una Alleanza nuova ed eterna destinata a tutti gli
uomini [Cf Is 2,2-4 ] e che sarà inscritta nei cuori [Cf Ger 31,31-34; Eb
10,16 ]. I profeti annunziano una radicale redenzione del Popolo di Dio, la
purificazione da tutte le sue infedeltà, [Cf Ez 36 ] una salvezza che
includerà tutte le nazioni [Cf [Cf Is 49,5-6; Is 53,11 ]. Saranno
soprattutto i poveri e gli umili del Signore [Cf Sof 2,3 ] che porteranno
questa speranza. Le donne sante come Sara, Rebecca, Rachele, Miryam, Debora,
Anna, Giuditta ed Ester hanno hanno conservato viva la speranza della
salvezza d'Israele. Maria ne è l'immagine più luminosa [Cf Lc 1,38 ].
III. Cristo Gesù -
"Mediatore e pienezza di tutta la Rivelazione"
[Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 2]
Dio ha detto tutto nel suo Verbo
65 "Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi
modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha
parlato a noi per mezzo del Figlio" ( Eb 1,1-2 ). Cristo, il Figlio di Dio
fatto uomo, è la Parola unica, perfetta e definitiva del Padre, il quale in
lui dice tutto, e non ci sarà altra parola che quella. San Giovanni della
Croce, sulle orme di tanti altri, esprime ciò in maniera luminosa,
commentando Eb 1,1-2 :
Dal momento in cui ci ha donato il Figlio suo, che è la sua unica e
definitiva Parola, ci ha detto tutto in una sola volta in questa sola Parola
e non ha più nulla da dire. . . Infatti quello che un giorno diceva
parzialmente ai profeti, l'ha detto tutto nel suo Figlio, donandoci questo
tutto che è il suo Figlio. Perciò chi volesse ancora interrogare il Signore
e chiedergli visioni o rivelazioni, non solo commetterebbe una stoltezza, ma
offenderebbe Dio, perché non fissa il suo sguardo unicamente in Cristo e va
cercando cose diverse e novità [San Giovanni della Croce, Salita al monte
Carmelo, 2, 22, cf Liturgia delle Ore, I, Ufficio delle letture del lunedì
della seconda settimana di Avvento].
Non ci sarà altra Rivelazione
66 "L'Economia cristiana, in quanto è Alleanza Nuova e definitiva, non
passerà mai e non è da aspettarsi alcuna nuova Rivelazione pubblica prima
della manifestazione gloriosa del Signore nostro Gesù Cristo" [Conc. Ecum.
Vat. II, Dei Verbum, 4]. Tuttavia, anche se la Rivelazione è compiuta, non è
però completamente esplicitata; toccherà alla fede cristiana coglierne
gradualmente tutta la portata nel corso dei secoli.
67 Lungo i secoli ci sono state delle rivelazioni chiamate "private", alcune
delle quali sono state riconosciute dall'autorità della Chiesa. Esse non
appartengono tuttavia al deposito della fede. Il loro ruolo non è quello di
"migliorare" o di "completare" la Rivelazione definitiva di Cristo, ma di
aiutare a viverla più pienamente in una determinata epoca storica. Guidato
dal Magistero della Chiesa, il senso dei fedeli sa discernere e accogliere
ciò che in queste rivelazioni costituisce un appello autentico di Cristo o
dei suoi santi alla Chiesa.
La fede cristiana non può accettare "rivelazioni" che pretendono di superare
o correggere la Rivelazione di cui Cristo è il compimento. E' il caso di
alcune Religioni non cristiane ed anche di alcune recenti sette che si
fondano su tali "rivelazioni".
In sintesi
68 Per amore, Dio si è rivelato e si è donato all'uomo. Egli offre così una
risposta definitiva e sovrabbondante agli interrogativi che l'uomo si pone
sul senso e sul fine della propria vita.
69 Dio si è rivelato all'uomo comunicandogli gradualmente il suo Mistero
attraverso gesti e parole.
70 Al di là della testimonianza che dà di se stesso nelle cose create, Dio
si è manifestato ai nostri progenitori. Ha loro parlato e, dopo la caduta,
ha loro promesso la salvezza [Cf Gen 3,15 ] ed offerto la sua Alleanza.
71 Dio ha concluso con Noè una Alleanza eterna tra lui e tutti gli esseri
viventi [Cf Gen 9,16 ]. Essa durerà tanto quanto durerà il mondo.
72 Dio ha eletto Abramo ed ha concluso una Alleanza con lui e la sua
discendenza. Ne ha fatto il suo popolo al quale ha rivelato la sua Legge per
mezzo di Mosè. Lo ha preparato, per mezzo dei profeti, ad accogliere la
salvezza destinata a tutta l'umanità.
73 Dio si è rivelato pienamente mandando il suo proprio Figlio, nel quale ha
stabilito la sua Alleanza per sempre. Egli è la Parola definitiva del Padre,
così che, dopo di lui, non vi sarà più un'altra Rivelazione.
Articolo 2
LA TRASMISSIONE DELLA RIVELAZIONE DIVINA
74 Dio "vuole che tutti gli uomini siano salvati ed arrivino alla conoscenza
della verità" ( 1Tm 2,4 ), cioè di Gesù Cristo [Cf Gv 14,6 ]. E' necessario
perciò che il Cristo sia annunciato a tutti i popoli e a tutti gli uomini e
che in tal modo la Rivelazione arrivi fino ai confini del mondo:
Dio, con la stessa somma benignità, dispose che quanto Egli aveva rivelato
per la salvezza di tutte le genti, rimanesse sempre integro e venisse
trasmesso a tutte le generazioni [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 7].
I. La Tradizione apostolica
75 "Cristo Signore, nel quale trova compimento tutta la Rivelazione del
sommo Dio, ordinò agli Apostoli di predicare a tutti, comunicando loro i
doni divini, come la fonte di ogni verità salutare e di ogni regola morale,
il Vangelo che, prima promesso per mezzo dei profeti, Egli ha adempiuto e
promulgato di sua bocca" [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 7].
La predicazione apostolica...
76 La trasmissione del Vangelo, secondo il comando del Signore, è stata
fatta in due modi:
- oralmente, "dagli Apostoli, i quali nella predicazione orale, con gli
esempi e le istituzioni trasmisero sia ciò che avevano ricevuto dalla bocca,
dal vivere insieme e dalle opere di Cristo, sia ciò che avevano imparato per
suggerimento dello Spirito Santo";
- per iscritto, "da quegli Apostoli e uomini della loro cerchia, i quali,
sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, misero in iscritto l'annunzio della
della salvezza" [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 7].
...continuata attraverso la successione apostolica
77 "Affinché il Vangelo si conservasse sempre integro e vivo nella Chiesa,
gli Apostoli lasciarono come successori i vescovi, ad essi affidando il loro
proprio compito di magistero" [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 7]. Infatti,
"la predicazione apostolica, che è espressa in modo speciale nei libri
ispirati, doveva essere conservata con successione continua fino alla fine
dei tempi" [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 7].
78 Questa trasmissione viva, compiuta nello Spirito Santo, è chiamata
Tradizione, in quanto è distinta dalla Sacra Scrittura, sebbene ad essa
strettamente legata. Per suo tramite "la Chiesa, nella sua dottrina, nella
sua vita e nel suo culto, perpetua e trasmette a tutte le generazioni, tutto
ciò che essa è, tutto ciò che essa crede" [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum,
7]. "Le asserzioni dei santi Padri attestano la vivificante presenza di
questa Tradizione, le cui ricchezze sono trasfuse nella pratica e nella vita
della Chiesa che crede e che prega" [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 7].
79 In tal modo la comunicazione, che il Padre ha fatto di sé mediante il suo
Verbo nello Spirito Santo, rimane presente e operante nella Chiesa: "Dio, il
quale ha parlato in passato, non cessa di parlare con la Sposa del suo
Figlio diletto, e lo Spirito Santo, per mezzo del quale la viva voce del
Vangelo risuona nella Chiesa, e per mezzo di questa nel mondo, introduce i
credenti a tutta intera la verità e fa risiedere in essi abbondantemente la
Parola di Cristo" [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 7].
II. Il rapporto tra la Tradizione e la Sacra Scrittura
Una sorgente comune...
80 "La Sacra Tradizione e la Sacra Scrittura sono tra loro strettamente
congiunte e comunicanti. Poiché ambedue scaturiscono dalla stessa divina
sorgente, esse formano in certo qual modo una cosa sola e tendono allo
stesso fine" [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 9]. L'una e l'altra rendono
presente e fecondo nella Chiesa il Mistero di Cristo, il quale ha promesso
di rimanere con i suoi "tutti i giorni, fino alla fine del mondo" ( Mt 28,20
).
...due modi differenti di trasmissione
81 " La Sacra Scrittura è la Parola di Dio in quanto è messa per iscritto
sotto l'ispirazione dello Spirito divino".
Quanto alla Sacra Tradizione, essa conserva "la Parola di Dio, affidata da
Cristo Signore e dallo Spirito Santo agli Apostoli", e la trasmette
"integralmente ai loro successori, affinché questi, illuminati dallo Spirito
di verità, con la loro predicazione fedelmente la conservino, la espongano e
la diffondano".
82 Accade così che la Chiesa, alla quale è affidata la trasmissione e
l'interpretazione della Rivelazione, "attinga la sua certezza su tutte le
cose rivelate non dalla sola Sacra Scrittura. Perciò l'una e l'altra devono
essere accettate e venerate con pari sentimento di pietà e di rispetto"
[Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 9].
Tradizione apostolica e tradizioni ecclesiali
83 La Tradizione di cui qui parliamo è quella che viene dagli Apostoli e
trasmette ciò che costoro hanno ricevuto dall'insegnamento e dall'esempio di
Gesù e ciò che hanno appreso dallo Spirito Santo. In realtà, la prima
generazione di cristiani non aveva ancora un Nuovo Testamento scritto e lo
stesso Nuovo Testamento attesta il processo della Tradizione vivente.
Vanno distinte da questa le "tradizioni" teologiche, disciplinari,
liturgiche o devozionali nate nel corso del tempo nelle Chiese locali. Esse
costituiscono forme particolari attraverso le quali la grande Tradizione si
esprime in forme adatte ai diversi luoghi e alle diverse epoche. Alla luce
della Tradizione apostolica queste "tradizioni" possono essere conservate,
modificate oppure anche abbandonate sotto la guida del Magistero della
Chiesa.
III. L'interpretazione del deposito della fede
Il deposito della fede affidato alla totalità della Chiesa
84 Il "deposito" ( 1Tm 6,20 ) [Cf 2Tm 1,12-14 ] della fede ("depositum
fidei"), contenuto nella Sacra Tradizione e nella Sacra Scrittura, è stato
affidato dagli Apostoli alla totalità della Chiesa. "Aderendo ad esso tutto
il popolo santo, unito ai suoi Pastori, persevera costantemente
nell'insegnamento degli Apostoli e nella comunione, nella frazione del pane
e nelle orazioni, in modo che, nel ritenere, praticare e professare la fede
trasmessa, si crei una singolare unità di spirito tra vescovi e fedeli"
[Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 10].
Il Magistero della Chiesa
85 "L'ufficio di interpretare autenticamente la Parola di Dio scritta o
trasmessa è stato affidato al solo Magistero vivente della Chiesa, la cui
autorità è esercitata nel nome di Gesù Cristo", [Conc. Ecum. Vat. II, Dei
Verbum, 10] cioè ai vescovi in comunione con il successore di Pietro, il
vescovo di Roma.
86 Questo "Magistero però non è al di sopra della Parola di Dio, ma la
serve, insegnando soltanto ciò che è stato trasmesso, in quanto, per divino
mandato e con l'assistenza dello Spirito Santo, piamente la ascolta,
santamente la custodisce e fedelmente la espone, e da questo unico deposito
della fede attinge tutto ciò che propone da credere come rivelato da Dio"
[Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 10].
87 I fedeli, memori della Parola di Cristo ai suoi Apostoli: "Chi ascolta
voi, ascolta me" ( Lc 10,16 ), [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 20]
accolgono con docilità gli insegnamenti e le direttive che vengono loro
dati, sotto varie forme, dai Pastori.
I dogmi della fede
88 Il Magistero della Chiesa si avvale in pienezza dell'autorità che gli
viene da Cristo quando definisce qualche dogma, cioè quando, in una forma
che obbliga il popolo cristiano ad un'irrevocabile adesione di fede, propone
verità contenute nella Rivelazione divina, o anche quando propone in modo
definitivo verità che hanno con quelle una necessaria connessione.
89 Tra i dogmi e la nostra vita spirituale c'è un legame organico. I dogmi
sono luci sul cammino della nostra fede, lo rischiarano e lo rendono sicuro.
Inversamente, se la nostra vita è retta, la nostra intelligenza e il nostro
cuore saranno aperti ad accogliere la luce dei dogmi della fede [Cf Gv
8,31-32 ].
90 I mutui legami e la coerenza dei dogmi si possono trovare nel complesso
della Rivelazione del Mistero di Cristo [Cf Concilio Vaticano I:
Denz.-Schönm., 3016: "nexus mysteriorum"; Conc. Ecum. Vat. II, Lumen
gentium, 25]. "Esiste un ordine o "gerarchia" nelle verità della dottrina
cattolica, essendo diverso il loro nesso col fondamento della fede
cristiana" [Conc. Ecum. Vat. II, Unitatis redintegratio, 11].
Il senso soprannaturale della fede
91 Tutti i fedeli sono partecipi della comprensione e della trasmissione
della verità rivelata. Hanno ricevuto l'unzione dello Spirito Santo che
insegna loro ogni cosa [Cf 1Gv 2,20; 1Gv 2,27 ] e li guida "alla verità
tutta intera" ( Gv 16,13 ).
92 "La totalità dei fedeli... non può sbagliarsi nel credere, e manifesta
questa proprietà mediante il senso soprannaturale della fede in tutto il
popolo quando "dai vescovi fino agli ultimi fedeli laici" esprime
l'universale suo consenso in materia di fede e di costumi" [Conc. Ecum. Vat.
II, Lumen gentium, 12].
93 "Infatti, per quel senso della fede, che è suscitato e sorretto dallo
Spirito di verità, il popolo di Dio, sotto la guida del sacro Magistero, ...
aderisce indefettibilmente "alla fede una volta per tutte trasmessa ai
santi", con retto giudizio penetra in essa più a fondo e più pienamente
l'applica nella vita" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 12].
La crescita nell'intelligenza della fede
94 Grazie all'assistenza dello Spirito Santo, l'intelligenza tanto delle
realtà quanto delle parole del deposito della fede può progredire nella vita
della Chiesa:
- "Con la riflessione e lo studio dei credenti, i quali le meditano in cuor
loro"; [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 8] in particolare "la ricerca
teologica... prosegue nella conoscenza profonda della verità rivelata"
[Conc.
Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 62; cf 44; Id., Dei Verbum, 23; 24; Id.,
Unitatis redintegratio, 4].
- "Con la profonda intelligenza che" i credenti "provano delle cose
spirituali"; [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 8] "Divina eloquia cum
legente crescunt - le parole divine crescono insieme con chi le legge" [San
Gregorio Magno, Homilia in Ezechielem, 1, 7, 8: PL 76, 843D].
- "Con la predicazione di coloro i quali, con la successione episcopale,
hanno ricevuto un carisma certo di verità" [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum,
8].
95 "E' chiaro dunque che la Sacra Tradizione, la Sacra Scrittura e il
Magistero della Chiesa, per sapientissima disposizione di Dio, sono tra loro
tal mente connessi e congiunti che non possono indipendentemente sussistere
e che tutti insieme, ciascuno secondo il proprio modo, sotto l'azione di un
solo Spirito Santo, contribuiscono efficacemente alla salvezza delle anime"
[Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 10].
In sintesi
96 Ciò che Cristo ha affidato agli Apostoli, costoro l'hanno trasmesso con
la predicazione o per iscritto, sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, a
tutte le generazioni, fino al ritorno glorioso di Cristo.
97 "La Sacra Tradizione e la Sacra Scrittura costituiscono un solo sacro
deposito della parola di Dio" , [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 10] nel
quale, come in uno specchio, la Chiesa pellegrina contempla Dio, fonte di
tutte le sue ricchezze.
98 "La Chiesa, nella sua dottrina, nella sua vita, nel suo culto, perpetua e
trasmette a tutte le generazioni tutto ciò che essa stessa è, tutto ciò che
essa crede" [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 10].
99 Tutto il popolo di Dio, in virtù del suo senso soprannaturale della fede,
non cessa di accogliere il dono della Rivelazione divina, di penetrarlo
sempre più profondamente e di viverlo più pienamente.
100 L'ufficio di interpretare autenticamente la Parola di Dio è stato
affidato al solo Magistero della Chiesa, al Papa e ai vescovi in comunione
con lui.
Articolo 3
LA SACRA SCRITTURA
I. Il Cristo - Parola unica della Sacra Scrittura
101 Nella condiscendenza della sua bontà, Dio, per rivelarsi agli uomini,
parla loro in parole umane: "Le parole di Dio, infatti, espresse con lingue
umane, si sono fatte simili al linguaggio degli uomini, come già il Verbo
dell'eterno Padre, avendo assunto le debolezze dell'umana natura, si fece
simile agli uomini" [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 10].
102 Dio, attraverso tutte le parole della Sacra Scrittura, non dice che una
sola Parola, il suo unico Verbo, nel quale dice se stesso interamente [Cf Eb
1,1-3 ].
Ricordatevi che uno solo è il discorso di Dio che si sviluppa in tutta la
Sacra Scrittura ed uno solo è il Verbo che risuona sulla bocca di tutti gli
scrittori santi, il quale essendo in principio Dio presso Dio, non conosce
sillabazione perché è fuori del tempo [Sant'Agostino, Enarratio in Psalmos,
103, 4, 1].
103 Per questo motivo, la Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture,
come venera il Corpo stesso del Signore. Essa non cessa di porgere ai fedeli
il Pane di vita preso dalla mensa della Parola di Dio e del Corpo di Cristo
[Cf Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 21].
104 Nella Sacra Scrittura, la Chiesa trova incessantemente il suo nutrimento
e il suo vigore; [Cf ibid., 24] infatti attraverso la divina Scrittura essa
non accoglie soltanto una parola umana, ma quello che è realmente: la Parola
di Dio [Cf 1Ts 2,13 ]. "Nei Libri Sacri, infatti, il Padre che è nei cieli
viene con molta amorevolezza incontro ai suoi figli ed entra in
conversazione con loro" [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 21].
II. Ispirazione e verità della Sacra Scrittura
105 Dio è l'Autore della Sacra Scrittura. "Le cose divinamente rivelate, che
nei libri della Sacra Scrittura sono contenute e presentate, furono
consegnate sotto l'ispirazione dello Spirito Santo.
La Santa Madre Chiesa, per fede apostolica, ritiene sacri e canonici tutti
interi i libri sia dell'Antico che del Nuovo Testamento, con tutte le loro
parti, perché, scritti sotto ispirazione dello Spirito Santo, hanno Dio per
autore e come tali sono stati consegnati alla Chiesa" [Conc. Ecum. Vat. II,
Dei Verbum, 21].
106 Dio ha ispirato gli autori umani dei Libri Sacri. "Per la composizione
dei Libri Sacri, Dio scelse degli uomini, di cui si servì nel possesso delle
loro facoltà e capacità, affinché, agendo Egli stesso in essi e per loro
mezzo, scrivessero come veri autori tutte e soltanto quelle cose che Egli
voleva" [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 21].
107 I libri ispirati insegnano la verità. "Poiché dunque tutto ciò che gli
autori ispirati o agiografi asseriscono, è da ritenersi asserito dallo
Spirito Santo, si deve dichiarare, per conseguenza, che i libri della
Scrittura insegnano fermamente, fedelmente e senza errore la verità che Dio
per la nostra salvezza volle fosse consegnata nelle sacre Lettere" [Conc.
Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 21].
108 La fede cristiana tuttavia non è una "religione del Libro". Il
cristianesimo è la religione della "Parola" di Dio, di una parola cioè che
non è "una parola scritta e muta, ma del Verbo incarnato e vivente" [San
Bernardo di Chiaravalle, Homilia super missus est, 4, 11: PL 183, 86B].
Perché le parole dei Libri Sacri non restino lettera morta, è necessario che
Cristo, Parola eterna del Dio vivente, per mezzo dello Spirito Santo ci
"apra la mente all'intelligenza delle Scritture" ( Lc 24,45 ).
III. Lo Spirito Santo, interprete della Scrittura
109 Nella Sacra Scrittura, Dio parla all'uomo alla maniera umana. Per una
retta interpretazione della Scrittura, bisogna dunque ricercare con
attenzione che cosa gli agiografi hanno veramente voluto affermare e che
cosa è piaciuto a Dio manifestare con le loro parole [Cf Conc. Ecum. Vat.
II, Dei Verbum, 12].
110 Per comprendere l'intenzione degli autori sacri, si deve tener conto
delle condizioni del loro tempo e della loro cultura, dei "generi letterari"
allora in uso, dei modi di intendere, di esprimersi, di raccontare, consueti
nella loro epoca. "La verità infatti viene diversamente proposta ed espressa
nei testi in varia maniera storici o profetici, o poetici, o con altri
generi di espressione" [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 12].
111 Però, essendo la Sacra Scrittura ispirata, c'è un altro principio di
retta interpretazione, non meno importante del precedente, senza il quale la
Scrittura resterebbe lettera morta: la Sacra Scrittura deve "essere letta e
interpretata con l'aiuto dello stesso Spirito mediante il quale è stata
scritta" [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 12].
Il Concilio Vaticano II indica tre criteri per una interpretazione della
Scrittura conforme allo Spirito che l'ha ispirata: [Cf ibid]
112 1. Prestare grande attenzione "al contenuto e all'unità di tutta la
Scrittura". Infatti, per quanto siano differenti i libri che la compongono,
la Scrittura è una in forza dell'unità del disegno di Dio, del quale Cristo
Gesù è il centro e il cuore, aperto dopo la sua Pasqua [Cf Lc 24,25-27; 112
Lc 24,44-46 ].
Il cuore [Cf Sal 22,15 ] di Cristo designa la Sacra Scrittura che appunto
rivela il cuore di Cristo. Questo cuore era chiuso prima della Passione,
perché la Scrittura era oscura. Ma la Scrittura è stata aperta dopo la
Passione, affinché coloro che ormai ne hanno l'intelligenza considerino e
comprendano come le profezie debbano essere interpretate [San Tommaso
d'Aquino, Expositio in Psalmos, 21, 11].
113 2. Leggere la Scrittura nella "Tradizione vivente di tutta la Chiesa".
Secondo un detto dei Padri, "sacra Scriptura principalius est in corde
Ecclesiae quam in materialibus instrumentis scripta - la Sacra Scrittura è
scritta nel cuore della Chiesa prima che su strumenti materiali". Infatti,
la Chiesa porta nella sua Tradizione la memoria viva della Parola di Dio ed
è lo Spirito Santo che le dona l'interpretazione di essa secondo il senso
spirituale [secundum spiritualem sensum quem Spiritus donat Ecclesiae":
Origene, Homiliae in Leviticum, 5, 5].
114 3. Essere attenti "all'analogia della fede" [Cf Rm 12,6 ]. Per "analogia
della fede" intendiamo la coesione delle verità della fede tra loro e nella
totalità del progetto della Rivelazione.
I sensi della Scrittura
115 Secondo un'antica tradizione, si possono distinguere due sensi della
Scrittura: il senso letterale e quello spirituale, suddiviso quest'ultimo in
senso allegorico, morale e anagogico. La piena concordanza dei quattro sensi
assicura alla lettura viva della Scrittura nella Chiesa tutta la sua
ricchezza.
116 Il senso letterale. E' quello significato dalle parole della Scrittura
e trovato attraverso l'esegesi che segue le regole della retta
interpretazione. "Omnes sensus (sc. sacrae Scripturae) fundentur super
litteralem - Tutti i sensi della Sacra Scrittura si basano su quello
letterale" [San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, I, 1, 10, ad 1].
117 Il senso spirituale. Data l'unità del disegno di Dio, non soltanto il
testo della Scrittura, ma anche le realtà e gli avvenimenti di cui parla
possono essere dei segni.
1. Il senso allegorico. Possiamo giungere ad una comprensione più profonda
degli avvenimenti se riconosciamo il loro significato in Cristo; così, la
traversata del Mar Rosso è un segno della vittoria di Cristo, e così del
Battesimo [Cf 1Cor 10,2 ].
2. Il senso morale. Gli avvenimenti narrati nella Scrittura possono condurci
ad agire rettamente. Sono stati scritti "per ammonimento nostro" ( 1Cor
10,11 ) [Cf Eb 3-4,11 ].
3. Il senso anagogico. Possiamo vedere certe realtà e certi avvenimenti nel
loro significato eterno, che ci conduce (in greco: "anagoge") verso la
nostra Patria. Così la Chiesa sulla terra è segno della Gerusalemme celeste
[Cf Ap 21,1-22,5 ].
118 Un distico medievale riassume il significato dei quattro sensi:
Littera gesta docet, quid credas allegoria,
Moralis quid agas, quo tendas anagogia.
La lettera insegna i fatti, l'allegoria che cosa credere,
il senso morale che cosa fare, e l'anagogia dove tendere.
119 "E' compito degli esegeti contribuire, secondo queste regole, alla più
profonda intelligenza ed esposizione del senso della Sacra Scrittura,
affinché, con studi in qualche modo preparatori, si maturi il giudizio della
Chiesa. Tutto questo, infatti, che concerne il modo di interpretare la
Scrittura, è sottoposto in ultima istanza al giudizio della Chiesa, la quale
adempie il divino mandato e ministero di conservare ed interpretare la
Parola di Dio" [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 12].
Ego vero Evangelio non crederem, nisi me catholicae Ecclesiae commoveret
auctoritas - Non crederei al Vangelo se non mi ci inducesse l'autorità della
Chiesa cattolica [Sant'Agostino, Contra epistulam Manichaei quam vocant
fundamenti, 5, 6: PL 42, 176].
IV. Il Canone delle Scritture
120 E' stata la Tradizione apostolica a far discernere alla Chiesa quali
scritti dovessero essere compresi nell'elenco dei Libri Sacri [Cf Conc. Ecum.
Vat. II, Dei Verbum, 8]. Questo elenco completo è chiamato "Canone" delle
Scritture. Comprende per l'Antico Testamento 46 libri (45 se si considerano
Geremia e le Lamentazioni come un unico testo) e 27 per il Nuovo Testamento:
[Cf Decretum Damasi: Denz. -Schönm., 179; Concilio di Firenze (1442): ibid.,
1334-1336; Concilio di Trento: ibid., 1501-1504].
Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio, Giosuè, Giudici, Rut, i due
libri di Samuele, i due libri dei Re, i due libri delle Cronache, Esdra e
Neemia, Tobia, Giuditta, Ester, i due libri dei Maccabei, Giobbe, i Salmi, i
Proverbi, il Qoèlet (Ecclesiaste), il Cantico dei Cantici, la Sapienza, il
Siracide (Ecclesiastico), Isaia, Geremia, le Lamentazioni, Baruc, Ezechiele,
Daniele, Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Naum, Abacuc, Sofonia,
Aggeo, Zaccaria, Malachia per l'Antico Testamento;
i Vangeli di Matteo, di Marco, di Luca e di Giovanni, gli Atti degli
Apostoli, le Lettere di san Paolo ai Romani, la prima e la seconda ai
Corinzi, ai Galati, agli Efesini, ai Filippesi, ai Colossesi, la prima e la
seconda ai Tessalonicesi, la prima e la seconda a Timoteo, a Tito, a
Filemone, la Lettera agli Ebrei, la Lettera di Giacomo, la prima e la
seconda Lettera di Pietro, le tre Lettere di Giovanni, la Lettera di Giuda e
l'Apocalisse per il Nuovo Testamento.
L'Antico Testamento
121 L'Antico Testamento è una parte ineliminabile della Sacra Scrittura. I
suoi libri sono divinamente ispirati e conservano un valore perenne [Cf Conc.
Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 14] poiché l'Antica Alleanza non è mai stata
revocata.
122 Infatti, "l'Economia dell'Antico Testamento era soprattutto ordinata a
preparare. . . l'avvento di Cristo Salvatore dell'universo". I libri
dell'Antico Testamento, "sebbene contengano anche cose imperfette e
temporanee", rendono testimonianza di tutta la divina pedagogia dell'amore
salvifico di Dio. Essi "esprimono un vivo senso di Dio, una sapienza
salutare per la vita dell'uomo e mirabili tesori di preghiere"; in essi
infine "è nascosto il mistero della nostra salvezza" [Cf Conc. Ecum. Vat.
II, Dei Verbum, 14].
123 I cristiani venerano l'Antico Testamento come vera Parola di Dio. La
Chiesa ha sempre energicamente respinto l'idea di rifiutare l'Antico
Testamento con il pretesto che il Nuovo l'avrebbe reso sorpassato (Marcionismo).
Il Nuovo Testamento
124 "La Parola di Dio, che è potenza divina per la salvezza di chiunque
crede, si presenta e manifesta la sua forza in modo eminente negli scritti
del Nuovo Testamento" [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 14]. Questi
scritti ci consegnano la verità definitiva della Rivelazione divina. Il loro
oggetto centrale è Gesù Cristo, il Figlio di Dio incarnato, le sue opere, i
suoi insegnamenti, la sua passione e la sua glorificazione, come pure gli
inizi della sua Chiesa sotto l'azione dello Spirito Santo [Cf ibid., 20].
125 I Vangeli sono il cuore di tutte le Scritture "in quanto sono la
principale testimonianza relativa alla vita e alla dottrina del Verbo
incarnato, nostro Salvatore" [Cf ibid., 20].
126 Nella formazione dei Vangeli si possono distinguere tre tappe:
1. La vita e l'insegnamento di Gesù. La Chiesa ritiene con fermezza che i
quattro Vangeli, "di cui afferma senza esitazione la storicità, trasmettono
fedelmente quanto Gesù Figlio di Dio, durante la sua vita tra gli uomini,
effettivamente operò e insegnò per la loro salvezza eterna, fino al giorno
in cui ascese al cielo".
2. La tradizione orale. "Gli Apostoli poi, dopo l'Ascensione del Signore,
trasmisero ai loro ascoltatori ciò che egli aveva detto e fatto, con quella
più completa intelligenza di cui essi, ammaestrati dagli eventi gloriosi di
Cristo e illuminati dalla luce dello Spirito di verità, godevano".
3. I Vangeli scritti. "Gli autori sacri scrissero i quattro Vangeli,
scegliendo alcune cose tra le molte tramandate a voce o già per iscritto,
redigendo una sintesi delle altre o spiegandole con riguardo alla situazione
delle Chiese, conservando infine il carattere di predicazione, sempre però
in modo tale da riferire su Gesù cose vere e sincere" [Conc. Ecum. Vat. II,
Dei Verbum, 19].
127 Il Vangelo quadriforme occupa nella Chiesa un posto unico; lo testimonia
la venerazione di cui lo circonda la Liturgia e la singolarissima attrattiva
che in ogni tempo ha esercitato sui santi.
Non c'è dottrina che sia migliore, più preziosa e più splendida del testo
del Vangelo. Considerate e custodite [nel cuore] quanto Cristo, nostro
Signore e Maestro, ha insegnato con le sue parole e realizzato con le sue
azioni [Santa Cesaria la giovane, A sainte Richilde et sainte Radegonde:
Sources chrétiennes, 345, 480].
Soprattutto sul Vangelo mi soffermo durante le mie preghiere: vi trovo
quanto è necessario alla mia povera anima. Vi scopro sempre nuove luci,
sensi reconditi e misteriosi [Santa Teresa di Gesù Bambino, Manoscritti
autobiografici, A, 83v].
L'unità dell'Antico e del Nuovo Testamento
128 La Chiesa, fin dai tempi apostolici, [Cf 1Cor 10,6; 1Cor 10,11; Eb 10,1;
1Pt 3,21 ] e poi costantemente nella sua Tradizione, ha messo in luce
l'unità del piano divino nei due Testamenti grazie alla tipologia. Questa
nelle opere di Dio dell'Antico Testamento ravvisa delle prefigurazioni di
ciò che Dio, nella pienezza dei tempi, ha compiuto nella Persona del suo
Figlio incarnato.
129 I cristiani, quindi, leggono l'Antico Testamento alla luce di Cristo
morto e risorto. La lettura tipologica rivela l'inesauribile contenuto
dell'Antico Testamento. Non deve indurre però a dimenticare che esso
conserva il valore suo proprio di Rivelazione che lo stesso nostro Signore
ha riaffermato [Cf Mc 12,29-31 ]. Pertanto, anche il Nuovo Testamento esige
d'essere letto alla luce dell'Antico. La primitiva catechesi cristiana vi
farà costantemente ricorso [Cf 1Cor 5,6-8; 1Cor 10,1-11 ]. Secondo un antico
detto, il Nuovo Testamento è nascosto nell'Antico, mentre l'Antico è svelato
nel Nuovo: "Novum in Vetere latet et in Novo Vetus patet" [Sant'Agostino,
Quaestiones in Heptateucum, 2, 73: PL 34, 623; cf Conc. Ecum. Vat. II, Dei
Verbum, 16].
130 La tipologia esprime il dinamismo verso il compimento del piano divino,
quando "Dio sarà tutto in tutti" ( 1Cor 15,28 ). Anche la vocazione dei
patriarchi e l'Esodo dall'Egitto, per esempio, non perdono il valore che è
loro proprio nel piano divino, per il fatto di esserne, al tempo stesso,
tappe intermedie.
V. La Sacra Scrittura nella vita della Chiesa
131 "Nella Parola di Dio è insita tanta efficacia e potenza da essere
sostegno e vigore della Chiesa, e per i figli della Chiesa saldezza della
fede, cibo dell'anima, sorgente pura e perenne della vita spirituale" [Conc.
Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 21]. "E' necessario che i fedeli abbiano largo
accesso alla Sacra Scrittura" [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 21].
132 "Lo studio della Sacra Scrittura sia dunque come l'anima della sacra
teologia. Anche il ministero della Parola, cioè la predicazione pastorale,
la catechesi e tutta l'istruzione cristiana, nella quale l'omelia liturgica
deve avere un posto privilegiato, si nutre con profitto e santamente
vigoreggia con la Parola della Scrittura" [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum,
21].
133 La Chiesa "esorta con forza e insistenza tutti i fedeli... ad apprendere
"la sublime scienza di Gesù Cristo" ( Fil 3,8 ) con la frequente lettura
delle divine Scritture. "L'ignoranza delle Scritture, infatti, è ignoranza
di Cristo" (San Girolamo)" [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 21].
In sintesi
134 "Omnis Scriptura divina unus liber est, et hic unus liber Christus est,
quia omnis Scriptura divina de Christo loquitur, et omnis Scriptura divina
in Christo impletur - Tutta la divina Scrittura è un libro solo e
quest'unico libro è Cristo; infatti tutta la divina Scrittura parla di
Cristo e in Lui trova compimento" [Ugo di San Vittore, De arca Noe, 2, 8: PL
176, 642C].
135 "Le Sacre Scritture contengono la Parola di Dio e, perché ispirate, sono
veramente Parola di Dio" [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 24].
136 Dio è l'Autore della Sacra Scrittura nel senso che ispira i suoi autori
umani; Egli agisce in loro e mediante loro. Così ci dà la certezza che i
loro scritti insegnano senza errore la verità salvifica [Cf ibid., 11].
137 L'interpretazione delle Scritture ispirate dev'essere innanzi tutto
attenta a ciò che Dio, attraverso gli autori sacri, vuole rivelare per la
nostra salvezza. "Ciò che è opera dello Spirito, non viene pienamente
compreso se non sotto l'azione dello Spirito" [Origene, Homiliae in Exodum,
4, 5].
138 La Chiesa riceve e venera come ispirati i 46 libri dell'Antico
Testamento e i 27 libri del Nuovo Testamento.
139 I quattro Vangeli occupano un posto centrale, per la centralità che
Cristo ha in essi.
140 Dall'unità del progetto di Dio e della sua Rivelazione deriva l'unità
dei due Testamenti: l'Antico Testamento prepara il Nuovo, mentre il Nuovo
compie l'Antico; i due si illuminano a vicenda; entrambi sono vera Parola di
Dio.
141 "La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture come ha fatto per il
Corpo stesso del Signore"; [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 21] in ambedue
le realtà tutta la vita cristiana trova il proprio nutrimento e la propria
regola. "Lampada per i miei passi è la tua Parola, luce sul mio cammino" (
Sal 119,105 ) [Cf Is 50,4 ].
PARTE PRIMA - LA PROFESSIONE DELLA FEDE
SEZIONE PRIMA - "IO CREDO" - "NOI CREDIAMO"
CAPITOLO TERZO - LA RISPOSTA DELL'UOMO A DIO
142 Con la sua Rivelazione "Dio invisibile nel suo immenso amore parla agli
uomini come ad amici e si intrattiene con essi per invitarli ed ammetterli
alla comunione con sé" [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 2]. La risposta
adeguata a questo invito è la fede.
143 Con la fede l'uomo sottomette pienamente a Dio la propria intelligenza e
la propria volontà. Con tutto il suo essere l'uomo dà il proprio assenso a
Dio rivelatore [Cf ibid., 5]. La Sacra Scrittura chiama "obbedienza della
fede" questa risposta dell'uomo a Dio che rivela [Cf Rm 1,5; Rm 16,26 ].
Articolo 1
IO CREDO
I. L'obbedienza della fede
144 Obbedire (ob-audire") nella fede è sottomettersi liberamente alla Parola
ascoltata, perché la sua verità è garantita da Dio, il quale è la Verità
stessa. Il modello di questa obbedienza propostoci dalla Sacra Scrittura è
Abramo. La Vergine Maria ne è la realizzazione più perfetta.
Abramo - "il padre di tutti i credenti"
145 La Lettera agli Ebrei, nel solenne elogio della fede degli antenati,
insiste particolarmente sulla fede di Abramo: "Per fede Abramo, chiamato da
Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì
senza sapere dove andava" ( Eb 11,8 ) [Cf Gen 12,1-4 ]. Per fede soggiornò
come straniero e pellegrino nella Terra promessa [Cf Gen 23,4 ]. Per fede
Sara ricevette la possibilità di concepire il figlio della promessa. Per
fede, infine, Abramo offrì in sacrificio il suo unico figlio [Cf Eb 11,17 ].
146 Abramo realizza così la definizione della fede data dalla Lettera agli
Ebrei: "La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che
non si vedono" ( Eb 11,1 ). "Abramo ebbe fede in Dio e ciò gli fu
accreditato come giustizia" ( Rm 4,3 ) [Cf Gen 15,6 ]. Grazie a questa forte
fede, [Cf Rm 4,20 ] Abramo è diventato "padre" di tutti coloro che credono (
Rm 4,11; Rm 4,18 ) [Cf Gen 15,5 ].
147 Di questa fede, l'Antico Testamento è ricco di testimonianze. La Lettera
agli Ebrei fa l'elogio della fede esemplare degli antichi che "ricevettero"
per essa "una buona testimonianza" ( Eb 11,2; Eb 11,39 ). Tuttavia "Dio
aveva in vista qualcosa di meglio per noi": la grazia di credere nel suo
Figlio Gesù, "autore e perfezionatore della fede" ( Eb 11,40; 147 Eb 12,2 ).
Maria - "Beata colei che ha creduto"
148 La Vergine Maria realizza nel modo più perfetto l'obbedienza della fede.
Nella fede, Maria accolse l'annunzio e la promessa a Lei portati dall'angelo
Gabriele, credendo che "nulla è impossibile a Dio" ( Lc 1,37 ), [Cf Gen
18,14 ] e dando il proprio consenso: "Sono la serva del Signore, avvenga di
me quello che hai detto" ( Lc 1,38 ). Elisabetta la salutò così: "Beata
colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore" ( Lc 1,45 ).
Per questa fede tutte le generazioni la chiameranno beata [Cf Lc 1,48 ].
149 Durante tutta la sua vita, e fino all'ultima prova, [Cf Lc 2,35 ] quando
Gesù, suo Figlio, morì sulla croce, la sua fede non ha mai vacillato. Maria
non ha cessato di credere "nell'adempimento" della Parola di Dio. Ecco
perché la Chiesa venera in Maria la più pura realizzazione della fede.
II. "So a chi ho creduto" ( 2Tm 1,12 )
Credere in un solo Dio
150 La fede è innanzi tutto una adesione personale dell'uomo a Dio; al tempo
stesso ed inseparabilmente, è l'assenso libero a tutta la verità che Dio ha
rivelato. In quanto adesione personale a Dio e assenso alla verità da Lui
rivelata, la fede cristiana differisce dalla fede in una persona umana. E'
bene e giusto affidarsi completamente a Dio e credere assolutamente a ciò
che Egli dice. Sarebbe vano e fallace riporre una simile fede in una
creatura [Cf Ger 17,5-6; 150 Sal 40,5; Sal 146,3-4 ].
Credere in Gesù Cristo, Figlio di Dio
151 Per il cristiano, credere in Dio è inseparabilmente credere in Colui che
Egli ha mandato, "il suo Figlio prediletto" nel quale si è compiaciuto ( Mc
1,11 ); Dio ci ha detto di ascoltarlo [Cf Mc 9,7 ]. Il Signore stesso dice
ai suoi discepoli: "Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me" ( Gv
14,1 ). Possiamo credere in Gesù Cristo perché Egli stesso è Dio, il Verbo
fatto carne: "Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è
nel seno del Padre, Lui lo ha rivelato" ( Gv 1,18 ). Poiché Egli "ha visto
il Padre" ( Gv 6,46 ), è il solo a conoscerlo e a poterlo rivelare [Cf Mt
11,27 ].
Credere nello Spirito Santo
152 Non si può credere in Gesù Cristo se non si ha parte al suo Spirito. E'
lo Spirito Santo che rivela agli uomini chi è Gesù. Infatti "nessuno può
dire: "Gesù è Signore" se non sotto l'azione dello Spirito Santo" ( 1Cor
12,3 ). "Lo Spirito scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio... Nessuno
ha mai potuto conoscere i segreti di Dio se non lo Spirito di Dio" ( 1Cor
2,10-11 ). Dio solo conosce pienamente Dio. Noi crediamo nello Spirito Santo
perché è Dio.
La Chiesa non cessa di confessare la sua fede in un solo Dio, Padre, Figlio
e Spirito Santo.
III. Le caratteristiche della fede
La fede è una grazia
153 Quando san Pietro confessa che Gesù è "il Cristo, il Figlio del Dio
vivente", Gesù gli dice: "Né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma
il Padre mio che sta nei cieli" ( Mt 16,17 ) [Cf Gal 1,15; 153 Mt 11,25 ].
La fede è un dono di Dio, una virtù soprannaturale da Lui infusa. "Perché si
possa prestare questa fede, è necessaria la grazia di Dio che previene e
soccorre, e gli aiuti interiori dello Spirito Santo, il quale muova il cuore
e lo rivolga a Dio, apra gli occhi della mente, e dia "a tutti dolcezza nel
consentire e nel credere alla verità"" [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 5].
La fede è un atto umano
154 E' impossibile credere senza la grazia e gli aiuti interiori dello
Spirito Santo. Non è però meno vero che credere è un atto autenticamente
umano. Non è contrario né alla libertà né all'intelligenza dell'uomo far
credito a Dio e aderire alle verità da lui rivelate. Anche nelle relazioni
umane non è contrario alla nostra dignità credere a ciò che altre persone ci
dicono di sé e delle loro intenzioni, e far credito alle loro promesse
(come, per esempio, quando un uomo e una donna si sposano), per entrare così
in reciproca comunione. Conseguentemente, ancor meno è contrario alla nostra
dignità "prestare, con la fede, la piena sottomissione della nostra
intelligenza e della nostra volontà a Dio quando si rivela" [Concilio
Vaticano I: Denz.-Schönm., 3008] ed entrare in tal modo in intima comunione
con lui.
155 Nella fede, l'intelligenza e la volontà umane cooperano con la grazia
divina: "Credere est actus intellectus assentientis veritati divinae ex
imperio voluntatis a Deo motae per gratiam - Credere è un atto
dell'intelletto che, sotto la spinta della volontà mossa da Dio per mezzo
della grazia, dà il proprio consenso alla verità divina" [San Tommaso
d'Aquino, Summa theologiae, II-II, 2, 9; cf Concilio Vaticano I:
Denz.-Schönm., 3010].
La fede e l'intelligenza
156 Il motivo di credere non consiste nel fatto che le verità rivelate
appaiano come vere e intelligibili alla luce della nostra ragione naturale.
Noi crediamo "per l'autorità di Dio stesso che le rivela, il quale non può
né ingannarsi né ingannare". "Nondimeno, perché l'ossequio della nostra fede
fosse conforme alla ragione, Dio ha voluto che agli interiori aiuti dello
Spirito Santo si accompagnassero anche prove esteriori della sua
Rivelazione" [Concilio Vaticano I: Denz.- Schönm., 3009]. Così i miracoli di
Cristo e dei santi [Cf Mc 16,20; Eb 2,4 ] le profezie, la diffusione e la
santità della Chiesa, la sua fecondità e la sua stabilità "sono segni
certissimi della divina Rivelazione, adatti ad ogni intelligenza", sono
"motivi di credibilità" i quali mostrano che l'assenso della fede non è
"affatto un cieco moto dello spirito" [Concilio Vaticano I: Denz.-Schönm.,
3008-3010].
157 La fede è certa, più certa di ogni conoscenza umana, perché si fonda
sulla Parola stessa di Dio, il quale non può mentire. Indubbiamente, le
verità rivelate possono sembrare oscure alla ragione e all'esperienza umana,
ma "la certezza data dalla luce divina è più grande di quella offerta dalla
luce della ragione naturale" [San Tommaso d'Aquino, Summa teologiae, II-II,
171, 5, ad 3]. "Diecimila difficoltà non fanno un solo dubbio" [John Henry
Newman, Apologia pro vita sua].
158 "La fede cerca di comprendere ": [Sant'Anselmo d'Aosta, Proslogion,
proem: PL 153, 225A] è caratteristico della fede che il credente desideri
conoscere meglio colui nel quale ha posto la sua fede, e comprendere meglio
ciò che egli ha rivelato; una conoscenza più penetrante richiederà a sua
volta una fede più grande, sempre più ardente d'amore. La grazia della fede
apre "gli occhi della mente" ( Ef 1,18 ) per una intelligenza viva dei
contenuti della Rivelazione, cioè dell'insieme del disegno di Dio e dei
misteri della fede, dell'intima connessione che li lega tra loro e con
Cristo, centro del Mistero rivelato. Ora, "affinché l'intelligenza della
Rivelazione diventi sempre più profonda, lo stesso Spirito Santo perfeziona
continuamente la fede per mezzo dei suoi doni" [Conc. Ecum. Vat. II, Dei
Verbum, 5]. Così, secondo il detto di sant'Agostino, "credo per comprendere
e comprendo per meglio credere" [Sant'Agostino, Sermones, 43, 7, 9: PL 38,
258].
159 Fede e scienza. "Anche se la fede è sopra la ragione, non vi potrà mai
essere vera divergenza tra fede e ragione: poiché lo stesso Dio che rivela i
misteri e comunica la fede, ha anche deposto nello spirito umano il lume
della ragione, questo Dio non potrebbe negare se stesso, né il vero
contraddire il vero" [Concilio Vaticano I: Denz. -Schönm., 3017]. "Perciò la
ricerca metodica di ogni disciplina, se procede in maniera veramente
scientifica e secondo le norme morali, non sarà mai in reale contrasto con
la fede, perché le realtà profane e le realtà della fede hanno origine dal
medesimo Dio. Anzi, chi si sforza con umiltà e perseveranza di scandagliare
i segreti della realtà, anche senza che egli se ne avveda, viene come
condotto dalla mano di Dio, il quale, mantenendo in esistenza tutte le cose,
fa che siano quello che sono" [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 36, 2].
La libertà della fede
160 Per essere umana, la risposta della fede data dall'uomo a Dio deve
essere volontaria; "nessuno quindi può essere costretto ad abbracciare la
fede contro la sua volontà. Infatti l'atto di fede è volontario per sua
stessa natura" [Conc. Ecum. Vat. II, Dignitatis humanae, 10; cf Codice di
Diritto Canonico, 748, 2]. "Dio chiama certo gli uomini a servire lui in
spirito e verità, per cui essi sono vincolati in coscienza ma non
coartati... Ciò è apparso in sommo grado in Cristo Gesù" [Conc. Ecum. Vat.
II, Dignitatis humanae, 11]. Infatti, Cristo ha invitato alla fede e alla
conversione, ma a ciò non ha affatto costretto. Ha reso testimonianza alla
verità", ma non ha voluto "imporla con la forza a coloro che la
respingevano. Il suo regno ... cresce in virtù dell'amore, con il quale
Cristo, esaltato in croce, trae a sé gli uomini" [Conc. Ecum. Vat. II,
Dignitatis humanae, 11].
La necessità della fede
161 Credere in Gesù Cristo e in colui che l'ha mandato per la nostra
salvezza, è necessario per essere salvati [Cf Mc 16,16; Gv 3,36; Gv 6,40 e.
a]. "Poiché "senza la fede è impossibile essere graditi a Dio" ( Eb 11,6 ) e
condividere le condizioni di suoi figli, nessuno può essere mai giustificato
senza di essa e nessuno conseguirà la vita eterna se non "persevererà in
essa sino alla fine" ( Mt 10,22; 161 Mt 24,13 )" [Concilio Vaticano I: Denz.
-Schönm. , 3012; cf Concilio di Trento: Denz. -Schönm., ].
La perseveranza nella fede
162 La fede è un dono che Dio fa all'uomo gratuitamente. Noi possiamo
perdere questo dono inestimabile. San Paolo, a questo proposito, mette in
guardia Timoteo: Combatti "la buona battaglia con fede e buona coscienza,
poiché alcuni che l'hanno ripudiata hanno fatto naufragio nella fede" ( 1Tm
1,18-19 ). Per vivere, crescere e perseverare nella fede sino alla fine,
dobbiamo nutrirla con la Parola di Dio; dobbiamo chiedere al Signore di
accrescerla; [Cf Mc 9,24; Lc 17,5; Lc 22,32 ] essa deve operare "per mezzo
della carità" ( Gal 5,6 ), [Cf Gc 2,14-26 ] essere sostenuta dalla speranza
[Cf Rm 15,13 ] ed essere radicata nella fede della Chiesa.
La fede - inizio della vita eterna
163 La fede ci fa gustare come in anticipo la gioia e la luce della visione
beatifica, fine del nostro pellegrinare quaggiù. Allora vedremo Dio "a
faccia a faccia" ( 1Cor 13,12 ), "così come egli è" ( 1Gv 3,2 ). ( 1Gv 3,2
). La fede, quindi, è già l'inizio della vita eterna:
Fin d'ora contempliamo come in uno specchio, quasi fossero già presenti, le
realtà meravigliose che ci riservano le promesse e che, per la fede,
attendiamo di godere [San Basilio di Cesarea, Liber de Spiritu Sancto, 15,
36: PG 32, 132; cf San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II-II, 4, 1].
164 Ora, però, "camminiamo nella fede e non ancora in visione" ( 2Cor 5,7 ),
e conosciamo Dio "come in uno specchio, in maniera confusa..., in modo
imperfetto" ( 1Cor 13,12 ). La fede, luminosa a motivo di Colui nel quale
crede, sovente è vissuta nell'oscurità. La fede può essere messa alla prova.
Il mondo nel quale viviamo pare spesso molto lontano da ciò di cui la fede
ci dà la certezza; le esperienze del male e della sofferenza, delle
ingiustizie e della morte sembrano contraddire la Buona Novella, possono far
vacillare la fede e diventare per essa una tentazione.
165 Allora dobbiamo volgerci verso i testimoni della fede: Abramo, che
credette, "sperando contro ogni speranza" ( Rm 4,18 ); la Vergine Maria che,
nel "cammino della fede", [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 58] è giunta
fino alla "notte della fede" [Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris
Mater, 18] partecipando alla sofferenza del suo Figlio e alla notte della
sua tomba; e molti altri testimoni della fede. "Circondati da un così gran
nugolo di testimoni, deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci
assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo
fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede" ( Eb 12,1-2 )
Articolo 2
NOI CREDIAMO
166 La fede è un atto personale: è la libera risposta dell'uomo
all'iniziativa di Dio che si rivela. La fede però non è un atto isolato.
Nessuno può credere da solo, così come nessuno può vivere da solo. Nessuno
si è dato la fede da se stesso, così come nessuno da se stesso si è dato
l'esistenza. Il credente ha ricevuto la fede da altri e ad altri la deve
trasmettere. Il nostro amore per Gesù e per gli uomini ci spinge a parlare
ad altri della nostra fede. In tal modo ogni credente è come un anello nella
grande catena dei credenti. Io non posso credere senza essere sorretto dalla
fede degli altri, e, con la mia fede, contribuisco a sostenere la fede degli
altri.
167 "Io credo": [Simbolo degli Apostoli] è la fede della Chiesa professata
personalmente da ogni credente, soprattutto al momento del Battesimo. "Noi
crediamo": [Simbolo di Nicea-Costantinopoli, nell'originale greco] è la fede
della Chiesa confessata dai vescovi riuniti in Concilio, o, più
generalmente, dall'assemblea liturgica dei credenti. "Io credo": è anche la
Chiesa, nostra Madre, che risponde a Dio con la sua fede e che ci insegna a
dire: "Io credo", "Noi crediamo".
I. "Guarda, Signore, alla fede della tua Chiesa"
168 E' innanzi tutto la Chiesa che crede, e che così regge, nutre e sostiene
la mia fede. E' innanzi tutto la Chiesa che, ovunque, confessa il Signore,
[Te per orbem terrarum sancta confitetur Ecclesia - Te la santa Chiesa
confessa su tutta la terra] e con essa e in essa, anche noi siamo trascinati
e condotti a confessare: "Io credo", "Noi crediamo". Dalla Chiesa riceviamo
la fede e la vita nuova in Cristo mediante il Battesimo. Nel "Rituale
Romano" il ministro del Battesimo domanda al catecumeno: "Che cosa chiedi
alla Chiesa di Dio?". E la risposta è: "La fede". "Che cosa ti dona la
fede?". "La vita eterna".
169 La salvezza viene solo da Dio; ma, poiché riceviamo la vita della fede
attraverso la Chiesa, questa è nostra Madre: "Noi crediamo la Chiesa come
Madre della nostra nuova nascita, e non nella Chiesa come se essa fosse
l'autrice della nostra salvezza" [Fausto di Riez, De Spiritu Sancto, 1, 2:
CSEL 21, 104]. Essendo nostra Madre, la Chiesa è anche l'educatrice della
nostra fede.
II. Il linguaggio della fede
170 Noi non crediamo in alcune formule, ma nelle realtà che esse esprimono e
che la fede ci permette di "toccare". "L'atto (di fede) del credente non si
ferma all'enunciato, ma raggiunge la realtà (enunciata)" [San Tommaso
d'Aquino, Summa theologiae, II-II, 1, 2, ad 2]. Tuttavia, queste realtà noi
le accostiamo con l'aiuto delle formulazioni della fede. Esse ci permettono
di esprimere e di trasmettere la fede, di celebrarla in comunità, di
assimilarla e di viverne sempre più intensamente.
171 La Chiesa, che è "colonna e sostegno della verità" ( 1Tm 3,15 ),
conserva fedelmente "la fede, che fu trasmessa ai credenti una volta per
tutte" ( Gd 1,3 ). E' la Chiesa che custodisce la memoria delle Parole di
Cristo e trasmette di generazione in generazione la confessione di fede
degli Apostoli. Come una madre che insegna ai suoi figli a parlare, e con
ciò stesso a comprendere e a comunicare, la Chiesa nostra Madre, ci insegna
il linguaggio della fede per introdurci nell'intelligenza e nella vita della
fede.
III. Una sola fede
172 Da secoli, attraverso molte lingue, culture, popoli e nazioni, la Chiesa
non cessa di confessare la sua unica fede, ricevuta da un solo Signore,
trasmessa mediante un solo Battesimo, radicata nella convinzione che tutti
gli uomini non hanno che un solo Dio e Padre [Cf Ef 4,4-6 ]. Sant'Ireneo di
Lione, testimone di questa fede, dichiara:
173 "In realtà, la Chiesa, sebbene diffusa in tutto il mondo fino alle
estremità della terra, avendo ricevuto dagli Apostoli e dai loro discepoli
la fede..., conserva questa predicazione e questa fede con cura e, come se
abitasse un'unica casa, vi crede in uno stesso identico modo, come se avesse
una sola anima ed un cuore solo, e predica le verità della fede, le insegna
e le trasmette con voce unanime, come se avesse una sola bocca" [Sant'
Ireneo di Lione, Adversus haereses, 1, 10, 1-2].
174 "Infatti, se le lingue nel mondo sono varie, il contenuto della
Tradizione è però unico e identico. E non hanno altra fede o altra
Tradizione né le Chiese che sono in Germania, né quelle che sono in Spagna,
né quelle che sono presso i Celti (in Gallia), né quelle dell'Oriente,
dell'Egitto, della Libia, né quelle che sono al centro del mondo. . . "
[Sant'Ireneo di Lione, Adversus haereses, 1, 10, 1-2]. "Il messaggio della
Chiesa è dunque veridico e solido, poiché essa addita a tutto il mondo una
sola via di salvezza" [Sant'Ireneo di Lione, Adversus haereses, 1, 10, 1-2].
175 "Questa fede che abbiamo ricevuto dalla Chiesa, la conserviamo con cura,
perché, sotto l'azione dello Spirito di Dio, essa, come un deposito di
grande valore, chiuso in un vaso prezioso, continuamente ringiovanisce e fa
ringiovanire anche il vaso che la contiene" [Sant'Ireneo di Lione, Adversus
haereses, 1, 10, 1-2].
In sintesi
176 La fede è un'adesione personale di tutto l'uomo a Dio che si rivela.
Comporta un'adesione della intelligenza e della volontà alla Rivelazione che
Dio ha fatto di sé attraverso le sue opere e le sue parole.
177 "Credere" ha perciò un duplice riferimento: alla persona e alla verità;
alla verità per la fiducia che si accorda alla persona che l'afferma.
178 Non dobbiamo credere in nessun altro se non in Dio, il Padre, il Figlio
e lo Spirito Santo.
179 La fede è un dono soprannaturale di Dio. Per credere, l'uomo ha bisogno
degli aiuti interiori dello Spirito Santo.
180 "Credere" è un atto umano, cosciente e libero, che ben s'accorda con la
dignità della persona umana.
181 "Credere" è un atto ecclesiale. La fede della Chiesa precede, genera,
sostiene e nutre la nostra fede. La Chiesa è la Madre di tutti i credenti.
"Nessuno può avere Dio per Padre, se non ha la Chiesa per Madre" [San
Cipriano di Cartagine, De catholicae unitate Ecclesiae: PL 4, 503A].
182 "Noi crediamo tutto ciò che è contenuto nella Parola di Dio, scritta o
tramandata, e che la Chiesa propone a credere come divinamente rivelata"
[Paolo VI, Credo del popolo di Dio, 20].
183 La fede è necessaria alla salvezza. Il Signore stesso lo afferma: "Chi
crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato" (
Mc 16,16 ).
184 "La fede è una pregustazione della conoscenza che ci renderà beati nella
vita futura" [San Tommaso d'Aquino, Compendium theologiae, 1, 2].
Simbolo degli Apostoli Credo di Nicea-Costantinopoli
Io credo in Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra.
Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra,
di tutte le cose visibili e invisibili.
E in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore,
Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, Unigenito Figlio di Dio,
nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce,
Dio vero da Dio vero, generato, non creato,
della stessa sostanza del Padre per mezzo di Lui tutte le cose
sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza
discese dal cielo,
il quale fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine,
e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria
e si è fatto uomo.
patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto;
Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto.
discese agli inferi;
il terzo giorno risuscitò da morte; Il terzo giorno è risuscitato,
secondo le Scritture,
salì al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente:
è salito al cielo, siede alla destra del Padre.
di là verrà a giudicare i vivi e i morti.
E di nuovo verrà, nella gloria per giudicare i vivi e i morti,
e il suo regno non avrà fine.
Credo nello Spirito Santo, Credo nello Spirito Santo,
che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio.
Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato,
e ha parlato per mezzo dei profeti.
la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi,
Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica.
la remissione dei peccati,
Professo un solo Battesimo per il perdono dei peccati.
la risurrezione della carne,
Aspetto la risurrezione dei morti
la vita eterna. e la vita del mondo che verrà.
Amen.
Amen.
PARTE PRIMA - LA PROFESSIONE DELLA FEDE
SEZIONE SECONDA - LA PROFESSIONE DELLA FEDE CRISTIANA
I SIMBOLI DELLA FEDE
185 Chi dice "Io credo", dice "Io aderisco a ciò che noi crediamo".
La comunione nella fede richiede un linguaggio comune della fede, normativo
per tutti e che unisca nella medesima confessione di fede.
186 Fin dalle origini, la Chiesa apostolica ha espresso e trasmesso la
propria fede in formule brevi e normative per tutti [Cf Rm 10,9; 1Cor 15,3-5
]. Ma molto presto la Chiesa ha anche voluto riunire l'essenziale della sua
fede in compendi organici e articolati, destinati in particolare ai
candidati al Battesimo.
Il simbolo della fede non fu composto secondo opinioni umane, ma consiste
nella raccolta dei punti salienti, scelti da tutta la Scrittura, così da
dare una dottrina completa della fede. E come il seme della senape racchiude
in un granellino molti rami, così questo compendio della fede racchiude
tutta la conoscenza della vera pietà contenuta nell'Antico e nel Nuovo
Testamento [San Cirillo di Gerusalemme, Catecheses illuminandorum, 5, 12: PG
33, 521-524].
187 Tali sintesi della fede vengono chiamate "professioni di fede", perché
riassumono la fede professata dai cristiani. Vengono chiamate "Credo" a
motivo di quella che normalmente ne è la prima parola: "Io credo". Sono
anche dette "Simboli della fede".
188 La parola greca "symbolon" indicava la metà di un oggetto spezzato (per
esempio un sigillo) che veniva presentato come un segno di riconoscimento.
Le parti rotte venivano ricomposte per verificare l'identità di chi le
portava. Il "Simbolo della fede" è quindi un segno di riconoscimento e di
comunione tra i credenti. "Symbolon" passò poi a significare raccolta,
collezione o sommario. Il "Simbolo della fede" è la raccolta delle
principali verità della fede. Da qui deriva il fatto che esso costituisce il
primo e fondamentale punto di riferimento della catechesi.
189 La prima "professione di fede" si fa al momento del Battesimo.
Il "Simbolo della fede" è innanzi tutto il Simbolo battesimale. Poiché il
Battesimo viene dato "nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo"
( Mt 28,19 ), le verità di fede professate al momento del Battesimo sono
articolate in base al loro riferimento alle tre Persone della Santa Trinità.
190 Il Simbolo è quindi diviso in tre parti: "La prima è consacrata allo
studio di Dio Padre e dell'opera mirabile della creazione; la seconda allo
studio di Gesù Cristo e del Mistero della Redenzione; la terza allo studio
dello Spirito Santo, principio e sorgente della nostra santificazione
[Catechismo Romano, 1, 1, 3]. Sono questi "i tre capitoli del nostro sigillo
(battesimale)" [Sant'Ireneo di Lione, Demonstratio apostolica, 100].
191 "Queste tre parti sono distinte, sebbene legate tra loro. In base a un
paragone spesso usato dai Padri, noi li chiamiamo articoli. Infatti, come
nelle nostre membra ci sono certe articolazioni che le distinguono e le
separano, così, in questa professione di fede, giustamente e a buon diritto
si è data la denominazione di articoli alle verità che dobbiamo credere in
particolare e in maniera distinta" [Catechismo Romano, 1, 1, 4]. Secondo
un'antica tradizione, attestata già da sant'Ambrogio, si è anche soliti
contare dodici articoli del Credo, simboleggiando con il numero degli
Apostoli l'insieme della fede apostolica [Cf Sant'Ambrogio, Explanatio
Symboli, 8: PL 17, 1158D].
192 Nel corso dei secoli si sono avute numerose professioni o simboli della
fede, in risposta ai bisogni delle diverse epoche: i simboli delle varie
Chiese apostoliche e antiche, [Cf Denz. -Schönm. , 1-64] il Simbolo
"Quicumque", detto di Sant'Atanasio, [Cf ibid. , 75-76] le professioni di
fede di certi Concili, [Concilio di Toledo XI (675): Denz. -Schönm.,
525-541; Concilio Lateranense IV (1215): Denz. -Schönm., 800-802; Concilio
di Lione II (1274): Denz. -Schönm., 851-861; Pio IV, Bolla Iniunctum nobis:
Denz. -Schönm., 1862-1870] o di alcuni Pontefici, come: la "fides Damasi"
[Cf Denz. -Schönm., 71-72] o "Il Credo del Popolo di Dio" di Paolo VI
(1968).
193 Nessuno dei Simboli delle diverse tappe della vita della Chiesa può
essere considerato sorpassato ed inutile. Essi ci aiutano a vivere e ad
approfondire oggi la fede di sempre attraverso i vari compendi che ne sono
stati fatti. Fra tutti i Simboli della fede, due occupano un posto
specialissimo nella vita della Chiesa:
194 Il Simbolo degli Apostoli, così chiamato perché a buon diritto è
ritenuto il riassunto fedele della fede degli Apostoli. E' l'antico Simbolo
battesimale della Chiesa di Roma. La sua grande autorità gli deriva da
questo fatto: "E' il Simbolo accolto dalla Chiesa di Roma, dove ebbe la sua
sede Pietro, il primo tra gli Apostoli, e dove egli portò l'espressione
della fede comune" [Sant'Ambrogio, Explanatio Symboli, 7: PL 17, 1158D].
195 Il Simbolo detto di Nicea-Costantinopoli, il quale trae la sua grande
autorità dal fatto di essere frutto dei primi due Concili Ecumenici (325 e
381). E' tuttora comune a tutte le grandi Chiese dell'Oriente e
dell'Occidente.
196 La nostra esposizione della fede seguirà il Simbolo degli Apostoli, che
rappresenta, per così dire, "il più antico catechismo romano". L'esposizione
però sarà completata con costanti riferimenti al Simbolo di
Nicea-Costantinopoli, in molti punti più esplicito e più dettagliato.
197 Come al giorno del nostro Battesimo, quando tutta la nostra vita è stata
affidata alla regola dell'insegnamento, [Cf Rm 6,17 ] accogliamo il Simbolo
della nostra fede, la quale dà la vita. Recitare con fede il Credo,
significa entrare in comunione con Dio, il Padre, il Figlio e lo Spirito
Santo, ed anche con tutta la Chiesa che ci trasmette la fede e nel seno
della quale noi crediamo:
Questo Simbolo è un sigillo spirituale, è la meditazione del nostro cuore e
ne è come una difesa sempre presente: senza dubbio è il tesoro che
custodiamo nel nostro animo [Sant'Ambrogio, Explanatio Symboli, 1: PL 17,
1155C].
PARTE PRIMA - LA PROFESSIONE DELLA FEDE
SEZIONE SECONDA - LA PROFESSIONE DELLA FEDE CRISTIANA
CAPITOLO PRIMO - IO CREDO IN DIO PADRE
198 La nostra professione di fede incomincia con Dio, perché Dio è "il primo
e l'ultimo" ( Is 44,6 ), il Principio e la Fine di tutto. Il Credo
incomincia con Dio Padre, perché il Padre è la prima Persona divina della
Santissima Trinità; il nostro Simbolo incomincia con la creazione del cielo
e della terra, perché la creazione è l'inizio e il fondamento di tutte le
opere di Dio.
Articolo 1
"IO CREDO IN DIO PADRE ONNIPOTENTE
CREATORE DEL CIELO E DELLA TERRA"
Paragrafo 1
IO CREDO IN DIO
199 "Io credo in Dio": questa prima affermazione della professione di fede è
anche la più importante, quella fondamentale. Tutto il Simbolo parla di Dio,
e, se parla anche dell'uomo e del mondo, lo fa in rapporto a Dio. Gli
articoli del Credo dipendono tutti dal primo, così come i Comandamenti sono
l'esplicitazione del primo. Gli altri articoli ci fanno meglio conoscere
Dio, quale si è rivelato progressivamente agli uomini. "Giustamente quindi i
cristiani affermano per prima cosa di credere in Dio" [Catechismo Romano, 1,
2, 2].
I. "Io credo in un solo Dio"
200 Con queste parole incomincia il Simbolo di Nicea-Costantinopoli. La
confessione della Unicità di Dio, che ha la sua radice nella Rivelazione
divina nell'Antica Alleanza, è inseparabile da quella dell'esistenza di Dio
ed è altrettanto fondamentale. Dio è Unico: non c'è che un solo Dio: "La
fede cristiana crede e professa un solo Dio, unico per natura, per sostanza
e per essenza" [Catechismo Romano, 1, 2, 2].
201 A Israele, suo eletto, Dio si è rivelato come l'Unico: "Ascolta,
Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è Uno solo. Tu amerai il
Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze"
( Dt 6,4-5 ). Per mezzo dei profeti, Dio invita Israele e tutte le nazioni a
volgersi a lui, l'Unico: "Volgetevi a me e sarete salvi, paesi tutti della
terra, perché io sono Dio; non ce n'è altri... davanti a me si piegherà ogni
ginocchio, per me giurerà ogni lingua. Si dirà: "Solo nel Signore si trovano
vittoria e potenza"" ( Is 45,22-24 ) [Cf Fil 2,10-11 ].
202 Gesù stesso conferma che Dio è "l'unico Signore" e che lo si deve amare
con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutta la mente, con tutte le
forze [Cf Mc 12,29-30 ]. Nello stesso tempo lascia capire che egli pure è
"il Signore" [Cf Mc 12,35-37 ]. Confessare che "Gesù è Signore" è lo
specifico della fede cristiana. Ciò non contrasta con la fede nel Dio Unico.
Credere nello Spirito Santo "che è Signore e dà la Vita" non introduce
alcuna divisione nel Dio unico:
Crediamo fermamente e confessiamo apertamente che uno solo è il vero Dio,
eterno e immenso, onnipotente, immutabile, incomprensibile e ineffabile,
Padre, Figlio e Spirito Santo: tre Persone, ma una sola Essenza, Sostanza,
cioè Natura assolutamente semplice [Concilio Lateranense IV (1215): Denz.
-Schönm., 800].
II. Dio rivela il suo Nome
203 Dio si è rivelato a Israele, suo popolo, facendogli conoscere il suo
Nome. Il nome esprime l'essenza, l'identità della persona e il senso della
sua vita. Dio ha un nome. Non è una forza anonima. Svelare il proprio nome,
è farsi conoscere agli altri; in qualche modo è consegnare se stesso
rendendosi accessibile, capace d'essere conosciuto più intimamente e di
essere chiamato personalmente.
204 Dio si è rivelato al suo popolo progressivamente e sotto diversi nomi;
ma la rivelazione del Nome divino fatta a Mosè nella teofania del roveto
ardente, alle soglie dell'Esodo e dell'Alleanza del Sinai, si è mostrata
come la rivelazione fondamentale per l'Antica e la Nuova Alleanza.
Il Dio vivente
205 Dio chiama Mosè dal mezzo di un roveto che brucia senza consumarsi, e
gli dice: "Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco,
il Dio di Giacobbe" ( Es 3,6 ). Dio è il Dio dei padri, colui che aveva
chiamato e guidato i patriarchi nelle loro peregrinazioni. E' il Dio fedele
e compassionevole che si ricorda di loro e delle sue promesse; egli viene
per liberare i loro discendenti dalla schiavitù. Egli è il Dio che, al di là
dello spazio e del tempo, lo può e lo vuole e che, per questo disegno,
metterà in atto la sua onnipotenza.
"Io sono Colui che sono"
Mosè disse a Dio: "Ecco, io arrivo dagli Israeliti e dico loro: Il Dio dei
vostri padri mi ha mandato a voi. Ma mi diranno: Come si chiama? E io che
cosa risponderò loro?". Dio disse a Mosè: "Io sono colui che sono!". Poi
disse: "Dirai agli Israeliti: Io-Sono mi ha mandato a voi. . . Questo è il
mio nome per sempre: questo è il titolo con cui sarò ricordato di
generazione in generazione" ( Es 3,13-15 ).
206 Rivelando il suo Nome misterioso di YHWH, "Io sono colui che E'" oppure
"Io sono colui che Sono" o anche "Io sono chi Io sono", Dio dice chi egli è
e con quale nome lo si deve chiamare. Questo Nome divino è misterioso come
Dio è Mistero. Ad un tempo è un Nome rivelato e quasi il rifiuto di un nome;
proprio per questo esprime, come meglio non si potrebbe, la realtà di Dio,
infinitamente al di sopra di tutto ciò che possiamo comprendere o dire: egli
è il "Dio nascosto" ( Is 45,15 ), il suo Nome è ineffabile, [Cf Gdc 13,18 ]
ed è il Dio che si fa vicino agli uomini.
207 Rivelando il suo Nome, Dio rivela al tempo stesso la sua fedeltà che è
da sempre e per sempre, valida per il passato (Io sono il Dio dei tuoi
padri", Es 3,6 ), come per l'avvenire (Io sarò con te", Es 3,12 ). Dio che
rivela il suo Nome come "Io sono" si rivela come il Dio che è sempre là,
presente accanto al suo popolo per salvarlo.
208 Di fronte alla presenza affascinante e misteriosa di Dio, l'uomo scopre
la propria piccolezza. Davanti al roveto ardente, Mosè si toglie i sandali e
si vela il viso [Cf Es 3,5-6 ] al cospetto della Santità divina. Davanti
alla Gloria del Dio tre volte santo, Isaia esclama: "Ohimè! Io sono perduto,
perché un uomo dalle labbra impure io sono" ( Is 6,5 ). Davanti ai segni
divini che Gesù compie, Pietro esclama: "Signore, allontanati da me che sono
un peccatore" ( Lc 5,8 ). Ma poiché Dio è santo, può perdonare all'uomo che
davanti a lui si riconosce peccatore: "Non darò sfogo all'ardore della mia
ira. . . perché sono Dio e non uomo, sono il Santo in mezzo a te" ( Os 11,9
). Anche l'apostolo Giovanni dirà: "Davanti a lui rassicureremo il nostro
cuore, qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore
e conosce ogni cosa" ( 1Gv 3,19-20 ).
209 Il Popolo d'Israele non pronuncia il Nome di Dio, per rispetto alla sua
santità.Nella lettura della Sacra Scrittura il Nome rivelato è sostituito
con il titolo divino "Signore" (Adonai", in greco "Kyrios"). Con questo
titolo si proclamerà la divinità di Gesù: "Gesù è il Signore".
"Dio di misericordia e di pietà"
210 Dopo il peccato di Israele, che si è allontanato da Dio per adorare il
vitello d'oro, [Cf Es 32 ] Dio ascolta l'intercessione di Mosè ed acconsente
a camminare in mezzo ad un popolo infedele, manifestando in tal modo il suo
amore [Cf Es 33,12-17 ]. A Mosè che chiede di vedere la sua gloria, Dio
risponde: "Farò passare davanti a te tutto il mio splendore e proclamerò il
mio nome: Signore [YHWH], davanti a te" ( Es 33,18-19 ). E il Signore passa
davanti a Mosè e proclama: "YHWH, YHWH, Dio misericordioso e pietoso, lento
all'ira e ricco di grazia e di fedeltà" ( Es 34,5-6 ). Mosè allora confessa
che il Signore è un Dio che perdona [Cf Es 34,9 ].
211 Il Nome divino "Io sono" o "Egli è" esprime la fedeltà di Dio il quale,
malgrado l'infedeltà del peccato degli uomini e il castigo che merita,
"conserva il suo favore per mille generazioni" ( Es 34,7 ). Dio rivela di
essere "ricco di misericordia" ( Ef 2,4 ) arrivando a dare il suo Figlio.
Gesù, donando la vita per liberarci dal peccato, rivelerà che anch'egli
porta il Nome divino: "Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora
saprete che Io sono" ( Gv 8,28 ).
Dio solo E'
212 Lungo i secoli, la fede d'Israele ha potuto sviluppare ed approfondire
le ricchezze contenute nella rivelazione del Nome divino. Dio è unico, fuori
di lui non ci sono dei [Cf Is 44,6 ]. Egli trascende il mondo e la storia.
E' lui che ha fatto il cielo e la terra: "essi periranno, ma tu rimani,
tutti si logorano come veste. . . ma tu resti lo stesso e i tuoi anni non
hanno fine" ( Sal 102,27-28 ). In lui "non c'è variazione né ombra di
cambiamento" ( Gc 1,17 ). Egli è "colui che è" da sempre e per sempre, e
perciò resta sempre fedele a se stesso ed alle sue promesse.
213 La rivelazione del Nome ineffabile "Io sono colui che sono" contiene
dunque la verità che Dio solo E'. In questo senso già la traduzione dei
Settanta e, sulla sua scia, la Tradizione della Chiesa hanno inteso il Nome
divino: Dio è la pienezza dell'Essere e di ogni perfezione, senza origine e
senza fine. Mentre tutte le creature hanno ricevuto da lui tutto ciò che
sono e che hanno, egli solo è il suo stesso essere ed è da se stesso tutto
ciò che è.
III. Dio, "colui che è", è Verità e Amore
214 Dio, "colui che è", si è rivelato a Israele come colui che è "ricco di
grazia e di fedeltà" ( Es 34,6 ). Questi due termini esprimono in modo
sintetico le ricchezze del Nome divino. In tutte le sue opere Dio mostra la
sua benevolenza, la sua bontà, la sua grazia, il suo amore; ma anche la sua
affidabilità, la sua costanza, la sua fedeltà, la sua verità. "Rendo grazie
al tuo Nome per la tua fedeltà e la tua misericordia" ( Sal 138,2 ) [Cf Sal
85,11 ]. Egli è la Verità, perché "Dio è Luce e in lui non ci sono tenebre"
( 1Gv 1,5 ); egli è "Amore", come insegna l'apostolo Giovanni ( 1Gv 4,8 ).
Dio è la Verità
215 "La verità è principio della tua parola, resta per sempre ogni sentenza
della tua giustizia" ( Sal 119,160 ). "Ora, Signore, tu sei Dio, e le tue
parole sono verità" ( 2Sam 7,28 ); per questo le promesse di Dio si
realizzano sempre [Cf Dt 7,9 ]. Dio è la stessa Verità, le sue parole non
possono ingannare. Proprio per questo ci si può affidare con piena fiducia
alla verità e alla fedeltà della sua Parola in ogni cosa. L'origine del
peccato e della caduta dell'uomo fu una menzogna del tentatore, che indusse
a dubitare della Parola di Dio, della sua bontà e della sua fedeltà.
216 La verità di Dio è la sua sapienza che regge tutto l'ordine della
creazione e del governo del mondo [Cf Sap 13,1-9 ]. Dio che, da solo, "ha
fatto cielo e terra" ( Sal 115,15 ), può donare, egli solo, la vera
conoscenza di ogni cosa creata nella sua relazione con lui [Cf Sap 7,17-21
].
217 Dio è veritiero anche quando rivela se stesso: "un insegnamento fedele"
è "sulla sua bocca" ( Ml 2,6 ). Quando manderà il suo Figlio nel mondo, sarà
"per rendere testimonianza alla Verità" ( Gv 18,37 ): "Sappiamo che il
Figlio di Dio è venuto e ci ha dato l'intelligenza per conoscere il vero
Dio" ( 1Gv 5,20 ) [Cf Gv 17,3 ].
Dio è Amore
218 Israele, nel corso della sua storia, ha potuto scoprire che uno solo era
il motivo per cui Dio gli si era rivelato e lo aveva scelto fra tutti i
popoli perché gli appartenesse: il suo amore gratuito [Cf Dt 4,37; Dt 7,8;
Dt 10,15 ]. Ed Israele, per mezzo dei profeti, ha compreso che, ancora per
amore, Dio non ha mai cessato di salvarlo [Cf Is 43,1-7 ] e di perdonargli
la sua infedeltà e i suoi peccati [Cf Os 2 ].
219 L'amore di Dio per Israele è paragonato all'amore di un padre per il
proprio figlio [Cf Os 11,1 ]. E' un amore più forte dell'amore di una madre
per i suoi bambini [Cf Is 49,14-15 ]. Dio ama il suo Popolo più di quanto
uno sposo ami la propria sposa; [Cf Is 62,4-5 ] questo amore vincerà anche
le più gravi infedeltà; [Cf Ez 16; Os 11 ] arriverà fino al dono più
prezioso: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" ( Gv
3,16 ).
220 L'amore di Dio è "eterno" ( Is 54,8 ): "Anche se i monti si spostassero
e i colli vacillassero, non si allontanerebbe da te il mio affetto" ( Is
54,10 ). "Ti ho amato di un amore eterno, per questo ti conservo ancora
pietà" ( Ger 31,3 ).
221 Ma san Giovanni si spingerà oltre affermando: "Dio è Amore" ( 1Gv 4,8;
1Gv 4,16 ): l'Essere stesso di Dio è Amore. Mandando, nella pienezza dei
tempi, il suo Figlio unigenito e lo Spirito d'Amore, Dio rivela il suo
segreto più intimo: [Cf 1Cor 2,7-16; Ef 3,9-12 ] è lui stesso eterno scambio
d'amore: Padre, Figlio e Spirito Santo, e ci ha destinati ad esserne
partecipi.
IV. Conseguenze della fede nel Dio unico
222 Credere in Dio, l'Unico, ed amarlo con tutto il proprio essere comporta
per tutta la nostra vita enormi conseguenze:
223 Conoscere la grandezza e la maestà di Dio: "Ecco, Dio è così grande, che
non lo comprendiamo" ( Gb 36,26 ). Proprio per questo Dio deve essere
"servito per primo" [Santa Giovanna d'Arco, Dictum].
224 Vivere in rendimento di grazie: se Dio è l'Unico, tutto ciò che siamo e
tutto ciò che abbiamo viene da lui: "Che cosa mai possiedi che tu non abbia
ricevuto?" ( 1Cor 4,7 ). "Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha
dato?" ( Sal 116,12 ).
225 Conoscere l'unità e la vera dignità di tutti gli uomini: tutti sono
fatti "a immagine e somiglianza di Dio" ( Gen 1,26 ).
226 Usare rettamente le cose create: la fede nell'Unico Dio ci conduce ad
usare tutto ciò che non è lui nella misura in cui ci avvicina a lui, e a
staccarcene nella misura in cui da lui ci allontana [Cf Mt 5,29-30; Mt
16,24; Mt 19,23-24 ].
Mio Signore e mio Dio, togli da me quanto mi allontana da te.
Mio Signore e mio Dio, dammi tutto ciò che mi conduce a te.
Mio Signore e mio Dio, toglimi a me e dammi tutto a te [San Nicolao di Flüe,
Preghiera].
227 Fidarsi di Dio in ogni circostanza, anche nell'avversità. Una preghiera
di santa Teresa di Gesù esprime ciò mirabilmente:
Niente ti turbi / niente ti spaventi.
Tutto passa / Dio non cambia.
La pazienza ottiene tutto. / Chi ha Dio
non manca di nulla. / Dio solo basta
[Santa Teresa di Gesù, Poesie, 30].
In sintesi
228 "Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo..."
( Dt 6,4; Mc 12,29 ). "L'Essere supremo deve necessariamente essere unico,
cioè senza eguali... Se Dio non è unico, non è Dio" [Tertulliano, Adversus
Marcionem, 1, 3].
229 La fede in Dio ci conduce a volgerci a lui solo come alla nostra prima
rigine e al nostro ultimo fine,
e a non anteporre o sostituire nulla a lui.
230 Dio, mentre si rivela, rimane un Mistero ineffabile: "Se lo
comprendessi, non sarebbe Dio" [Sant'Agostino, Sermones, 52, 6, 16: PL 38,
360].
231 Il Dio della nostra fede si è rivelato come colui che è; si è fatto
conoscere come "ricco di grazia e di misericordia" ( Es 34,6 ). Il suo
Essere stesso è Verità e Amore.
Paragrafo 2
IL PADRE
I. "Nel nome del Padre e del Figlio
e dello Spirito Santo"
232 I cristiani vengono battezzati "nel nome del Padre e del Figlio e dello
Spirito Santo" ( Mt 28,19 ). Prima rispondono "Io credo" alla triplice
domanda con cui ad essi si chiede di confessare la loro fede nel Padre, nel
Figlio e nello Spirito: "Fides omnium christianorum in Trinitate consistit
La fede di tutti i cristiani si fonda sulla Trinità" [San Cesario d'Arles,
Expositio symboli (sermo 9): CCL 103, 48].
233 I cristiani sono battezzati "nel nome" - e non "nei nomi" - del Padre e
del Figlio e dello Spirito Santo; [Professione di fede del papa Vigilio nel
552: Denz. -Schönm., 415] infatti non vi è che un solo Dio, il Padre
onnipotente e il Figlio suo unigenito e lo Spirito Santo: la Santissima
Trinità.
234 Il mistero della Santissima Trinità è il mistero centrale della fede e
della vita cristiana. E' il mistero di Dio in se stesso. E' quindi la
sorgente di tutti gli altri misteri della fede; è la luce che li illumina.
E' l'insegnamento più fondamentale ed essenziale nella "gerarchia delle
verità" di fede [Congregazione per il clero, Direttorio catechistico
generale, 43]. "Tutta la storia della salvezza è la storia del rivelarsi del
Dio vero e unico: Padre, Figlio e Spirito Santo, il quale riconcilia e
unisce a sé coloro che sono separati dal peccato" [Congregazione per il
clero, Direttorio catechistico generale, 43].
235 In questo paragrafo, si esporrà in breve in qual modo è stato rivelato
il mistero della Beata Trinità (I), come la Chiesa ha formulato la dottrina
della fede in questo mistero (II), e infine, come, attraverso le missioni
divine del Figlio e dello Spirito Santo, Dio Padre realizza il suo "benevolo
disegno" di creazione, redenzione e santificazione (III).
236 I Padri della Chiesa fanno una distinzione tra la "Theologia" e
l'"Oikonomia", designando con il primo termine il mistero della vita intima
del Dio-Trinità, e con il secondo tutte le opere di Dio, con le quali egli
si rivela e comunica la sua vita. Attraverso l' "Oikonomia" ci è rivelata la
"Theologia"; ma, inversamente, è la "Theologia" che illumina tutta l'
"Oikonomia". Le opere di Dio rivelano chi egli è in se stesso; e,
inversamente, il mistero del suo Essere intimo illumina l'intelligenza di
tutte le sue opere. Avviene così, analogicamente, tra le persone umane. La
persona si mostra attraverso le sue azioni, e, quanto più conosciamo una
persona, tanto più comprendiamo le sue azioni.
237 La Trinità è un mistero della fede in senso stretto, uno dei "misteri
nascosti in Dio, che non possono essere conosciuti se non sono divinamente
rivelati" [Concilio Vaticano I: Denz. -Schönm., 3015]. Indubbiamente Dio ha
lasciato tracce del suo essere trinitario nell'opera della creazione e nella
sua Rivelazione lungo il corso dell'Antico Testamento. Ma l'intimità del suo
Essere come Trinità Santa costituisce un mistero inaccessibile alla sola
ragione, come pure alla fede d'Israele, prima dell'Incarnazione del Figlio
di Dio e dell'invio dello Spirito Santo.
II. La Rivelazione di Dio come Trinità
Il Padre rivelato dal Figlio
238 In molte religioni Dio viene invocato come "Padre". Spesso la divinità è
considerata come "padre degli dèi e degli uomini". Presso Israele, Dio è
chiamato Padre in quanto Creatore del mondo [Cf Dt 32,6; Ml 2,10 ]. Ancor
più Dio è Padre in forza dell'Alleanza e del dono della Legge fatto a
Israele, suo "figlio primogenito" ( Es 4,22 ). E' anche chiamato Padre del
re d'Israele [Cf 2Sam 7,14 ]. In modo particolarissimo Egli è "il Padre dei
poveri", dell'orfano, della vedova, che sono sotto la sua protezione amorosa
[Cf Sal 68,6 ].
239 Chiamando Dio con il nome di "Padre", il linguaggio della fede mette in
luce soprattutto due aspetti: che Dio è origine primaria di tutto e autorità
trascendente, e che, al tempo stesso, è bontà e sollecitudine d'amore per
tutti i suoi figli. Questa tenerezza paterna di Dio può anche essere
espressa con l'immagine della maternità, [Cf Is 66,13; 239 Sal 131,2 ] che
indica ancor meglio l'immanenza di Dio, l'intimità tra Dio e la sua
creatura. Il linguaggio della fede si rifà così all'esperienza umana dei
genitori che, in certo qual modo, sono per l'uomo i primi rappresentanti di
Dio. Tale esperienza, però, mostra anche che i genitori umani possono
sbagliare e sfigurare il volto della paternità e della maternità. Conviene
perciò ricordare che Dio trascende la distinzione umana dei sessi. Egli non
è né uomo né donna, egli è Dio. Trascende pertanto la paternità e la
maternità umane, [Cf Sal 27,10 ] pur essendone l'origine e il modello: [Cf
Ef 3,14; Is 49,15 ] nessuno è padre quanto Dio.
240 Gesù ha rivelato che Dio è "Padre" in un senso inaudito: non lo è
soltanto in quanto Creatore; egli è eternamente Padre in relazione al Figlio
suo Unigenito, il quale non è eternamente Figlio se non in relazione al
Padre suo: "Nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il
Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare" ( Mt
11,27 ).
241 Per questo gli Apostoli confessano Gesù come "il Verbo" che "in
principio" "era presso Dio", "il Verbo" che "era Dio" ( Gv 1,1 ), come
"l'immagine del Dio invisibile" ( Col 1,15 ), come l'"irradiazione della sua
gloria e impronta della sua sostanza" ( Eb 1,3 ).
242 Sulla loro scia, seguendo la Tradizione Apostolica, la Chiesa nel 325,
nel primo Concilio Ecumenico di Nicea, ha confessato che il Figlio è
"consustanziale" al Padre, cioè un solo Dio con lui. Il secondo Concilio
Ecumenico, riunito a Costantinopoli nel 381, ha conservato tale espressione
nella sua formulazione del Credo di Nicea ed ha confessato "il Figlio
unigenito di Dio, generato dal Padre prima di tutti i secoli, luce da luce,
Dio vero da Dio vero, generato non creato, della stessa sostanza del Padre"
[Denz. -Schönm., 150].
Il Padre e il Figlio rivelati dallo Spirito
243 Prima della sua Pasqua, Gesù annunzia l'invio di un "altro Paraclito"
(Difensore), lo Spirito Santo. Lo Spirito che opera fin dalla creazione, [Cf
Gen 1,2 ] che già aveva "parlato per mezzo dei profeti" (Simbolo di
Nicea-Costantinopoli), dimorerà presso i discepoli e sarà in loro, [Cf Gv
14,17 ] per insegnare loro ogni cosa [Cf Gv 14,26 ] e guidarli "alla verità
tutta intera" ( Gv 16,13 ). Lo Spirito Santo è in tal modo rivelato come
un'altra Persona divina in rapporto a Gesù e al Padre.
244 L'origine eterna dello Spirito si rivela nella sua missione nel tempo.
Lo Spirito Santo è inviato agli Apostoli e alla Chiesa sia dal Padre nel
nome del Figlio, sia dal Figlio in persona, dopo il suo ritorno al Padre [Cf
Gv 14,26; Gv 15,26; Gv 16,14 ]. L'invio della Persona dello Spirito dopo la
glorificazione di Gesù [Cf Gv 7,39 ] rivela in pienezza il Mistero della
Santa Trinità.
245 La fede apostolica riguardante lo Spirito è stata confessata dal secondo
Concilio Ecumenico nel 381 a Costantinopoli: "Crediamo nello Spirito Santo,
che è Signore e dà vita; che procede dal Padre" [Denz. -Schönm., 150]. Così
la Chiesa riconosce il Padre come "la fonte e l'origine di tutta la
divinità" [Concilio di Toledo VI (638): Denz. -Schönm., 490]. L'origine
eterna dello Spirito Santo non è tuttavia senza legame con quella del
Figlio: "Lo Spirito Santo, che è la Terza Persona della Trinità, è Dio, uno
e uguale al Padre e al Figlio, della stessa sostanza e anche della stessa
natura... Tuttavia, non si dice che Egli è soltanto lo Spirito del Padre, ma
che è, ad un tempo, lo Spirito del Padre e del Figlio" [Concilio di Toledo
XI (675): Denz. -Schönm., 527]. Il Credo del Concilio di Costantinopoli
della Chiesa confessa: "Con il Padre e con il Figlio è adorato e
glorificato" [Denz.-Schönm., 150].
246 La tradizione latina del Credo confessa che lo Spirito "procede dal
Padre e dal Figlio [Filioque] ". Il Concilio di Firenze, nel 1439,
esplicita: "Lo Spirito Santo ha la sua essenza e il suo essere sussistente
ad un tempo dal Padre e dal Figlio e. . . procede eternamente dall'Uno e
dall'Altro come da un solo Principio e per una sola spirazione. . . E poiché
tutto quello che è del Padre, lo stesso Padre lo ha donato al suo unico
Figlio generandolo, ad eccezione del suo essere Padre, anche questo
procedere dello Spirito Santo a partire dal Figlio lo riceve dall'eternità
dal suo Padre che ha generato il Figlio stesso" [Concilio di Firenze: Denz.
-Schönm., 1300-1301].
247 L'affermazione del Filioque mancava nel Simbolo confessato a
Costantinopoli nel 381. Ma sulla base di una antica tradizione latina e
alessandrina, il Papa san Leone l'aveva già dogmaticamente confessata nel
447, [Cf San Leone Magno, Lettera Quam laudabiliter: Denz. -Schönm., 284]
prima che Roma conoscesse e ricevesse, nel 451, durante il Concilio di
Calcedonia, il Simbolo del 381. L'uso di questa formula nel Credo è entrato
a poco a poco nella Liturgia latina (tra i secoli VIII e XI). L'introduzione
del "Filioque" nel Simbolo di Nicea-Costantinopoli da parte della Liturgia
latina costituisce tuttavia, ancora oggi, un punto di divergenza con le
Chiese ortodosse.
248 La tradizione orientale mette innanzi tutto in rilievo che il Padre, in
rapporto allo Spirito, è l'origine prima. Confessando che lo Spirito
"procede dal Padre" ( Gv 15,26 ), afferma che lo Spirito procede dal Padre
attraverso il Figlio [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Ad gentes, 2]. La tradizione
occidentale dà maggior risalto alla comunione consustanziale tra il Padre e
il Figlio affermando che lo Spirito procede dal Padre e dal Figlio
(Filioque). Lo dice "lecitamente e ragionevolmente"; [Concilio di Firenze
(1439): Denz. -Schönm., 1302] infatti l'ordine eterno delle Persone divine
nella loro comunione consustanziale implica che il Padre sia l'origine prima
dello Spirito in quanto "principio senza principio", [Concilio di Firenze
(1442): Denz. -Schönm., 1331] ma pure che, in quanto Padre del Figlio
Unigenito, Egli con Lui sia "l'unico principio dal quale procede lo Spirito
Santo" [Cf Concilio di Lione II (1274): Denz. -Schönm., 850]. Questa
legittima complementarità, se non viene inasprita, non scalfisce l'identità
della fede nella realtà del medesimo mistero confessato.
III. La Santa Trinità nella dottrina della fede
La formazione del dogma trinitario
249 La verità rivelata della Santa Trinità è stata, fin dalle origini, alla
radice della fede vivente della Chiesa, principalmente per mezzo del
Battesimo. Trova la sua espressione nella regola della fede battesimale,
formulata nella predicazione, nella catechesi e nella preghiera della
Chiesa. Simili formulazioni compaiono già negli scritti apostolici, come ad
esempio questo saluto, ripreso nella Liturgia eucaristica: "La grazia del
Signore Gesù Cristo, l'amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano
con tutti voi" ( 2Cor 13,13 ) [Cf 1Cor 12,4-6; Ef 4,4-6 ].
250 Nel corso dei primi secoli, la Chiesa ha cercato di formulare in maniera
più esplicita la sua fede trinitaria, sia per approfondire la propria
intelligenza della fede, sia per difenderla contro errori che la alteravano.
Fu questa l'opera degli antichi Concili, aiutati dalla ricerca teologica dei
Padri della Chiesa e sostenuti dal senso della fede del popolo cristiano.
251 Per la formulazione del dogma della Trinità, la Chiesa ha dovuto
sviluppare una terminologia propria ricorrendo a nozioni di origine
filosofica: "sostanza", "persona" o "ipostasi", "relazione", ecc. Così
facendo, non ha sottoposto la fede ad una sapienza umana, ma ha dato un
significato nuovo, insolito a questi termini assunti ora a significare anche
un Mistero inesprimibile, "infinitamente al di là di tutto ciò che possiamo
concepire a misura d'uomo" [ Paolo VI, Credo del popolo di Dio, 2].
252 La Chiesa adopera il termine "sostanza" (reso talvolta anche con
"essenza" o "natura") per designare l'Essere divino nella sua unità, il
termine "persona" o "ipostasi" per designare il Padre, il Figlio e lo
Spirito Santo nella loro reale distinzione reciproca, il termine "relazione"
per designare il fatto che la distinzione tra le Persone divine sta nel
riferimento delle une alle altre.
Il dogma della Santa Trinità
253 La Trinità è Una. Noi non confessiamo tre dèi, ma un Dio solo in tre
Persone: "la Trinità consustanziale" [Concilio di Costantinopoli II (553):
Denz. -Schönm., 421]. Le Persone divine non si dividono l'unica divinità, ma
ciascuna di esse è Dio tutto intero: "Il Padre è tutto ciò che è il Figlio,
il Figlio tutto ciò che è il Padre, lo Spirito Santo tutto ciò che è il
Padre e il Figlio, cioè un unico Dio quanto alla natura" [Concilio di Toledo
XI (675): Denz. -Schönm., 530]. "Ognuna delle tre Persone è quella realtà,
cioè la sostanza, l'essenza o la natura divina" [Concilio Lateranense IV
(1215): Denz.-Schönm., 804].
254 Le Persone divine sono realmente distinte tra loro. "Dio è unico ma non
solitario" [Fides Damasi: Denz. -Schönm., 71]. "Padre", "Figlio" e "Spirito
Santo" non sono semplicemente nomi che indicano modalità dell'Essere divino;
essi infatti sono realmente distinti tra loro: "il Figlio non è il Padre, il
Padre non è il Figlio, e lo Spirito Santo non è il Padre o il Figlio"
[Concilio di Toledo XI (675): Denz. -Schönm., 530]. Sono distinti tra loro
per le loro relazioni di origine: "E' il Padre che genera, il Figlio che è
generato, lo Spirito Santo che procede" [Concilio Lateranense IV (1215):
Denz. -Schönm., 804]. L'Unità divina è Trina.
255 Le Persone divine sono relative le une alle altre. La distinzione reale
delle Persone divine tra loro, poiché non divide l'unità divina, risiede
esclusivamente nelle relazioni che le mettono in riferimento le une alle
altre: "Nei nomi relativi delle Persone, il Padre è riferito al Figlio, il
Figlio al Padre, lo Spirito Santo all'uno e all'altro; quando si parla di
queste tre Persone considerandone le relazioni, si crede tuttavia in una
sola natura o sostanza" [Concilio di Toledo XI (675): Denz. -Schönm. , 528].
Infatti "tutto è una cosa sola in loro, dove non si opponga la relazione"
[Concilio di Firenze (1442): Denz. -Schönm., 1330]. "Per questa unità il
Padre è tutto nel Figlio, tutto nello Spirito Santo; il Figlio tutto nel
Padre, tutto nello Spirito Santo; lo Spirito Santo è tutto nel Padre, tutto
nel Figlio" [Concilio di Firenze (1442): Denz. -Schönm., 1330].
256 Ai catecumeni di Costantinopoli san Gregorio Nazianzeno, detto anche "il
Teologo", consegna questa sintesi della fede trinitaria:
Innanzi tutto, conservatemi questo prezioso deposito, per il quale io vivo e
combatto, con il quale voglio morire, che mi rende capace di sopportare ogni
male e di disprezzare tutti i piaceri: intendo dire la professione di fede
nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo. Io oggi ve la affido. Con essa
fra poco vi immergerò nell'acqua e da essa vi trarrò. Ve la dono, questa
professione, come compagna e patrona di tutta la vostra vita. Vi do una sola
Divinità e Potenza, che è Uno in Tre, e contiene i Tre in modo distinto.
Divinità senza differenza di sostanza o di natura, senza grado superiore che
eleva, o inferiore che abbassa. . . Di tre infiniti è l'infinita
connaturalità. Ciascuno considerato in sé è Dio tutto intiero. . . Dio le
Tre Persone considerate insieme. . . Ho appena appena incominciato a pensare
all'Unità ed eccomi immerso nello splendore della Trinità. Ho appena
incominciato a pensare alla Trinità ed ecco che l'Unità mi sazia. . [San
Gregorio Nazianzeno, Orationes, 40, 41: PG 36, 417].
IV. Le operazioni divine e le missioni trinitarie
257 "O lux, beata Trinitas et principalis Unitas - O luce, Trinità beata e
originaria Unità!" [Liturgia delle Ore, Inno ai Vespri "O lux beata
Trinitas"]. Dio è eterna beatitudine, vita immortale, luce senza tramonto.
Dio è Amore: Padre, Figlio e Spirito Santo. Dio liberamente vuol comunicare
la gloria della sua vita beata. Tale è il disegno della sua benevolenza, [Cf
Ef 1,9 ] disegno che ha concepito prima della creazione del mondo nel suo
Figlio diletto, "predestinandoci ad essere suoi figli adottivi per opera di
Gesù Cristo" ( Ef 1,4-5 ), cioè "ad essere conformi all'immagine del Figlio
suo" ( Rm 8,29 ), in forza dello "Spirito da figli adottivi"( Rm 8,15 ).
Questo progetto è una "grazia che ci è stata data. . . fin dall'eternità" (
2Tm 1,9-10 ) e che ha come sorgente l'amore trinitario. Si dispiega
nell'opera della creazione, in tutta la storia della salvezza dopo la
caduta, nella missione del Figlio e in quella dello Spirito, che si prolunga
nella missione della Chiesa [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Ad gentes, 2-9].
258 Tutta l'Economia divina è l'opera comune delle tre Persone divine.
Infatti, la Trinità, come ha una sola e medesima natura, così ha una sola e
medesima operazione [Cf Concilio di Costantinopoli II (553): Denz. -Schönm.,
421]. "Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo non sono tre principi della
creazione, ma un solo principio" [Concilio di Firenze (1442): Denz.
-Schönm., 1331]. Tuttavia, ogni Persona divina compie l'operazione comune
secondo la sua personale proprietà. Così la Chiesa rifacendosi al Nuovo
Testamento [Cf 1Cor 8,6 ] professa: "Uno infatti è Dio Padre, dal quale sono
tutte le cose; uno il Signore Gesù Cristo, mediante il quale sono tutte le
cose; uno è lo Spirito Santo, nel quale sono tutte le cose" [Concilio di
Costantinopoli II (553): Denz. -Schönm., 421]. Le missioni divine
dell'Incarnazione del Figlio e del dono dello Spirito Santo sono quelle che
particolarmente manifestano le proprietà delle Persone divine.
259 Tutta l'Economia divina, opera comune e insieme personale, fa conoscere
tanto la proprietà delle Persone divine, quanto la loro unica natura.
Parimenti, tutta la vita cristiana è comunione con ognuna delle Persone
divine, senza in alcun modo separarle. Chi rende gloria al Padre lo fa per
il Figlio nello Spirito Santo; chi segue Cristo, lo fa perché il Padre lo
attira [Cf Gv 6,44 ] e perché lo Spirito lo guida [Cf Rm 8,14 ].
260 Il fine ultimo dell'intera Economia divina è che tutte le creature
entrino nell'unità perfetta della Beata Trinità [Cf Gv 17,21-23 ]. Ma fin
d'ora siamo chiamati ad essere abitati dalla Santissima Trinità: "Se uno mi
ama", dice il Signore, "osserverà la mia Parola e il Padre mio lo amerà e
noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui" ( Gv 14,23 ):
O mio Dio, Trinità che adoro, aiutami a dimenticarmi completamente, per
stabilirmi in te, immobile e serena come se la mia anima fosse già
nell'eternità; nulla possa turbare la mia pace né farmi uscire da te, o mio
Immutabile, ma che ogni minuto mi porti più addentro nella profondità del
tuo Mistero! Pacifica la mia anima; fanne il tuo cielo, la tua dimora amata
e il luogo del tuo riposo. Che io non ti lasci mai sola, ma che sia lì, con
tutta me stessa, tutta vigile nella mia fede, tutta adorante, tutta offerta
alla tua azione creatrice [Beata Elisabetta della Trinità, Preghiera].
In sintesi
261 Il Mistero della Santissima Trinità è il Mistero centrale della fede e
della vita cristiana. Soltanto Dio può darcene la conoscenza rivelandosi
come Padre, Figlio e Spirito Santo.
262 L'Incarnazione del Figlio di Dio rivela che Dio è il Padre eterno e che
il Figlio è consustanziale al Padre, cioè che in lui e con lui è lo stesso
unico Dio.
263 La missione dello Spirito Santo, che il Padre manda nel nome del Figlio
[Cf Gv 14,26 ] e che il Figlio manda "dal Padre" ( Gv 15,26 ), rivela che
egli è con loro lo stesso unico Dio. "Con il Padre e con il Figlio è adorato
e glorificato".
264 "Lo Spirito Santo procede, primariamente, dal Padre e, per il dono
eterno che il Padre ne fa al Figlio, procede dal Padre e dal Figlio in
comunione" [Sant'Agostino, De Trinitate, 15, 26, 47].
265 Attraverso la grazia del Battesimo "nel nome del Padre e del Figlio e
dello Spirito Santo", siamo chiamati ad aver parte alla vita della Beata
Trinità, quaggiù nell'oscurità della fede, e, oltre la morte, nella luce
eterna [Cf Paolo VI, Credo del popolo di Dio, 9].
266 "Fides autem catholica haec est, ut unum Deum in Trinitate, et
Trinitatem in unitate veneremur, neque confundentes personas, neque
substantiam separantes: alia enim est persona Patris, alia Filii, alia
Spiritus Sancti; sed Patris et Filii et Spiritus Sancti est una divinitas,
aequalis gloria, coaeterna maiestas - La fede cattolica consiste nel
venerare un Dio solo nella Trinità, e la Trinità nell'Unità, senza
confusione di Persone né separazione della sostanza: altra infatti è la
Persona del Padre, altra quella del Figlio, altra quella dello Spirito
Santo; ma unica è la divinità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo,
uguale la gloria, coeterna la maestà" [Simbolo "Quicumque": Denz. -Schönm.,
75].
267 Inseparabili nella loro sostanza, le Persone divine sono inseparabili
anche nelle loro operazioni. Ma nell'unica operazione divina ogni Per sona
manifesta ciò che le è proprio nella Trinità, soprattutto nelle missioni
divine dell'Incarnazione del Figlio e del dono dello Spirito Santo.
Paragrafo 3
L'ONNIPOTENTE
268 Di tutti gli attributi divini, nel Simbolo si nomina soltanto
l'onnipotenza di Dio: confessarla è di grande importanza per la nostra vita.
Noi crediamo che tale onnipotenza è universale, perché Dio, che tutto ha
creato, [Cf Gen 1,1; Gv 1,3 ] tutto governa e tutto può; amante, perché Dio
è nostro Padre; [Cf Mt 6,9 ] misteriosa, perché la fede soltanto la può
riconoscere allorché "si manifesta nella debolezza" ( 2Cor 12,9 ) [Cf 1Cor
1,18 ].
"Egli opera tutto ciò che vuole" ( Sal 115,3 )
269 Le Sacre Scritture affermano a più riprese la potenza universale di Dio.
Egli è detto "il Potente di Giacobbe" ( Gen 49,24; Is 1,24 e. a), "il
Signore degli eserciti", "il Forte, il Potente" ( Sal 24,8-10 ). Se Dio è
onnipotente "in cielo e sulla terra" ( Sal 135,6 ), è perché lui stesso li
ha fatti. Nulla quindi gli è impossibile [Cf Ger 32,17; 269 Lc 1,37 ] e
dispone della sua opera come gli piace; [Cf Ger 27,5 ] egli è il Signore
dell'universo, di cui ha fissato l'ordine che rimane a lui interamente
sottoposto e disponibile; egli è il Padrone della storia: muove i cuori e
guida gli avvenimenti secondo il suo beneplacito [Cf Est 4,17 b; Pr 21,1; Tb
13,2 ]. "Prevalere con la forza ti è sempre possibile; chi potrà opporsi al
potere del tuo braccio?" ( Sap 11,21 ).
"Hai compassione di tutti, perché tutto tu puoi"
( Sap 11,23 )
270 Dio è il Padre onnipotente. La sua paternità e la sua potenza si
illuminano a vicenda. Infatti, egli mostra la sua onnipotenza paterna nel
modo in cui si prende cura dei nostri bisogni; [Cf Mt 6,32 ] attraverso
l'adozione filiale che ci dona (sarò per voi come un padre, e voi mi sarete
come figli e figlie, dice il Signore onnipotente": 2Cor 6,18 ); infine
attraverso la sua infinita misericordia, dal momento che egli manifesta al
massimo grado la sua potenza perdonando liberamente i peccati.
271 L'onnipotenza divina non è affatto arbitraria: "In Dio la potenza e
l'essenza, la volontà e l'intelligenza, la sapienza e la giustizia sono una
sola ed identica cosa, di modo che nulla può esserci nella potenza divina
che non possa essere nella giusta volontà di Dio o nella sua sapiente
intelligenza" [San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, I, 25, 5, ad 1].
Il mistero dell'apparente impotenza di Dio
272 La fede in Dio Padre onnipotente può essere messa alla prova
dall'esperienza del male e della sofferenza. Talvolta Dio può sembrare
assente ed incapace di impedire il male. Ora, Dio Padre ha rivelato nel modo
più misterioso la sua onnipotenza nel volontario abbassamento e nella
Risurrezione del Figlio suo, per mezzo dei quali ha vinto il male. Cristo
crocifisso è quindi "potenza di Dio e sapienza di Dio. Perché ciò che è
stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è
più forte degli uomini" ( 1Cor 1,24-25 ). Nella Risurrezione e nella
esaltazione di Cristo il Padre ha dispiegato "l'efficacia della sua forza" e
ha manifestato "la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi
credenti" ( Ef 1,19-22 ).
273 Soltanto la fede può aderire alle vie misteriose dell'onnipotenza di
Dio. Per questa fede, ci si gloria delle proprie debolezze per attirare su
di sé la potenza di Cristo [Cf 2Cor 12,9; Fil 4,13 ]. Di questa fede il
supremo modello è la Vergine Maria: ella ha creduto che "nulla è impossibile
a Dio" ( Lc 1,37 ) e ha potuto magnificare il Signore: "Grandi cose ha fatto
in me l'Onnipotente e santo è il suo nome" ( Lc 1,49 ).
274 "La ferma persuasione dell'onnipotenza divina vale più di ogni altra
cosa a corroborare in noi il doveroso sentimento della fede e della
speranza. La nostra ragione, conquistata dall'idea della divina onnipotenza,
assentirà, senza più dubitare, a qualunque cosa sia necessario credere, per
quanto possa essere grande e meravigliosa o superiore alle leggi e
all'ordine della natura. Anzi, quanto più sublimi saranno le verità da Dio
rivelate, tanto più agevolmente riterrà di dovervi assentire" [Catechismo
Romano, 1, 2, 13].
In sintesi
275 Con Giobbe, il giusto, noi confessiamo: "Comprendo che puoi tutto e che
nessuna cosa è impossibile per te" ( Gb 42,2 ).
276 Fedele alla testimonianza della Scrittura, la Chiesa rivolge spesso la
sua preghiera al "Dio onnipotente ed eterno" (omnipotens sempiterne Deus. .
. "), credendo fermamente che "nulla è impossibile a Dio" ( Gen 18,14; Lc
1,37; Mt 19,26 ).
277 Dio manifesta la sua onnipotenza convertendoci dai nostri peccati e
ristabilendoci nella sua amicizia con la grazia (Deus, qui omnipo potentiam
tuam parcendo maxime et miserando manifestas. . . - O Dio, che riveli la tua
onnipotenza soprattutto con la misericordia e il perdono. . . ") [Messale
Romano, colletta della ventiseiesima domenica].
278 Senza credere che l'Amore di Dio è onnipotente, come credere che il
Padre abbia potuto crearci, il Figlio riscattarci, lo Spirito Santo
santificarci?
Paragrafo 4
IL CREATORE
279 "In principio Dio creò il cielo e la terra" ( Gen 1,1 ). Con queste
solenni parole incomincia la Sacra Scrittura. Il Simbolo della fede le
riprende confessando Dio Padre onnipotente come "Creatore del cielo e della
terra", "di tutte le cose visibili e invisibili". Noi parleremo perciò
innanzi tutto del Creatore, poi della sua creazione, infine della caduta a
causa del peccato, da cui Gesù Cristo, il Figlio di Dio, è venuto a
risollevarci.
280 La creazione è il fondamento di "tutti i progetti salvifici di Dio",
"l'inizio della storia della salvezza", [Congregazione per il Clero,
Direttorio catechistico generale, 51] che culmina in Cristo. Inversamente,
il Mistero di Cristo è la luce decisiva sul mistero della creazione: rivela
il fine in vista del quale, "in principio, Dio creò il cielo e la terra" (
Gen 1,1 ): dalle origini, Dio pensava alla gloria della nuova creazione in
Cristo [Cf Rm 8,18-23 ].
281 Per questo le letture della Veglia Pasquale, celebrazione della nuova
creazione in Cristo, iniziano con il racconto della creazione; parimenti,
nella Liturgia Bizantina, il racconto della creazione è sempre la prima
lettura delle vigilie delle grandi feste del Signore. Secondo la
testimonianza degli antichi, l'istruzione dei catecumeni per il Battesimo
segue lo stesso itinerario [Cf Eteria, Peregrinatio ad loca sancta, 46: PLS
1, 1047; Sant'Agostino, De catechizandis rudibus, 3, 5].
I. La catechesi sulla creazione
282 La catechesi sulla creazione è di capitale importanza. Concerne i
fondamenti stessi della vita umana e cristiana: infatti esplicita la
risposta della fede cristiana agli interrogativi fondamentali che gli uomini
di ogni tempo si sono posti: "Da dove veniamo?" "Dove andiamo?" "Qual è la
nostra origine?" "Quale il nostro fine?" "Da dove viene e dove va tutto ciò
che esiste?". Le due questioni, quella dell'origine e quella del fine, sono
inseparabili. Sono decisive per il senso e l'orientamento della nostra vita
e del nostro agire.
283 La questione delle origini del mondo e dell'uomo è oggetto di numerose
ricer che scientifiche, che hanno straordinariamente arricchito le nostre
conoscenze sull'età e le dimensioni del cosmo, sul divenire delle forme
viventi, sull'apparizione del l'uomo. Tali scoperte ci invitano ad una
sempre maggiore ammirazione per la grandezza del Creatore, e a ringraziarlo
per tutte le sue opere e per l'intelligenza e la sapienza di cui fa dono
agli studiosi e ai ricercatori. Con Salomone costoro possono dire: "Egli mi
ha concesso la conoscenza infallibile delle cose, per comprendere la
struttura del mondo e la forza degli elementi. . . perché mi ha istruito la
Sapienza, artefice di tutte le cose" ( Sap 7,17-21 ).
284 Il grande interesse, di cui sono oggetto queste ricerche, è fortemente
stimolato da una questione di altro ordine, che oltrepassa il campo proprio
delle scienze naturali. Non si tratta soltanto di sapere quando e come sia
sorto materialmente il cosmo, né quando sia apparso l'uomo, quanto piuttosto
di scoprire quale sia il senso di tale origine: se cioè sia governata dal
caso, da un destino cieco, da una necessità anonima, oppure da un Essere
trascendente, intelligente e buono, chiamato Dio. E se il mondo proviene
dalla sapienza e dalla bontà di Dio, perché il male? Da dove viene? Chi ne è
responsabile? C'è una liberazione da esso?
285 Fin dagli inizi, la fede cristiana è stata messa a confronto con
risposte diverse dalla sua circa la questione delle origini. Infatti, nelle
religioni e nelle culture antiche si trovano numerosi miti riguardanti le
origini. Certi filosofi hanno affermato che tutto è Dio, che il mondo è Dio,
o che il divenire del mondo è il divenire di Dio (panteismo); altri hanno
detto che il mondo è una emanazione necessaria di Dio, che scaturisce da
questa sorgente e ad essa ritorna; altri ancora hanno sostenuto l'esistenza
di due princìpi eterni, il Bene e il Male, la Luce e le Tenebre, in continuo
conflitto (dualismo, manicheismo); secondo alcune di queste concezioni, il
mondo (almeno il mondo materiale) sarebbe cattivo, prodotto di un
decadimento, e quindi da respingere o oltrepassare (gnosi); altri ammettono
che il mondo sia stato fatto da Dio, ma alla maniera di un orologiaio che,
una volta fatto, l'avrebbe abbandonato a se stesso( deismo); altri infine
non ammettono alcuna origine trascendente del mondo, ma vedono in esso il
puro gioco di una materia che sarebbe sempre esistita (materialismo). Tutti
questi tentativi di spiegazione stanno a testimoniare la persistenza e
l'universa lità del problema delle origini. Questa ricerca è propria
dell'uomo.
286 Indubbiamente, l'intelligenza umana può già trovare una risposta al
problema delle origini. Infatti, è possibile conoscere con certezza
l'esistenza di Dio Creatore attraverso le sue opere, grazie alla luce della
ragione umana, [Cf Concilio Vaticano I: Denz. -Schönm., 3026] anche se
questa conoscenza spesso è offuscata e sfigurata dall'errore. Per questo la
fede viene a confermare e a far luce alla ragione nella retta intelligenza
di queste verità: "Per fede sappiamo che i mondi furono formati dalla Parola
di Dio, sì che da cose non visibili ha preso origine ciò che si vede" ( Eb
11,3 ).
287 La verità della creazione è tanto importante per l'intera vita umana che
Dio, nella sua tenerezza, ha voluto rivelare al suo Popolo tutto ciò che al
riguardo è necessario conoscere. Al di là della conoscenza naturale che ogni
uomo può avere del Creatore, [Cf At 17,24-29; Rm 1,19-20 ] Dio ha
progressivamente rivelato a Israele il mistero della creazione. Egli, che ha
scelto i patriarchi, che ha fatto uscire Israele dall'Egitto, e che,
eleggendo Israele, l'ha creato e formato, [Cf Is 43,1 ] si rivela come colui
al quale appartengono tutti i popoli della terra e l'intera terra, come
colui che, solo, "ha fatto cielo e terra" ( Sal 115,15; Sal 124,8; 287 Sal
134,3 ).
288 La rivelazione della creazione è così inseparabile dalla rivelazione e
dalla realizzazione dell'Alleanza di Dio, l'Unico, con il suo Popolo. La
creazione è rivelata come il primo passo verso tale Alleanza, come la prima
e universale testimonianza dell'amore onnipotente di Dio [Cf Gen 15,5; 288
Ger 33,19-26 ]. E poi la verità della creazione si esprime con una forza
crescente nel messaggio dei profeti, [Cf Is 44,24 ] nella preghiera dei
Salmi[Cf Sal 104 ] e della Liturgia, nella riflessione della sapienza [Cf Pr
8,22-31 ] del Popolo eletto.
289 Tra tutte le parole della Sacra Scrittura sulla creazione, occupano un
posto singolarissimo i primi tre capitoli della Genesi. Dal punto di vista
letterario questi testi possono avere diverse fonti. Gli autori ispirati li
hanno collocati all'inizio della Scrittura in modo che esprimano, con il
loro linguaggio solenne, le verità della creazione, della sua origine e del
suo fine in Dio, del suo ordine e della sua bontà, della vocazione
dell'uomo, infine del dramma del peccato e della speranza della salvezza.
Lette alla luce di Cristo, nell'unità della Sacra Scrittura e della
Tradizione vivente della Chiesa, queste parole restano la fonte principale
per la catechesi dei misteri delle "origini": creazione, caduta, promessa
della salvezza.
II. La creazione - opera della Santissima Trinità
290 "In principio, Dio creò il cielo e la terra" ( Gen 1,1 ). Queste prime
parole della Scrittura contengono tre affermazioni: il Dio eterno ha dato un
inizio a tutto ciò che esiste fuori di lui. Egli solo è Creatore (il verbo
"creare" - in ebraico "bara" - ha sempre come soggetto Dio). La totalità di
ciò che esiste (espressa nella formula "il cielo e la terra") dipende da
colui che gli dà di essere.
291 "In principio era il Verbo. . . e il Verbo era Dio. . . Tutto è stato
fatto per mezzo di lui e senza di lui niente è stato fatto" ( Gv 1,1-3 ). Il
Nuovo Testamento rivela che Dio ha creato tutto per mezzo del Verbo eterno,
il Figlio suo diletto. "Per mezzo di lui sono state create tutte le cose,
quelle nei cieli e quelle sulla terra. . . Tutte le cose sono state create
per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte in
lui sussistono" ( Col 1,16-17 ). La fede della Chiesa afferma pure l'azione
creatrice dello Spirito Santo: egli è il "datore di vita", [Simbolo di
Nicea-Costantinopoli] lo "Spirito Creatore", [Liturgia delle Ore, Inno
"Veni, Creator Spiritus"] la "sorgente di ogni bene" [Liturgia bizantina,
Tropario dei Vespri di Pentecoste].
292 Lasciata intravvedere nell'Antico Testamento, [Cf Sal 33,6; Sal 104,30;
Gen 1,2-3 ] rivelata nella Nuova Alleanza, l'azione creatrice del Figlio e
dello Spirito, inseparabilmente una con quella del Padre, è chiaramente
affermata dalla regola di fede della Chiesa: "Non esiste che un solo Dio. .
. : egli è il Padre, è Dio, il Creatore, l'Autore, l'Ordinatore. Egli ha
fatto ogni cosa da se stesso, cioè con il suo Verbo e la sua Sapienza", "per
mezzo del Figlio e dello Spirito", che sono come "le sue mani" [Sant'Ireneo
di Lione, Adversus haereses, 2, 30, 9 e 4, 20, 1]. La creazione è l'opera
comune della Santissima Trinità.
III. "Il mondo è stato creato per la gloria di Dio"
293 E' una verità fondamentale che la Scrittura e la Tradizione
costantemente insegnano e celebrano: "Il mondo è stato creato per la gloria
di Dio" [Concilio Vaticano I: Denz. -Schönm., 3025]. Dio ha creato tutte le
cose, spiega san Bonaventura, "non propter gloriam augendam, sed propter
gloriam manifestandam et propter gloriam suam communicandam - non per
accrescere la propria gloria, ma per manifestarla e per comunicarla" [San
Bonaventura, In libros sententiarum, 2, 1, 2, 2, 1]. Infatti Dio non ha
altro motivo per creare se non il suo amore e la sua bontà: "Aperta manu
clave amoris creaturÍ prodierunt - Aperta la mano dalla chiave dell'amore,
le creature vennero alla luce" [San Tommaso d'Aquino, In libros
sententiarum, 2, prol]. E il Concilio Vaticano I spiega:
Nella sua bontà e con la sua onnipotente virtù, non per aumentare la sua
beatitudine, né per acquistare perfezione, ma per manifestarla attraverso i
beni che concede alle sue creature, questo solo vero Dio ha, con la più
libera delle decisioni, insieme, dall'inizio dei tempi, creato dal nulla
l'una e l'altra creatura, la spirituale e la corporale [Concilio Vaticano I:
Denz. -Schönm., 3002].
294 La gloria di Dio è che si realizzi la manifestazione e la comunicazione
della sua bontà, in vista delle quali il mondo è stato creato. Fare di noi i
suoi "figli adottivi per opera di Gesù Cristo", è il benevolo disegno "della
sua volontà. . . a lode e gloria della sua grazia" ( Ef 1,5-6 ). "Infatti la
gloria di Dio è l'uomo vivente e la vita dell'uomo è la visione di Dio: se
già la Rivelazione di Dio attraverso la creazione procurò la vita a tutti
gli esseri che vivono sulla terra, quanto più la manifestazione del Padre
per mezzo del Verbo dà la vita a coloro che vedono Dio" [Sant'Ireneo di
Lione, Adversus haereses, 4, 20, 7]. Il fine ultimo della creazione è che
Dio, "che di tutti è il Creatore, possa anche essere "tutto in tutti" ( 1Cor
15,28 ) procurando ad un tempo la sua gloria e la nostra felicità" [Conc.
Ecum. Vat. II, Ad gentes, 2].
IV. Il mistero della creazione
Dio crea con sapienza e amore
295 Noi crediamo che il mondo è stato creato da Dio secondo la sua sapienza
[Cf Sap 9,9 ]. Non è il prodotto di una qualsivoglia necessità, di un
destino cieco o del caso. Noi crediamo che il mondo trae origine dalla
libera volontà di Dio, il quale ha voluto far partecipare le creature al suo
essere, alla sua saggezza e alla sua bontà: "Tu hai creato tutte le cose, e
per la tua volontà furono create e sussistono" ( Ap 4,11 ). "Quanto sono
grandi, Signore, le tue opere! Tutto hai fatto con saggezza" ( Sal 104,24 ).
"Buono è il Signore verso tutti, la sua tenerezza si espande su tutte le
creature" ( Sal 145,9 ).
Dio crea "dal nulla"
296 Noi crediamo che Dio, per creare, non ha bisogno di nulla di
preesistente né di alcun aiuto [Cf Concilio Vaticano I: Denz. -Schönm.,
3022]. La creazione non è neppure una emanazione necessaria della sostanza
divina [Cf ibid., 3023-3024]. Dio crea liberamente "dal nulla": [Concilio
Lateranense IV: Denz. -Schönm., 800; Concilio Vaticano I: ibid. , 3025]
Che vi sarebbe di straordinario se Dio avesse tratto il mondo da una materia
preesistente? Un artigiano umano, quando gli si dà un materiale, ne fa tutto
ciò che vuole. Invece la potenza di Dio si manifesta precisamente in questo,
che egli parte dal nulla per fare tutto ciò che vuole [San Teofilo
d'Antiochia, Ad Autolycum, 2, 4: PG 6, 1052].
297 La fede nella creazione "dal nulla" è attestata nella Scrittura come una
verità piena di promessa e di speranza. Così la madre dei sette figli li
incoraggia al martirio:
Non so come siate apparsi nel mio seno; non io vi ho dato lo spirito e la
vita, né io ho dato forma alle membra di ciascuno di voi. Senza dubbio il
Creatore del mondo, che ha plasmato all'origine l'uomo e ha provveduto alla
generazione di tutti, per la sua misericordia vi restituirà di nuovo lo
spirito e la vita, come voi ora per le sue leggi non vi curate di voi
stessi. . . Ti scongiuro, figlio, contempla il cielo e la terra, osserva
quanto vi è in essi e sappi che Dio li ha fatti non da cose preesistenti;
tale è anche l'origine del genere umano ( 2Mac 7,22-23; 2Mac 7,28 ).
298 Dio, poiché può creare dal nulla, può anche, per opera dello Spirito
Santo, donare ai peccatori la vita dell'anima, creando in essi un cuore
puro, [Cf Sal 51,12 ] e ai defunti, con la risurrezione, la vita del corpo,
egli "che dà vita ai morti e chiama all'esistenza le cose che ancora non
esistono" ( Rm 4,17 ). E, dal momento che, con la sua Parola, ha potuto far
risplendere la luce dalle tenebre, [Cf Gen 1,3 ] può anche donare la luce
della fede a coloro che non lo conoscono [Cf 2Cor 4,6 ].
Dio crea un mondo ordinato e buono
299 Per il fatto che Dio crea con sapienza, la creazione ha un ordine: "Tu
hai disposto tutto con misura, calcolo e peso" ( Sap 11,20 ). Creata nel e
per mezzo del Verbo eterno, "immagine del Dio invisibile" ( Col 1,15 ), la
creazione è destinata, indirizzata all'uomo, immagine di Dio, [Cf Gen 1,26 ]
chiamato a una relazione personale con Dio. La nostra intelligenza, poiché
partecipa alla luce dell'Intelletto divino, può comprendere ciò che Dio ci
dice attraverso la creazione, [Cf Sal 19,2-5 ] certo non senza grande sforzo
e in spirito di umiltà e di rispetto davanti al Creatore e alla sua opera
[Cf Gb 42,3 ]. Scaturita dalla bontà divina, la creazione partecipa di
questa bontà (E Dio vide che era cosa buona. . . cosa molto buona": Gen 1,4;
Gen 1,10; 299 Gen 1,12; Gen 1,18; Gen 1,21; Gen 1,31 ). La creazione,
infatti, è voluta da Dio come un dono fatto all'uomo, come un'eredità a lui
destinata e affidata. La Chiesa, a più riprese, ha dovuto difendere la bontà
della creazione, compresa quella del mondo materiale [Cf San Leone Magno,
Lettera Quam laudabiliter: Denz. -Schönm. , 286; Concilio di].
Dio trascende la creazione ed è ad essa presente
300 Dio è infinitamente più grande di tutte le sue opere: [Cf Sir 43,28 ]
"Sopra i cieli si innalza" la sua "magnificenza" ( Sal 8,2 ), "la sua
grandezza non si può misurare" ( Sal 145,3 ). Ma poiché egli è il Creatore
sovrano e libero, causa prima di tutto ciò che esiste, egli è presente
nell'intimo più profondo delle sue creature: "In lui viviamo, ci muoviamo ed
esistiamo" ( At 17,28 ). Secondo le parole di sant'Agostino, egli è
"superior summo meo et interior intimo meo - più intimo della mia parte più
intima, più alto della mia parte più alta" [Sant'Agostino, Confessiones, 3,
6, 11].
Dio conserva e regge la creazione
301 Dopo averla creata, Dio non abbandona a se stessa la sua creatura. Non
le dona soltanto di essere e di esistere: la conserva in ogni istante
nell'essere, le dà la facoltà di agire e la conduce al suo termine.
Riconoscere questa completa dipendenza in rapporto al Creatore è fonte di
sapienza e di libertà, di gioia, di fiducia:
Tu ami tutte le cose esistenti, e nulla disprezzi di quanto hai creato; se
tu avessi odiato qualcosa, non l'avresti neppure creata. Come potrebbe
sussistere una cosa se tu non vuoi? O conservarsi se tu non l'avessi
chiamata all'esistenza? Tu risparmi tutte le cose, perché tutte son tue,
Signore, amante della vita ( Sap 11,24-26 ).
V. Dio realizza il suo disegno: la Provvidenza divina
302 La creazione ha la sua propria bontà e perfezione, ma non è uscita dalle
mani del Creatore interamente compiuta. E' creata "in stato di via" (in
statu viae") verso una perfezione ultima alla quale Dio l'ha destinata, ma
che ancora deve essere raggiunta. Chiamiamo divina Provvidenza le
disposizioni per mezzo delle quali Dio conduce la creazione verso questa
perfezione.
Dio conserva e governa con la sua Provvidenza tutto ciò che ha creato, "essa
si estende da un confine all'altro con forza, governa con bontà eccellente
ogni cosa" ( Sap 8,1 ). Infatti "tutto è nudo e scoperto agli occhi suoi" (
Eb 4,13 ), anche quello che sarà fatto dalla libera azione delle creature
[Concilio Vaticano I: Denz. -Schönm., 3003].
303 La testimonianza della Scrittura è unanime: la sollecitudine della
divina Provvidenza è concreta e immediata; essa si prende cura di tutto,
dalle più piccole cose fino ai grandi eventi del mondo e della storia. Con
forza, i Libri Sacri affermano la sovranità assoluta di Dio sul corso degli
avvenimenti: "Il nostro Dio è nei cieli, egli opera tutto ciò che vuole" (
Sal 115,3 ); e di Cristo si dice: "Quando egli apre, nessuno chiude, e
quando chiude, nessuno apre" ( Ap 3,7 ); "molte sono le idee nella mente
dell'uomo, ma solo il disegno del Signore resta saldo" ( Pr 19,21 ).
304 Spesso si nota che lo Spirito Santo, autore principale della Sacra
Scrittura, attribuisce delle azioni a Dio, senza far cenno a cause seconde.
Non si tratta di "un modo di parlare" primitivo, ma di una maniera profonda
di richiamare il primato di Dio e la sua signoria assoluta sulla storia e
sul mondo [Cf Is 10,5-15; Is 45,5-7; Dt 32,39; Sir 11,14 ] educando così
alla fiducia in lui. La preghiera dei Salmi è la grande scuola di questa
fiducia [Cf Sal 22; Sal 32; 305 Sal 35; Sal 103; Sal 138; e.a.].
305 Gesù chiede un abbandono filiale alla Provvidenza del Padre celeste, il
quale si prende cura dei più elementari bisogni dei suoi figli: "Non
affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa
indosseremo?. . . Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno.
Cercate prima il Regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi
saranno date in aggiunta" ( Mt 6,31-33 ) [Cf Mt 10,29-31 ].
La Provvidenza e le cause seconde
306 Dio è il Padrone sovrano del suo disegno. Però, per realizzarlo, si
serve anche della cooperazione delle creature. Questo non è un segno di
debolezza, bensì della grandezza e della bontà di Dio onnipotente. Infatti
Dio alle sue creature non dona soltanto l'esistenza, ma anche la dignità di
agire esse stesse, di essere causa e principio le une delle altre, e di
collaborare in tal modo al compimento del suo disegno.
307 Dio dà agli uomini anche il potere di partecipare liberamente alla sua
Provvidenza, affidando loro la responsabilità di "soggiogare" la terra e di
dominarla [Cf Gen 1,26-28 ]. In tal modo Dio fa dono agli uomini di essere
cause intelligenti e libere per completare l'opera della creazione,
perfezionandone l'armonia, per il loro bene e per il bene del loro prossimo.
Cooperatori spesso inconsapevoli della volontà divina, gli uomini possono
entrare deliberatamente nel piano divino con le loro azioni, le loro
preghiere, ma anche con le loro sofferenze [Cf Col 1,24 ]. Allora diventano
in pienezza "collaboratori di Dio" ( 1Cor 3,9; 1Ts 3,2 ) e del suo Regno [Cf
Col 4,11 ].
308 Dio agisce in tutto l'agire delle sue creature: è una verità
inseparabile dalla fede in Dio Creatore. Egli è la causa prima che opera
nelle e per mezzo delle cause seconde: "E' Dio infatti che suscita" in noi
"il volere e l'operare secondo i suoi benevoli disegni" ( Fil 2,13 ) [Cf
1Cor 12,6 ]. Lungi dallo sminuire la dignità della creatura, questa verità
la accresce. Infatti la creatura, tratta dal nulla dalla potenza, dalla
sapienza e dalla bontà di Dio, niente può se è separata dalla propria
origine, perché "la creatura senza il Creatore svanisce"; [Conc. Ecum. Vat.
II, Gaudium et spes, 36] ancor meno può raggiungere il suo fine ultimo senza
l'aiuto della grazia [Cf Mt 19,26; Gv 15,5; Fil 4,13 ].
La Provvidenza e lo scandalo del male
309 Se Dio Padre onnipotente, Creatore del mondo ordinato e buono, si prende
cura di tutte le sue creature, perché esiste il male? A questo interrogativo
tanto pressante quanto inevitabile, tanto doloroso quanto misterioso,
nessuna rapida risposta potrà bastare. E' l'insieme della fede cristiana che
costituisce la risposta a tale questione: la bontà della creazione, il
dramma del peccato, l'amore paziente di Dio che viene incontro all'uomo con
le sue Alleanze, con l'Incarnazione redentrice del suo Figlio, con il dono
dello Spirito, con il radunare la Chiesa, con la forza dei sacramenti, con
la vocazione ad una vita felice, alla quale le creature libere sono invitate
a dare il loro consenso, ma alla quale, per un mistero terribile, possono
anche sottrarsi. Non c'è un punto del messaggio cristiano che non sia, per
un certo aspetto, una risposta al problema del male .
310 Ma perché Dio non ha creato un mondo a tal punto perfetto da non potervi
essere alcun male? Nella sua infinita potenza, Dio potrebbe sempre creare
qualcosa di migliore [Cf San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, I, 25, 6].
Tuttavia, nella sua sapienza e nella sua bontà infinite, Dio ha liberamente
voluto creare un mondo "in stato di via" verso la sua perfezione ultima.
Questo divenire, nel disegno di Dio, comporta, con la comparsa di certi
esseri la scomparsa di altri, con il più perfetto anche il meno perfetto,
con le costruzioni della natura anche le distruzioni. Quindi, insieme con il
bene fisico esiste anche il male fisico, finché la creazione non avrà
raggiunto la sua perfezione [Cf San Tommaso d'Aquino, Summa contra gentiles,
3, 71].
311 Gli angeli e gli uomini, creature intelligenti e libere, devono
camminare verso il loro destino ultimo per una libera scelta e un amore di
preferenza. Essi possono, quindi, deviare. In realtà, hanno peccato. E' così
che nel mondo è entrato il male morale, incommensurabilmente più grave del
male fisico. Dio non è in alcun modo, né direttamente né indirettamente, la
causa del male morale [Cf Sant'Agostino, De libero arbitrio, 1, 1, 1: PL 32,
1221-1223; San Tommaso d'Aquino, Summa teologiae, I-II, 79, 1]. Però,
rispettando la libertà della sua creatura, lo permette e, misteriosamente,
sa trarne il bene:
Infatti Dio onnipotente. . ., essendo supremamente buono, non permetterebbe
mai che un qualsiasi male esistesse nelle sue opere, se non fosse
sufficientemente potente e buono da trarre dal male stesso il bene
[Sant'Agostino, Enchiridion de fide, spe et caritate, 11, 3].
312 Così, col tempo, si può scoprire che Dio, nella sua Provvidenza
onnipotente, può trarre un bene dalle conseguenze di un male, anche morale,
causato dalle sue creature: "Non siete stati voi", dice Giuseppe ai suoi
fratelli, "a mandarmi qui, ma Dio; . . . se voi avete pensato del male
contro di me, Dio ha pensato di farlo servire a un bene. . . per far vivere
un popolo numeroso" ( Gen 45,8 Gen 50,20 ) [Cf Tb 2,12-18 vulg]. Dal più
grande male morale che mai sia stato commesso, il rifiuto e l'uccisione del
Figlio di Dio, causata dal peccato di tutti gli uomini, Dio, con la
sovrabbondanza della sua grazia, [Cf Rm 5,20 ] ha tratto i più grandi beni:
la glorificazione di Cristo e la nostra Redenzione. Con ciò, però, il male
non diventa un bene.
313 "Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio" ( Rm 8,28 ). La
testimonianza dei santi non cessa di confermare questa verità:
Così santa Caterina da Siena dice a "coloro che si scandalizzano e si
ribellano davanti a ciò che loro capita": "Tutto viene dall'amore, tutto è
ordinato alla salvezza dell'uomo, Dio non fa niente se non a questo fine"
[Santa Caterina da Siena, Dialoghi, 4, 138].
E san Tommaso Moro, poco prima del martirio, consola la figlia: "Nulla
accade che Dio non voglia, e io sono sicuro che qualunque cosa avvenga, per
quanto cattiva appaia, sarà in realtà sempre per il meglio" [San Tommaso
More, Lettera ad Alice Alington di Margaret Roper sul colloquio avuto in
carcere con il padre, cf Liturgia delle Ore, III, Ufficio delle letture del
22 giugno].
E Giuliana di Norwich: "Imparai dalla grazia di Dio che dovevo rimanere
fermamente nella fede, e quindi dovevo saldamente e perfettamente credere
che tutto sarebbe finito in bene. . . : "Tu stessa vedrai che ogni specie di
cosa sarà per il bene " [Giuliana di Norwich, Rivelazioni dell'amore divino,
32].
314 Noi crediamo fermamente che Dio è Signore del mondo e della storia. Ma
le vie della sua Provvidenza spesso ci rimangono sconosciute. Solo alla
fine, quando avrà termine la nostra conoscenza imperfetta e vedremo Dio "a
faccia a faccia" ( 1Cor 13,12 ), conosceremo pienamente le vie, lungo le
quali, anche attraverso i drammi del male e del peccato, Dio avrà condotto
la sua creazione fino al riposo di quel Sabato [Cf Gen 2,2 ] definitivo, in
vista del quale ha creato il cielo e la terra.
In sintesi
315 Nella creazione del mondo e dell'uomo, Dio ha posto la prima e
universale testimonianza del suo amore onnipotente e della sua sapienza, il
primo annunzio del suo "disegno di benevolenza", che ha il suo fine nella
nuova creazione in Cristo.
316 Sebbene l'opera della creazione sia particolarmente attribuita al Padre,
è ugualmente verità di fede che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono
il principio unico e indivisibile della creazione.
317 Dio solo ha creato l'universo liberamente, direttamente, senza alcun
aiuto.
318 Nessuna creatura ha il potere infinito necessario per "creare" nel senso
proprio del termine, cioè produrre e dare l'essere a ciò che non l'aveva
affatto (chiamare all'esistenza "ex nihilo" - dal nulla) [Cf Congregazione
per l'Educazione Cattolica, Decreto del 27 luglio 1914, Theses approbatae
philosophiae tomisticae: Denz. -Schönm., 3624].
319 Dio ha creato il mondo per manifestare e per comunicare la sua gloria.
Che le sue creature abbiano parte alla sua verità, alla sua bontà, alla sua
bellezza: ecco la gloria per la quale Dio le ha create.
320 Dio, che ha creato l'universo, lo conserva nell'esistenza per mezzo del
suo Verbo, "questo Figlio che. . . sostiene tutto con la potenza della sua
Parola" ( Eb 1,3 ), e per mezzo dello Spirito Creatore che dà vita.
321 La divina Provvidenza consiste nelle disposizioni con le quali Dio, con
sapienza e amore, conduce tutte le creature al loro fine ultimo.
322 Cristo ci esorta all'abbandono filiale alla Provvidenza del nostro Padre
celeste [Cf Mt 6,26-34 ] e l'apostolo san Pietro gli fa eco: gettate "in lui
ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi" ( 1Pt 5,7 ) [Cf Sal
55,23 ].
323 La Provvidenza divina agisce anche attraverso l'azione delle creature.
Agli esseri umani Dio dona di cooperare liberamente ai suoi disegni.
324 Che Dio permetta il male fisico e morale è un mistero che Dio illumina
nel suo Figlio, Gesù Cristo, morto e risorto per vincere il male. La fede ci
dà la certezza che Dio non permetterebbe il male, se dallo stesso male non
traesse il bene, per vie che conosceremo pienamente soltanto nella vita
eterna.
Paragrafo 5
IL CIELO E LA TERRA
325 Il Simbolo degli Apostoli professa che Dio è "il Creatore del cielo e
della terra", e il Simbolo di Nicea-Costantinopoli esplicita: ". . . di
tutte le cose visibili e invisibili".
326 Nella Sacra Scrittura, l'espressione "cielo e terra" significa: tutto
ciò che esiste, l'intera creazione. Indica pure, all'interno della
creazione, il legame che ad un tempo unisce e distingue cielo e terra: "La
terra" è il mondo degli uomini [Cf Sal 115,16 ]. "Il cielo", o "i cieli",
può indicare il firmamento, [Cf Sal 19,2 ] ma anche il "luogo" proprio di
Dio: il nostro "Padre che è nei cieli" ( Mt 5,16 ) [Cf Sal 115,16 ] e, di
conseguenza, anche il "cielo" che è la gloria escatologica. Infine, la
parola "cielo" indica il "luogo" delle creature spirituali - gli angeli -
che circondano Dio.
327 La professione di fede del Concilio Lateranense IV afferma che Dio "fin
dal principio del tempo, creò dal nulla l'uno e l'altro ordine di creature,
quello spirituale e quello materiale, cioè gli angeli e il mondo terrestre;
e poi l'uomo, quasi partecipe dell'uno e dell'altro, composto di anima e di
corpo" [Concilio Lateranense IV: Denz. -Schönm., 800; cf Concilio Vaticano
I: ibid., 3002 e Paolo VI, Credo del popolo di Dio, 8].
I. Gli angeli
L'esistenza degli angeli - una verità di fede
328 L'esistenza degli esseri spirituali, incorporei, che la Sacra Scrittura
chiama abitualmente angeli, è una verità di fede. La testimonianza della
Scrittura è tanto chiara quanto l'unanimità della Tradizione.
Chi sono?
329 Sant'Agostino dice a loro riguardo: "Angelus officii nomen est, non
naturae. Quaeris nomen huius naturae, spiritus est; quaeris officium,
angelus est: ex eo quod est, spiritus est, ex eo quod agit, angelus - La
parola angelo designa l'ufficio, non la natura. Se si chiede il nome di
questa natura si risponde che è spirito; se si chiede l'ufficio, si risponde
che è angelo: è spirito per quello che è, mentre per quello che compie è
angelo" [Sant'Agostino, Enarratio in Psalmos, 103, 1, 15]. In tutto il loro
essere, gli angeli sono servitori e messaggeri di Dio. Per il fatto che
"vedono sempre la faccia del Padre. . . che è nei cieli" ( Mt 18,10 ), essi
sono "potenti esecutori dei suoi comandi, pronti alla voce della sua parola"
( Sal 103,20 ).
330 In quanto creature puramente spirituali, essi hanno intelligenza e
volontà: sono creature personali [Cf Pio XII, Lett. enc. Humani generis:
Denz. -Schönm., 3891] e immortali [Cf Lc 20,36 ]. Superano in perfezione
tutte le creature visibili. Lo testimonia il fulgore della loro gloria [Cf
Dn 10,9-12 ].
Cristo "con tutti i suoi angeli"
331 Cristo è il centro del mondo angelico. Essi sono "i suoi angeli":
"Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli.
. . " ( Mt 25,31 ). Sono suoi perché creati per mezzo di lui e in vista di
lui: "Poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei
cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni,
Dominazioni, Principati e Potestà. Tutte le cose sono state create per mezzo
di lui e in vista di lui" ( Col 1,16 ). Sono suoi ancor più perché li ha
fatti messaggeri del suo disegno di salvezza: "Non sono essi tutti spiriti
incaricati di un ministero, inviati per servire coloro che devono ereditare
la salvezza?" ( Eb 1,14 ).
332 Essi, fin dalla creazione [Cf Gb 38,7 ] e lungo tutta la storia della
salvezza, annunciano da lontano o da vicino questa salvezza e servono la
realizzazione del disegno salvifico di Dio: chiudono il paradiso terrestre,
[Cf Gen 3,24 ] proteggono Lot, [Cf Gen 19 ] salvano Agar e il suo bambino,
[Cf Gen 21,17 ] trattengono la mano di Abramo; [Cf Gen 22,11 ] la Legge
viene comunicata "per mano degli angeli" ( At 7,53 ), essi guidano il Popolo
di Dio, [Cf Es 23,20-23 ] annunziano nascite [Cf Gdc 13 ] e vocazioni, [Cf
Gdc 6,11-24; Is 6,6 ] assistono i profeti, [Cf 1Re 19,5 ] per citare
soltanto alcuni esempi. Infine, è l'angelo Gabriele che annunzia la nascita
del Precursore e quella dello stesso Gesù [Cf Lc 1,11; Lc 1,26 ].
333 Dall'Incarnazione all'Ascensione, la vita del Verbo incarnato è
circondata dall'adorazione e dal servizio degli angeli. Quando Dio
"introduce il Primogenito nel mondo, dice: lo adorino tutti gli angeli di
Dio" ( Eb 1,6 ). Il loro canto di lode alla nascita di Cristo non ha cessato
di risuonare nella lode della Chiesa: "Gloria a Dio. . . " ( Lc 2,14 ). Essi
proteggono l'infanzia di Gesù, [Cf Mt 1,20; 333 Mt 2,13; Mt 1,19 ] servono
Gesù nel deserto, [Cf Mc 1,12; Mt 4,11 ] lo confortano durante l'agonia, [Cf
Lc 22,43 ] quando egli avrebbe potuto da loro essere salvato dalla mano dei
nemici [Cf Mt 26,53 ] come un tempo Israele [Cf 2Mac 10,29-30; 333 2Mac 11,8
]. Sono ancora gli angeli che "evangelizzano" ( Lc 2,10 ) annunziando la
Buona Novella dell'Incarnazione [Cf Lc 2,8-14 ] e della Risurrezione [Cf Mc
16,5-7 ] di Cristo. Al ritorno di Cristo, che essi annunziano, [Cf At
1,10-11 ] saranno là, al servizio del suo giudizio [Cf Mt 13,41; 333 Mt
25,31; Lc 12,8-9 ].
Gli angeli nella vita della Chiesa
334 Allo stesso modo tutta la vita della Chiesa beneficia dell'aiuto
misterioso e potente degli angeli [Cf At 5,18-20; At 8,26-29; At 10,3-8; At
12,6-11; 334 At 27,23-25 ].
335 Nella Liturgia, la Chiesa si unisce agli angeli per adorare il Dio tre
volte santo; [Messale Romano, "Sanctus"] invoca la loro assistenza (così
nell'"In Paradisum deducant te angeli. . . " - In Paradiso ti accompagnino
gli angeli - della Liturgia dei defunti, o ancora nell'"Inno dei Cherubini"
della Liturgia bizantina), e celebra la memoria di alcuni angeli in
particolare (san Michele, san Gabriele, san Raffaele, gli angeli custodi).
336 Dal suo inizio [Cf Mt 18,10 ] fino all'ora della morte [Cf Lc 16,22 ] la
vita umana è circondata dalla loro protezione [Cf Sal 34,8; Sal 91,10-13 ] e
dalla loro intercessione [Cf Gb 33,23-24; Zc 1,12; 336 Tb 12,12 ]. "Ogni
fedele ha al proprio fianco un angelo come protettore e pastore, per
condurlo alla vita" [San Basilio di Cesarea, Adversus Eunomium, 3, 1: PG 29,
656B]. Fin da quaggiù, la vita cristiana partecipa, nella fede, alla beata
comunità degli angeli e degli uomini, uniti in Dio.
II. Il mondo visibile
337 E' Dio che ha creato il mondo visibile in tutta la sua ricchezza, la sua
varietà e il suo ordine. La Scrittura presenta simbolicamente l'opera del
Creatore come un susseguirsi di sei giorni di "lavoro" divino, che terminano
nel "riposo" del settimo giorno [Cf Gen 1,1-2,4 ]. Il testo sacro, riguardo
alla creazione, insegna verità rivelate da Dio per la nostra salvezza, [Cf
Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 11] che consentono di "riconoscere la
natura intima di tutta la creazione, il suo valore e la sua ordinazione alla
lode di Dio" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 36].
338 Non esiste nulla che non debba la propria esistenza a Dio Creatore. Il
mondo ha avuto inizio quando è stato tratto dal nulla dalla Parola di Dio;
tutti gli esseri esistenti, tutta la natura, tutta la storia umana si
radicano in questo evento primordiale: è la genesi della formazione del
mondo e dell'inizio del tempo [Cf Sant'Agostino, De Genesi contra
Manichaeos, 1, 2, 4: PL 35, 175].
339 Ogni creatura ha la sua propria bontà e la sua propria perfezione. Per
ognuna delle opere dei "sei giorni" è detto: "E Dio vide che ciò era buono".
"E' dalla loro stessa condizione di creature che le cose tutte ricevono la
loro propria consistenza, verità, bontà, le loro leggi proprie e il loro
ordine" [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 36]. Le varie creature,
volute nel loro proprio essere, riflettono, ognuna a suo modo, un raggio
dell'infinita sapienza e bontà di Dio. Per questo l'uomo deve rispettare la
bontà propria di ogni creatura, per evitare un uso disordinato delle cose,
che disprezza il Creatore e comporta conseguenze nefaste per gli uomini e
per il loro ambiente.
340 L'interdipendenza delle creature è voluta da Dio. Il sole e la luna, il
cedro e il piccolo fiore, l'aquila e il passero: le innumerevoli diversità e
disuguaglianze stanno a significare che nessuna creatura basta a se stessa,
che esse esistono solo in dipendenza le une dalle altre, per completarsi
vicendevolmente, al servizio le une delle altre.
341 La bellezza dell'universo. L'ordine e l'armonia del mondo creato
risultano dalla diversità degli esseri e dalle relazioni esistenti tra loro.
L'uomo le scopre progressivamente come leggi della natura. Esse sono oggetto
dell'ammirazione degli scienziati. La bellezza della creazione riflette la
bellezza infinita del Creatore. Deve ispirare il rispetto e la sottomissione
dell'intelligenza e della volontà dell'uomo.
342 La gerarchia delle creature è espressa dall'ordine dei "sei giorni", che
va dal meno perfetto al più perfetto. Dio ama tutte le sue creature, [Cf Sal
145,9 ] si prende cura di ognuna, perfino dei passeri. Tuttavia, Gesù dice:
"Voi valete più di molti passeri" ( Lc 12,6-7 ), o ancora: "Quanto è più
prezioso un uomo di una pecora!" ( Mt 12,12 ).
343 L'uomo è il vertice dell'opera della creazione. Il racconto ispirato lo
esprime distinguendo nettamente la creazione dell'uomo da quella delle altre
creature [Cf Gen 1,26 ].
344 Esiste una solidarietà fra tutte le creature per il fatto che tutte
hanno il medesimo Creatore e tutte sono ordinate alla sua gloria:
Laudato si, mi Signore, cun tutte le tue creature,
spezialmente messer lo frate Sole
lo quale è iorno, e allumini noi per lui.
Ed ello è bello e radiante cun grande splendore:
de te, Altissimo, porta significazione. . . .
Laudato si, mi Signore, per sor Aqua,
la quale è molto utile e umile e preziosa e casta. .. .
Laudato si, mi Signore, per sora nostra matre Terra,
la quale ne sustenta e governa
e produce diversi fructi con coloriti fiori ed erba.. . .
Laudate e benedicite mi Signore,
e rengraziate e serviteli cun grande umiltate [San Francesco d'Assisi,
Cantico delle creature].
345 Il Sabato - fine dell'opera dei "sei giorni". Il testo sacro dice che
"Dio, nel settimo giorno portò a termine il lavoro che aveva fatto" e così
"furono portati a compimento il cielo e la terra"; Dio "cessò nel settimo
giorno da ogni suo lavoro", "benedisse il settimo giorno e lo consacrò" (
Gen 2,1-3 ). Queste parole ispirate sono ricche di insegnamenti salutari:
346 Nella creazione Dio ha posto un fondamento e delle leggi che restano
stabili, [Cf Eb 4,3-4 ] sulle quali il credente potrà appoggiarsi con
fiducia, e che saranno per lui il segno e il pegno della incrollabile
fedeltà dell'Alleanza di Dio [Cf Ger 31,35-37; 346 Ger 33,19-26 ]. Da parte
sua, l'uomo dovrà rimaner fedele a questo fondamento e rispettare le leggi
che il Creatore vi ha inscritte.
347 La creazione è fatta in vista del Sabato e quindi del culto e
dell'adorazione di Dio. Il culto è inscritto nell'ordine della creazione [Cf
Gen 1,14 ]. "Operi Dei nihil praeponatur" - Nulla si anteponga all'"Opera di
Dio", dice la Regola di san Benedetto, indicando in tal modo il giusto
ordine delle preoccupazioni umane.
348 Il Sabato è al cuore della Legge di Israele. Osservare i comandamenti
equivale a corrispondere alla sapienza e alla volontà di Dio espresse
nell'opera della creazione.
349 L'ottavo giorno. Per noi, però, è sorto un giorno nuovo: quello della
Risurrezione di Cristo. Il settimo giorno porta a termine la prima
creazione. L'ottavo giorno dà inizio alla nuova creazione. Così, l'opera
della creazione culmina nell'opera più grande della Redenzione. La prima
creazione trova il suo senso e il suo vertice nella nuova creazione in
Cristo, il cui splendore supera quello della prima [Cf Messale Romano,
Veglia Pasquale: orazione dopo la prima lettura].
In sintesi
350 Gli angeli sono creature spirituali che incessantemente glorificano Dio
e servono i suoi disegni salvifici nei confronti delle altre creature: "Ad
omnia bona nostra cooperantur angeli - Gli angeli cooperano ad ogni nostro
bene" [San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, I, 114, 3, ad 3].
351 Gli angeli circondano Cristo, loro Signore. Lo servono soprattutto nel
compimento della sua missione di salvezza per tutti gli uomini.
352 La Chiesa venera gli angeli che l'aiutano nel suo pellegrinaggio
terreno, e che proteggono ogni essere umano.
353 Dio ha voluto la diversità delle sue creature e la loro bontà propria,
la loro interdipendenza, il loro ordine. Ha destinato tutte le creature
materiali al bene del genere umano. L'uomo, e attraverso lui l'intera
creazione, sono destinati alla gloria di Dio.
354 Rispettare le leggi inscritte nella creazione e i rapporti derivanti
dalla natura delle cose, è un principio di saggezza e un fondamento della
morale.
Paragrafo 6
L'UOMO
355 "Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e
femmina li creò" ( Gen 1,27 ). L'uomo, nella creazione, occupa un posto
unico: egli è "a immagine di Dio" (I); nella sua natura unisce il mondo
spirituale e il mondo materiale (II); è creato "maschio e femmina" (III);
Dio l'ha stabilito nella sua amicizia (IV).
I. "A immagine di Dio"
356 Di tutte le creature visibili, soltanto l'uomo è "capace di conoscere e
di amare il proprio Creatore"; [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 12] "è
la sola creatura che Dio abbia voluto per se stessa"; [Conc. Ecum. Vat. II,
Gaudium et spes, 12] soltanto l'uomo è chiamato a condividere, nella
conoscenza e nell'amore, la vita di Dio. A questo fine è stato creato ed è
questa la ragione fondamentale della sua dignità.
Quale fu la ragione che tu ponessi l'uomo in tanta dignità? Certo l'amore
inestimabile con il quale hai guardato in te medesimo la tua creatura e ti
sei innamorato di lei; per amore infatti tu l'hai creata, per amore tu le
hai dato un essere capace di gustare il tuo Bene eterno [Santa Caterina da
Siena, Dialoghi, 4, 13, cf Liturgia delle Ore, IV, Ufficio delle letture
della diciannovesima domenica].
357 Essendo ad immagine di Dio, l'individuo umano ha la dignità di persona;
non è soltanto qualche cosa, ma qualcuno. E' capace di conoscersi, di
possedersi, di liberamente donarsi e di entrare in comunione con altre
persone; è chiamato, per grazia, ad una alleanza con il suo Creatore, a
dargli una risposta di fede e di amore che nessun altro può dare in sua
sostituzione.
358 Dio ha creato tutto per l'uomo, [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et
spes, 12; 24; 39] ma l'uomo è stato creato per servire e amare Dio e per
offrirgli tutta la creazione:
Qual è dunque l'essere che deve venire all'esistenza circondato di una tale
considerazione? E' l'uomo, grande e meravigliosa figura vivente, più
prezioso agli occhi di Dio dell'intera creazione: è l'uomo, è per lui che
esistono il cielo e la terra e il mare e la totalità della creazione, ed è
alla sua salvezza che Dio ha dato tanta importanza da non risparmiare, per
lui, neppure il suo Figlio Unigenito. Dio infatti non ha mai cessato di
tutto mettere in atto per far salire l'uomo fino a sé e farlo sedere alla
sua destra [San Giovanni Crisostomo, Sermones in Genesim, 2, 1: PG 54,
587D-588A].
359 "In realtà solamente nel Mistero del Verbo incarnato trova vera luce il
mistero dell'uomo": [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 22]
Il beato Apostolo ci ha fatto sapere che due uomini hanno dato principio al
genere umano: Adamo e Cristo... "Il primo uomo, Adamo, - dice - divenne un
essere vivente, ma l'ultimo Adamo divenne spirito datore di vita". Quel
primo fu creato da quest'ultimo, dal quale ricevette l'anima per vivere...
Il secondo Adamo plasmò il primo e gli impresse la propria immagine. E così
avvenne poi che egli ne prese la natura e il nome, per non dover perdere ciò
che egli aveva fatto a sua immagine. C'è un primo Adamo e c'è un ultimo
Adamo. Il primo ha un inizio, l'ultimo non ha fine Proprio quest'ultimo
infatti è veramente il primo dal momento che dice: "Sono io, io solo, il
primo e anche l'ultimo" [San Pietro Crisologo, Sermones, 117 PL 52, 520B, cf
Liturgia delle ore, IV, Uffici delle letture del sabato della ventinovesima
settimana.]
360 Grazie alla comune origine il genere umano forma una unità. Dio infatti
"creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini" ( At 17,26 ): [Cf Tb 8,6 ]
Meravigliosa visione che ci fa contemplare il genere umano nell'unità della
sua origine in Dio...; nell'unità della sua natura, composta ugualmente
presso tutti di un corpo materiale e di un'anima spirituale; nell'unità del
suo fine immediato e della sua missione nel mondo; nell'unità del suo
"habitat": la terra, dei cui beni tutti gli uomini, per diritto naturale,
possono usare per sostentare e sviluppare la vita; nell'unità del suo fine
soprannaturale: Dio stesso, al quale tutti devono tendere; nell'unità dei
mezzi per raggiungere tale fine;... nell'unità del suo riscatto operato per
tutti da Cristo [Pio XII, Lett. enc. Summi Pontificatus; cf Conc. Ecum. Vat.
II, Nostra aetate, 1].
361 "Questa legge di solidarietà umana e di carità", [Pio XII, Lett. enc.
Summi Pontificatus; cf Conc. Ecum. Vat. II, Nostra aetate, 1] senza
escludere la ricca varietà delle persone, delle culture e dei popoli, ci
assicura che tutti gli uomini sono veramente fratelli.
II. "Corpore et anima unus" - Unità di anima e di corpo 361 _
362 La persona umana, creata a immagine di Dio, è un essere insieme corporeo
e spirituale. Il racconto biblico esprime questa realtà con un linguaggio
simbolico, quando dice che "Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò
nelle sue narici un alito di vita, e l'uomo divenne un essere vivente" ( Gen
2,7 ). L'uomo tutto intero è quindi voluto da Dio.
363 Spesso, nella Sacra Scrittura, il termine anima indica la vita umana,
[Cf Mt 16,25-26; Gv 15,13 ] oppure tutta la persona umana [Cf At 2,41 ]. Ma
designa anche tutto ciò che nell'uomo vi è di più intimo [Cf Mt 26,38; Gv
12,27 ] e di maggior valore, [Cf Mt 10,28; 2Mac 6,30 ] ciò per cui più
particolarmente egli è immagine di Dio: "anima" significa il principio
spirituale nell'uomo.
364 Il corpo dell'uomo partecipa alla dignità di "immagine di Dio": è corpo
umano proprio perché è animato dall'anima spirituale, ed è la persona umana
tutta intera ad essere destinata a diventare, nel Corpo di Cristo, il tempio
dello Spirito [Cf 1Cor 6,19-20; 1Cor 15,44-45 ].
Unità di anima e di corpo, l'uomo sintetizza in sé, per la sua stessa
condizione corporale, gli elementi del mondo materiale, così che questi
attraverso di lui toccano il loro vertice e prendono voce per lodare in
libertà il Creatore. Allora, non è lecito all'uomo disprezzare la vita
corporale; egli anzi è tenuto a considerare buono e degno di onore il
proprio corpo, appunto perché creato da Dio e destinato alla risurrezione
nell'ultimo giorno [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 14].
365 L'unità dell'anima e del corpo è così profonda che si deve considerare
l'anima come la "forma" del corpo; [Cf Concilio di Vienne (1312): Denz.
-Schönm., 902] ciò significa che grazie all'anima spirituale il corpo
composto di materia è un corpo umano e vivente; lo spirito e la materia,
nell'uomo, non sono due nature congiunte, ma la loro unione forma un'unica
natura.
366 La Chiesa insegna che ogni anima spirituale è creata direttamente da Dio
[Cf Pio XII, Lett. enc. Humani generis: Denz. -Schönm., 3896; Paolo VI,
Credo del popolo di Dio, 8] - non è "prodotta" dai genitori - ed è
immortale: [Cf Concilio Lateranense V (1513): Denz. -Schönm., 1440] essa non
perisce al momento della sua separazione dal corpo nella morte, e di nuovo
si unirà al corpo al momento della risurrezione finale.
367 Talvolta si dà il caso che l'anima sia distinta dallo spirito. Così san
Paolo prega perché il nostro essere tutto intero, "spirito, anima e corpo,
si conservi irreprensibile per la venuta del Signore" ( 1Ts 5,23 ). La
Chiesa insegna che tale distinzione non introduce una dualità nell'anima
[Concilio di Costantinopoli IV (870): Denz. -Schönm., 657]. "Spirito"
significa che sin dalla sua creazione l'uomo è ordinato al suo fine sopranna
turale, [Concilio Vaticano I: Denz. -Schönm., 3005; cf Conc. Ecum. Vat. II,
Gaudium et spes, 22] e che la sua anima è capace di essere gratuitamente
elevata alla comunione con Dio [Cf Pio XII, Lett. enc. Humani generis: Denz.
-Schönm., 3891].
368 La tradizione spirituale della Chiesa insiste anche sul cuore, nel senso
biblico di "profondità dell'essere",[Cf Ger 31,33 ] dove la persona si
decide o no per Dio [Cf Dt 6,5; Dt 29,3; Is 29,13; Ez 36,22; Mt 6,21; Lc
8,15; Rm 5,5 ].
III. "Maschio e femmina li creò"
Uguaglianza e diversità volute da Dio
369 L'uomo e la donna sono creati, cioè sono voluti da Dio: in una perfetta
uguaglianza per un verso, in quanto persone umane, e, per l'altro verso, nel
loro rispettivo essere di maschio e di femmina. "Essere uomo", "essere
donna" è una realtà buona e voluta da Dio: l'uomo e la donna hanno una
insopprimibile dignità, che viene loro direttamente da Dio, loro Creatore
[Cf Gen 2,7; Gen 2,22 ]. L'uomo e la donna sono, con una identica dignità,
"a immagine di Dio". Nel loro "essere-uomo" ed "essere-donna", riflettono la
sapienza e la bontà del Creatore.
370 Dio non è a immagine dell'uomo. Egli non è né uomo né donna. Dio è puro
spirito, e in lui, perciò, non c'è spazio per le differenze di sesso. Ma le
"perfezioni" dell'uomo e della donna riflettono qualche cosa dell'infinita
perfezione di Dio: quelle di una madre [Cf Is 49,14-15; Is 66,13; Sal
131,2-3 ] e quelle di un padre e di uno sposo [Cf Os 11,1-4; 370 Ger 3,4-19
].
"L'uno per l'altro" - "una unità a due"
371 Creati insieme, l'uomo e la donna sono voluti da Dio l'uno per l'altro.
La Parola di Dio ce lo lascia capire attraverso diversi passi del testo
sacro. "Non è bene che l'uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia
simile" ( Gen 2,18 ). Nessuno degli animali può essere questo "vis-à-vis"
dell'uomo [Cf Gen 2,19-20 ]. La donna che Dio "plasma" con la costola tolta
all'uomo e che conduce all'uomo, strappa all'uomo un grido d'ammirazione,
un'esclamazione d'amore e di comunione: "Questa volta essa è carne dalla mia
carne e osso dalle mie ossa" ( Gen 2,23 ). L'uomo scopre la donna come un
altro "io", della stessa umanità.
372 L'uomo e la donna sono fatti "l'uno per l'altro": non già che Dio li
abbia creati "a metà" ed "incompleti"; li ha creati per una comunione di
persone, nella quale ognuno può essere "aiuto" per l'altro, perché sono ad
un tempo uguali in quanto persone (osso dalle mie ossa. . . ") e
complementari in quanto maschio e femmina. Nel matrimonio, Dio li unisce in
modo che, formando "una sola carne" ( Gen 2,24 ), possano trasmettere la
vita umana: "Siate fecondi e moltiplicatevi,riempite la terra"( Gen 1,28 )
Trasmettendo ai loro figli la vita umana, l'uomo e la donna, come sposi e
genitori, cooperano in un modo unico all'opera del Creatore [Cf Conc. Ecum.
Vat. II, Gaudium et spes, 50].
373 Nel disegno di Dio, l'uomo e la donna sono chiamati a "dominare" la
terra [Cf Gen 1,28 ] come "amministratori" di Dio. Questa sovranità non deve
essere un dominio arbitrario e distruttivo. A immagine del Creatore, "che
ama tutte le cose esistenti" ( Sap 11,24 ), l'uomo e la donna sono chiamati
a partecipare alla Provvidenza divina verso le altre creature. Da qui la
loro responsabilità nei confronti del mondo che Dio ha loro affidato.
IV. L'uomo nel Paradiso
374 Il primo uomo non solo è stato creato buono, ma è stato anche costituito
in una tale amicizia con il suo Creatore e in una tale armonia con se stesso
e con la creazione, che saranno superate soltanto dalla gloria della nuova
creazione in Cristo.
375 La Chiesa, interpretando autenticamente il simbolismo del linguaggio
biblico alla luce del Nuovo Testamento e della Tradizione, insegna che i
nostri progenitori Adamo ed Eva sono stati costituiti in uno stato "di
santità e di giustizia originali" [Concilio di Trento: Denz. -Schönm.,
1511]. La grazia della santità originale era una "partecipazione alla vita
divina" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 2].
376 Tutte le dimensioni della vita dell'uomo erano potenziate
dall'irradiamento di questa grazia. Finché fosse rimasto nell'intimità
divina, l'uomo non avrebbe dovuto né morire, [Cf Gen 2,17; Gen 3,19 ] né
soffrire [Cf Gen 3,16 ]. L'armonia interiore della persona umana, l'armonia
tra l'uomo e la donna, [Cf Gen 2,25 ] infine l'armonia tra la prima coppia e
tutta la creazione costituiva la condizione detta "giustizia originale".
377 Il "dominio" del mondo che Dio, fin dagli inizi, aveva concesso
all'uomo, si realizzava innanzi tutto nell'uomo stesso come padronanza di
sé. L'uomo era integro e ordinato in tutto il suo essere, perché libero
dalla triplice concupiscenza [Cf 1Gv 2,16 ] che lo rende schiavo dei piaceri
dei sensi, della cupidigia dei beni terreni e dell'affermazione di sé contro
gli imperativi della ragione.
378 Il segno della familiarità dell'uomo con Dio è il fatto che Dio lo
colloca nel giardino, [Cf Gen 2,8 ] dove egli vive " per coltivarlo e
custodirlo " ( Gen 2,15 ): il lavoro non è una fatica penosa, [Cf Gen
3,17-19 ] ma la collaborazione dell'uomo e della donna con Dio nel portare a
perfezione la creazione visibile.
379 Per il peccato dei nostri progenitori andrà perduta tutta l'armonia
della giustizia originale che Dio, nel suo disegno, aveva previsto per
l'uomo.
In sintesi
380 "Padre santo, . . . a tua immagine hai formato l'uomo, alle sue mani
operose hai affidato l'universo, perché, nell'obbedienza a te, suo Creatore,
esercitasse il dominio sul creato" [Messale Romano, Preghiera eucaristica
IV].
381 L'uomo è predestinato a riprodurre l'immagine del Figlio di Dio fatto
uomo - "immagine del Dio invisibile" ( Col 1,15 ) - affinché Cristo sia il
primogenito di una moltitudine di fratelli e sorelle [Cf Ef 1,3-6; Rm 8,29
].
382 L'uomo è "unità di anima e di corpo" [Conc.
Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 14].
La dottrina della fede afferma che l'anima spirituale e immortale è creata
direttamente da Dio.
383 "Dio non creò l'uomo lasciandolo solo: fin da principio "maschio e
femmina li creò" ( Gen 1,27 ), e la loro unione costituisce la prima forma
di comunione di persone" [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 14].
384 La Rivelazione ci fa conoscere lo stato di santità e di giustizia
originali dell'uomo e della donna prima del peccato: dalla loro amicizia con
Dio derivava la felicità della loro esistenza nel Paradiso.
Paragrafo 7
LA CADUTA
385 Dio è infinitamente buono e tutte le sue opere sono buone. Tuttavia
nessuno sfugge all'esperienza della sofferenza, dei mali presenti nella
natura - che appaiono legati ai limiti propri delle creature - e soprattutto
al problema del male morale. Da dove viene il male? "Quaerebam unde malum et
non erat exitus - Mi chiedevo donde il male, e non sapevo darmi risposta",
dice sant'Agostino, [Sant'Agostino, Confessiones, 7, 7, 11] e la sua
sofferta ricerca non troverà sbocco che nella conversione al Dio vivente.
Infatti "il mistero dell'iniquità" ( 2Ts 2,7 ) si illumina soltanto alla
luce del "Mistero della pietà" ( 1Tm 3,16 ). La rivelazione dell'amore
divino in Cristo ha manifestato ad un tempo l'estensione del male e la
sovrabbondanza della grazia [Cf Rm 5,20 ]. Dobbiamo, dunque, affrontare la
questione dell'origine del male, tenendo fisso lo sguardo della nostra fede
su colui che, solo, ne è il vincitore [Cf Lc 11,21-22; Gv 16,11; 1Gv 3,8 ].
I. "Laddove è abbondato il peccato,
ha sovrabbondato la grazia"
La realtà del peccato
386 Nella storia dell'uomo è presente il peccato: sarebbe vano cercare di
ignorarlo o di dare altri nomi a questa oscura realtà. Per tentare di
comprendere che cosa sia il peccato, si deve innanzi tutto riconoscere il
profondo legame dell'uomo con Dio, perché, al di fuori di questo rapporto,
il male del peccato non può venire smascherato nella sua vera identità di
rifiuto e di opposizione a Dio, mentre continua a gravare sulla vita
dell'uomo e sulla storia.
387 La realtà del peccato, e più particolarmente del peccato delle origini,
si chiarisce soltanto alla luce della Rivelazione divina. Senza la
conoscenza di Dio che essa ci dà, non si può riconoscere chiaramente il
peccato, e si è tentati di spiegarlo semplicemente come un difetto di
crescita, come una debolezza psicologica, un errore, come l'inevitabile
conseguenza di una struttura sociale inadeguata, ecc. Soltanto conoscendo il
disegno di Dio sull'uomo, si capisce che il peccato è un abuso di quella
libertà che Dio dona alle persone create perché possano amare lui e amarsi
reciprocamente.
Il peccato originale - una verità essenziale della fede
388 Col progresso della Rivelazione viene chiarita anche la realtà del
peccato. Sebbene il Popolo di Dio dell'Antico Testamento abbia in qualche
modo conosciuto la condizione umana alla luce della storia della caduta
narrata dalla Genesi, non era però in grado di comprendere il significato
ultimo di tale storia, significato che si manifesta appieno soltanto alla
luce della morte e della Risurrezione di Gesù Cristo [Cf Rm 5,12-21 ].
Bisogna conoscere Cristo come sorgente della grazia per conoscere Adamo come
sorgente del peccato. E' lo Spirito Paraclito, mandato da Cristo risorto,
che è venuto a convincere "il mondo quanto al peccato" ( Gv 16,8 ),
rivelando colui che del peccato è il Redentore.
389 La dottrina del peccato originale è, per così dire, "il rovescio" della
Buona Novella che Gesù è il Salvatore di tutti gli uomini, che tutti hanno
bisogno della salvezza e che la salvezza è offerta a tutti grazie a Cristo.
La Chiesa, che ha il senso di Cristo, [Cf 1Cor 2,16 ] ben sa che non si può
intaccare la rivelazione del peccato originale senza attentare al Mistero di
Cristo.
Per leggere il racconto della caduta
390 Il racconto della caduta ( Gen 3 ) utilizza un linguaggio di immagini,
ma espone un avvenimento primordiale, un fatto che è accaduto all'inizio
della storia dell'uomo [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 13]. La
Rivelazione ci dà la certezza di fede che tutta la storia umana è segnata
dalla colpa originale liberamente commessa dai nostri progenitori [Cf
Concilio di Trento: Denz.-Schönm., 1513; Pio XII, Lett.enc. Humani generis:
Denz.-Schönm., 3897; Paolo VI, discorso dell'11 luglio 1966].
II. La caduta degli angeli
391 Dietro la scelta disobbediente dei nostri progenitori c'è una voce
seduttrice, che si oppone a Dio, [Cf Gen 3,1-5 ] la quale, per invidia, li
fa cadere nella morte [Cf Sap 2,24 ]. La Scrittura e la Tradizione della
Chiesa vedono in questo essere un angelo caduto, chiamato Satana o diavolo
[Cf Gv 8,44; 391 Ap 12,9 ]. La Chiesa insegna che all'inizio era un angelo
buono, creato da Dio. "Diabolus enim et alii dÍmones a Deo quidem natura
creati sunt boni, sed ipsi per se facti sunt mali - Il diavolo infatti e gli
altri demoni sono stati creati da Dio naturalmente buoni, ma da se stessi si
sono trasformati in malvagi" [Concilio Lateranense IV (1215): Denz.
-Schönm., 800].
392 La Scrittura parla di un peccato di questi angeli [ Cf 2Pt 2,4 ]. Tale
"caduta" consiste nell'avere, questi spiriti creati, con libera scelta,
radicalmente ed irrevocabilmente rifiutato Dio e il suo Regno. Troviamo un
riflesso di questa ribellione nelle parole rivolte dal tentatore ai nostri
progenitori: "Diventerete come Dio" ( Gen 3,5 ). "Il diavolo è peccatore fin
dal principio" ( 1Gv 3,8 ), "padre della menzogna" ( Gv 8,44 ).
393 A far sì che il peccato degli angeli non possa essere perdonato è il
carattere irrevocabile della loro scelta, e non un difetto dell'infinita
misericordia divina. "Non c'è possibilità di pentimento per loro dopo la
caduta come non c'è possibilità di pentimento per gli uomini dopo la morte"
[ San Giovanni Damasceno, De fide orthodoxa, 2, 4: PG 94, 877C].
394 La Scrittura attesta la nefasta influenza di colui che Gesù chiama
"omicida fin dal principio" ( Gv 8,44 ), e che ha perfino tentato di
distogliere Gesù dalla missione affidatagli dal Padre [Cf Mt 4,1-11 ]. "Il
Figlio di Dio è apparso per distruggere le opere del diavolo" ( 1Gv 3,8 ).
Di queste opere, la più grave nelle sue conseguenze è stata la seduzione
menzognera che ha indotto l'uomo a disobbedire a Dio.
395 La potenza di Satana però non è infinita. Egli non è che una creatura,
potente per il fatto di essere puro spirito, ma pur sempre una creatura: non
può impedire l'edificazione del Regno di Dio. Sebbene Satana agisca nel
mondo per odio contro Dio e il suo Regno in Cristo Gesù, e sebbene la sua
azione causi gravi danni - di natura spirituale e indirettamente anche di
natura fisica - per ogni uomo e per la società, questa azione è permessa
dalla divina Provvidenza, la quale guida la storia dell'uomo e del mondo con
forza e dolcezza. La permissione divina dell'attività diabolica è un grande
mistero, ma "noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano
Dio" ( Rm 8,28 ).
III. Il peccato originale
La prova della libertà
396 Dio ha creato l'uomo a sua immagine e l'ha costituito nella sua
amicizia. Creatura spirituale, l'uomo non può vivere questa amicizia che
come libera sottomissione a Dio. Questo è il significato del divieto fatto
all'uomo di mangiare dell'albero della conoscenza del bene e del male,
"perché quando tu ne mangiassi, certamente moriresti" ( Gen 2,17 ).
"L'albero della conoscenza del bene e del male" ( Gen 2,17 ) evoca
simbolicamente il limite invalicabile che l'uomo, in quanto creatura, deve
liberamente riconoscere e con fiducia rispettare. L'uomo dipende dal
Creatore, è sottomesso alle leggi della creazione e alle norme morali che
regolano l'uso della libertà.
Il primo peccato dell'uomo
397 L'uomo, tentato dal diavolo, ha lasciato spegnere nel suo cuore la
fiducia nei confronti del suo Creatore [Cf Gen 3,1-11 ] e, abusando della
propria libertà, ha disobbedito al comandamento di Dio. In ciò è consistito
il primo peccato dell'uomo [Cf Rm 5,19 ]. In seguito, ogni peccato sarà una
disobbedienza a Dio e una mancanza di fiducia nella sua bontà.
398 Con questo peccato, l'uomo ha preferito se stesso a Dio, e, perciò, ha
disprezzato Dio: ha fatto la scelta di se stesso contro Dio, contro le
esigenze della propria condizione di creatura e conseguentemente contro il
suo proprio bene. Costituito in uno stato di santità, l'uomo era destinato
ad essere pienamente "divinizzato" da Dio nella gloria. Sedotto dal diavolo,
ha voluto diventare "come Dio", [Cf Gen 3,5 ] ma "senza Dio e anteponendosi
a Dio, non secondo Dio" [San Massimo il Confessore, Ambiguorum liber: PG 91,
1156C].
399 La Scrittura mostra le conseguenze drammatiche di questa prima
disobbedienza. Adamo ed Eva perdono immediatamente la grazia della santità
originale [Cf Rm 3,23 ]. Hanno paura di quel Dio [Cf Gen 3,9-10 ] di cui si
son fatti una falsa immagine, quella cioè di un Dio geloso delle proprie
prerogative [Cf Gen 3,5 ].
400 L'armonia nella quale essi erano posti, grazie alla giustizia originale,
è distrutta; la padronanza delle facoltà spirituali dell'anima sul corpo è
infranta; [Cf Gen 3,7 ] l'unione dell'uomo e della donna è sottoposta a
tensioni; [Cf Gen 3,11-13 ] i loro rapporti saranno segnati dalla
concupiscenza e dalla tendenza all'asservimento [Cf Gen 3,16 ]. L'armonia
con la creazione è spezzata: la creazione visibile è diventata aliena e
ostile all'uomo [Cf Gen 3,17; Gen 3,19 ]. A causa dell'uomo, la creazione è
"sottomessa alla caducità" ( Rm 8,20 ). Infine, la conseguenza
esplicitamente annunziata nell'ipotesi della disobbedienza [Cf Gen 2,17 ] si
realizzerà: l'uomo tornerà in polvere, quella polvere dalla quale è stato
tratto [Cf Gen 3,19 ]. La morte entra nella storia dell'umanità [Cf Rm 5,12
].
401 Dopo questo primo peccato, il mondo è inondato da una vera "invasione"
del peccato: il fratricidio commesso da Caino contro Abele; [Cf Gen 4,3-15 ]
la corruzione universale quale conseguenza del peccato; [Cf Gen 6,5; Gen
6,12; Rm 1,18-32 ] nella storia d'Israele, il peccato si manifesta
frequentemente soprattutto come infedeltà al Dio dell'Alleanza e come
trasgressione della Legge di Mosè; anche dopo la Redenzione di Cristo, fra i
cristiani, il peccato si manifesta in svariati modi [Cf 1Cor 1-6; Ap 2-3 ].
La Scrittura e la Tradizione della Chiesa richiamano continuamente la
presenza e l'universalità del peccato nella storia dell'uomo:
Quel che ci viene manifestato dalla Rivelazione divina concorda con la
stessa esperienza. Infatti, se l'uomo guarda dentro al suo cuore, si scopre
anche inclinato al male e immerso in tante miserie che non possono certo
derivare dal Creatore che è buono. Spesso, rifiutando di riconoscere Dio
quale suo principio, l'uomo ha infranto il debito ordine in rapporto al suo
ultimo fine, e al tempo stesso tutto il suo orientamento sia verso se
stesso, sia verso gli altri uomini e verso tutte le cose create [Conc. Ecum.
Vat. II, Gaudium et spes, 13].
Conseguenze del peccato di Adamo per l'umanità
402 Tutti gli uomini sono coinvolti nel peccato di Adamo. San Paolo lo
afferma: "Per la disobbedienza di uno solo, tutti sono stati costituiti
peccatori" ( Rm 5,19 ); "Come a causa di un solo uomo il peccato è entrato
nel mondo e con il peccato la morte, così anche la morte ha raggiunto tutti
gli uomini, perché tutti hanno peccato. . . " ( Rm 5,12 ). All'universalità
del peccato e della morte l'Apostolo contrappone l'universalità della
salvezza in Cristo: "Come dunque per la colpa di uno solo si è riversata su
tutti gli uomini la condanna, così anche per l'opera di giustizia di uno
solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione che dà vita" ( Rm
5,18 ).
403 Sulle orme di san Paolo la Chiesa ha sempre insegnato che l'immensa
miseria che opprime gli uomini e la loro inclinazione al male e alla morte
non si possono comprendere senza il loro legame con la colpa di Adamo e
prescindendo dal fatto che egli ci ha trasmesso un peccato dal quale tutti
nasciamo contaminati e che è "morte dell'anima" [Cf Concilio di Trento:
Denz. -Schönm., 1512]. Per questa certezza di fede, la Chiesa amministra il
Battesimo per la remissione dei peccati anche ai bambini che non hanno
commesso peccati personali [Cf ibid., 1514].
404 In che modo il peccato di Adamo è diventato il peccato di tutti i suoi
discendenti? Tutto il genere umano è in Adamo "sicut unum corpus unius
hominis - come un unico corpo di un unico uomo" [San Tommaso d'Aquino,
Quaestiones disputatae de malo, 4, 1]. Per questa "unità del genere umano"
tutti gli uomini sono coinvolti nel peccato di Adamo, così come tutti sono
coinvolti nella giustizia di Cristo. Tuttavia, la trasmissione del peccato
originale è un mistero che non possiamo comprendere appieno. Sappiamo però
dalla Rivelazione che Adamo aveva ricevuto la santità e la giustizia
originali non soltanto per sé, ma per tutta la natura umana: cedendo al
tentatore, Adamo ed Eva commettono un peccato personale, ma questo peccato
intacca la natura umana, che essi trasmettono in una condizione decaduta [Cf
Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1511-1512]. Si tratta di un peccato che
sarà trasmesso per propagazione a tutta l'umanità, cioè con la trasmissione
di una natura umana privata della santità e della giustizia originali. Per
questo il peccato originale è chiamato "peccato" in modo analogico: è un
peccato "contratto" e non "commesso", uno stato e non un atto.
405 Il peccato originale, sebbene proprio a ciascuno, [Cf ibid., 1513] in
nessun discendente di Adamo ha un carattere di colpa personale. Consiste
nella privazione della santità e della giustizia originali, ma la natura
umana non è interamente corrotta: è ferita nelle sue proprie forze naturali,
sottoposta all'ignoranza, alla sofferenza e al potere della morte, e
inclinata al peccato (questa inclinazione al male è chiamata
"concupiscenza"). Il Battesimo, donando la vita della grazia di Cristo,
cancella il peccato originale e volge di nuovo l'uomo verso Dio; le
conseguenze di tale peccato sulla natura indebolita e incline al male
rimangono nell'uomo e lo provocano al combattimento spirituale.
406 La dottrina della Chiesa sulla trasmissione del peccato originale è
andata precisandosi soprattutto nel V secolo, in particolare sotto la spinta
della riflessione di sant'Agostino contro il pelagianesimo, e nel XVI
secolo, in opposizione alla Riforma protestante. Pelagio riteneva che
l'uomo, con la forza naturale della sua libera volontà, senza l'aiuto
necessario della grazia di Dio, potesse condurre una vita moralmente buona;
in tal modo riduceva l'influenza della colpa di Adamo a quella di un cattivo
esempio. Al contrario, i primi riformatori protestanti insegnavano che
l'uomo era radicalmente pervertito e la sua libertà annullata dal peccato
delle origini; identificavano il peccato ereditato da ogni uomo con
l'inclinazione al male (concupiscentia"), che sarebbe invincibile. La Chiesa
si è pronunciata sul senso del dato rivelato concernente il peccato
originale soprattutto nel II Concilio di Orange nel 529 [Cf Concilio di
Orange II: Denz.-Schönm., 371-372] e nel Concilio di Trento nel 1546 [Cf
Concilio di Trento: Denz.-Schönm., 1510-1516].
Un duro combattimento
407 La dottrina sul peccato originale - connessa strettamente con quella
della Redenzione operata da Cristo - offre uno sguardo di lucido
discernimento sulla situazione dell'uomo e del suo agire nel mondo. In
conseguenza del peccato dei progenitori, il diavolo ha acquisito un certo
dominio sull'uomo, benché questi rimanga libero. Il peccato originale
comporta "la schiavitù sotto il dominio di colui che della morte ha il
potere, cioè il diavolo" [Cf Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1510-1516].
Ignorare che l'uomo ha una natura ferita, incline al male, è causa di gravi
errori nel campo dell'educazione, della politica, dell'azione sociale [Cf
Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 25] e dei costumi.
408 Le conseguenze del peccato originale e di tutti i peccati personali
degli uomini conferiscono al mondo nel suo insieme una condizione
peccaminosa, che può essere definita con l'espressione di san Giovanni: "il
peccato del mondo" ( Gv 1,29 ). Con questa espressione viene anche
significata l'influenza negativa esercitata sulle persone dalle situazioni
comunitarie e dalle strutture sociali che sono frutto dei peccati degli
uomini [Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. Reconciliatio et paenitentia, 16].
409 La drammatica condizione del mondo che "giace" tutto "sotto il potere
del maligno" ( 1Gv 5,19 ), [Cf 1Pt 5,8 ] fa della vita dell'uomo una lotta:
Tutta intera la storia umana è infatti pervasa da una lotta tremenda contro
le potenze delle tenebre; lotta incominciata fin dall'origine del mondo, che
durerà, come dice il Signore, fino all'ultimo giorno. Inserito in questa
battaglia, l'uomo deve combattere senza soste per poter restare unito al
bene, né può conseguire la sua interiore unità se non a prezzo di grandi
fatiche, con l'aiuto della grazia di Dio [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et
spes, 37].
IV. "Tu non l'hai abbandonato in potere della morte"
410 Dopo la caduta, l'uomo non è stato abbandonato da Dio. Al contrario, Dio
lo chiama, [Cf Gen 3,9 ] e gli predice in modo misterioso che il male sarà
vinto e che l'uomo sarà sollevato dalla caduta [Cf Gen 3,15 ]. Questo passo
della Genesi è stato chiamato "Protovangelo", poiché è il primo annunzio del
Messia redentore, di una lotta tra il serpente e la Donna e della vittoria
finale di un discendente di lei.
411 La Tradizione cristiana vede in questo passo un annunzio del "nuovo
Adamo", [Cf 1Cor 15,21-22; 411 1Cor 15,45 ] che, con la sua obbedienza "fino
alla morte di croce" ( Fil 2,8 ) ripara sovrabbondantemente la disobbedienza
di Adamo [Cf Rm 5,19-20 ]. Inoltre, numerosi Padri e dottori della Chiesa
vedono nella Donna annunziata nel "protovangelo" la Madre di Cristo, Maria,
come "nuova Eva". Ella è stata colei che, per prima e in una maniera unica,
ha beneficiato della vittoria sul peccato riportata da Cristo: è stata
preservata da ogni macchia del peccato originale [Cf Pio IX, Bolla
Ineffabilis Deus: Denz. -Schönm., 2803] e, durante tutta la sua vita
terrena, per una speciale grazia di Dio, non ha commesso alcun peccato [Cf
Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1573].
412 Ma perché Dio non ha impedito al primo uomo di peccare? San Leone Magno
risponde: "L'ineffabile grazia di Cristo ci ha dato beni migliori di quelli
di cui l'invidia del demonio ci aveva privati" [San Leone Magno, Sermones,
73, 4: PL 54, 396]. E san Tommaso d'Aquino: "Nulla si oppone al fatto che la
natura umana sia stata destinata ad un fine più alto dopo il peccato. Dio
permette, infatti, che ci siano i mali per trarre da essi un bene più
grande. Da qui il detto di san Paolo: "Laddove è abbondato il peccato, ha
sovrabbondato la grazia" ( Rm 5,20 ). E il canto dell'Exultet: "O felice
colpa, che ha meritato un tale e così grande Redentore!"" [San Tommaso
d'Aquino, Summa theologiae, III, 1, 3, ad 3].
In sintesi
413 "Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. . . La
morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo" ( Sap 1,13; Sap 2,24 ).
414 Satana o il diavolo e gli altri demoni sono angeli decaduti per avere
liberamente rifiutato di servire Dio e il suo disegno. La loro scelta contro
Dio è definitiva. Essi tentano di associare l'uomo alla loro ribellione
contro Dio.
415 "Costituito da Dio in uno stato di giustizia, l'uomo però, tentato dal
Maligno, fin dagli inizi della storia abusò della sua libertà, erigendosi
contro Dio e bramando di conseguire il suo fine al di fuori di Dio" [Conc.
Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 13].
416 Per il suo peccato, Adamo, in quanto primo uomo, ha perso la santità e
la giustizia originali che aveva ricevute da Dio non soltanto per sé, ma per
tutti gli esseri umani.
417 Adamo ed Eva alla loro discendenza hanno trasmesso la natura umana
ferita dal loro primo peccato, privata, quindi, della santità e della
giustizia originali. Questa privazione è chiamata "peccato originale".
418 In conseguenza del peccato originale, la natura umana è indebolita nelle
sue forze, sottoposta all'ignoranza, alla sofferenza, al potere della morte,
e inclinata al peccato (inclinazione che è chiamata "con cupiscenza").
419 "Noi dunque riteniamo, con il Concilio di Trento, che il peccato
originale viene trasmesso insieme con la natura umana, "non per imitazione
ma per propagazione", e che perciò è "proprio a ciascuno"" [Paolo VI, Credo
del popolo di Dio, 16].
420 La vittoria sul peccato riportata da Cristo ci ha donato beni migliori
di quelli che il peccato ci aveva tolto: "Laddove è abbondato il peccato, ha
sovrabbondato la grazia" ( Rm 5,20 ).
421 Secondo la fede dei cristiani, questo mondo è stato "creato" ed è
"conservato nell'esistenza dall'amore del Creatore"; questo mondo è
"certamente posto sotto la schiavitù del peccato, ma liberato da Cristo
crocifisso e risorto, con la sconfitta del Maligno..." [Conc. Ecum. Vat. II,
Gaudium et spes, 2].
PARTE PRIMA - LA PROFESSIONE DELLA FEDE
SEZIONE SECONDA - LA PROFESSIONE DELLA FEDE CRISTIANA
CAPITOLO SECONDO - CREDO IN GESU' CRISTO, IL FIGLIO UNIGENITO DI DIO
La Buona Novella: Dio ha mandato il suo Figlio
422 "Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da
donna, nato sotto la Legge, per riscattare coloro che erano sotto la Legge,
perché ricevessimo l'adozione a figli" ( Gal 4,4-5 ). Ecco la Buona Novella
riguardante "Gesù Cristo, Figlio di Dio" ( Mc 1,1 ): Dio ha visitato il suo
popolo, [Cf Lc 1,68 ] ha adempiuto le promesse fatte ad Abramo ed alla sua
discendenza; [Cf Lc 1,55 ] ed è andato oltre ogni attesa: ha mandato il suo
"Figlio prediletto" ( Mc 1,11 ).
423 Noi crediamo e professiamo che Gesù di Nazaret, nato ebreo da una figlia
d'Israele, a Betlemme, al tempo del re Erode il Grande e dell'imperatore
Cesare Augusto, di mestiere carpentiere, morto crocifisso a Gerusalemme,
sotto il procuratore Ponzio Pilato, mentre regnava l'imperatore Tiberio, è
il Figlio eterno di Dio fatto uomo, il quale è "venuto da Dio" ( Gv 13,3 ),
"disceso dal cielo" ( Gv 3,13; Gv 6,33 ), "venuto nella carne" ( 1Gv 4,2 );
infatti "il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi
vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e
di verità... Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su
grazia" ( Gv 1,14; Gv 1,16 ).
424 Mossi dalla grazia dello Spirito Santo e attirati dal Padre, noi,
riguardo a Gesù, crediamo e confessiamo: "Tu sei il Cristo, il Figlio del
Dio vivente" ( Mt 16,16 ). Sulla roccia di questa fede, confessata da san
Pietro, Cristo ha fondato la sua Chiesa [Cf Mt 16,18; San Leone Magno,
Sermones, 4, 3: PL 54, 151; 51, 1: PL 54, 309B; 62, 2: PL 54, 350C-351A; 83,
3: PL 54, 432A].
"Annunziare... le imperscrutabili ricchezze di Cristo
425 La trasmissione della fede cristiana è innanzitutto l'annunzio di Gesù
Cristo, allo scopo di condurre alla fede in lui. Fin dall'inizio, i primi
discepoli sono stati presi dal desiderio ardente di annunziare Cristo: "Noi
non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato" ( At 4,20 ). Essi
invitano gli uomini di tutti i tempi ad entrare nella gioia della loro
comunione con Cristo:
Ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi,
ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato,
ossia il Verbo della vita (poiché la vita si è fatta visibile, noi l'abbiamo
veduta e di ciò rendiamo testimonianza e vi annunziamo la vita eterna, che
era presso il Padre e si è resa visibile a noi), quello che abbiamo veduto e
udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione
con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo.
Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia perfetta ( 1Gv 1,1-4 ).
Al centro della catechesi: Cristo
426 "Al centro della catechesi noi troviamo essenzialmente una persona:
quella di Gesù di Nazaret, unigenito del Padre. . . , il quale ha sofferto
ed è morto per noi e ora, risorto, vive per sempre con noi. . .
Catechizzare. . . è, dunque, svelare nella persona di Cristo l'intero
disegno di Dio. . . E' cercare di comprendere il significato dei gesti e
delle parole di Cristo, dei segni da lui operati" [Giovanni Paolo II, Esort.
ap. Catechesi tradendae, 5]. Lo scopo della catechesi: "Mettere. . . in
comunione. . . con Gesù Cristo: egli solo può condurre all'amore del Padre
nello Spirito e può farci partecipare alla vita della Santa Trinità"
[Giovanni Paolo II, Esort. ap. Catechesi tradendae, 5].
427 "Nella catechesi è Cristo, Verbo incarnato e Figlio di Dio, che viene
insegnato, e tutto il resto lo è in riferimento a lui;... solo Cristo
insegna, mentre ogni altro lo fa nella misura in cui è il suo portavoce,
consentendo a Cristo di insegnare per bocca sua... Ogni catechista dovrebbe
poter applicare a se stesso la misteriosa parola di Gesù: "La mia dottrina
non è mia, ma di colui che mi ha mandato" ( Gv 7,16 )" [Giovanni Paolo II,
Esort. ap. Catechesi tradendae, 5].
428 Colui che è chiamato a "insegnare Cristo", deve dunque cercare innanzi
tutto quel guadagno che è la "sublimità della conoscenza di Cristo"; bisogna
accettare di perdere tutto, "al fine di guadagnare Cristo e di essere
trovato in lui", e di "conoscere lui, la potenza della sua Risurrezione, la
partecipazione alle sue sofferenze, diventandogli conforme nella morte con
la speranza di giungere alla risurrezione dai morti" ( Fil 3,8-11 ).
429 Da questa amorosa conoscenza di Cristo nasce irresistibile il desiderio
di annunziare, di "evangelizzare", e di condurre altri al "sì" della fede in
Gesù Cristo. Nello stesso tempo si fa anche sentire il bisogno di conoscere
sempre meglio questa fede. A tal fine, seguendo l'ordine del Simbolo della
fede, saranno innanzi tutto presentati i principali titoli di Gesù: Cristo,
Figlio di Dio, Signore (articolo 2). Il Simbolo successivamente confessa i
principali misteri della vita di Cristo: quelli della sua Incarnazione
(articolo 3), quelli della sua Pasqua (articoli 4 e 5), infine quelli della
sua glorificazione (articoli 6 e 7).
Articolo 2
"E IN GESU' CRISTO, SUO UNICO FIGLIO, NOSTRO SIGNORE"
I. Gesù
430 Gesù in ebraico significa: "Dio salva". Al momento dell'Annunciazione,
l'angelo Gabriele dice che il suo nome proprio sarà Gesù, nome che esprime
ad un tempo la sua identità e la sua missione [Cf Lc 1,31 ]. Poiché Dio solo
può rimettere i peccati, [Cf Mc 2,7 ] è lui che, in Gesù, il suo Figlio
eterno fatto uomo, "salverà il suo popolo dai suoi peccati" ( Mt 1,21 ).
Così, in Gesù, Dio ricapitola tutta la sua storia di salvezza a vantaggio
degli uomini.
431 Nella storia della salvezza, Dio non si è limitato a liberare Israele
"dalla condizione servile" ( Dt 5,6 ) facendolo uscire dall'Egitto; lo salva
anche dal suo peccato. Poiché il peccato è sempre un'offesa fatta a Dio, [Cf
Sal 51,6 ] solo Dio lo può cancellare [Cf Sal 51,11 ]. Per questo Israele,
prendendo sempre più coscienza dell'universalità del peccato, non potrà più
cercare la salvezza se non nell'invocazione del nome del Dio Redentore [Cf
Sal 79,9 ].
432 Il nome di Gesù significa che il Nome stesso di Dio è presente nella
persona del Figlio suo [Cf At 5,41; 3Gv 1,7 ] fatto uomo per l'universale e
definitiva Redenzione dei peccati. E' il nome divino che solo reca la
salvezza, [Cf Gv 3,18; At 2,21 ] e può ormai essere invocato da tutti
perché, mediante l'Incarnazione, egli si è unito a tutti gli uomini [Cf Rm
10,6-13 ] in modo tale che "non vi è altro nome dato agli uomini sotto il
cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati" ( At 4,12 ) [Cf At
9,14; Gc 2,7 ].
433 Il Nome del Dio Salvatore era invocato una sola volta all'anno, per
l'espiazione dei peccati d'Israele, dal sommo sacerdote, dopo che questi
aveva asperso col sangue del sacrificio il propiziatorio del Santo dei Santi
[Cf Lv 16,15-16; Sir 50,20; Eb 9,7 ]. Il Il propiziatorio era il luogo della
presenza di Dio [Cf Es 25,22; Lv 16,2; Nm 7,89; Eb 9,5 ]. Quando san Paolo
dice di Gesù che "Dio l'ha stabilito a servire come strumento di
espiazione... nel suo sangue" ( Rm 3,25 ), intende affermare che nella sua
umanità "era Dio a riconciliare a sé il mondo in Cristo" ( 2Cor 5,19 ).
434 La Risurrezione di Gesù glorifica il nome di Dio Salvatore [Cf Gv 12,28
] perché ormai è il nome di Gesù che manifesta in pienezza la suprema
potenza del "Nome che è al di sopra di ogni altro nome" ( Fil 2,9-10 ). Gli
spiriti malvagi temono il suo nome [Cf At 16,16-18; At 19,13-16 ] ed è nel
suo nome che i discepoli di Gesù compiono miracoli; [Cf Mc 16,17 ] infatti
tutto ciò che essi chiedono al Padre nel suo nome, il Padre lo concede [Cf
Gv 15,16 ].
435 Il nome di Gesù è al centro della preghiera cristiana. Tutte le orazioni
liturgiche terminano con la formula "per Dominum nostrum Jesum Christum... -
per il nostro Signore Gesù Cristo...". L' "Ave, Maria" culmina in "e
benedetto il frutto del tuo seno, Gesù". La preghiera del cuore, consueta
presso gli orientali è chiamata "preghiera di Gesù", dice: "Signore Gesù
Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore". Parecchi cristiani
muoiono con la sola parola "Gesù" sulle labbra, come santa Giovanna d'Arco.
II. Cristo
436 Cristo viene dalla traduzione greca del termine ebraico "Messia" che
significa "unto". Non diventa il nome proprio di Gesù se non perché egli
compie perfettamente la missione divina da esso significata. Infatti in
Israele erano unti nel Nome di Dio coloro che erano a lui consacrati per una
mis sione che egli aveva loro affidato. Era il caso dei re, [Cf 1Sam 9,16;
1Sam 10,1; 1Sam 16,1; 1Sam 16,12-13; 436 1Re 1,39 ] dei sacerdoti [Cf Es
29,7; Lv 8,12 ] e, in rari casi, dei profeti [Cf 1Re 19,16 ]. Tale doveva
essere per eccellenza il caso del Messia che Dio avrebbe mandato per
instaurare definitivamente il suo Regno [Cf Sal 2,2; At 4,26-27 ]. Il Messia
doveva essere unto dallo Spirito del Signore, [Cf Is 11,2 ] ad un tempo come
re e sacerdote [Cf Zc 4,14; Zc 6,13 ] ma anche come profeta [Cf Is 61,1; Lc
4,16-21 ]. Gesù ha realizzato la speranza messianica di Israele nella sua
triplice funzione di sacerdote, profeta e re.
437 L'angelo ha annunziato ai pastori la nascita di Gesù come quella del
Messia promesso a Israele: "Oggi vi è nato nella città di Davide un
Salvatore che è il Cristo Signore" ( Lc 2,11 ). Fin da principio egli è
"colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo" ( Gv 10,36 ),
concepito come "santo" ( Lc 1,35 ) nel grembo verginale di Maria. Giuseppe è
stato chiamato da Dio a "prendere" con sé "Maria" sua "sposa", incinta di
"quel che è generato in lei. . . dallo Spirito Santo" ( Mt 1,20 ), affinché
Gesù, "chiamato Cristo", nasca dalla sposa di Giuseppe nella discendenza
messianica di Davide ( Mt 1,16 ) [Cf Rm 1,3; 2Tm 2,8; Ap 22,16 ].
438 La consacrazione messianica di Gesù rivela la sua missione divina. "E',
d'altronde, ciò che indica il suo stesso nome, perché nel nome di Cristo è
sottinteso colui che ha unto, colui che è stato unto e l'unzione stessa di
cui è stato unto: colui che ha unto è il Padre, colui che è stato unto è il
Figlio, ed è stato unto nello Spirito che è l'unzione" [Sant'Ireneo di
Lione, Adversus haereses, 3, 18, 3]. La sua consacrazione messianica eterna
si è rivelata nel tempo della sua vita terrena nel momento in cui fu
battezzato da Giovanni, quando Dio lo "consacrò in Spirito Santo e potenza"
( At 10,38 ) "perché egli fosse fatto conoscere a Israele" ( Gv 1,31 ) come
suo Messia. Le sue opere e le sue parole lo riveleranno come "il Santo di
Dio" ( Mc 1,24; Gv 6,69; At 3,14 ).
439 Numerosi giudei ed anche alcuni pagani che condividevano la loro
speranza hanno riconosciuto in Gesù i tratti fondamentali del "figlio di
Davide" messianico promesso da Dio a Israele [Cf Mt 2,2; Mt 9,27; Mt 12,23;
Mt 15,22; Mt 20,30; 439 Mt 21,9; Mt 2,15 ]. Gesù ha accettato il titolo di
Messia cui aveva diritto, [Cf Gv 4,25-26; Gv 11,27 ] ma non senza riserve,
perché una parte dei suoi contemporanei lo intendevano secondo una
concezione troppo umana, [Cf Mt 22,41-46 ] essenzialmente politica [Cf Gv
6,15; Lc 24,21 ].
440 Gesù ha accettato la professione di fede di Pietro che lo riconosceva
quale Messia, annunziando la passione ormai vicina del Figlio dell'uomo [Cf
Mt 16,16-23 ]. Egli ha così svelato il contenuto autentico della sua
regalità messianica, nell'identità trascendente del Figlio dell'uomo "che è
disceso dal cielo" ( Gv 3,13 ), [Cf Gv 6,62; 440 Dn 7,13 ] come pure nella
sua missione redentrice quale Servo sofferente: "Il Figlio dell'uomo. . .
non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in
riscatto per molti" ( Mt 20,28 ) [Cf Is 53,10-12 ]. Per questo il vero senso
della sua regalità si manifesta soltanto dall'alto della croce [Cf Gv
19,19-22; Lc 23,39-43 ]. Solo dopo la Risurrezione, la sua regalità
messianica potrà essere proclamata da Pietro davanti al popolo di Dio:
"Sappia dunque con certezza tutta la casa d'Israele che Dio ha costituito
Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso!" ( At 2,36 ).
III. Figlio Unigenito di Dio
441 Figlio di Dio, nell'Antico Testamento, è un titolo dato agli angeli, [Cf
Dt (LXX) 32, 8; Gb 1,6 ] al popolo dell'elezione, [Cf Es 4,22; Os 11,1; 441
Ger 3,19; Sir 36,11; Sap 18,13 ] ai figli d'Israele [Cf Dt 14,1; Os 2,1 ] e
ai loro re [Cf 2Sam 7,14; Sal 82,6 ]. In tali casi ha il significato di una
filiazione adottiva che stabilisce tra Dio e la sua creatura relazioni di
una particolare intimità. Quando il Re-Messia promesso è detto "figlio di
Dio", [Cf 1Cr 17,13; Sal 2,7 ] ciò non implica necessariamente, secondo il
senso letterale di quei testi, che egli sia più che umano. Coloro che hanno
designato così Gesù in quanto Messia d'Israele [Cf Mt 27,54 ] forse non
hanno inteso dire di più [Cf Lc 23,47 ].
442 Non è la stessa cosa per Pietro quando confessa Gesù come "il Cristo, il
Figlio del Dio vivente" ( Mt 16,16 ), perché Gesù risponde con solennità:
"Né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei
cieli" ( Mt 16,17 ). Parallelamente Paolo, a proposito della sua conversione
sulla strada di Damasco, dirà: "Quando colui che mi scelse fin dal seno di
mia madre e mi chiamò con la sua grazia si compiacque di rivelare a me suo
Figlio perché lo annunziassi in mezzo ai pagani.. . " ( Gal 1,15-16 ).
"Subito nelle sinagoghe proclamava Gesù Figlio di Dio" ( At 9,20 ). Questo
sarà fin dagli inizi [Cf 1Ts 1,10 ] il centro della fede apostolica [Cf Gv
20,31 ] professata prima di tutti da Pietro quale fondamento della Chiesa
[Cf Mt 16,18 ].
443 Se Pietro ha potuto riconoscere il carattere trascendente della
filiazione divina di Gesù Messia, è perché egli l'ha lasciato chiaramente
intendere. Davanti al sinedrio, alla domanda dei suoi accusatori: "Tu dunque
sei il Figlio di Dio?", Gesù ha risposto: "Lo dite voi stessi: io lo sono" (
Lc 22,70 ) [Cf Mt 26,64; Mc 14,61 ]. Già molto prima, egli si era designato
come "il Figlio" che conosce il Padre, [Cf Mt 11,27; Mt 21,37-38 ] che è
distinto dai "servi" che Dio in precedenza ha mandato al suo popolo, [ Cf Mt
21,34-36 ] superiore agli stessi angeli [ Cf Mt 24,36 ]. Egli ha
differenziato la sua filiazione da quella dei suoi discepoli non dicendo mai
"Padre nostro" [Cf Mt 5,48; Mt 6,8; Mt 7,21; 443 Lc 11,13 ] tranne che per
comandar loro: " Voi dunque pregate così: Padre nostro" ( Mt 6,9 ); e ha
sottolineato tale distinzione: "Padre mio e Padre vostro" ( Gv 20,17 ).
444 I Vangeli riferiscono in due momenti solenni, il Battesimo e la
Trasfigurazione di Cristo, la voce del Padre che lo designa come il suo
"Figlio prediletto" [Cf Mt 3,17; Mt 17,5 ]. Gesù presenta se stesso come "il
Figlio unigenito di Dio" ( Gv 3,16 ) e con tale titolo afferma la sua
preesistenza eterna [Cf Gv 10,36 ]. Egli chiede la fede "nel Nome del Figlio
unigenito di Dio" ( Gv 3,18 ). Questa confessione cristiana appare già
nell'esclamazione del centurione davanti a Gesù in croce: "Veramente
quest'uomo era il Figlio di Dio" ( Mc 15,39 ); infatti soltanto nel Mistero
pasquale il credente può dare al titolo "Figlio di Dio" il suo pieno
significato.
445 Dopo la Risurrezione la sua filiazione divina appare nella potenza della
sua umanità glorificata: egli è stato costituito "Figlio di Dio con potenza
secondo lo Spirito di santificazione mediante la Risurrezione dai morti" (
Rm 1,4 ) [Cf At 13,33 ]. Gli Apostoli potranno confessare: "Noi vedemmo la
sua gloria, gloria come di Unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità"
( Gv 1,14 ).
IV. Signore
446 Nella traduzione greca dei libri dell'Antico Testamento, il nome
ineffabile sotto il quale Dio si è rivelato a Mosè, [Cf Es 3,14 ] YHWH, è
reso con "Kyrios" [Signore"]. Da allora Signore diventa il nome più abituale
per indicare la stessa divinità del Dio di Israele. Il Nuovo Testamento
utilizza in questo senso forte il titolo di "Signore" per il Padre, ma, ed è
questa la novità, anche per Gesù riconosciuto così egli stesso come Dio [Cf
1Cor 2,8 ].
447 Gesù stesso attribuisce a sé, in maniera velata, tale titolo allorché
discute con i farisei sul senso del Salmo 110, [Cf Mt 22,41-46; cf anche At
2,34-36; Eb 1,13 ] ma anche in modo esplicito rivolgendosi ai suoi Apostoli
[Cf Gv 13,13 ]. Durante la sua vita pubblica i suoi gesti di potenza sulla
natura, sulle malattie, sui demoni, sulla morte e sul peccato, manifestavano
la sua sovranità divina.
448 Molto spesso, nei Vangeli, alcune persone si rivolgono a Gesù
chiamandolo "Signore". Questo titolo esprime il rispetto e la fiducia di
coloro che si avvicinano a Gesù e da lui attendono aiuto e guarigione [ Cf
Mt 8,2; Mt 14,30; Mt 15,22; e. a]. Pronunciato sotto la mozione dello
Spirito Santo, esprime il riconoscimento del Mistero divino di Gesù [Cf Lc
1,43; Lc 2,11 ]. Nell'incontro con Gesù risorto, diventa espressione di
adorazione: "Mio Signore e mio Dio!" ( Gv 20,28 ). Assume allora una
connotazione d'amore e d'affetto che resterà peculiare della tradizione
cristiana: "E' il Signore!"( Gv 21,7 ).
449 Attribuendo a Gesù il titolo divino di Signore, le prime confessioni di
fede della Chiesa affermano, fin dall'inizio, [Cf At 2,34-36 ] che la
potenza, l'onore e la gloria dovuti a Dio Padre convengono anche a Gesù, [Cf
Rm 9,5; Tt 2,13; Ap 5,13 ] perché egli è di "natura divina" ( Fil 2,6 ) e
che il Padre ha manifestato questa signoria di Gesù risuscitandolo dai morti
ed esaltandolo nella sua gloria [Cf Rm 10,9; 1Cor 12,3; Fil 2,9-11 ].
450 Fin dall'inizio della storia cristiana, l'affermazione della signoria di
Gesù sul mondo e sulla storia [Cf Ap 11,15 ] comporta anche il
riconoscimento che l'uomo non deve sottomettere la propria libertà
personale, in modo asso luto, ad alcun potere terreno, ma soltanto a Dio
Padre e al Signore Gesù Cristo: Cesare non è "il Signore" [Cf Mc 12,17; At
5,29 ]. "La Chiesa crede. . . di trovare nel suo Signore e Maestro la
chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana" [Conc. Ecum. Vat. II,
Gaudium et spes, 10; cf 45].
451 La preghiera cristiana è contrassegnata dal titolo "Signore", sia che si
tratti dell'invito alla preghiera: "Il Signore sia con voi", sia della
conclusione della preghiera: "Per il nostro Signore Gesù Cristo", o anche
del grido pieno di fiducia e di speranza: "Maran atha" (Il Signore viene!"),
oppure "Marana tha" (Vieni, Signore!") ( 1Cor 16,22 ), "Amen, vieni, Signore
Gesù!" ( Ap 22,20 ).
In sintesi
452 Il Nome "Gesù" significa "Dio che salva". Il Bambino nato dalla Vergine
Maria è chiamato "Gesù" "perché salverà il suo popolo dai suoi peccati" ( Mt
1,21 ): "Non vi è altro Nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è
stabilito che possiamo essere salvati" ( At 4,12 ).
453 Il nome "Cristo" significa "Unto", "Messia". Gesù è il Cristo perché Dio
lo "consacrò in Spirito Santo e potenza" ( At 10,38 ). Egli era colui che
doveva venire , [Cf Lc 7,19 ] l'oggetto "della speranza d'Israele" ( At
28,20 ).
454 Il nome "Figlio di Dio" indica la relazione unica ed eterna di Gesù
Cristo con Dio suo Padre: egli è il Figlio unigenito del Padre [Cf Gv 1,14;
Gv 1,18; 454 Gv 3,16; Gv 1,18 ] e Dio egli stesso [Cf Gv 1,1 ]. Per essere
cristiani si deve credere che Gesù Cristo è il Figlio di Dio [Cf At 8,37;
1Gv 2,23 ].
455 Il nome "Signore" indica la sovranità divina. Confessare o invocare Gesù
come Signore, è credere nella sua divinità. "Nessuno può dire "Gesù è il
Signore" se non sotto l'azione dello Spirito Santo" ( 1Cor 12,3 ).
Articolo 3
"GESU' CRISTO FU CONCEPITO PER OPERA DELLO
SPIRITO SANTO, NACQUE DA MARIA VERGINE"
Paragrafo 1
IL FIGLIO DI DIO SI E' FATTO UOMO
I. Perché il Verbo si è fatto carne
456 Con il Credo di Nicea-Costantinopoli confessiamo che il Verbo: " Per noi
uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; per opera dello Spirito
Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo".
457 Il Verbo si è fatto carne per salvarci riconciliandoci con Dio: è Dio
"che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per
i nostri peccati" ( 1Gv 4,10 ). "Il Padre ha mandato il suo Figlio come
Salvatore del mondo" ( 1Gv 4,14 ). "Egli è apparso per togliere i peccati" (
1Gv 3,5 ):
La nostra natura, malata, richiedeva d'essere guarita; decaduta, d'essere
risollevata; morta, di essere risuscitata. Avevamo perduto il possesso del
bene; era necessario che ci fosse restituito. Immersi nelle tenebre,
occorreva che ci fosse portata la luce; perduti, attendevamo un salvatore;
prigionieri, un soccorritore; schiavi, un liberatore. Tutte queste ragioni
erano prive d'importanza? Non erano tali da commuovere Dio sì da farlo
discendere fino alla nostra natura umana per visitarla, poiché l'umanità si
trovava in una condizione tanto miserabile ed infelice? [San Gregorio di
Nissa, Oratio catechetica, 15: PG 45, 48B]
458 Il Verbo si è fatto carne perché noi così conoscessimo l'amore di Dio:
"In questo si è manifestato l'amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo
unigenito Figlio nel mondo perché noi avessimo la vita per lui" ( 1Gv 4,9 ).
"Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché
chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" ( Gv 3,16 ).
459 Il Verbo si è fatto carne per essere nostro modello di santità:
"Prendete il mio giogo su di voi e imparate da me. . . " ( Mt 11,29 ). "Io
sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di
me" ( Gv 14,6 ). E il Padre, sul monte della Trasfigurazione, comanda:
"Ascoltatelo" ( Mc 9,7 ) [Cf Dt 6,4-5 ]. In realtà, egli è il modello delle
Beatitudini e la norma della Legge nuova: "Amatevi gli uni gli altri come io
vi ho amati" ( Gv 15,12 ). Questo amore implica l'effettiva offerta di se
stessi alla sua sequela [Cf Mc 8,34 ].
460 Il Verbo si è fatto carne perché diventassimo "partecipi della natura
divina" ( 2Pt 1,4 ): "Infatti, questo è il motivo per cui il Verbo si è
fatto uomo, e il Figlio di Dio, Figlio dell'uomo: perché l'uomo, entrando in
comunione con il Verbo e ricevendo così la filiazione divina, diventasse
figlio di Dio" [Sant'Ireneo di Lione, Adversus haereses, 3, 19, 1]. "Infatti
il Figlio di Dio si è fatto uomo per farci Dio" [Sant'Atanasio di
Alessandria, De Incarnatione, 54, 3: PG 25, 192B]. "Unigenitus Dei Filius,
suae divinitatis volens nos esse participes, naturam nostram assumpsit, ut
homines deos faceret factus homo - L'Unigenito Figlio di Dio, volendo che
noi fossimo partecipi della sua divinità, assunse la nostra natura,
affinché, fatto uomo, facesse gli uomini dei" [San Tommaso d'Aquino,
Opusculum 57 in festo Corporis Christi, 1].
II. L'Incarnazione
461 Riprendendo l'espressione di san Giovanni (Il Verbo si fece carne": Gv
1,14 ), la Chiesa chiama "Incarnazione" il fatto che il Figlio di Dio abbia
assunto una natura umana per realizzare in essa la nostra salvezza. La
Chiesa canta il Mistero dell'Incarnazione in un inno riportato da san Paolo:
Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale,
pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua
uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo
e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce ( Fil 2,5-8 ) [Cf
Liturgia delle Ore, Cantico dei Vespri del sabato].
462 Dello stesso Mistero parla la lettera agli Ebrei:
Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice: Tu non hai voluto né sacrificio
né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti
né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: Ecco, io vengo. . . per fare
la tua volontà ( Eb 10,5-7 ) [ Eb 10,5-7 cita il Sal 40,7-9 (LXX)].
463 La fede nella reale Incarnazione del Figlio di Dio è il segno distintivo
della fede cristiana: "Da questo potete riconoscere lo spirito di Dio: ogni
spirito che riconosce che Gesù Cristo è venuto nella carne, è da Dio" ( 1Gv
4,2 ). E' la gioiosa convinzione della Chiesa fin dal suo inizio, allorché
canta "il grande Mistero della pietà": "Egli si manifestò nella carne" ( 1Tm
3,16 ).
III. Vero Dio e vero uomo
464 L'evento unico e del tutto singolare dell'Incarnazione del Figlio di Dio
non significa che Gesù Cristo sia in parte Dio e in parte uomo, né che sia
il risultato di una confusa mescolanza di divino e di umano. Egli si è fatto
veramente uomo rimanendo veramente Dio. Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo.
La Chiesa nel corso dei primi secoli ha dovuto difendere e chiarire questa
verità di fede contro eresie che la falsificavano.
465 Le prime eresie più che la divinità di Cristo hanno negato la sua vera
umanità (docetismo gnostico). Fin dall'epoca apostolica la fede cristiana ha
insistito sulla vera Incarnazione del Figlio di Dio "venuto nella carne" [Cf
1Gv 4,2-3; 2Gv 1,7 ]. Ma nel terzo secolo, la Chiesa ha dovuto affermare
contro Paolo di Samosata, in un Concilio riunito ad Antiochia, che Gesù
Cristo è Figlio di Dio per natura e non per adozione. Il primo Concilio
Ecumenico di Nicea nel 325 professò nel suo Credo che il Figlio di Dio è
"generato, non creato, della stessa sostanza ["homousios"] del Padre", e
condannò Ario, il quale sosteneva che "il Figlio di Dio veniva dal nulla"
[Concilio di Nicea I: Denz. -Schönm., 130] e che sarebbe "di un'altra
sostanza o di un'altra essenza rispetto al Padre" [Concilio di Nicea I:
Denz. -Schönm., 130].
466 L'eresia nestoriana vedeva in Cristo una persona umana congiunta alla
Persona divina del Figlio di Dio. In contrapposizione ad essa san Cirillo di
Alessandria e il terzo Concilio Ecumenico riunito a Efeso nel 431 hanno
confessato che "il Verbo, unendo a se stesso ipostaticamente una carne
animata da un'anima razionale, si fece uomo" [Concilio di Efeso: ibid. ,
250]. L'umanità di Cristo non ha altro soggetto che la Persona divina del
Figlio di Dio, che l'ha assunta e fatta sua al momento del suo concepimento.
Per questo il Concilio di Efeso ha proclamato nel 431 che Maria in tutta
verità è divenuta Madre di Dio per il concepimento umano del Figlio di Dio
nel suo seno; "Madre di Dio. . . non certo perché la natura del Verbo o la
sua divinità avesse avuto origine dalla santa Vergine, ma, poiché nacque da
lei il santo corpo dotato di anima razionale a cui il Verbo è unito
sostanzialmente, si dice che il Verbo è nato secondo la carne" [Concilio di
Efeso: ibid., 250].
467 I monofisiti affermavano che la natura umana come tale aveva cessato di
esistere in Cristo, essendo stata assunta dalla Persona divina del Figlio di
Dio. Opponendosi a questa eresia, il quarto Concilio Ecumenico, a
Calcedonia, nel 451, ha confessato:
Seguendo i santi Padri, all'unanimità noi insegniamo a confessare un solo e
medesimo Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, perfetto nella sua divinità
e perfetto nella sua umanità, vero Dio e vero uomo, [composto] di anima
razionale e di corpo, consostanziale al Padre per la divinità, e
consostanziale a noi per l'umanità, "simile in tutto a noi, fuorché nel
peccato" ( Eb 4,15 ), generato dal Padre prima dei secoli secondo la
divinità, e in questi ultimi tempi, per noi e per la nostra salvezza, nato
da Maria Vergine e Madre di Dio, secondo l'umanità.
Un solo e medesimo Cristo, Signore, Figlio unigenito, che noi dobbiamo
riconoscere in due nature, senza confusione, senza mutamento, senza
divisione, senza separazione. La differenza delle nature non è affatto
negata dalla loro unione, ma piuttosto le proprietà di ciascuna sono
salvaguardate e riunite in una sola persona e una sola ipostasi [Concilio di
Calcedonia: Denz. -Schönm., 301-302].
468 Dopo il Concilio di Calcedonia, alcuni fecero della natura umana di
Cristo una sorta di soggetto personale. Contro costoro, il quinto Concilio
Ecumenico, a Costantinopoli, nel 553, ha confessato riguardo a Cristo: vi è
"una sola ipostasi [o Persona].. ., cioè il Signore nostro Gesù Cristo, Uno
della Trinità " [Concilio di Costantinopoli II: Denz. -Schönm., 424]. Tutto,
quindi, nell'umanità di Cristo deve essere attribuito alla sua Persona
divina come al suo soggetto proprio, [Cf già Concilio di Efeso: Denz.
-Schönm., 255] non soltanto i miracoli ma anche le sofferenze [Cf Concilio
di Costantinopoli II: Denz. -Schönm., 424] e così pure la morte: "Il Signore
nostro Gesù Cristo, crocifisso nella sua carne, è vero Dio, Signore della
gloria e Uno della Santa Trinità" [Cf Concilio di Costantinopoli II: Denz.-
Schönm., 424].
469 La Chiesa così confessa che Gesù è inscindibilmente vero Dio e vero
uomo. Egli è veramente il Figlio di Dio che si è fatto uomo, nostro
fratello, senza con ciò cessare d'essere Dio, nostro Signore:
"Id quod fuit remansit et quod non fuit assumpsit - Rimase quel che era e
quel che non era assunse", canta la Liturgia romana [Liturgia delle Ore, I,
Ufficio delle letture di Natale, cf San Leone Magno, Sermones, 21, 2-3: PL
54, 192A]. E la Liturgia di san Giovanni Crisostomo proclama e canta: "O
Figlio Unigenito e Verbo di Dio, tu, che sei immortale, per la nostra
salvezza ti sei degnato d'incarnarti nel seno della santa Madre di Dio e
sempre Vergine Maria; tu, che senza mutamento sei diventato uomo e sei stato
crocifisso, o Cristo Dio, tu, che con la tua morte hai sconfitto la morte,
tu che sei Uno della santa Trinità, glorificato con il Padre e lo Spirito
Santo, salvaci!" [Liturgia bizantina, Tropario "O Monoghenis"].
IV. Come il Figlio di Dio è uomo
470 Poiché nella misteriosa unione dell'Incarnazione "la natura umana è
stata assunta, senza per questo venir annientata", [Conc. Ecum. Vat. II,
Gaudium et spes, 22] la Chiesa nel corso dei secoli è stata condotta a
confessare la piena realtà dell'anima umana, con le sue operazioni di
intelligenza e di volontà, e del corpo umano di Cristo. Ma parallelamente ha
dovuto di volta in volta ricordare che la natura umana di Cristo appartiene
in proprio alla Persona divina del Figlio di Dio che l'ha assunta. Tutto ciò
che egli è e ciò che egli fa in essa deriva da "Uno della Trinità". Il
Figlio di Dio, quindi, comunica alla sua umanità il suo modo personale
d'esistere nella Trinità. Pertanto, nella sua anima come nel suo corpo,
Cristo esprime umanamente i comportamenti divini della Trinità: [Cf Gv
14,9-10 ]
Il Figlio di Dio. . . ha lavorato con mani d'uomo, ha pensato con mente d'uo
mo, ha agito con volontà d'uomo, ha amato con cuore d'uomo. Nascendo da
Maria Vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi
fuorché nel peccato [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 22].
L'anima e la conoscenza umana di Cristo
471 Apollinare di Laodicea sosteneva che in Cristo il Verbo aveva preso il
posto dell'anima o dello spirito. Contro questo errore la Chiesa ha
confessato che il Figlio eterno ha assunto anche un'anima razionale umana [
Cf Damaso I, Lettera ai vescovi orientali: Denz.- Schönm., 149].
472 L'anima umana che il Figlio di Dio ha assunto è dotata di una vera
conoscenza umana. In quanto tale, essa non poteva di per sé essere
illimitata: era esercitata nelle condizioni storiche della sua esistenza
nello spazio e nel tempo. Per questo il Figlio di Dio, facendosi uomo, ha
potuto voler "crescere in sapienza, età e grazia" ( Lc 2,52 ) e anche
doversi informare intorno a ciò che nella condizione umana non si può
apprendere che attraverso l'esperienza [Cf Mc 6,38; Mc 8,27; Gv 11,34; ecc].
Questo era del tutto consono alla realtà del suo volontario umiliarsi nella
"condizione di servo" ( Fil 2,7 ).
473 Al tempo stesso, però, questa conoscenza veramente umana del Figlio di
Dio esprimeva la vita divina della sua Persona [Cf San Gregorio Magno,
Lettera Sicut aqua: Denz. -Schönm., 475]. "La natura umana del Fi glio di
Dio, non da sé ma per la sua unione con il Verbo, conosceva e manifestava
nella Persona di Cristo tutto ciò che conviene a Dio" [San Massimo il
Confessore, Quaestiones et dubia, 66: PG 90, 840A]. E', innanzi tutto, il
caso della conoscenza intima e immediata che il Figlio di Dio fatto uomo ha
del Padre suo [Cf Mc 14,36; Mt 11,27; Gv 1,18; 473 Gv 8,55; ecc]. Il Figlio
di Dio anche nella sua conoscenza umana mostrava la penetrazione divina che
egli aveva dei pensieri segreti del cuore degli uomini [Cf Mc 2,8; Gv 2,25;
Gv 6,61; ecc].
474 La conoscenza umana di Cristo, per la sua unione alla Sapienza divina
nella Persona del Verbo incarnato, fruiva in pienezza della scienza dei
disegni eterni che egli era venuto a rivelare [Cf Mc 8,31; Mc 9,31; Mc
10,33-34; Mc 14,18-20; 474 Mc 8,26-30 ]. Ciò che in questo campo dice di
ignorare, [Cf Mc 13,32 ] dichiara altrove di non avere la missione di
rivelarlo [Cf At 1,7 ].
La volontà umana di Cristo
475 Parallelamente, la Chiesa nel sesto Concilio Ecumenico [Concilio di
Costantinopoli III (681)] ha dichiarato che Cristo ha due volontà e due
operazioni naturali, divine e umane, non opposte, ma cooperanti, in modo che
il Verbo fatto carne ha umanamente voluto, in obbedienza al Padre, tutto ciò
che ha divinamente deciso con il Padre e con lo Spirito Santo per la nostra
salvezza [Cf Concilio di Costantinopoli III (681): Denz. -Schönm., 556-559].
La volontà umana di Cristo "segue, senza opposizione o riluttanza, o meglio,
è sottoposta alla sua volontà divina e onnipotente" [Cf Concilio di
Costantinopoli III (681): Denz. -Schönm., 556-559].
Il vero Corpo di Cristo
476 Poiché il Verbo si è fatto carne assumendo una vera umanità, il Corpo di
Cristo era delimitato [Cf Concilio Lateranense (649): Denz. -Schönm., 504].
Perciò l'aspetto umano di Cristo può essere "rappresentato" ( Gal 3,1 ). Nel
settimo Concilio Ecumenico la Chiesa ha riconosciuto legittimo che venga
raffigurato mediante "venerande e sante immagini" [Concilio di Nicea II
(787): Denz.-Schönm., 600-603].
477 Al tempo stesso la Chiesa ha sempre riconosciuto che nel Corpo di Gesù
il "Verbo invisibile apparve visibilmente nella nostra carne" [Messale
Romano, Prefazio di Natale II]. In realtà, le caratteristiche individuali
del Corpo di Cristo esprimono la Persona divina del Figlio di Dio. Questi ha
fatto a tal punto suoi i lineamenti del suo Corpo umano che, dipinti in una
santa immagine, possono essere venerati, perché il credente che venera
"l'immagine, venera la realtà di chi in essa è riprodotto" [Concilio di
Nicea II (787): Denz. -Schönm., 601].
Il Cuore del Verbo incarnato
478 Gesù ci ha conosciuti e amati, tutti e ciascuno, durante la sua vita, la
sua agonia e la sua passione, e per ognuno di noi si è offerto: "Il Figlio
di Dio mi ha amato e ha dato se stesso per me" ( Gal 2,20 ). Ci ha amati
tutti con un cuore umano. Per questo motivo, il sacro Cuore di Gesù,
trafitto a causa dei nostri peccati e per la nostra salvezza, [Cf Gv 19,34 ]
"praecipuus consideratur index et symbolus. . . illius amoris, quo divinus
Redemptor aeternum Patrem hominesque universos continenter adamat - è
considerato il segno e simbolo principale. . . di quell'infinito amore, col
quale il Redentore divino incessantemente ama l'eterno Padre e tutti gli
uomini" [Pio XII, Lett. enc.
Haurietis aquas: Denz.-Schönm., 3924; cf Id., Lett. enc. Mystici
Corporis:ibid., 3812].
In sintesi
479 Nel tempo stabilito da Dio, il Figlio unigenito del Padre, la Parola
eterna, cioè il Verbo e l'Immagine sostanziale del Padre, si è incarnato:
senza perdere la natura divina, ha assunto la natura umana.
480 Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo, nella unità della sua Persona
divina; per questo motivo è l'unico Mediatore tra Dio e gli uomini.
481 Gesù Cristo ha due nature, la divina e l'umana, non confuse, ma unite
nell'unica Persona del Figlio di Dio.
482 Cristo, essendo vero Dio e vero uomo, ha una intelligenza e una volontà
umane, perfettamente armonizzate e sottomesse alla sua intelligenza e alla
sua volontà divine, che egli ha in comune con il Padre e lo Spirito Santo.
483 L'Incarnazione è quindi il Mistero dell'ammirabile unione della natura
divina e della natura umana nell'unica Persona del Verbo.
Paragrafo 2
"... CONCEPITO PER OPERA DELLO SPIRITO SANTO,
NATO DALLA VERGINE MARIA"
I. Concepito per opera dello Spirito Santo...
484 L'Annunciazione a Maria inaugura la "pienezza del tempo" ( Gal 4,4 ),
cioè il compimento delle promesse e delle preparazioni. Maria è chiamata a
concepire colui nel quale abiterà "corporalmente tutta la pienezza della
divinità" ( Col 2,9 ). La risposta divina al suo "Come è possibile? Non
conosco uomo" ( Lc 1,34 ) è data mediante la potenza dello Spirito: "Lo
Spirito Santo scenderà su di te" ( Lc 1,35 ).
485 La missione dello Spirito Santo è sempre congiunta e ordinata a quella
del Figlio [Cf Gv 16,14-15 ]. Lo Spirito Santo, che è "Signore e dà la
vita", è mandato a santificare il grembo della Vergine Maria e a fecondarla
divinamente, facendo sì che ella concepisca il Figlio eterno del Padre in
un'umanità tratta dalla sua.
486 Il Figlio unigenito del Padre, essendo concepito come uomo nel seno
della Vergine Maria, è "Cristo", cioè unto dallo Spirito Santo, [Cf Mt 1,20;
486 Lc 1,35 ] sin dall'inizio della sua esistenza umana, anche se la sua
manifestazione avviene progressivamente: ai pastori, [Cf Lc 2,8-20 ] ai
magi, [ Cf Mt 2,1-12 ] a Giovanni Battista, [Cf Gv 1,31-34 ] ai discepoli
[Cf Gv 2,11 ]. L'intera vita di Gesù Cristo manifesterà dunque "come Dio
[lo] consacrò in Spirito Santo e potenza" ( At 10,38 ).
II. ... nato dalla Vergine Maria
487 Ciò che la fede cattolica crede riguardo a Maria si fonda su ciò che
essa crede riguardo a Cristo, ma quanto insegna su Maria illumina, a sua
volta, la sua fede in Cristo.
La predestinazione di Maria
488 "Dio ha mandato suo Figlio" ( Gal 4,4 ), ma per preparargli un corpo,
[Cf Eb 10,5 ] ha voluto la libera collaborazione di una creatura. Per
questo, Dio, da tutta l'eternità, ha scelto, perché fosse la Madre del
Figlio suo, una figlia d'Israele, una giovane ebrea di Nazaret in Galilea,
"una vergine promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato
Giuseppe. La vergine si chiamava Maria" ( Lc 1,26-27 ):
Volle il Padre delle misericordie che l'accettazione di colei che era
predestinata a essere la Madre precedesse l'Incarnazione, perché così, come
la donna aveva contribuito a dare la morte, la donna contribuisse a dare la
vita [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 56; cf 61].
489 Nel corso dell'Antica Alleanza, la missione di Maria è stata preparata
da quella di sante donne. All'inizio c'è Eva: malgrado la sua disobbedienza,
ella riceve la promessa di una discendenza che sarà vittoriosa sul Maligno,
[Cf Gen 3,15 ] e quella d'essere la madre di tutti i viventi [Cf Gen 3,20 ].
In forza di questa promessa, Sara concepisce un figlio nonostante la sua
vecchiaia [Cf Gen 18,10-14; 489 Gen 21,1-2 ]. Contro ogni umana attesa, Dio
sceglie ciò che era ritenuto impotente e debole [Cf 1Cor 1,27 ] per mostrare
la sua fedeltà alla promessa: Anna, la madre di Samuele, [Cf 1Sam 1 ]
Debora, Rut, Giuditta e Ester, e molte altre donne. Maria "primeggia tra gli
umili e i poveri del Signore, i quali con fiducia attendono e ricevono da
lui la salvezza. . . Con lei, la eccelsa figlia di Sion, dopo la lunga
attesa della Promessa, si compiono i tempi e si instaura la nuova economia"
[Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 55].
L'Immacolata Concezione
490 Per esser la Madre del Salvatore, Maria "da Dio è stata arricchita di
doni degni di una così grande carica" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium,
55]. L'angelo Gabriele, al momento dell'Annunciazione, la saluta come "piena
di grazia" ( Lc 1,28 ). In realtà, per poter dare il libero assenso della
sua fede all'annunzio della sua vocazione, era necessario che fosse tutta
sorretta dalla grazia di Dio.
491 Nel corso dei secoli la Chiesa ha preso coscienza che Maria, colmata di
grazia da Dio, [Cf Lc 1,28 ] era stata redenta fin dal suo concepimento. E'
quanto afferma il dogma dell'Immacolata Concezione, proclamato da papa Pio
IX nel 1854:
La beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per una
grazia ed un privilegio singolare di Dio onnipotente, in previsione dei
meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, è stata preservata intatta
da ogni macchia del peccato originale [Pio IX, Bolla Ineffabilis Deus: Denz.
-Schönm., 2803].
492 Questi "splendori di una santità del tutto singolare" di cui Maria è
"adornata fin dal primo istante della sua concezione" [Conc. Ecum. Vat. II,
Lumen gentium, 56] le vengono interamente da Cristo: ella è "redenta in modo
così sublime in vista dei meriti del Figlio suo" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen
gentium, 56]. Più di ogni altra persona creata, il Padre l'ha "benedetta con
ogni benedizione spirituale, nei cieli, in Cristo" ( Ef 1,3 ). In lui l'ha
scelta "prima della creazione del mondo, per essere" santa e immacolata "al
suo cospetto nella carità" ( Ef 1,4 ).
493 I Padri della Tradizione orientale chiamano la Madre di Dio "la Tutta
Santa" (Panaghia"), la onorano come "immune da ogni macchia di peccato,
dallo Spirito Santo quasi plasmata e resa una nuova creatura" [Conc. Ecum.
Vat. II, Lumen gentium, 56]. Maria, per la grazia di Dio, è rimasta pura da
ogni peccato personale durante tutta la sua esistenza.
"Avvenga di me quello che hai detto... "
494 All'annunzio che avrebbe dato alla luce "il Figlio dell'Altissimo" senza
conoscere uomo, per la potenza dello Spirito Santo, [Cf Lc 1,28-37 ] Maria
ha risposto con "l'obbedienza della fede" ( Rm 1,5 ), certa che "nulla è
impossibile a Dio": "Io sono la serva del Signore; avvenga di me quello che
hai detto" ( Lc 1,37-38 ). Così, dando il proprio assenso alla Parola di
Dio, "Maria è diventata Madre di Gesù e, abbracciando con tutto l'animo e
senza essere ritardata da nessun peccato la volontà divina di salvezza, si è
offerta totalmente. . . alla persona e all'opera del Figlio suo, mettendosi
al servizio del Mistero della Redenzione, sotto di lui e con lui, con la
grazia di Dio onnipotente": [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 56]
Come dice sant'Ireneo, "obbedendo divenne causa della salvezza per sé e per
tutto il genere umano". Con lui, non pochi antichi Padri affermano: "Il nodo
della disobbedienza di Eva ha avuto la sua soluzione con l'obbedienza di
Maria; ciò che la vergine Eva aveva legato con la sua incredulità, la
Vergine Maria l'ha sciolto con la sua fede", e, fatto il paragone con Eva,
chiama no Maria "la Madre dei viventi" e affermano spesso: "la morte per
mezzo di Eva, la vita per mezzo di Maria" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen
gentium, 56].
La maternità divina di Maria
495 Maria, chiamata nei Vangeli "la Madre di Gesù" ( Gv 2,1; Gv 19,25 ), [Cf
Mt 13,55 ] prima della nascita del Figlio suo è acclamata, sotto la mozione
dello Spirito, "la Madre del mio Signore" ( Lc 1,43 ). Infatti, colui che
Maria ha concepito come uomo per opera dello Spirito Santo e che è diventato
veramente suo Figlio secondo la carne, è il Figlio eterno del Padre, la
seconda Persona della Santissima Trinità. La Chiesa confessa che Maria è
veramente Madre di Dio [Theotokos"] [Cf Concilio di Efeso: Denz. -Schönm.,
251].
La verginità di Maria
496 Fin dalle prime formulazioni della fede, [Cf Denz.- Schönm., 10-64] la
Chiesa ha confessato che Gesù è stato concepito nel seno della Vergine Maria
per la sola potenza dello Spirito Santo, ed ha affermato anche l'aspetto
corporeo di tale avvenimento: Gesù è stato concepito "senza seme, per opera
dello Spirito Santo" [Concilio Lateranense (649): Denz. -Schönm., 503]. Nel
concepimento verginale i Padri ravvisano il segno che si tratta veramente
del Figlio di Dio, il quale è venuto in una umanità come la nostra:
Così, sant'Ignazio di Antiochia (inizio II secolo): "Voi siete fermamente
persuasi riguardo a nostro Signore che è veramente della stirpe di Davide
secondo la carne, [Cf Rm 1,3 ] Figlio di Dio secondo la volontà e la potenza
di Dio, [Cf Gv 1,13 ] veramente nato da una Vergine, . . . veramente è stato
inchiodato [alla croce] per noi, nella sua carne, sotto Ponzio Pilato. . .
Veramente ha sofferto, così come veramente è risorto" [Sant'Ignazio di
Antiochia, Epistula ad Smyrnaeos, 1-2].
497 I racconti evangelici [Cf Mt 1,18-25; 497 Lc 1,26-38 ] considerano la
concezione verginale un'opera divina che supera ogni comprensione e ogni
possibilità umana: [Cf Lc 1,34 ] "Quel che è generato in lei viene dallo
Spirito Santo", dice l'angelo a Giuseppe riguardo a Maria, sua sposa ( Mt
1,20 ). La Chiesa vede in ciò il compimento della promessa divina fatta per
bocca del profeta Isaia: "Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio"
[ Is 7,14, secondo la traduzione greca di Mt 1,23 ].
498 Il silenzio del Vangelo secondo san Marco e delle Lettere del Nuovo
Testamento sul concepimento verginale di Maria è stato talvolta causa di
perplessità. Ci si è potuto anche chiedere se non si trattasse di leggende o
di elaborazioni teologiche senza pretese di storicità. A ciò si deve
rispondere: La fede nel concepimento verginale di Gesù ha incontrato vivace
opposizione, sarcasmi o incomprensione da parte dei non-credenti, giudei e
pagani: [Cf San Giustino, Dialogus cum Tryphone Judaeo, 99, 7; Origene,
Contra Celsum, 1, 32. 69; e. a] essa non trovava motivo nella mitologia
pagana né in qualche adattamento alle idee del tempo. Il senso di questo
avvenimento è accessibile soltanto alla fede, la quale lo vede in quel
"nesso che lega tra loro i vari misteri", [Concilio Vaticano I: Denz.
-Schönm., 3016] nell'insieme dei Misteri di Cristo, dalla sua Incarnazione
alla sua Pasqua. Sant'Ignazio di Antiochia già testimonia tale legame: "Il
principe di questo mondo ha ignorato la verginità di Maria e il suo parto,
come pure la morte del Signore: tre Misteri sublimi che si compirono nel
silenzio di Dio" [Sant'Ignazio di Antiochia, Epistula ad Ephesios, 19, 1; cf
1Cor 2,8 ].
Maria "sempre Vergine"
499 L'approfondimento della fede nella maternità verginale ha condotto la
Chiesa a confessare la verginità reale e perpetua di Maria [Cf Concilio di
Costantinopoli II: Denz.-Schönm., 427] anche nel parto del Figlio di Dio
fatto uomo [Cf San Leone Magno, Lettera Lectis dilectionis tuae:
Denz.-Schönm., 291; 294; Pelagio I, Lettera Humani generis: ibid., 442;
Concilio Lateranense (649): ibid., 503; Concilio di Toledo XVI: ibid., 571;
Pio IV, Cost. Cum quorumdam hominum: ibid., 1880]. Infatti la nascita di
Cristo "non ha diminuito la sua verginale integrità, ma l'ha consacrata"
[Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 57]. La Liturgia della Chiesa celebra
Maria come la "Aeiparthenos", "sempre Vergine" [Cf ibid., 52].
500 A ciò si obietta talvolta che la Scrittura parla di fratelli e di
sorelle di Gesù [Cf Mc 3,31-35; 500 Mc 6,3; 1Cor 9,5; Gal 1,19 ]. La Chiesa
ha sempre ritenuto che tali passi non indichino altri figli della Vergine
Maria: infatti Giacomo e Giuseppe, "fratelli di Gesù" ( Mt 13,55 ) sono i
figli di una Maria discepola di Cristo, [Cf Mt 27,56 ] la quale è designata
in modo significativo come "l'altra Maria" ( Mt 28,1 ). Si tratta di parenti
prossimi di Gesù, secondo un'espressione non inusitata nell'Antico
Testamento [Cf Gen 13,8; Gen 14,16; Gen 29,15; ecc...].
501 Gesù è l'unico Figlio di Maria. Ma la maternità spirituale di Maria [Cf
Gv 19,26-27; Ap 12,17 ] si estende a tutti gli uomini che egli è venuto a
salvare: "Ella ha dato alla luce un Figlio, che Dio ha fatto "il primogenito
di una moltitudine di fratelli" ( Rm 8,29 ), cioè dei fedeli, e alla cui
nascita e formazione ella coopera con amore di madre" [Conc. Ecum. Vat. II,
Lumen gentium, 63].
La maternità verginale di Maria nel disegno di Dio
502 Lo sguardo della fede può scoprire, in connessione con l'insieme della
Rivelazione, le ragioni misteriose per le quali Dio, nel suo progetto
salvifico, ha voluto che suo Figlio nascesse da una Vergine. Queste ragioni
riguardano tanto la Persona e la missione redentrice di Cristo, quanto
l'accettazione di tale missione da parte di Maria in favore di tutti gli
uomini.
503 La verginità di Maria manifesta l'iniziativa assoluta di Dio
nell'Incarnazione. Gesù come Padre non ha che Dio [Cf Lc 2,48-49 ]. "La
natura umana che egli ha assunto non l'ha mai separato dal Padre. . . Per
natura Figlio del Padre secondo la divinità, per natura Figlio della Madre
secondo l'umanità, ma propriamente Figlio di Dio nelle sue due nature"
[Concilio del Friuli (796): Denz. -Schönm., 619].
504 Gesù è concepito per opera dello Spirito Santo nel seno della Vergine
Maria perché egli è il nuovo Adamo [Cf 1Cor 15,45 ] che inaugura la nuova
creazione: "Il primo uomo tratto dalla terra è di terra, il secondo uomo
viene dal cielo" ( 1Cor 15,47 ). L'umanità di Cristo, fin dal suo
concepimento, è ricolma dello Spirito Santo perché Dio gli "dà lo Spirito
senza misura" ( Gv 3,34 ). "Dalla pienezza" di lui, capo dell'umanità
redenta, [Cf Col 1,18 ] "noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia" ( Gv
1,16 ).
505 Gesù, il nuovo Adamo, inaugura con il suo concepimento verginale la
nuova nascita dei figli di adozione nello Spirito Santo per la fede. "Come è
possibile?" ( Lc 1,34 ) [Cf Gv 3,9 ]. La partecipazione alla vita divina non
proviene "da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio"
( Gv 1,13 ). L'accoglienza di questa vita è verginale perché è interamente
donata all'uomo dallo Spirito. Il senso sponsale della vocazione umana in
rapporto a Dio [Cf 2Cor 11,2 ] si compie perfettamente nella maternità
verginale di Maria.
506 Maria è vergine perché la sua verginità è il segno della sua fede "che
non era alterata da nessun dubbio" e del suo totale abbandono alla volontà
di Dio [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 63 e 1Cor 7,34-35 ]. Per la
sua fede ella diviene la Madre del Salvatore: "Beatior est Maria percipiendo
fidem Christi quam concipiendo carnem Christi-Maria è più felice di ricevere
la fede di Cristo che di concepire la carne di Cristo" [Sant'Agostino, De
sancta virginitate, 3: PL 40, 398].
507 Maria è ad un tempo vergine e madre perché è la figura e la
realizzazione più perfetta della Chiesa: [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Lumen
gentium, 63] "La Chiesa. . . per mezzo della Parola di Dio accolta con
fedeltà diventa essa pure madre, poiché con la predicazione e il Battesimo
genera a una vita nuova e immortale i figli, concepiti ad opera dello
Spirito Santo e nati da Dio. Essa pure è la vergine che custodisce integra e
pura la fede data allo Sposo" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 64].
In sintesi
508 Nella discendenza di Eva, Dio ha scelto la Vergine Maria perché fosse la
Madre del suo Figlio. "Piena di grazia", ella è "il frutto più eccelso della
Redenzione" : [Conc. Ecum. Vat. II, Sacrosanctum concilium, 103] fin dal
primo istante del suo concepimento, è interamente preservata da ogni macchia
del peccato originale ed è rimasta immune da ogni peccato personale durante
tutta la sua vita.
509 Maria è veramente "Madre di Dio", perché è la Madre del Figlio eterno di
Dio fatto uomo, Dio lui stesso.
510 Maria è rimasta "Vergine nel concepimento del Figlio suo, Vergine nel
parto, Vergine incinta, Vergine madre, Vergine perpetua" : [Sant'Agostino,
Sermones, 186, 1: PL 38, 999] con tutto il suo essere, ella è "la serva del
Signore" ( Lc 1,38 ).
511 Maria Vergine "cooperò alla salvezza dell'uomo con libera fede e
obbedienza" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 56]. Ha detto il suo "fiat"
"loco totius humanae naturae - in nome di tutta l'umanità" : [San Tommaso
d'Aquino, Summa theologiae, III, 30, 1] per la sua obbedienza, è diventata
la nuova Eva, madre dei viventi.
Paragrafo 3
I MISTERI DELLA VITA DI CRISTO
512 Il Simbolo della fede, a proposito della vita di Cristo, non parla che
dei Misteri dell'Incarnazione (concezione e nascita) e della Pasqua
(passione, crocifissione, morte, sepoltura, discesa agli inferi,
risurrezione, ascensione). Non dice nulla, in modo esplicito, dei Misteri
della vita nascosta e della vita pubblica di Gesù, ma gli articoli della
fede concernenti l'Incarnazione e la Pasqua di Gesù, illuminano tutta la
vita terrena di Cristo. "Tutto quello che Gesù fece e insegnò dal principio
fino al giorno in cui... fu assunto in cielo" ( At 1,1-2 ) deve essere visto
alla luce dei Misteri del Natale e della Pasqua.
513 La catechesi, secondo le circostanze, svilupperà tutta la ricchezza dei
Misteri di Gesù. Qui basta indicare alcuni elementi comuni a tutti i Misteri
della vita di Cristo (I), per accennare poi ai principali Misteri della vita
nascosta (II) e pubblica (III) di Gesù.
I. Tutta la vita di Cristo è Mistero
514 Non compaiono nei Vangeli molte cose che interessano la curiosità umana
a riguardo di Gesù. Quasi niente vi si dice della sua vita a Nazaret, e
anche di una notevole parte della sua vita pubblica non si fa parola [Cf Gv
20,30 ]. Ciò che è contenuto nei Vangeli, è stato scritto "perché crediate
che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita
nel suo Nome" ( Gv 20,31 ).
515 I Vangeli sono scritti da uomini che sono stati tra i primi a credere
[Cf Mc 1,1; Gv 21,24 ] e che vogliono condividere con altri la loro fede.
Avendo conosciuto, nella fede, chi è Gesù, hanno potuto scorgere e fare
scorgere in tutta la sua vita terrena le tracce del suo Mistero. Dalle fasce
della sua nascita, [Cf Lc 2,7 ] fino all'aceto della sua passione [Cf Mt
27,48 ] e al sudario della Risurrezione, [Cf Gv 20,7 ] tutto nella vita di
Gesù è segno del suo Mistero. Attraverso i suoi gesti, i suoi miracoli, le
sue parole, è stato rivelato che "in lui abita corporalmente tutta la
pienezza della divinità" ( Col 2,9 ). In tal modo la sua umanità appare come
"il sacramento", cioè il segno e lo strumento della sua divinità e della
salvezza che egli reca: ciò che era visibile nella sua vita terrena condusse
al Mistero invisibile della sua filiazione divina e della sua missione
redentrice.
I tratti comuni dei Misteri di Gesù
516 Tutta la vita di Cristo è Rivelazione del Padre: le sue parole e le sue
azioni, i suoi silenzi e le sue sofferenze, il suo modo di essere e di
parlare. Gesù può dire: "Chi vede me, vede il Padre" ( Gv 14,9 ), e il
Padre: "Questi è il Figlio mio, l'eletto; ascoltatelo" ( Lc 9,35 ). Poiché
il nostro Signore si è fatto uomo per compiere la volontà del Padre, [Cf Eb
10,5-7 ] i più piccoli tratti dei suoi Misteri ci manifestano "l'amore di
Dio per noi" ( 1Gv 4,9 ).
517 Tutta la vita di Cristo è Mistero di Redenzione. La Redenzione è frutto
innanzi tutto del sangue della croce, [Cf Ef 1,7; Col 1,13-14; 1Pt 1,18-19 ]
ma questo Mistero opera nell'intera vita di Cristo: già nella sua
Incarnazione, per la quale, facendosi povero, ci ha arricchiti con la sua
povertà; [Cf 2Cor 8,9 ] nella sua vita nascosta che, con la sua
sottomissione, [Cf Lc 2,51 ] ripara la nostra insubordinazione; nella sua
parola che purifica i suoi ascoltatori; [Cf Gv 15,3 ] nelle guarigioni e
negli esorcismi che opera, mediante i quali "ha preso le nostre infermità e
si è addossato le nostre malattie" ( Mt 8,17 ); [Cf Is 53,4 ] nella sua
Risurrezione, con la quale ci giustifica [Cf Rm 4,25 ].
518 Tutta la vita di Cristo è Mistero di Ricapitolazione. Quanto Gesù ha
fatto, detto e sofferto, aveva come scopo di ristabilire nella sua primitiva
vocazione l'uomo decaduto:
Allorché si è incarnato e si è fatto uomo, ha ricapitolato in se stesso la
lunga storia degli uomini e in breve ci ha procurato la salvezza, così che
noi recuperassimo in Gesù Cristo ciò che avevamo perduto in Adamo, cioè
d'essere ad immagine e somiglianza di Dio [Sant'Ireneo di Lione, Adversus
haereses, 3, 18, 1]. Per questo appunto Cristo è passato attraverso tutte le
età della vita, restituendo con ciò a tutti gli uomini la comunione con Dio
[Sant'Ireneo di Lione, Adversus haereses, 3, 18, 1].
La nostra comunione ai Misteri di Gesù
519 Tutta la ricchezza di Cristo "è destinata ad ogni uomo e costituisce il
bene di ciascuno" [Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptor hominis, 11].
Cristo non ha vissuto la sua vita per sé, ma per noi , dalla sua
Incarnazione "per noi uomini e per la nostra salvezza" fino alla sua morte
"per i nostri peccati" ( 1Cor 15,3 ) e alla sua Risurrezione "per la nostra
giustificazione" ( Rm 4,25 ). E anche adesso, è "nostro avvocato presso il
Padre" ( 1Gv 2,1 ), "essendo sempre vivo per intercedere" a nostro favore (
Eb 7,25 ). Con tutto ciò che ha vissuto e sofferto per noi una volta per
tutte, egli resta sempre "al cospetto di Dio in nostro favore" ( Eb 9,24 ).
520 Durante tutta la sua vita, Gesù si mostra come nostro modello : [Cf Rm
15,5; Fil 2,5 ] è "l'uomo perfetto" [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes,
38] che ci invita a diventare suoi discepoli e a seguirlo; con il suo
abbassamento, ci ha dato un esempio da imitare, [Cf Gv 13,15 ] con la sua
preghiera, attira alla preghiera, [Cf Lc 11,1 ] con la sua povertà, chiama
ad accettare liberamente la spogliazione e le persecuzioni [Cf Mt 5,11-12 ].
521 Tutto ciò che Cristo ha vissuto, egli fa sì che noi possiamo viverlo in
lui e che egli lo viva in noi. "Con l'Incarnazione il Figlio di Dio si è
unito in certo modo a ogni uomo" [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 22].
Siamo chiamati a formare una cosa sola con lui; egli ci fa comunicare come
membra del suo Corpo a ciò che ha vissuto nella sua carne per noi e come
nostro modello:
Noi dobbiamo sviluppare continuamente in noi e, in fine, completare gli
stati e i Misteri di Gesù. Dobbiamo poi pregarlo che li porti lui stesso a
compimento in noi e in tutta la sua Chiesa. . . Il Figlio di Dio desidera
una certa partecipazione e come un'estensione e continuazione in noi e in
tutta la sua Chiesa dei suoi Misteri mediante le grazie che vuole
comunicarci e gli effetti che intende operare in noi attraverso i suoi
Misteri. E con questo mezzo egli vuole completarli in noi [San Giovanni
Eudes, Tractatus de regno Iesu, cf Liturgia delle Ore, IV, Ufficio delle
letture del venerdì della trentatreesima settimana].
II. I Misteri dell'infanzia e della vita
e della vita nascosta di Gesù
Le preparazioni
522 La venuta del Figlio di Dio sulla terra è un avvenimento di tale portata
che Dio lo ha voluto preparare nel corso dei secoli. Riti e sacrifici,
figure e simboli della "Prima Alleanza" ( Eb 9,15 ), li fa convergere tutti
verso Cristo; lo annunzia per bocca dei profeti che si succedono in Israele;
risveglia inoltre nel cuore dei pagani l'oscura attesa di tale venuta.
523 San Giovanni Battista è l'immediato precursore del Signore, [Cf At 13,24
] mandato a preparargli la via [Cf Mt 3,3 ]. "Profeta dell'Altissimo" ( Lc
1,76 ), di tutti i profeti è il più grande [Cf Lc 7,26 ] e l'ultimo; [Cf Mt
11,13 ] egli inaugura il Vangelo; [Cf At 1,22; Lc 16,16 ] saluta la venuta
di Cristo fin dal seno di sua madre [Cf Lc 1,41 ] e trova la sua gioia
nell'essere "l'amico dello sposo" ( Gv 3,29 ), che designa come "l'Agnello
di Dio... che toglie il peccato del mondo" ( Gv 1,29 ). Precedendo Gesù "con
lo spirito e la forza di Elia" ( Lc 1,17 ), gli rende testimonianza con la
sua predicazione, il suo battesimo di conversione ed infine con il suo
martirio [Cf Mc 6,17-29 ].
524 La Chiesa, celebrando ogni anno la Liturgia dell'Avvento, attualizza
questa attesa del Messia: mettendosi in comunione con la lunga preparazione
della prima venuta del Salvatore, i fedeli ravvivano l'ardente desiderio
della sua seconda venuta [Cf Ap 22,17 ]. Con la celebrazione della nascita e
del martirio del Precursore, la Chiesa si unisce al suo desiderio: "egli
deve crescere e io invece diminuire" ( Gv 3,30 ).
Il Mistero del Natale
525 Gesù è nato nell'umiltà di una stalla, in una famiglia povera; [Cf Lc
2,6-7 ] semplici pastori sono i primi testimoni dell'avvenimento. In questa
povertà si manifesta la gloria del cielo [Cf Lc 2,8-20 ]. La Chiesa non
cessa di cantare la gloria di questa notte:
La Vergine oggi dà alla luce l'Eterno
e la terra offre una grotta all'Inaccessibile.
Gli angeli e i pastori a lui inneggiano
e i magi, guidati dalla stella,
vengono ad adorarlo.
Tu sei nato per noi
Piccolo Bambino, Dio eterno!
[Kontakion di Romano il Melode]
526 "Diventare come i bambini" in rapporto a Dio è la condizione per entrare
nel Regno; [Cf Mt 18,3-4 ] per questo ci si deve abbassare, [Cf Mt 23,12 ]
si deve diventare piccoli; anzi, bisogna "rinascere dall'alto" ( Gv 3,7 ),
essere generati da Dio [Cf Gv 1,13 ] per "diventare figli di Dio" ( Gv 1,12
). Il Mistero del Natale si compie in noi allorché Cristo "si forma" in noi
[Cf Gal 4,19 ]. Natale è il Mistero di questo "meraviglioso scambio":
O admirabile commercium! Creator generis humani, animatum corpus sumens, de
virgine nasci dignatus est; et procedens homo sine semine, largitus est
nobis suam deitatem - O meraviglioso scambio! Il Creatore ha preso un'anima
e un corpo, è nato da una vergine; fatto uomo senza opera d'uomo, ci dona la
sua divinità [Liturgia delle Ore, I, Antifona dei Vespri nell'Ottava di
Natale].
I Misteri dell'infanzia di Gesù
527 La Circoncisione di Gesù, otto giorni dopo la nascita, [Cf Lc 2,21 ] è
segno del suo inserimento nella discendenza di Abramo, nel popolo
dell'Alleanza, della sua sottomissione alla Legge, [Cf Gal 4,4 ] della sua
abilitazione al culto d'Israele al quale parteciperà durante tutta la vita.
Questo segno è prefigurazione della "circoncisione di Cristo" che è il
Battesimo [Cf Col 2,11-13 ].
528 L' Epifania è la manifestazione di Gesù come Messia d'Israele, Figlio di
Dio e Salvatore del mondo. Insieme con il battesimo di Gesù nel Giordano e
con le nozze di Cana, [Cf Liturgia delle Ore, I, Antifona del Magnificat dei
secondi Vespri dell'Epifania] essa celebra l'adorazione di Gesù da parte dei
"magi" venuti dall'Oriente [Cf Mt 2,1 ]. In questi "magi", che rappresentano
le religioni pagane circostanti, il Vangelo vede le primizie delle nazioni
che nell'Incarnazione accolgono la Buona Novella della salvezza. La venuta
dei magi a Gerusalemme per adorare il re dei giudei [Cf Mt 2,2 ] mostra che
essi, alla luce messianica della stella di Davide, [Cf Nm 24,17; 528 Ap
22,16 ] cercano in Israele colui che sarà il re delle nazioni [Cf Nm
24,17-19 ]. La loro venuta sta a significare che i pagani non possono
riconoscere Gesù e adorarlo come Figlio di Dio e Salvatore del mondo se non
volgendosi ai giudei [Cf Gv 4,22 ] e ricevendo da loro la promessa
messianica quale è contenuta nell'Antico Testamento [Cf Mt 2,4-6 ].
L'Epifania manifesta che "la grande massa delle genti" entra "nella famiglia
dei Patriarchi" [San Leone Magno, Sermones, 23: PL 54, 224B, cf Liturgia
delle Ore, I, Ufficio delle letture dell'Epifania] e ottiene la "dignità
israelitica" [Messale Romano, Veglia pasquale: orazione dopo la terza
lettura].
529 La Presentazione di Gesù al Tempio [Cf Lc 2,22-39 ] lo mostra come il
Primogenito che appartiene al Signore [Cf Es 13,12-13 ]. In Simeone e Anna è
tutta l'attesa di Israele che viene all' Incontro con il suo Salvatore (la
tradizione bizantina chiama così questo avvenimento). Gesù è riconosciuto
come il Messia tanto a lungo atteso, "luce delle genti" e "gloria di
Israele", ma anche come "segno di contraddizione". La spada di dolore
predetta a Maria annunzia l'altra offerta, perfetta e unica, quella della
croce, la quale darà la salvezza "preparata da Dio davanti a tutti i
popoli".
530 La fuga in Egitto e la strage degli innocenti [Cf Mt 2,13-18 ]
manifestano l'opposizione delle tenebre alla luce: "Venne fra la sua gente,
ma i suoi non l'hanno accolto" ( Gv 1,11 ). L'intera vita di Cristo sarà
sotto il segno della persecuzione. I suoi condividono con lui questa sorte
[Cf Gv 15,20 ]. Il suo ritorno dall'Egitto [Cf Mt 2,15 ] ricorda l'Esodo [Cf
Os 11,1 ] e presenta Gesù come il liberatore definitivo.
I Misteri della vita nascosta di Gesù
531 Durante la maggior parte della sua vita, Gesù ha condiviso la condizione
della stragrande maggioranza degli uomini: un'esistenza quotidiana senza
apparente grandezza, vita di lavoro manuale, vita religiosa giudaica
sottomessa alla Legge di Dio, [Cf Gal 4,4 ] vita nella comunità. Riguardo a
tutto questo periodo ci è rivelato che Gesù era "sottomesso" ai suoi
genitori e che "cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli
uomini" ( Lc 2,51-52 ).
532 Nella sottomissione di Gesù a sua madre e al suo padre legale si
realizza l'osservanza perfetta del quarto comandamento. Tale sottomissione è
l'immagine nel tempo della obbedienza filiale al suo Padre celeste. La
quotidiana sottomissione di Gesù a Giuseppe e a Maria annunziava e
anticipava la sottomissione del Giovedì Santo: "Non. . . la mia volontà. . .
" ( Lc 22,42 ). L'obbedienza di Cristo nel quotidiano della vita nascosta
inaugurava già l'opera di restaurazione di ciò che la disobbedienza di Adamo
aveva distrutto [Cf Rm 5,19 ].
533 La vita nascosta di Nazaret permette ad ogni uomo di essere in comunione
con Gesù nelle vie più ordinarie della vita quotidiana:
Nazaret è la scuola dove si è iniziati a comprendere la vita di Gesù, cioè
la scuola del Vangelo. . . In primo luogo essa ci insegna il silenzio. Oh!
se rinascesse in noi la stima del silenzio, atmosfera ammirabile e
indispensabile del lo spirito. . . Essa ci insegna il modo di vivere in
famiglia. Nazaret ci ricordi cos'è la famiglia, cos'è la comunione di amore,
la sua bellezza austera e semplice, il suo carattere sacro e inviolabile. .
. Infine impariamo una lezione di lavoro. Oh! dimora di Nazaret, casa del
"Figlio del falegname"! Qui soprattutto desideriamo comprendere e celebrare
la legge, severa certo, ma redentrice della fatica umana. . . Infine
vogliamo salutare gli operai di tutto il mon do e mostrar loro il grande
modello, il loro divino fratello [Paolo VI, discorso del 5 gennaio 1964 a
Nazaret, cf Liturgia delle Ore, I, Ufficio delle Letture della festa della
Santa Famiglia].
534 Il ritrovamento di Gesù nel Tempio [Cf Lc 2,41-52 ] è il solo
avvenimento che rompe il silenzio dei Vangeli sugli anni nascosti di Gesù.
Gesù vi lascia intravvedere il mistero della sua totale consacrazione a una
missione che deriva dalla sua filiazione divina: "Non sapevate che io devo
occuparmi delle cose del Padre mio?" ( Lc 2,49 ). Maria e Giuseppe "non
compresero" queste parole, ma le accolsero nella fede, e Maria "serbava
tutte queste cose nel suo cuore" ( Lc 2,51 ) nel corso degli anni in cui
Gesù rimase nascosto nel silenzio di una vita ordinaria.
III. I Misteri della vita pubblica di Gesù
Il battesimo di Gesù
535 L'inizio [Cf Lc 3,23 ] della vita pubblica di Gesù è il suo battesimo da
parte di Giovanni nel Giordano [Cf At 1,22 ]. Giovanni predicava "un
battesimo di conversione per il perdono dei peccati" ( Lc 3,3 ). Una folla
di peccatori, pubblicani e soldati, [Cf Lc 3,10-14 ] farisei e sadducei [Cf
Mt 3,7 ] e prostitute[Cf Mt 21,32 ] vengono a farsi battezzare da lui. Ed
ecco comparire Gesù. Il Battista esita, Gesù insiste: riceve il battesimo.
Allora lo Spirito Santo, sotto forma di colomba, scende su Gesù e "una voce
dal cielo" dice: "Questi è il Figlio mio prediletto" [Cf Mt 3,13-17 ]. E' la
manifestazione (Epifania") di Gesù come Messia di Israele e Figlio di Dio.
536 Il battesimo di Gesù è, da parte di lui, l'accettazione e
l'inaugurazione della sua missione di Servo sofferente. Egli si lascia
annoverare tra i peccatori; [Cf Is 53,12 ] è già "l'Agnello di Dio che
toglie il peccato del mondo" ( Gv 1,29 ); già anticipa il "battesimo" della
sua morte cruenta [Cf Mc 10,38; 536 Lc 12,50 ]. Già viene ad adempiere "ogni
giustizia" ( Mt 3,15 ), cioè si sottomette totalmente alla volontà del Padre
suo: accetta per amore il battesimo di morte per la remissione dei nostri
peccati [Cf Mt 26,39 ]. A tale accettazione risponde la voce del Padre che
nel Figlio suo si compiace [Cf Lc 3,22; Is 42,1 ]. Lo Spirito, che Gesù
possiede in pienezza fin dal suo concepimento, si posa e rimane su di lui
[Cf Gv 1,32-33; cf Is 11,2 ]. Egli ne sarà la sorgente per tutta l'umanità.
Al suo battesimo, "si aprirono i cieli" ( Mt 3,16 ) che il peccato di Adamo
aveva chiuso; e le acque sono santificate dalla discesa di Gesù e dello
Spirito, preludio della nuova creazione.
537 Con il Battesimo, il cristiano è sacramentalmente assimilato a Gesù, il
quale con il suo battesimo anticipa la sua morte e la sua Risurrezione; il
cristiano deve entrare in questo mistero di umile abbassamento e pentimento,
discendere nell'acqua con Gesù, per risalire con lui, rinascere dall'acqua e
dallo Spirito per diventare, nel Figlio, figlio amato dal Padre e "camminare
in una vita nuova" ( Rm 6,4 ):
Scendiamo nella tomba insieme con Cristo per mezzo del Battesimo, in modo da
poter anche risorgere insieme con lui; scendiamo con lui per poter anche
risalire con lui; risaliamo con lui, per poter anche essere glorificati con
lui [San Gregorio Nazianzeno, Orationes, 40, 9: PG 36, 369B].
Tutto ciò che è avvenuto in Cristo ci fa comprendere che, dopo l'immersione
nell'acqua, lo Spirito Santo vola su di noi dall'alto del cielo e che,
adottati dalla Voce del Padre, diventiamo figli di Dio [Sant'Ilario di
Poitiers, In evangelium Matthaei, 2: PL 9, 927].
La tentazione di Gesù
538 I Vangeli parlano di un tempo di solitudine di Gesù nel deserto,
immediatamente dopo che ebbe ricevuto il battesimo da Giovanni: "Sospinto"
dallo Spirito nel deserto, Gesù vi rimane quaranta giorni digiunando; sta
con le fiere e gli angeli lo servono [Cf Mc 1,12-13 ]. Terminato questo
periodo, Satana lo tenta tre volte cercando di mettere alla prova la sua
disposizione filiale verso Dio. Gesù respinge tali assalti che ricapitolano
le tentazioni di Adamo nel Paradiso e quelle d'Israele nel deserto, e il
diavolo si allontana da lui "per ritornare al tempo fissato" ( Lc 4,13 ).
539 Gli evangelisti rilevano il senso salvifico di questo misterioso
avvenimento. Gesù è il nuovo Adamo, rimasto fedele mentre il primo ha ceduto
alla tentazione. Gesù compie perfettamente la vocazione d'Israele:
contrariamente a coloro che in passato provocarono Dio durante i quaranta
anni nel deserto, [Cf Sal 95,10 ] Cristo si rivela come il Servo di Dio
obbediente in tutto alla divina volontà. Così Gesù è vincitore del diavolo:
egli ha "legato l'uomo forte" per riprendergli il suo bottino [Cf Mc 3,27 ].
La vittoria di Gesù sul tentatore nel deserto anticipa la vittoria della
passione, suprema obbedienza del suo amore filiale per il Padre.
540 La tentazione di Gesù manifesta quale sia la messianicità del Figlio di
Dio, in opposizione a quella propostagli da Satana e che gli uomini [Cf Mt
16,21-23 ] desiderano attribuirgli. Per questo Cristo ha vinto il tentatore
per noi: "Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le
nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a
somiglianza di noi, escluso il peccato" ( Eb 4,15 ). La Chiesa ogni anno si
unisce al Mistero di Gesù nel deserto con i quaranta giorni della Quaresima
.
"Il Regno di Dio è vicino"
541 "Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando
il Vangelo di Dio e diceva: "Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino:
convertitevi e credete al Vangelo"" ( Mc 1,15 ). "Cristo, per adempiere la
volontà del Padre, ha inaugurato in terra il Regno dei cieli" [Conc. Ecum.
Vat. II, Lumen gentium, 3]. Ora, la volontà del Padre è di "elevare gli
uomini alla partecipazione della vita divina" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen
gentium, 3]. Lo fa radunando gli uomini attorno al Figlio suo, Gesù Cristo.
Questa assemblea è la Chiesa, la quale in terra costituisce "il germe e
l'inizio" del Regno di Dio [Cf ibid., 5].
542 Cristo è al centro di questa riunione degli uomini nella "famiglia di
Dio". Li convoca attorno a sé con la sua Parola, con i suoi "segni" che
manifestano il Regno di Dio, con l'invio dei suoi discepoli. Egli realizzerà
la venuta del suo Regno soprattutto con il grande Mistero della sua Pasqua:
la sua morte in croce e la sua Risurrezione. "Quando sarò elevato da terra,
attirerò tutti a me" ( Gv 12,32 ). "Tutti gli uomini sono chiamati a questa
unione con Cristo" [Cf ibid., 5].
L'annunzio del Regno di Dio
543 Tutti gli uomini sono chiamati ad entrare nel Regno. Annunziato dapprima
ai figli di Israele, [Cf Mt 10,5-7 ] questo Regno messianico è destinato ad
accogliere gli uomini di tutte le nazioni [Cf Mt 8,11; Mt 28,19 ]. Per
accedervi, è necessario accogliere la Parola di Gesù:
La Parola del Signore è paragonata appunto al seme che viene seminato in un
campo: quelli che l'ascoltano con fede e appartengono al piccolo gregge di
Cristo hanno accolto il Regno stesso di Dio; poi il seme per virtù propria
germoglia e cresce fino al tempo del raccolto [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen
gentium, 5].
544 Il Regno appartiene ai poveri e ai piccoli, cioè a coloro che l'hanno
accolto con un cuore umile. Gesù è mandato per "annunziare ai poveri un
lieto messaggio" ( Lc 4,18 ) [Cf Lc 7,22 ]. Li proclama beati, perché "di
essi è il Regno dei cieli" ( Mt 5,3 ); ai "piccoli" il Padre si è degnato di
rivelare ciò che rimane nascosto ai sapienti e agli intelligenti [Cf Mt
11,25 ]. Gesù condivide la vita dei poveri, dalla mangiatoia alla croce;
conosce la fame, [Cf Mc 2,23-26; Mt 21,18 ] la sete[Cf Gv 4,6-7; Gv 19,28 ]
e l'indigenza [Cf Lc 9,58 ]. Anzi, arriva a identificarsi con ogni tipo di
poveri e fa dell'amore operante verso di loro la condizione per entrare nel
suo Regno [Cf Mt 25,31-46 ].
545 Gesù invita i peccatori alla mensa del Regno: "Non sono venuto per
chiamare i giusti, ma i peccatori"( Mc 2,17 ) [Cf 1Tm 1,15 ]. Li invita alla
conversione, senza la quale non si può entrare nel Regno, ma nelle parole e
nelle azioni mostra loro l'infinita misericordia del Padre suo per loro [Cf
Lc 15,11-32 ] e l'immensa "gioia" che si fa "in cielo per un peccatore
convertito" ( Lc 15,7 ). La prova suprema di tale amore sarà il sacrificio
della propria vita "in remissione dei peccati" ( Mt 26,28 ).
546 Gesù chiama ad entrare nel Regno servendosi delle parabole, elemento
tipico del suo insegnamento [Cf Mc 4,33-34 ]. Con esse egli invita al
banchetto del Regno, [Cf Mt 22,1-14 ] ma chiede anche una scelta radicale:
per acquistare il Regno, è necessario "vendere" tutto; [Cf Mt 13,44-45 ] le
parole non bastano, occorrono i fatti [Cf Mt 21,28-32 ]. Le parabole sono
come specchi per l'uomo: accoglie la Parola come un terreno arido o come un
terreno buono? [Cf Mt 13,3-9 ] Che uso fa dei talenti ricevuti? [Cf Mt
25,14-30 ] Al cuore delle parabole stanno velatamente Gesù e la presenza del
Regno in questo mondo. Occorre entrare nel Regno, cioè diventare discepoli
di Cristo per "cono scere i Misteri del Regno dei cieli" ( Mt 13,11 ). Per
coloro che rimangono "fuori", [Cf Mc 4,11 ] tutto resta enigmatico [Cf Mt
13,10-15 ].
I segni del Regno di Dio
547 Gesù accompagna le sue parole con numerosi "miracoli, prodigi e segni" (
At 2,22 ), i quali manifestano che in lui il Regno è presente. Attestano che
Gesù è il Messia annunziato [Cf Lc 7,18-23 ].
548 I segni compiuti da Gesù testimoniano che il Padre lo ha mandato [Cf Gv
5,36; Gv 10,25 ]. Essi sollecitano a credere in lui [Cf Gv 10,38 ]. A coloro
che gli si rivolgono con fede, egli concede ciò che domandano [Cf Mc
5,25-34; Mc 10,52; ecc]. Allora i miracoli rendono più salda la fede in
colui che compie le opere del Padre suo: testimoniano che egli è il Figlio
di Dio [Cf Gv 10,31-38 ]. Ma possono anche essere motivo di scandalo [Cf Mt
11,6 ]. Non mirano a soddisfare la curiosità e i desideri di qualcosa di
magico. Nonostante i suoi miracoli tanto evidenti, Gesù è rifiutato da
alcuni; [Cf Gv 11,47-48 ] lo si accusa perfino di agire per mezzo dei demoni
[Cf Mc 3,22 ].
549 Liberando alcuni uomini dai mali terreni della fame, [Cf Gv 6,5-15 ]
dell'ingiustizia, [Cf Lc 19,8 ] della malattia e della morte, [Cf Mt 11,5 ]
Gesù ha posto dei segni messianici; egli non è venuto tuttavia per eliminare
tutti i mali di quaggiù, [Cf Lc 12,13; Lc 12,14; Gv 18,36 ] ma per liberare
gli uomini dalla più grave delle schiavitù: quella del peccato, [Cf Gv
8,34-36 ] che li ostacola nella loro vocazione di figli di Dio e causa tutti
i loro asservimenti umani.
550 La venuta del Regno di Dio è la sconfitta del regno di Satana: [Cf Mt
12,26 ] "Se io scaccio i demoni per virtù dello Spirito di Dio, è certo
giunto fra voi il Regno di Dio" ( Mt 12,28 ). Gli esorcismi di Gesù liberano
alcuni uomini dal tormento dei demoni [ Cf Lc 8,26-39 ]. Anticipano la
grande vittoria di Gesù sul "principe di questo mondo" ( Gv 12,31 ). Il
Regno di Dio sarà definitiva mente stabilito per mezzo della croce di
Cristo: "Regnavit a ligno Deus Dio regnò dalla croce" [Inno "Vexilla
Regis"].
"Le chiavi del Regno"
551 Fin dagli inizi della vita pubblica, Gesù sceglie dodici uomini perché
stiano con lui e prendano parte alla sua missione; [Cf Mc 3,13-19 ] li fa
partecipi della sua autorità e li manda "ad annunziare il Regno di Dio e a
guarire gli infermi" ( Lc 9,2 ). Restano per sempre associati al Regno di
Cristo, che, per mezzo di essi, guida la Chiesa:
Io preparo per voi un Regno, come il Padre l'ha preparato per me; perché
possiate mangiare e bere alla mia mensa nel mio Regno, e siederete in trono
a giudicare le dodici tribù d'Israele ( Lc 22,29-30 ).
552 Nel collegio dei Dodici Simon Pietro occupa il primo posto [Cf Mc 3,16;
Mc 9,2; Lc 24,34; 552 1Cor 15,5 ]. Gesù a lui ha affidato una missione
unica. Grazie ad una rivelazione concessagli dal Padre, Pietro aveva
confessato: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". Nostro Signore
allora gli aveva detto: "Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia
Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa" ( Mt 16,18 ).
Cristo, "Pietra viva" ( 1Pt 2,4 ), assicura alla sua Chiesa fondata su
Pietro la vittoria sulle potenze di morte. Pietro, a causa della fede da lui
confessata, resterà la roccia incrollabile della Chiesa. Avrà la missione di
custodire la fede nella sua integrità e di confermare i suoi fratelli [Cf Lc
22,32 ].
553 Gesù ha conferito a Pietro un potere specifico: "A te darò le chiavi del
Regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli,
e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli" ( Mt 16,19
). Il "potere delle chiavi" designa l'autorità per governare la casa di Dio,
che è la Chiesa. Gesù, "il Buon Pastore" ( Gv 10,11 ) ha confermato questo
incarico dopo la Risurrezione: "Pasci le mie pecorelle" ( Gv 21,15-17 ). Il
potere di "legare e sciogliere" indica l'autorità di assolvere dai peccati,
di pronunciare giudizi in materia di dottrina, e prendere decisioni
disciplinari nella Chiesa. Gesù ha conferito tale autorità alla Chiesa
attraverso il ministero degli Apostoli [Cf Mt 18,18 ] e particolarmente di
Pietro, il solo cui ha esplicitamente affidato le chiavi del Regno.
Un anticipo del Regno: la Trasfigurazione
554 Dal giorno in cui Pietro ha confessato che Gesù è il Cristo, il Figlio
del Dio vivente, il Maestro "cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli
che doveva andare a Gerusalemme, e soffrire molto. . . e venire ucciso e
risuscitare il terzo giorno" ( Mt 16,21 ). Pietro protesta a questo
annunzio, [Cf Mt 16,22-23 ] gli altri addirittura non lo comprendono [ Cf Mt
17,23; Lc 9,45 ]. In tale contesto si colloca l'episodio misterioso della
Trasfigurazione di Gesù [Cf Mt 17,1-8 par. ; 2Pt 1,16-18 ] su un alto monte,
davanti a tre testimoni da lui scelti: Pietro, Giacomo e Giovanni. Il volto
e la veste di Gesù diventano sfolgoranti di luce, appaiono Mosè ed Elia che
parlano "della sua dipartita che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme"
( Lc 9,31 ). Una nube li avvolge e una voce dal cielo dice: "Questi è il
Figlio mio, l'eletto; ascoltatelo" ( Lc 9,35 ).
555 Per un istante, Gesù mostra la sua gloria divina, confermando così la
confessione di Pietro. Rivela anche che, per "entrare nella sua gloria" ( Lc
24,26 ), deve passare attraverso la croce a Gerusalemme. Mosè ed Elia
avevano visto la gloria di Dio sul Monte; la Legge e i profeti avevano
annunziato le sofferenze del Messia [Cf Lc 24,27 ]. La passione di Gesù è
proprio la volontà del Padre: il Figlio agisce come Servo di Dio [Cf Is 42,1
]. La nube indica la presenza dello Spirito Santo: "Tota Trinitas apparuit:
Pater in voce; Filius in homine, Spiritus in nube clara - Apparve tutta la
Trinità: il Padre nella voce, il Figlio nell'uomo, lo Spirito nella nube
luminosa": [San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, III, 45, 4, ad 2]
Tu ti sei trasfigurato sul monte, e, nella misura in cui ne erano capaci, i
tuoi discepoli hanno contemplato la tua gloria, Cristo Dio, affinché, quando
ti avrebbero visto crocifisso, comprendessero che la tua passione era
volontaria ed annunziassero al mondo che tu sei veramente l'irradiazione del
Padre [Liturgia bizantina, Kontakion della festa della Trasfigurazione].
556 Alla soglia della vita pubblica: il battesimo; alla soglia della Pasqua:
la Trasfigurazione. Col battesimo di Gesù "declaratum fuit mysterium primae
regenerationis - fu manifestato il mistero della prima rigenerazione: il
nostro Battesimo"; la Trasfigurazione "est sacramentum secundae
regenerationis - è il sacramento della seconda rigenerazione: la nostra
risurrezione" [San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, III, 45, 4, ad 2].
Fin d'ora noi partecipiamo alla Risurrezione del Signore mediante lo Spirito
Santo che agisce nel sacramento del Corpo di Cristo. La Trasfigurazione ci
offre un anticipo della venuta gloriosa di Cristo "il quale trasfigurerà il
nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso" ( Fil 3,21 ). Ma
ci ricorda anche che "è necessario attraversare molte tribolazioni per
entrare nel Regno di Dio" ( At 14,22 ):
Pietro non lo capiva ancora quando sul monte desiderava vivere con Cristo.
Questa felicità Cristo te la riservava dopo la morte, o Pietro. Ora invece
egli stesso ti dice: Discendi ad affaticarti sulla terra, a servire sulla
terra, a essere disprezzato, a essere crocifisso sulla terra. E' discesa la
Vita per essere uccisa; è disceso il Pane per sentire la fame; è discesa la
Via, perché sentisse la stanchezza del cammino; è discesa la sorgente per
aver sete; e tu rifiuti di soffrire? [Sant'Agostino, Sermones, 78, 6: PL 38,
492-493]
La salita di Gesù a Gerusalemme
557 "Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato tolto dal
mondo, [Gesù] si diresse decisamente verso Gerusalemme" ( Lc 9,51 ) [Cf Gv
13,1 ]. Con questa decisione, indicava che saliva a Gerusalemme pronto a
morire. A tre riprese aveva annunziato la sua passione e la sua Risurrezione
[Cf Mc 8,31-33; Mc 9,31-32; Mc 10,32-34 ]. Dirigendosi verso Gerusalemme
dice: "Non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme" ( Lc 13,33
).
558 Gesù ricorda il martirio dei profeti che erano stati messi a morte a
Gerusalemme [Cf Mt 23,37 a]. Tuttavia, non desiste dall'invitare Gerusalemme
a raccogliersi attorno a lui: "Gerusalemme. . . quante volte ho voluto
raccogliere i tuoi figli, come una gallina raccoglie i pulcini sotto le ali,
e voi non avete voluto!" ( Mt 23,37 b). Quando arriva in vista di
Gerusalemme, Gesù piange sulla città ed ancora una volta manifesta il
desiderio del suo cuore: "Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la
via della pace! Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi" ( Lc 19,41-42 ).
L'ingresso messianico di Gesù a Gerusalemme
559 Come Gerusalemme accoglierà il suo Messia? Dopo essersi sempre sottratto
ai tentativi del popolo di farlo re, [Cf Gv 6,15 ] Gesù sceglie il tempo e
prepara nei dettagli il suo ingresso messianico nella città di "Davide, suo
padre" ( Lc 1,32 ) [Cf Mt 21,1-11 ]. E' acclamato come il figlio di Davide,
colui che porta la salvezza (Hosanna" significa: "Oh, sì, salvaci!", "donaci
la salvezza!"). Ora, "Re della gloria" ( Sal 24,7-10 ) entra nella sua città
cavalcando un asino: [Cf Zc 9,9 ] egli non conquista la Figlia di Sion,
figura della sua Chiesa, né con l'astuzia né con la violenza, ma con
l'umiltà che rende testimonianza alla Verità [Cf Gv 18,37 ]. Per questo i
soggetti del suo Regno, in quel giorno, sono i fanciulli [Cf Mt 21,15-16;
Sal 8,3 ] e i "poveri di Dio", i quali lo acclamano come gli angeli lo
avevano annunziato ai pastori [Cf Lc 19,38; 559 Lc 2,14 ]. La loro
acclamazione, "Benedetto colui che viene nel Nome del Signore" ( Sal 118,26
), è ripresa dalla Chiesa nel "Sanctus" della Liturgia eucaristica come
introduzione al memoriale della Pasqua del Signore.
560 L'ingresso di Gesù a Gerusalemme manifesta l'avvento del Regno che il
Re-Messia si accinge a realizzare con la Pasqua della sua morte e
Risurrezione. Con la celebrazione dell'entrata di Gesù in Gerusalemme, la
domenica delle Palme, la Liturgia della Chiesa dà inizio alla Settimana
Santa.
In sintesi
561 "Tutta la vita di Cristo fu un insegnamento continuo: i suoi silenzi, i
suoi miracoli, i suoi gesti, la sua preghiera, il suo amore per l'uomo, la
sua predilezione per i piccoli e per i poveri, l'accettazione del sacrificio
totale sulla croce per la Redenzione del mondo, la sua Risurrezione sono
l'attuazione della sua Parola e il compimento della Rivelazione" [Giovanni
Paolo II, Esort. ap. Catechesi tradendae, 9].
562 I discepoli di Cristo devono conformarsi a lui, finché egli sia formato
in loro [Cf Gal 4,19 ]. "Per ciò siamo assunti ai Misteri della sua vita,
resi conformi a lui, morti e risuscitati con lui, finché con lui regneremo"
[Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 7].
563 Pastori o magi, non si può incontrare Dio quaggiù che inginocchiandosi
davanti alla mangiatoia di Betlemme e adorandolo nascosto nella debolezza di
un bambino.
564 Con la sua sottomissione a Maria e a Giuseppe, come pure con il suo
umile lavoro durante i lunghi anni di Nazaret, Gesù ci dà l'esempio della
santità nella vita quotidiana della famiglia e del lavoro.
565 Dall'inizio della sua vita pubblica al momento del suo battesimo, Gesù è
il "Servo" totalmente consacrato all'opera redentrice che avrà il compimento
nel "battesimo" della sua passione.
566 La tentazione nel deserto mostra Gesù, Messia umile che trionfa su
Satana in forza della sua piena adesione al disegno di salvezza voluto dal
Padre.
567 Il Regno dei cieli è stato inaugurato in terra da Cristo. "Si manifesta
chiaramente agli uomini nelle parole, nelle opere, nella persona di Cristo"
[Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 5]. La Chiesa è il germe e l'inizio di
questo Regno. Le sue chiavi sono affidate a Pietro.
568 La Trasfigurazione di Gesù ha come fine di consolidare la fede degli
Apostoli in vista della passione: la salita sull'"alto monte" prepara la
salita al Calvario. Cristo, Capo della Chiesa, manifesta ciò che il suo
Corpo contiene e irradia nei sacramenti: "la speranza della gloria" ( Col
1,27 ) [Cf San Leone Magno, Sermones, 51, 3: PL 54, 310C].
569 Gesù è salito a Gerusalemme volontariamente, pur sapendo che vi sarebbe
morto di morte violenta a causa della grande ostilità dei peccatori [Cf Eb
12,3 ].
570 L'ingresso di Gesù a Gerusalemme è la manifestazione dell'avvento del
Regno che il Re-Messia, accolto nella sua città dai fanciulli e dagli umili
di cuore, si accinge a realizzare con la Pasqua della sua morte e
Risurrezione.
Articolo 4
"GESU' CRISTO PATI' SOTTO PONZIO PILATO,
FU CROCIFISSO, MORI' E FU SEPOLTO"
571 Il Mistero pasquale della croce e della Risurrezione di Cristo è al
centro della Buona Novella che gli Apostoli, e la Chiesa dopo di loro,
devono annunziare al mondo. Il disegno salvifico di Dio si è compiuto una
volta per tutte [Cf Eb 9,26 ] con la morte redentrice del Figlio suo Gesù
Cristo.
572 La Chiesa resta fedele all'"interpretazione di tutte le Scritture" data
da Gesù stesso sia prima, sia dopo la sua Pasqua: "Non bisognava che il
Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?" ( Lc
24,26-27; Lc 24,44-45 ). Le sofferenze di Gesù hanno preso la loro forma
storica concreta dal fatto che egli è stato "riprovato dagli anziani, dai
sommi sacerdoti e dagli scribi" ( Mc 8,31 ), i quali lo hanno consegnato "ai
pagani" perché fosse "schernito e flagellato e crocifisso" ( Mt 20,19 ).
573 La fede può dunque cercare di indagare le circostanze della morte di
Gesù, fedelmente riferite dai Vangeli [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum,
19] e illuminate da altre fonti storiche, al fine di una migliore
comprensione del senso della Redenzione.
Paragrafo 1
GESU' E ISRAELE
574 Fin dagli inizi del ministero pubblico di Gesù, alcuni farisei e alcuni
sostenitori di Erode, con dei sacerdoti e degli scribi, si sono accordati
per farlo morire [Cf Mc 3,6 ]. Per certe sue azioni, [Cacciata di demoni, cf
Mt 12,24; perdono dei peccati, cf Mc 2,7; guarigioni in gior- no di sabato,
cf Mc 3,1-6; interpretazione originale dei precetti di purità della Legge,
cf Mc 7,14-23; familiarità con i pubblicani e i pubblici peccatori, cf Mc
2,14-17 ] Gesù è apparso ad alcuni malintenzionati sospetto di possessione
demoniaca [Cf Mc 3,22; Gv 8,48; 574 Gv 10,20 ]. Lo si accusa di bestemmia
[Cf Mc 2,7; 574 Gv 5,18; Gv 10,33 ] e di falso profetismo, [Cf Gv 7,12; Gv
7,52 ] crimini religiosi che la Legge puniva con la pena di morte sotto
forma di lapidazione [Cf Gv 8,59; Gv 10,31 ].
575 Molte azioni e parole di Gesù sono dunque state un "segno di
contraddizione" ( Lc 2,34 ) per le autorità religiose di Gerusalemme, quelle
che il Vangelo di san Giovanni spesso chiama "i Giudei", [Cf Gv 1,19; Gv
2,18; Gv 5,10; Gv 7,13; Gv 9,22; Gv 18,12; 575 Gv 19,38; Gv 20,19 ] ancor
più che per il comune popolo di Dio ( Gv 7,48-49 ). Certamente, i suoi
rapporti con i farisei non furono esclusivamente polemici. Ci sono dei
farisei che lo mettono in guardia in ordine al pericolo che corre [Cf Lc
13,31 ]. Gesù loda alcuni di loro, come lo scriba di Mc 12,34 , e mangia più
volte in casa di farisei [Cf Lc 7,36; Lc 14,1 ]. Gesù conferma dottrine
condivise da questa élite religiosa del popolo di Dio: la risurrezione dei
morti,
[Cf Mt 22,23-34; Lc 20,39 ] le forme di pietà (elemosina, preghiera e
digiuno), [Cf Mt 6,2-18 ] e l'abitudine di rivolgersi a Dio come Padre, la
centralità del comandamento dell'amore di Dio e del del prossimo [Cf Mc
12,28-34 ].
576 Agli occhi di molti in Israele, Gesù sembra agire contro le istituzioni
fondamentali del Popolo eletto:
- L'obbedienza alla Legge nell'integralità dei suoi precetti scritti e, per
i farisei, nell'interpretazione della tradizione orale.
- La centralità del Tempio di Gerusalemme come luogo santo dove Dio abita in
un modo privilegiato.
- La fede nell'unico Dio del quale nessun uomo può condividere la gloria.
I. Gesù e la Legge
577 Gesù ha fatto una solenne precisazione all'inizio del Discorso della
Montagna, quando ha presentato, alla luce della grazia della Nuova Alleanza,
la Legge data da Dio sul Sinai al momento della Prima Alleanza:
Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono
venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non
siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno
dalla Legge, senza che tutto sia compiuto. Chi dunque trasgredirà uno solo
di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare
altrettanto, sarà considerato minimo nel Regno dei cieli. Chi invece li
osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel Regno dei
cieli ( Mt 5,17-19 ).
578 Gesù, il Messia d'Israele, il più grande quindi nel Regno dei cieli,
aveva il dovere di osservare la Legge, praticandola nella sua integralità
fin nei minimi precetti, secondo le sue stesse parole. Ed è anche il solo
che l'abbia potuto fare perfettamente [Cf Gv 8,46 ]. Gli Ebrei, secondo
quanto essi stessi confessano, non hanno mai potuto osservare la Legge nella
sua integralità senza trasgredire il più piccolo precetto [Cf Gv 7,19; 578
At 13,38-41; At 15,10 ]. Per questo, ogni anno, alla festa dell'Espiazione,
i figli d'Israele chiedono perdono a Dio per le loro trasgressioni della
Legge. In realtà, la Legge costituisce un tutto unico e, come ricorda san
Giacomo, "chiunque osservi tutta la Legge, ma la trasgredisca in un punto
solo, diventa colpevole di tutto" ( Gc 2,10 ) [Cf Gal 3,10; Gal 5,3 ].
579 Il principio dell'integralità dell'osservanza della Legge, non solo
nella lettera ma nel suo spirito, era caro ai farisei. Mettendolo in forte
risalto per Israele, essi hanno condotto molti Ebrei del tempo di Gesù a uno
zelo religioso estremo [Cf Rm 10,2 ]. E questo, se non voleva risolversi in
una casistica "ipocrita", [Cf Mt 15,3-7; Lc 11,39-54 ] non poteva che
preparare il Popolo a quell'inaudito intervento di Dio che sarà l'osservanza
perfetta della Legge da parte dell'unico Giusto al posto di tutti i
peccatori [Cf Is 53,11; Eb 9,15 ].
580 L'adempimento perfetto della Legge poteva essere soltanto l'opera del
divino Legislatore nato sotto la Legge nella Persona del Figlio [Cf Gal 4,4
]. Con Gesù, la Legge non appare più incisa su tavole di pietra ma scritta
nel "cuore" ( Ger 31,33 ) del Servo che, proclamando "il diritto con
fermezza" ( Is 42,3 ), diventa l'"Alleanza del Popolo" ( Is 42,6 ). Gesù
compie la Legge fino a prendere su di sé "la maledizione della Legge" ( Gal
3,13 ), in cui erano incorsi coloro che non erano rimasti fedeli "a tutte le
cose scritte nel libro della Legge" ( Gal 3,10 ); infatti la morte di Cristo
intervenne "per la redenzione delle colpe commesse sotto la Prima Alleanza"
( Eb 9,15 ).
581 Gesù è apparso agli occhi degli Ebrei e dei loro capi spirituali come un
"rabbi" [Cf Gv 11,28; Gv 3,2; 581 Mt 22,23-24; Mt 22,34-36 ]. Spesso egli ha
usato argomentazioni che rientravano nel quadro dell'interpretazione
rabbinica della Legge [Cf Mt 12,5; Mt 9,12; Mc 2,23-27; Lc 6,6-9; Gv 7,22-23
]. Ma al tempo stesso, Gesù non poteva che urtare i dottori della Legge;
infatti, non si limitava a proporre la sua interpretazione accanto alle
loro: "Egli insegnava come uno che ha autorità e non come i loro scribi" (
Mt 7,29 ). In lui, è la Parola stessa di Dio, risuonata sul Sinai per dare a
Mosè la Legge scritta, a farsi di nuovo sentire sul Monte delle Beatitudini
[Cf Mt 5,1 ]. Essa non abolisce la Legge, ma la porta a compimento dandone
in maniera divina l'interpretazione definitiva: "Avete inteso che fu detto
agli antichi. . . ma io vi dico" ( Mt 5,33-34 ). Con questa stessa autorità
divina, Gesù sconfessa certe "tradizioni degli uomini" ( Mc 7,8 ) care ai
farisei i quali annullano " la Parola di Dio " ( Mc 7,13 ).
582 Spingendosi oltre, Gesù dà compimento alla Legge sulla purità degli
alimenti, tanto importante nella vita quotidiana giudaica, svelandone il
senso "pedagogico" [Cf Gal 3,24 ] con una interpretazione divina: "Tutto ciò
che entra nell'uomo dal di fuori non può contaminarlo. . . Dichiarava così
mondi tutti gli alimenti. . . Ciò che esce dall'uomo, questo sì contamina
l'uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore dell'uomo, escono le
intenzioni cattive" ( Mc 7,18-21 ). Dando con autorità divina
l'interpretazione definitiva della Legge, Gesù si è trovato a scontrarsi con
certi dottori della Legge, i quali non ne accettavano la sua
interpretazione, sebbene fosse garantita dai segni divini che la
accompagnavano [Cf Gv 5,36; Gv 10,25; Gv 5,37-38; 582 Gv 12,37 ]. Ciò vale
soprattutto per la questione del sabato: Gesù ricorda, ricorrendo spesso ad
argomentazioni rabbiniche, [Cf Mc 2,25-27; 582 Gv 7,22-24 ] che il riposo
del sabato non viene violato dal servizio di Dio [Cf Mt 12,5; Nm 28,9 ] o
del prossimo, [Cf Lc 13,15-16; Lc 14,3-4 ] servizio che le guarigioni da lui
operate compiono.
II. Gesù e il Tempio
583 Gesù, come prima di lui i profeti, ha manifestato per il Tempio di
Gerusalemme il più profondo rispetto. Vi è stato presentato da Giuseppe e
Maria quaranta giorni dopo la nascita ( Lc 2,22-39 ). All'età di dodici anni
decide di rimanere nel Tempio, per ricordare ai suoi genitori che egli deve
occuparsi delle cose del Padre suo [Cf Lc 2,46-49 ]. Vi è salito ogni anno,
almeno per la Pasqua, durante la sua vita nascosta; [Cf Lc 2,41 ] lo stesso
suo ministero pubblico è stato ritmato dai suoi pellegrinaggi a Gerusalemme
per le grandi feste giudaiche [Cf Gv 2,13-14; Gv 5,1; Gv 2,14; Gv 7,1; Gv
2,10; Gv 2,14; 583 Gv 8,2; Gv 10,22-23 ].
584 Gesù è salito al Tempio come al luogo privilegiato dell'incontro con
Dio. Per lui il Tempio è la dimora del Padre suo, una casa di preghiera, e
si accende di sdegno per il fatto che il cortile esterno è diventato un
luogo di commercio [Cf Mt 21,13 ]. Se scaccia i mercanti dal Tempio, a ciò è
spinto dall'amore geloso per il Padre suo: ""Non fate della casa di mio
Padre un luogo di mercato". I discepoli si ricordarono che sta scritto: "Lo
zelo per la tua casa mi divora" ( Gv 2,16-17 ). Dopo la sua Risurrezione,
gli Apostoli hanno conservato un religioso rispetto per il Tempio [Cf At
2,46; At 3,1; At 5,20; At 2,21; 584 ecc].
585 Alla vigilia della sua passione, Gesù ha però annunziato la distruzione
di questo splendido edificio, di cui non sarebbe rimasta pietra su pietra
[Cf Mt 24,1-2 ]. In ciò vi è l'annunzio di un segno degli ultimi tempi che
stanno per iniziare con la sua Pasqua [Cf Mt 24,3; Lc 13,35 ]. Ma questa
profezia ha potuto essere riferita in maniera deformata da falsi testimoni
al momento del suo interrogatorio presso il sommo sacerdote [Cf Mc 14,57-58
] e ripetuta come ingiuria mentre era inchiodato sulla croce [Cf Mt 27,39-40
].
586 Lungi dall'essere stato ostile al Tempio [Cf Mt 8,4; Mt 23,21; Lc 17,14;
Gv 4,22 ] dove ha dato l'essenziale del suo insegnamento, [Cf Gv 18,20 ]
Gesù ha voluto pagare la tassa per il Tempio associandosi a Pietro, [Cf Mt
17,24-27 ] che aveva posto come fondamento di quella che sarebbe stata la
sua Chiesa [Cf Mt 16,18 ]. Ancor più, egli si è identificato con il Tempio
presentandosi come la dimora definitiva di Dio in mezzo agli uomini [Cf Gv
2,21; Mt 12,6 ]. Per questo la sua uccisione nel corpo [Cf Gv 2,18-22 ]
annunzia la distruzione del Tempio, distruzione che manifesterà l'entrata in
una nuova età della storia della salvezza: "E' giunto il momento in cui né
su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre" ( Gv 4,21 ) [Cf Gv
4,23-24; 586 Mt 27,51; Eb 9,11; Ap 21,22 ].
III. Gesù e la fede d'Israele nel Dio unico e Salvatore 586 _
587 Se la Legge e il Tempio di Gerusalemme hanno potuto essere occasione di
"contraddizione" [Cf Lc 2,34 ] da parte di Gesù per le autorità religiose di
Israele, è però il suo ruolo nella redenzione dei peccati, opera divina per
eccellenza, a rappresentare per costoro la vera pietra d'inciampo [Cf Lc
20,17-18; Sal 118,22 ].
588 Gesù ha scandalizzato i farisei mangiando con i pubblicani e i peccatori
[Cf Lc 5,30 ] con la stessa familiarità con cui pranzava con loro [Cf Lc
7,36; 588 Lc 11,37; Lc 14,1 ]. Contro quelli tra i farisei "che presumevano
di essere giusti e disprezzavano gli altri" ( Lc 18,9 ), [Cf Gv 7,49; Gv
9,34 ] Gesù ha affermato: "Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i
peccatori a convertirsi" ( Lc 5,32 ). Si è spinto oltre, proclamando davanti
ai farisei che, essendo il peccato universale, [Cf Gv 8,33-36 ] coloro che
presumono di non aver bisogno di salvezza, sono ciechi sul proprio conto [Cf
Gv 9,40-41 ].
589 Gesù ha suscitato scandalo soprattutto per aver identificato il proprio
comportamento misericordioso verso i peccatori con l'atteggiamento di Dio
stesso a loro riguardo [Cf Mt 9,13; Os 6,6 ]. E' arrivato a lasciar
intendere che, sedendo a mensa con i peccatori, [ Cf Lc 15,1-2 ] li
ammetteva al banchetto messianico [Cf Lc 15,23-32 ]. Ma è soprattutto
perdonando i peccati, che Gesù ha messo le autorità religiose di Israele di
fronte a un dilemma. Infatti, come costoro, inorriditi, giustamente
affermano, solo Dio può rimettere i peccati [Cf Mc 2,7 ]. Perdonando i
peccati, Gesù o bestemmia perché è un uomo che si fa uguale a Dio, [Cf Gv
5,18; Gv 10,33 ] oppure dice il vero e la sua Persona rende presente e
rivela il Nome di Dio [Cf Gv 17,6; Gv 17,26 ].
590 Soltanto l'identità divina della Persona di Gesù può giustificare
un'esigenza assoluta come questa: "Chi non è con me è contro di me" ( Mt
12,30 ); altrettanto quando egli dice che in lui c'è "più di Giona. . . più
di Salomone" ( Mt 12,41-42 ), "c'è qualcosa più grande del Tempio" ( Mt 12,6
); quando ricorda, a proprio riguardo, che Davide ha chiamato il Messia suo
Signore, [Cf Mt 12,36; Mt 12,37 ] e quando afferma: "Prima che Abramo fosse,
Io Sono" ( Gv 8,58 ); e anche: "Io e il Padre siamo una cosa sola" ( Gv
10,30 ).
591 Gesù ha chiesto alle autorità religiose di Gerusalemme di credere in lui
a causa delle opere del Padre che egli compiva [Cf Gv 10,36-38 ]. Un tale
atto di fede, però, doveva passare attraverso una misteriosa morte a se
stessi per una rinascita "dall'alto" ( Gv 3,7 ), sotto lo stimolo della
grazia divina [Cf Gv 6,44 ]. Una simile esigenza di conversione di fronte a
un così sorprendente compimento delle promesse [Cf Is 53,1 ] permette di
capire il tragico disprezzo del sinedrio che ha stimato Gesù meritevole di
morte perché bestemmiatore [Cf Mc 3,6; Mt 26,64-66 ]. I suoi membri agivano
così per "ignoranza" [Cf Lc 23,34; At 3,17-18 ] e al tempo stesso per
l'"indurimento" ( Mc 3,5; 591 Rm 11,25 ) dell'incredulità [Cf Rm 11,20 ].
In sintesi
592 Gesù non ha abolito la Legge del Sinai, ma l'ha portata a compimento [Cf
Mt 5,17-19 ] con una tale perfezione [Cf Gv 8,46 ] da rivelarne il senso
ultimo [Cf Mt 5,33 ss] e da riscattarne le trasgressioni [Cf Eb 9,15 ].
593 Gesù ha venerato il Tempio salendovi in occasione delle feste giudaiche
di pellegrinaggio e ha amato di un amore geloso questa dimora di Dio in
mezzo agli uomini. Il Tempio prefigura il suo Mistero. Se ne predice la
distruzione, è per manifestare la sua propria uccisione e l'inizio di una
nuova epoca della storia della salvezza, nella quale il suo Corpo sarà il
Tempio definitivo.
594 Gesù ha compiuto azioni, quale il perdono dei peccati, che lo hanno
rivelato come il Dio Salvatore [Cf Gv 5,16-18 ]. Alcuni Giudei, i quali non
riconoscevano il Dio fatto uomo , [Cf Gv 1,14 ] ma vedevano in lui "un uomo"
che si faceva "Dio" ( Gv 10,33 ), l'hanno giudicato un bestemmiatore.
Paragrafo 2
GESU' MORI' CROCIFISSO
I. Il processo di Gesù
Divisioni delle autorità ebraiche a riguardo di Gesù
595 Tra le autorità religiose di Gerusalemme non ci sono stati solamente il
fariseo Nicodemo [Cf Gv 7,50 ] o il notabile Giuseppe di Arimatea ad essere,
di nascosto, discepoli di Gesù, [Cf Gv 19,38-39 ] ma a proposito di lui [Cf
Gv 9,16-17; Gv 10,19-21 ] sono sorti dissensi per lungo tempo al punto che
alla vigilia stessa della sua passione, san Giovanni può dire di essi che
"molti credettero in lui" anche se in maniera assai imperfetta ( Gv 12,42 ).
La cosa non ha nulla di sorprendente se si tiene presente che all'indomani
della Pentecoste "un gran numero di sacerdoti aderiva alla fede" ( At 6,7 )
e che "alcuni della setta dei farisei erano diventati credenti" ( At 15,5 )
al punto che san Giacomo può dire a san Paolo che "parecchie migliaia di
Giudei sono venuti alla fede e tutti sono gelosamente attaccati alla Legge"
( At 21,20 ).
596 Le autorità religiose di Gerusalemme non sono state unanimi nella
condotta da tenere nei riguardi di Gesù [Cf Gv 9,16; Gv 10,19 ]. I farisei
hanno minacciato di scomunica coloro che lo avrebbero seguito [Cf Gv 9,22 ].
A coloro che temevano che tutti avrebbero creduto in lui e i Romani
sarebbero venuti e avrebbero distrutto il loro Luogo santo e la loro nazione
[Cf Gv 11,48 ] il sommo sacerdote Caifa propose profetizzando: E' "meglio
che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca la nazione intera" ( Gv
11,49-50 ). Il Sinedrio, avendo dichiarato Gesù "reo di morte" ( Mt 26,66 )
in quanto bestemmiatore, ma avendo perduto il diritto di mettere a morte,
[Cf Gv 18,31 ] consegna Gesù ai Romani accusandolo di rivolta politica, [Cf
Lc 23,2 ] cosa che lo metterà alla pari con Barabba accusato di "sommossa" (
Lc 23,19 ). Sono anche minacce politiche quelle che i sommi sacerdoti
esercitano su Pilato perché egli condanni a morte Gesù [Cf Gv 19,12; 596 Gv
19,15; Gv 19,21 ].
Gli Ebrei non sono collettivamente responsabili
della morte di Gesù
597 Tenendo conto della complessità storica del processo di Gesù espressa
nei racconti evangelici, e quale possa essere il peccato personale dei
protagonisti del processo (Giuda, il Sinedrio, Pilato), che Dio solo
conosce, non si può attribuirne la responsabilità all'insieme degli Ebrei di
Gerusalemme, malgrado le grida di una folla manipolata [Cf Mc 15,11 ] e i
rimproveri collettivi contenuti negli appelli alla conversione dopo la
Pentecoste [Cf At 2,23; At 2,36; At 3,13-14; At 4,10; 597 At 5,30; At 7,52;
At 10,39; At 13,27-28; 1Ts 2,14-15 ]. Gesù stesso perdonando sulla croce [Cf
Lc 23,34 ] e Pietro sul suo esempio, hanno riconosciuto l'"ignoranza" ( At
3,17 ) degli Ebrei di Gerusalemme ed anche dei loro capi. Ancor meno si può,
a partire dal grido del popolo: "Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i
nostri figli" ( Mt 27,25 ) che è una formula di ratificazione, [Cf At 5,28;
597 At 18,6 ] estendere la responsabilità agli altri Ebrei nel tempo e nello
spazio:
Molto bene la Chiesa ha dichiarato nel Concilio Vaticano II: "Quanto è stato
commesso durante la Passione non può essere imputato né indistintamente a
tutti gli Ebrei allora viventi, né agli Ebrei del nostro tempo. . . Gli
Ebrei non devono essere presentati né come rigettati da Dio, né come
maledetti, come se ciò scaturisse dalla Sacra Scrittura" [Conc. Ecum. Vat.
II, Nostra aetate, 4].
Tutti i peccatori furono gli autori della Passione di Cristo
598 La Chiesa, nel magistero della sua fede e nella testimonianza dei suoi
santi, non ha mai dimenticato che "ogni singolo peccatore è realmente causa
e strumento delle. . . sofferenze" del divino Redentore [Catechismo Romano,
1, 5, 11; cf Eb 12,3 ]. Tenendo conto del fatto che i nostri peccati
offendono Cristo stesso, [Cf Mt 25,45; At 9,4-5 ] la Chiesa non esita ad
imputare ai cristiani la responsabilità più grave nel supplizio di Gesù,
responsabilità che troppo spesso essi hanno fatto ricadere unicamente sugli
Ebrei:
E' chiaro che più gravemente colpevoli sono coloro che più spesso ricadono
nel peccato. Se infatti le nostre colpe hanno tratto Cristo al supplizio
della croce, coloro che si immergono nell'iniquità crocifiggono nuovamente,
per quanto sta in loro, il Figlio di Dio e lo scherniscono [Cf Eb 6,6 ] con
un delitto ben più grave in loro che non negli Ebrei. Questi infatti -
afferma san Paolo non avrebbero crocifisso Gesù se lo avessero conosciuto
come re divino [Cf 1Cor 2,8 ]. Noi cristiani, invece, pur confessando di
conoscerlo, di fatto lo rinneghiamo con le nostre opere e leviamo contro di
lui le nostre mani violente e peccatrici [Catechismo Romano, 1, 5, 11].
E neppure i demoni lo crocifissero, ma sei stato tu con essi a
crocifiggerlo, e ancora lo crocifiggi, quando ti diletti nei vizi e nei
peccati [San Francesco d'Assisi, Admonitio, 5, 3].
II. La morte redentrice di Cristo
nel disegno divino della salvezza
"Gesù consegnato secondo il disegno prestabilito di Dio"
599 La morte violenta di Gesù non è stata frutto del caso in un concorso
sfavorevole di circostanze. Essa appartiene al mistero del disegno di Dio,
come spiega san Pietro agli Ebrei di Gerusalemme fin dal suo primo discorso
di Pentecoste: "Egli fu consegnato a voi secondo il prestabilito disegno e
la prescienza di Dio" ( At 2,23 ). Questo linguaggio biblico non significa
che quelli che hanno "consegnato" Gesù ( At 3,13 ) siano stati solo
esecutori passivi di una vicenda scritta in precedenza da Dio.
600 Tutti i momenti del tempo sono presenti a Dio nella loro attualità. Egli
stabilì dunque il suo disegno eterno di "predestinazione" includendovi la
risposta libera di ogni uomo alla sua grazia: "Davvero in questa città si
radunarono insieme contro il tuo santo servo Gesù, che hai unto come Cristo,
Erode e Ponzio Pilato con le genti e i popoli d'Israele [Cf Sal 2,1-2 ] per
compiere ciò che la tua mano e la tua volontà avevano preordinato che
avvenisse" ( At 4,27-28 ). Dio ha permesso gli atti derivati dal loro
accecamento [Cf Mt 26,54; Gv 18,36; Gv 19,11 ] al fine di compiere il suo
disegno di salvezza [Cf At 3,17-18 ].
"Morto per i nostri peccati secondo le Scritture"
601 Questo disegno divino di salvezza attraverso la messa a morte del Servo,
il Giusto, [Cf Is 53,11; 601 At 3,14 ] era stato anticipatamente annunziato
nelle Scritture come un mistero di redenzione universale, cioè di riscatto
che libera gli uomini dalla schiavitù del peccato [Cf Is 53,11-12; 601 Gv
8,34-36 ]. San Paolo professa, in una confessione di fede che egli dice di
avere "ricevuto", che "Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture
" ( 1Cor 15,3 ) [Cf At 3,18; At 7,52; At 13,29; 601 At 26,22-23 ]. La morte
redentrice di Gesù compie in particolare la profezia del Servo sofferente
[Cf Is 53,7-8 e At 8,32-35 ]. Gesù stesso ha presentato il senso della sua
vita e della sua morte alla luce del Servo sofferente [Cf Mt 20,28 ]. Dopo
la Risurrezione, egli ha dato questa interpretazione delle Scritture ai
discepoli di Emmaus, [Cf Lc 24,25-27 ] poi agli stessi Apostoli [Cf Lc
24,44-45 ].
"Dio l'ha fatto peccato per noi"
602 San Pietro può, di conseguenza, formulare così la fede apostolica nel
disegno divino della salvezza: "Voi sapete che non a prezzo di cose
corruttibili, come l'argento e l'oro, foste liberati dalla vostra vuota
condotta ereditata dai vostri padri, ma con il sangue prezioso di Cristo,
come di agnello senza difetti e senza macchia. Egli fu predestinato, già
prima della fondazione del mondo, ma si è manifestato negli ultimi tempi per
voi" ( 1Pt 1,18-20 ). I peccati degli uomini, conseguenti al peccato
originale, sono sanzionati dalla morte [Cf Rm 5,12; 1Cor 15,56 ]. Inviando
il suo proprio Figlio nella condizione di servo, [Cf Fil 2,7 ] quella di una
umanità decaduta e votata alla morte a causa del peccato, [Cf Rm 8,3 ]
"colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro
favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio" (
2Cor 5,21 ).
603 Gesù non ha conosciuto la riprovazione come se egli stesso avesse
peccato [Cf Gv 8,46 ]. Ma nell'amore redentore che sempre lo univa al Padre,
[Cf Gv 8,29 ] egli ci ha assunto nella nostra separazione da Dio a causa del
peccato al punto da poter dire a nome nostro sulla croce: "Mio Dio, mio Dio,
perché mi hai abbandonato?" ( Mc 15,34; 603 Sal 22,2 ). Avendolo reso così
solidale con noi peccatori, "Dio non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo
ha dato per tutti noi" ( Rm 8,32 ) affinché noi fossimo "riconciliati con
lui per mezzo della morte del Figlio suo" ( Rm 5,10 ).
Dio ha l'iniziativa dell'amore redentore universale
604 Nel consegnare suo Figlio per i nostri peccati, Dio manifesta che il suo
disegno su di noi è un disegno di amore benevolo che precede ogni merito da
parte nostra. "In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è
lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione
per i nostri peccati" ( 1Gv 4,10 ) [Cf 1Gv 4,19 ]. "Dio dimostra il suo
amore verso di noi, perché mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto
per noi" ( Rm 5,8 ).
605 Questo amore è senza esclusioni; Gesù l'ha richiamato a conclusione
della parabola della pecorella smarrita: "Così il Padre vostro celeste non
vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli" ( Mt 18,14 ). Egli
afferma di "dare la sua vita in riscatto per molti " ( Mt 20,28 );
quest'ultimo termine non è restrittivo: oppone l'insieme dell'umanità
all'unica persona del Redentore che si consegna per salvarla [Cf Rm 5,18-19
]. La Chiesa, seguendo gli Apostoli, [Cf 2Cor 5,15; 1Gv 2,2 ] insegna che
Cristo è morto per tutti senza eccezioni: "Non vi è, non vi è stato, non vi
sarà alcun uomo per il quale Cristo non abbia sofferto" [Concilio di Quierzy
(853): Denz. -Schönm.,624].
III. Cristo ha offerto se stesso al Padre
per i nostri peccati
Tutta la vita di Cristo è offerta al Padre
606 Il Figlio di Dio "disceso dal cielo non per fare" la sua "volontà ma
quella di colui che" l'ha "mandato" ( Gv 6,38 ), "entrando nel mondo dice: .
. Ecco, io vengo. . . per fare, o Dio, la tua volontà. . . Ed è appunto per
quella volontà che noi siamo stati santificati, per mezzo dell'offerta del
Corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre" ( Eb 10,5-10 ). Dal primo
istante della sua Incarnazione, il Figlio abbraccia nella sua missione
redentrice il disegno divino di salvezza: "Mio cibo è fare la volontà di
colui che mi ha mandato e compiere la sua opera" ( Gv 4,34 ). Il sacrificio
di Gesù "per i peccati di tutto il mondo" ( 1Gv 2,2 ) è l'espressione della
sua comunione d'amore con il Padre: "Il Padre mi ama perché io offro la mia
vita" ( Gv 10,17 ). "Bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e
faccio quello che il Padre mi ha comandato" ( Gv 14,31 ).
607 Questo desiderio di abbracciare il disegno di amore redentore del Padre
suo anima tutta la vita di Gesù [Cf Lc 12,50; Lc 22,15; Mt 16,21-23 ] perché
la sua Passione redentrice è la ragion d'essere della sua Incarnazione:
"Padre, salvami da quest'ora? Ma per questo sono giunto a quest'ora!" ( Gv
12,27 ). "Non devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato?" ( Gv 18,11
). E ancora sulla croce, prima che tutto sia compiuto, [Cf Gv 19,30 ] egli
dice: "Ho sete" ( Gv 19,28 ).
"L'Agnello che toglie il peccato del mondo"
608 Dopo aver accettato di dargli il battesimo tra i peccatori, [Cf Lc 3,21;
Mt 3,14-15 ] Giovanni Battista ha visto e mostrato in Gesù "l'Agnello di
Dio.. . che toglie il peccato del mondo" ( Gv 1,29 ) [Cf Gv 1,36 ]. Egli
manifesta così che Gesù è insieme il Servo sofferente che si lascia condurre
in silenzio al macello [Cf Is 53,7; 608 Ger 11,19 ] e porta il peccato delle
moltitudini [Cf Is 53,12 ] e l'agnello pasquale simbolo della redenzione di
Israele al tempo della prima Pasqua [Cf Es 12,3-14; e anche Gv 19,36; 1Cor
5,7 ]. Tutta la vita di Cristo esprime la sua missione: "servire e dare la
propria vita in riscatto per molti"( Mc 10,45 )
Gesù liberamente fa suo l'amore redentore del Padre
609 Accogliendo nel suo cuore umano l'amore del Padre per gli uomini, Gesù
"li amò sino alla fine" ( Gv 13,1 ) "perché nessuno ha un amore più grande
di questo: dare la propria vita per i propri amici" ( Gv 15,13 ). Così nella
sofferenza e nella morte, la sua umanità è diventata lo strumento libero e
perfetto del suo amore divino che vuole la salvezza degli uomini [ Cf Eb
2,10; Eb 2,17-18; Eb 4,15; Eb 5,7-9 ]. Infatti, egli ha liberamente
accettato la sua passione e la sua morte per amore del Padre suo e degli
uomini che il Padre vuole salvare: "Nessuno mi toglie la vita, ma la offro
da me stesso" ( Gv 10,18 ). Di qui la sovrana libertà del Figlio di Dio
quando va liberamente verso la morte [Cf Gv 18,4-6; 609 Mt 26,53 ].
Alla Cena Gesù ha anticipato l'offerta libera della sua vita
610 La libera offerta che Gesù fa di se stesso ha la sua più alta
espressione nella Cena consumata con i Dodici Apostoli [Cf Mt 26,20 ] nella
"notte in cui veniva tradito" ( 1Cor 11,23 ). La vigilia della sua passione,
Gesù, quand'era ancora libero, ha fatto di quest'ultima Cena con i suoi
Apostoli il memoriale della volontaria offerta di sé al Padre [Cf 1Cor 5,7 ]
per la salvezza degli uomini: "Questo è il mio Corpo che è dato per voi" (
Lc 22,19 ). "Questo è il mio Sangue dell'Alleanza, versato per molti, in
remissione dei peccati" ( Mt 26,28 ).
611 L'Eucaristia che egli istituisce in questo momento sarà il "memoriale"
[Cf 1Cor 11,25 ] del suo sacrificio. Gesù nella sua offerta include gli
Apostoli e chiede loro di perpetuarla [Cf Lc 22,19 ]. Con ciò, Gesù
istituisce i suoi Apostoli sacerdoti della Nuova Alleanza: "Per loro io
consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità" ( Gv
17,19 ) [Cf Concilio di Trento: Denz. -Schönm. , 1752; 1764].
L'agonia del Getsemani
612 Il calice della Nuova Alleanza, che Gesù ha anticipato alla Cena
offrendo se stesso, [Cf Lc 22,20 ] in seguito egli lo accoglie dalle mani
del Padre nell'agonia al Getsemani [Cf Mt 26,42 ] facendosi "obbediente fino
alla morte" ( Fil 2,8 ) [Cf Eb 5,7-8 ]. Gesù prega: "Padre mio, se è
possibile, passi da me questo calice!" ( Mt 26,39 ). Egli esprime così
l'orrore che la morte rappresenta per la sua natura umana. Questa, infatti,
come la nostra, è destinata alla vita eterna; in più, a differenza della
nostra, è perfettamente esente dal peccato [Cf Eb 4,15 ] che causa la morte;
[Cf Rm 5,12 ] ma soprattutto è assunta dalla Persona divina dell' "Autore
della vita" ( At 3,15 ), del "Vivente" ( Ap 1,17 ) [Cf Gv 1,4; Gv 5,26 ].
Accettando nella sua volontà umana che sia fatta la volontà del Padre, [Cf
Mt 26,42 ] Gesù accetta la sua morte in quanto redentrice, per "portare i
nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce" ( 1Pt 2,24 ).
La morte di Cristo è il sacrificio unico e definitivo
613 La morte di Cristo è contemporaneamente il sacrificio pasquale che
compie la redenzione definitiva degli uomini [Cf 1Cor 5,7; Gv 8,34-36 ] per
mezzo dell'"Agnello che toglie il peccato del mondo" ( Gv 1,29 ) [Cf 1Pt
1,19 ] e il sacrificio della Nuova Alleanza [Cf 1Cor 11,25 ] che di nuovo
mette l'uomo in comunione con Dio [Cf Es 24,8 ] riconciliandolo con lui
mediante il sangue "versato per molti in remissione dei peccati" ( Mt 26,28
) [Cf Lv 16,15-16 ].
614 Questo sacrificio di Cristo è unico: compie e supera tutti i sacrifici
[Cf Eb 10,10 ]. Esso è innanzitutto un dono dello stesso Dio Padre che
consegna il Figlio suo per riconciliare noi con lui [Cf 1Gv 4,10 ]. Nel
medesimo tempo è offerta del Figlio di Dio fatto uomo che, liberamente e per
amore, [Cf Gv 15,13 ] offre la propria vita [Cf Gv 10,17-18 ] al Padre suo
nello Spirito Santo [Cf Eb 9,14 ] per riparare la nostra disobbedienza.
Gesù sostituisce la sua obbedienza alla nostra disobbedienza
615 "Come per la disobbedienza di uno solo tutti sono stati costituiti
peccatori, così anche per l'obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti
giusti" ( Rm 5,19 ). Con la sua obbedienza fino alla morte, Gesù ha compiuto
la sostituzione del Servo sofferente che offre "se stesso in espiazione ",
mentre porta "il peccato di molti", e li giustifica addossandosi "la loro
iniquità" [Cf Is 53,10-12 ]. Gesù ha riparato per i nostri errori e dato
soddisfazione al Padre per i nostri peccati [Cf Concilio di Trento: Denz.
-Schönm., 1529].
Sulla croce, Gesù consuma il suo sacrificio
616 E' l'amore "sino alla fine" ( Gv 13,1 ) che conferisce valore di
redenzione e di riparazione, di espiazione e di soddisfazione al sacrificio
di Cristo. Egli ci ha tutti conosciuti e amati nell'offerta della sua vita
[Cf Gal 2,20; Ef 5,2; Ef 5,25 ]. "L'amore del Cristo ci spinge, al pensiero
che uno è morto per tutti e quindi tutti sono morti" ( 2Cor 5,14 ). Nessun
uomo, fosse pure il più santo, era in grado di prendere su di sé i peccati
di tutti gli uomini e di offrirsi in sacrificio per tutti. L'esistenza in
Cristo della Persona divina del Figlio, che supera e nel medesimo tempo
abbraccia tutte le persone umane e lo costituisce Capo di tutta l'umanità,
rende possibile il suo sacrificio redentore per tutti .
617 "Sua sanctissima passione in ligno crucis nobis justificationem meruit -
La sua santissima passione sul legno della croce ci meritò la
giustificazione" insegna il Concilio di Trento [Denz. -Schönm., 1529]
sottolineando il carattere unico del sacrificio di Cristo come "causa di
salvezza eterna" ( Eb 5,9 ). E la Chiesa venera la croce cantando: "O crux,
ave, spes unica - Ave, o croce, unica speranza" [Inno "Vexilla Regis"].
La nostra partecipazione al sacrificio di Cristo
618 La croce è l'unico sacrificio di Cristo, che è il solo "mediatore tra
Dio e gli uomini" ( 1Tm 2,5 ). Ma, poiché nella sua Persona divina
incarnata, "si è unito in certo modo ad ogni uomo", [Conc. Ecum. Vat. II,
Gaudium et spes, 22] egli offre "a tutti la possibilità di venire in
contatto, nel modo che Dio conosce, con il mistero pasquale" [Conc. Ecum.
Vat. II, Gaudium et spes, 22]. Egli chiama i suoi discepoli a prendere la
loro croce e a seguirlo, [Cf Mt 16,24 ] poiché patì per noi, lasciandoci un
esempio, perché ne seguiamo le orme [Cf 1Pt 2,21 ]. Infatti egli vuole
associare al suo sacrificio redentore quelli stessi che ne sono i primi
beneficiari [Cf Mc 10,39; Gv 21,18-19; Col 1,24 ]. Ciò si compie in maniera
eminente per sua Madre, associata più intimamente di qualsiasi altro al
mistero della sua sofferenza redentrice [Cf Lc 2,35 ].
Al di fuori della croce non vi è altra scala per salire al cielo [Santa Rosa
da Lima; cf P. Hansen, Vita mirabilis, Louvain 1668].
In sintesi
619 "Cristo è morto per i nostri peccati secondo le Scritture" ( 1Cor 15,3
).
620 La nostra salvezza proviene dall'iniziativa d'amore di Dio per noi
poiché "è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di
espiazione per i nostri peccati" ( 1Gv 4,10 ). "E' stato Dio infatti a
riconciliare a sé il mondo in Cristo" ( 2Cor 5,19 ).
621 Gesù si è liberamente offerto per la nostra salvezza. Questo dono egli
lo significa e lo realizza in precedenza durante l'ultima Cena: "Questo è il
mio Corpo che è dato per voi" ( Lc 22,19 ).
622 In questo consiste la redenzione di Cristo: egli "è venuto per. . . dare
la sua vita in riscatto per molti" ( Mt 20,28 ), cioè ad amare "i suoi sino
alla fine" ( Gv 13,1 ) perché essi siano "liberati dalla" loro "vuota
condotta ereditata dai" loro "padri" ( 1Pt 1,18 ).
623 Mediante la sua obbedienza di amore al Padre "fino alla morte di croce"
( Fil 2,8 ), Gesù compie la missione espiatrice [Cf Is 53,10 ] del Servo
sofferente che giustifica molti addossandosi la loro iniquità [Cf Is 53,11;
623 Rm 5,19 ].
Paragrafo 3
GESU' CRISTO FU SEPOLTO
624 "Per la grazia di Dio, egli" ha provato "la morte a vantaggio di tutti"
( Eb 2,9 ). Nel suo disegno di salvezza, Dio ha disposto che il Figlio suo
non solamente morisse "per i nostri peccati" ( 1Cor 15,3 ) ma anche
"provasse la morte", ossia conoscesse lo stato di morte, lo stato di
separazione tra la sua anima e il suo Corpo per il tempo compreso tra il
momento in cui egli è spirato sulla croce e il momento in cui è risuscitato.
Questo stato di Cristo morto è il Mistero del sepolcro e della discesa agli
inferi. E' il Mistero del Sabato Santo in cui Cristo deposto nel sepolcro
[Cf Gv 19,42 ] manifesta il grande riposo sabbatico di Dio [Cf Eb 4,4-9 ]
dopo il compimento [Cf Gv 19,30 ] della salvezza degli uomini che mette in
pace l'universo intero [Cf Col 1,18-20 ].
Cristo nel sepolcro con il suo Corpo
625 La permanenza di Cristo nella tomba costituisce il legame reale tra lo
stato di passibilità di Cristo prima della Pasqua e il suo stato attuale
glorioso di risorto. E' la medesima Persona del "Vivente" che può dire: " Io
ero morto, ma ora vivo per sempre " ( Ap 1,18 ).
Dio [il Figlio] non ha impedito che la morte separasse l'anima dal corpo,
come naturalmente avviene, ma egli li ha di nuovo ricongiunti l'uno
all'altra con la Risurrezione, al fine di essere lui stesso, nella sua
Persona, il punto d'incontro della morte e della vita arrestando in sé la
decomposizione della natura causata dalla morte e divenendo lui stesso
principio di riunione per le parti separate [San Gregorio di Nissa, Oratio
catechetica, 16: PG 45, 52B].
626 Poiché l'"Autore della vita" che è stato ucciso [Cf At 3,15 ] è anche il
Vivente che "è risuscitato", [Cf Lc 24,5-6 ] necessariamente la Persona
divina del Figlio di Dio ha continuato ad assumere la sua anima e il suo
corpo separati tra di loro dalla morte:
La Persona unica non si è trovata divisa in due persone dal fatto che alla
morte di Cristo l'anima è stata separata dalla carne; poiché il corpo e
l'anima di Cristo sono esistiti al medesimo titolo fin da principio nella
Persona del Verbo; e nella morte, sebbene separati l'uno dall'altra, sono
restati ciascuno con la medesima ed unica Persona del Verbo [San Giovanni
Damasceno, De fide orthodoxa, 3, 27: PG 94, 1098A].
"Non lascerai che il tuo Santo veda la corruzione"
627 La morte di Cristo è stata una vera morte in quanto ha messo fine alla
sua esistenza umana terrena. Ma a causa dell'unione che la Persona del
Figlio ha mantenuto con il suo Corpo, non si è trattato di uno spogliamento
mortale come gli altri, perché "non era possibile che" la morte "lo tenesse
in suo potere" [At 2,24] e perciò "la virtù divina ha preservato il Corpo di
Cristo dalla corruzione" [San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, III, 51,
3]. Di Cristo si può dire contemporaneamente: "Fu eliminato dalla terra dei
viventi" ( Is 53,8 ) e: "Il mio corpo riposa al sicuro, perché non
abbandonerai la mia vita nel sepolcro, né lascerai che il tuo santo veda la
corruzione" ( Sal 16,9-10 ) [Cf At 2,26-27 ]. La Risurrezione di Gesù "il
terzo giorno" ( 1Cor 15,4; 627 Lc 24,46 ) [Cf Mt 12,40; Gn 2,1; Os 6,2 ] ne
era il segno, anche perché si credeva che la corruzione si manifestasse a
partire dal quarto giorno [Cf Gv 11,39 ].
"Sepolti con Cristo..."
628 Il Battesimo, il cui segno originale e plenario è l'immersione,
significa efficacemente la discesa nella tomba del cristiano che muore al
peccato con Cristo in vista di una vita nuova: "Per mezzo del Battesimo
siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu
risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi
possiamo camminare in una vita nuova" ( Rm 6,4 ) [Cf Col 2,12; 628 Ef 5,26
].
In sintesi
629 A beneficio di ogni uomo Gesù ha provato la morte [ Cf Eb 2,9 ]. Colui
che è morto e che è stato sepolto è veramente il Figlio di Dio fatto uomo.
630 Durante la permanenza di Cristo nella tomba, la sua Persona divina ha
continuato ad assumere sia la sua anima che il suo corpo, separati però tra
di loro dalla morte. E' per questo che il corpo di Cristo morto non ha
conosciuto la corruzione [Cf At 13,37 ].
Articolo 5
"GESU' CRISTO DISCESE AGLI INFERI,
RISUSCITO' DAI MORTI IL TERZO GIORNO"
631 Gesù era disceso nelle regioni inferiori della terra: "Colui che discese
è lo stesso che anche ascese"( Ef 4,10 ). Il Simbolo degli Apostoli professa
in uno stesso articolo di fede la discesa di Cristo agli inferi e la sua
Risurrezione dai morti il terzo giorno, perché nella sua Pasqua egli
dall'abisso della morte ha fatto scaturire la vita:
Cristo, tuo Figlio,
che, risuscitato dai morti,
fa risplendere sugli uomini la sua luce serena,
e vive e regna nei secoli dei secoli. Amen [Messale Romano, Veglia Pasquale,
Exultet].
Paragrafo 1
CRISTO DISCESE AGLI INFERI
632 Le frequenti affermazioni del Nuovo Testamento secondo le quali Gesù "è
risuscitato dai morti" ( At 3,15; Rm 8,11; 1Cor 15,20 ) presuppongono che,
preliminarmente alla Risurrezione, egli abbia dimorato nel soggiorno dei
morti [Cf Eb 13,20 ]. E' il senso primo che la predicazione apostolica ha
dato alla discesa di Gesù agli inferi: Gesù ha conosciuto la morte come
tutti gli uomini e li ha raggiunti con la sua anima nella dimora dei morti.
Ma egli vi è disceso come Salvatore, proclamando la Buona Novella agli
spiriti che vi si trovavano prigionieri [Cf 1Pt 3,18-19 ].
633 La Scrittura chiama inferi, shéol o ade [Cf Fil 2,10; At 2,24; Ap 1,18;
Ef 4,9 ] il soggiorno dei morti dove Cristo morto è disceso, perché quelli
che vi si trovano sono privati della visione di Dio [Cf Sal 6,6; Sal
88,11-13 ]. Tale infatti è, nell'attesa del Redentore, la sorte di tutti i
morti, cattivi o giusti; [Cf Sal 89,49; 633 1Sam 28,19; Ez 32,17-32 ] il che
non vuol dire che la loro sorte sia identica, come dimostra Gesù nella
parabola del povero Lazzaro accolto nel "seno di Abramo" [Cf Lc 16,22-26 ].
"Furono appunto le anime di questi giusti in attesa del Cristo a essere
liberate da Gesù disceso all'inferno" [Catechismo Romano, 1, 6, 3]. Gesù non
è disceso agli inferi per liberare i dannati [Cf Concilio di Roma (745):
Denz. -Schönm., 587] né per distruggere l'inferno della dannazione, [Cf
Benedetto XII, Opuscolo Cum dudum: Denz. -Schönm., 1011; Clemente VI,
Lettera Super quibusdam: ibid., 1077] ma per liberare i giusti che l'avevano
preceduto [Cf Concilio di Toledo IV (625): Denz. -Schönm., 485; cf anche Mt
27,52-53 ].
634 "La Buona Novella è stata annunciata anche ai morti. . . " ( 1Pt 4,6 ).
La discesa agli inferi è il pieno compimento dell'annunzio evangelico della
salvezza. E' la fase ultima della missione messianica di Gesù, fase
condensata nel tempo ma immensamente ampia nel suo reale significato di
estensione dell'opera redentrice a tutti gli uomini di tutti i tempi e di
tutti i luoghi, perché tutti coloro i quali sono salvati sono stati resi
partecipi della Redenzione.
635 Cristo, dunque, è disceso nella profondità della morte [Cf Mt 12,40; Rm
10,7; Ef 4,9 ] affinché i morti udissero la voce del Figlio di Dio e,
ascoltandola, vivessero [Cf Gv 5,25 ]. Gesù "l'Autore della vita" ( At 3,15
) ha ridotto "all'impotenza, mediante la morte, colui che della morte ha il
potere, cioè il diavolo" liberando "così tutti quelli che per timore della
morte erano soggetti a schiavitù per tutta la vita" ( Eb 2,14-15 ). Ormai
Cristo risuscitato ha "potere sopra la morte e sopra gli inferi" ( Ap 1,18 )
e "nel nome di Gesù ogni ginocchio" si piega "nei cieli, sulla terra e sotto
terra" ( Fil 2,10 ).
Oggi sulla terra c'è grande silenzio, grande silenzio e solitudine. Grande
silenzio perché il Re dorme: la terra è rimasta sbigottita e tace perché il
Dio fatto carne si è addormentato ed ha svegliato coloro che da secoli
dormivano. . . Egli va a cercare il primo padre, come la pecora smarrita.
Egli vuole scendere a visitare quelli che siedono nelle tenebre e nell'ombra
di morte. Dio e il Figlio suo vanno a liberare dalle sofferenze Adamo ed
Eva, che si trovano in prigione. . . "Io sono il tuo Dio, che per te sono
diventato tuo figlio. Svegliati, tu che dormi! Infatti non ti ho creato
perché rimanessi prigioniero nell'inferno. Risorgi dai morti. Io sono la
Vita dei morti" [Da un'antica "Omelia sul Sabato Santo": PG 43, 440A. 452C,
cf Liturgia delle Ore, II, Ufficio delle letture del Sabato Santo].
In sintesi
636 Con l'espressione "Gesù discese agli inferi", il Simbolo professa che
Gesù è morto realmente e che, mediante la sua morte per noi, egli ha vinto
la morte e il diavolo "che della morte ha il potere" ( Eb 2,14 ).
637 Cristo morto, con l'anima unita alla sua Persona divina è disceso alla
dimora dei morti. Egli ha aperto le porte del cielo ai giusti che l'avevano
preceduto.
Paragrafo 2
IL TERZO GIORNO RISUSCITO' DAI MORTI
638 "Noi vi annunziamo la Buona Novella che la promessa fatta ai padri si è
compiuta, poiché Dio l'ha attuata per noi, loro figli, risuscitando Gesù" (
At 13,32-33 ). La Risurrezione di Gesù è la verità culminante della nostra
fede in Cristo, creduta e vissuta come verità centrale dalla prima comunità
cristiana, trasmessa come fondamentale dalla Tradizione, stabilita dai
documenti del Nuovo Testamento, predicata come parte essenziale del Mistero
pasquale insieme con la croce:
Cristo è risuscitato dai morti.
Con la sua morte ha vinto la morte,
Ai morti ha dato la vita [Liturgia bizantina, Tropario di Pasqua].
I. L'avvenimento storico e trascendente
639 Il mistero della Risurrezione di Cristo è un avvenimento reale che ha
avuto manifestazioni storicamente constatate, come attesta il Nuovo
Testamento. Già verso l'anno 56 san Paolo può scrivere ai cristiani di
Corinto: "Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto:
che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto
ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, e che apparve a Cefa
e quindi ai Dodici" ( 1Cor 15,3-4 ). L'Apostolo parla qui della tradizione
viva della Risurrezione che egli aveva appreso dopo la sua conversione alle
porte di Damasco [Cf At 9,3-18 ].
Il sepolcro vuoto
640 "Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risuscitato"
( Lc 24,5-6 ). Nel quadro degli avvenimenti di Pasqua, il primo elemento che
si incontra è il sepolcro vuoto. Non è in sé una prova diretta. L'assenza
del corpo di Cristo nella tomba potrebbe spiegarsi altrimenti [Cf Gv 20,13;
640 Mt 28,11-15 ]. Malgrado ciò, il sepolcro vuoto ha costituito per tutti
un segno essenziale. La sua scoperta da parte dei discepoli è stato il primo
passo verso il riconoscimento dell'evento della Risurrezione. Dapprima è il
caso delle pie donne, [Cf Lc 24,3; Lc 24,22-23 ] poi di Pietro [Cf Lc 24,12
]. "Il discepolo. . . che Gesù amava" ( Gv 20,2 ) afferma che, entrando
nella tomba vuota e scorgendo "le bende per terra" ( Gv 20,6 ), "vide e
credette" ( Gv 20,8 ). Ciò suppone che egli abbia constatato, dallo stato in
cui si trovava il sepolcro vuoto, [Cf Gv 20,5-7 ] che l'assenza del corpo di
Gesù non poteva essere opera umana e che Gesù non era semplicemente
ritornato ad una vita terrena come era avvenuto per Lazzaro [Cf Gv 11,44 ].
Le apparizioni del Risorto
641 Maria di Magdala e le pie donne che andavano a completare
l'imbalsamazione del Corpo di Gesù, [Cf Mc 16,1; Lc 24,1 ] sepolto in fretta
la sera del Venerdì Santo a causa del sopraggiungere del Sabato, [Cf Gv
19,31; Gv 19,42 ] sono state le prime ad incontrare il Risorto [Cf Mt
28,9-10; 641 Gv 20,11-18 ]. Le donne furono così le prime messaggere della
Risurrezione di Cristo per gli stessi Apostoli [Cf Lc 24,9-10 ]. A loro Gesù
appare in seguito: prima a Pietro, poi ai Dodici [Cf 1Cor 15,5 ]. Pietro,
chiamato a confermare la fede dei suoi fratelli, [Cf Lc 22,31-32 ] vede
dunque il Risorto prima di loro ed è sulla sua testimonianza che la comunità
esclama: "Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone" ( Lc 24,34 ).
642 Tutto ciò che è accaduto in quelle giornate pasquali impegna ciascuno
degli Apostoli - e Pietro in modo del tutto particolare - nella costruzione
dell'era nuova che ha inizio con il mattino di Pasqua. Come testimoni del
Risorto essi rimangono le pietre di fondazione della sua Chiesa. La fede
della prima comunità dei credenti è fondata sulla testimonianza di uomini
concreti, conosciuti dai cristiani e, nella maggior parte, ancora vivi in
mezzo a loro. Questi testimoni della Risurrezione di Cristo [Cf At 1,22 ]
sono prima di tutto Pietro e i Dodici, ma non solamente loro: Paolo parla
chiaramente di più di cinquecento persone alle quali Gesù è apparso in una
sola volta, oltre che a Giacomo e a tutti gli Apostoli [Cf 1Cor 15,4-8 ].
643 Davanti a queste testimonianze è impossibile interpretare la
Risurrezione di Cristo al di fuori dell'ordine fisico e non riconoscerla
come un avvenimento storico. Risulta dai fatti che la fede dei discepoli è
stata sottoposta alla prova radicale della passione e della morte in croce
del loro Maestro da lui stesso preannunziata [Cf Lc 22,31-32 ]. Lo
sbigottimento provocato dalla passione fu così grande che i discepoli
(almeno alcuni di loro) non credettero subito alla notizia della
Risurrezione. Lungi dal presentarci una comunità presa da una esaltazione
mistica, i Vangeli ci presentano i discepoli smarriti [Avevano il "volto
triste": Lc 24,17 ] e spaventati, [Cf Gv 20,19 ] perché non hanno creduto
alle pie donne che tornavano dal sepolcro e "quelle parole parvero loro come
un vaneggiamento" ( Lc 24,11 ) [ Cf Mc 16,11; Mc 16,13 ]. Quando Gesù si
manifesta agli Undici la sera di Pasqua, li rimprovera "per la loro
incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo
avevano visto risuscitato" ( Mc 16,14 ).
644 Anche messi davanti alla realtà di Gesù risuscitato, i discepoli
dubitano ancora, [Cf Lc 24,38 ] tanto la cosa appare loro impossibile:
credono di vedere un fantasma [Cf Lc 24,39 ]. "Per la grande gioia ancora
non credevano ed erano stupefatti" ( Lc 24,41 ). Tommaso conobbe la medesima
prova del dubbio [Cf Gv 20,24-27 ] e, quando vi fu l'ultima apparizione in
Galilea riferita da Matteo, "alcuni. . . dubitavano" ( Mt 28,17 ). Per
questo l'ipotesi secondo cui la Risurrezione sarebbe stata un "prodotto"
della fede (o della credulità) degli Apostoli, non ha fondamento. Al
contrario, la loro fede nella Risurrezione è nata - sotto l'azione della
grazia divina - dall'esperienza diretta della realtà di Gesù Risorto.
Lo stato dell'umanità di Cristo risuscitata
645 Gesù risorto stabilisce con i suoi discepoli rapporti diretti,
attraverso il contatto [Cf Lc 24,39; 645 Gv 20,27 ] e la condivisione del
pasto [Cf Lc 24,30; 645 Lc 24,41-43; Gv 21,9; Gv 21,13-15 ]. Li invita a
riconoscere da ciò che egli non è un fantasma, [Cf Lc 24,39 ] ma soprattutto
a constatare che il corpo risuscitato con il quale si presenta a loro è il
medesimo che è stato martoriato e crocifisso, poiché porta ancora i segni
della passione [Cf Lc 24,40; 645 Gv 20,20; Gv 20,27 ]. Questo corpo
autentico e reale possiede però al tempo stesso le proprietà nuove di un
corpo glorioso; esso non è più situato nello spazio e nel tempo, ma può
rendersi presente a suo modo dove e quando vuole, [Cf Mt 28,9; Mt 28,16-17;
Lc 24,15; 645 Lc 24,36; Gv 20,14; Gv 20,19; Gv 20,26; Gv 21,4 ] poiché la
sua umanità non può più essere trattenuta sulla terra e ormai non appartiene
che al dominio divino del Padre [Cf Gv 20,17 ]. Anche per questa ragione
Gesù risorto è sovranamente libero di apparire come vuole: sotto l'aspetto
di un giardiniere [Cf Gv 20,14-15 ] o sotto altre sembianze, [Cf Mc 16,12 ]
che erano familiari ai discepoli, e ciò per suscitare la loro fede [Cf Gv
20,14; Gv 20,16; 645 Gv 21,4; Gv 20,7 ].
646 La Risurrezione di Cristo non fu un ritorno alla vita terrena, come lo
fu per le risurrezioni che egli aveva compiute prime della Pasqua: quelle
della figlia di Giairo, del giovane di Naim, di Lazzaro. Questi fatti erano
avvenimenti miracolosi, ma le persone miracolate ritrovavano, per il potere
di Gesù, una vita terrena "ordinaria". Ad un certo momento esse sarebbero
morte di nuovo. La Risurrezione di Cristo è essenzialmente diversa. Nel suo
Corpo risuscitato egli passa dallo stato di morte ad un'altra vita al di là
del tempo e dello spazio. Il Corpo di Gesù è, nella Risurrezione, colmato
della potenza dello Spirito Santo; partecipa alla vita divina nello stato
della sua gloria, sì che san Paolo può dire di Cristo che egli è "l'uomo
celeste" [Cf 1Cor 15,35-50 ].
La Risurrezione come evento trascendente
647 "O notte - canta l'"Exultet" di Pasqua - tu solo hai meritato di
conoscere il tempo e l'ora in cui Cristo è risorto dagli inferi". Infatti,
nessuno è stato testimone oculare dell'avvenimento stesso della Risurrezione
e nessun evangelista lo descrive. Nessuno ha potuto dire come essa sia
avvenuta fisicamente. Ancor meno fu percettibile ai sensi la sua essenza più
intima, il passaggio ad un'altra vita. Avvenimento storico constatabile
attraverso il segno del sepolcro vuoto e la realtà degli incontri degli
Apostoli con Cristo risorto, la Risurrezione resta non di meno, in ciò in
cui trascende e supera la storia, al cuore del Mistero della fede. Per
questo motivo Cristo risorto non si manifesta al mondo, ma ai suoi
discepoli, [Cf Gv 14,22 ] "a quelli che erano saliti con lui dalla Galilea a
Gerusalemme", i quali "ora sono i suoi testimoni davanti al popolo" ( At
13,31 ).
II. La Risurrezione - opera della Santissima Trinità
648 La Risurrezione di Cristo è oggetto di fede in quanto è un intervento
trascendente di Dio stesso nella creazione e nella storia. In essa, le tre
Persone divine agiscono insieme e al tempo stesso manifestano la loro
propria originalità. Essa si è compiuta per la potenza del Padre che "ha
risuscitato" ( At 2,24 ) Cristo, suo Figlio, e in questo modo ha introdotto
in maniera perfetta la sua umanità con il suo Corpo nella Trinità. Gesù
viene definitivamente "costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo
Spirito di santificazione mediante la Risurrezione dai morti" ( Rm 1,3-4 ).
San Paolo insiste sulla manifestazione della potenza di Dio [Cf Rm 6,4; 2Cor
13,4; Fil 3,10; Ef 1,19-22; 648 Eb 7,16 ] per l'opera dello Spirito che ha
vivificato l'umanità morta di Gesù e l'ha chiamata allo stato glorioso di
Signore.
649 Quanto al Figlio, egli opera la sua propria Risurrezione in virtù della
sua potenza divina. Gesù annunzia che il Figlio dell'uomo dovrà molto
soffrire, morire ed in seguito risuscitare (senso attivo della parola) [Cf
Mc 8,31; Mc 9,9-31; 649 Mc 10,34 ]. Altrove afferma esplicitamente: "Io
offro la mia vita, per poi riprenderla. . . ho il potere di offrirla e il
potere di riprenderla" ( Gv 10,17-18 ). "Noi crediamo. . . che Gesù è morto
e risuscitato" ( 1Ts 4,14 ).
650 I Padri contemplano la Risurrezione a partire dalla Persona divina di
Cristo che è rimasta unita alla sua anima e al suo corpo separati tra loro
dalla morte: "Per l'unità della natura divina che permane presente in
ciascuna delle due parti dell'uomo, queste si riuniscono di nuovo. Così la
morte si è prodotta per la separazione del composto umano e la Risurrezione
per l'unione delle due parti separate" [San Gregorio di Nissa, In Christi
resurrectionem, 1: PG 46, 617B; cf anche "Statuta Ecclesiae Antiqua": Denz.
-Schönm., 325; Anastasio II, Lettera In prolixitate epistolae: ibid. , 359;
Ormisda, Lettera Inter ea quae: ibid. , 369; Concilio di Toledo XI: ibid.,
539].
III. Senso e portata salvifica della Risurrezione
651 "Se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione e
vana anche la vostra fede" ( 1Cor 15,14 ). La Risurrezione costituisce
anzitutto la conferma di tutto ciò che Cristo stesso ha fatto e insegnato.
Tutte le verità, anche le più inaccessibili allo spirito umano, trovano la
loro giustificazione se, risorgendo, Cristo ha dato la prova definitiva, che
aveva promesso, della sua autorità divina.
652 La Risurrezione di Cristo è compimento delle promesse dell'Antico
Testamento [Cf Lc 24,26-27; Lc 24,44-48 ] e di Gesù stesso durante la sua
vita terrena [Cf Mt 28,6; Mc 16,7; Lc 24,6-7 ]. L'espressione "secondo le
Scritture" ( 1Cor 15,3-4 e Simbolo di Nicea-Costantinopoli) indica che la
Risurrezione di Cristo realizzò queste predizioni.
653 La verità della divinità di Gesù è confermata dalla sua Risurrezione.
Egli aveva detto: "Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora
saprete che Io Sono" ( Gv 8,28 ). La Risurrezione del Crocifisso dimostrò
che egli era veramente "Io Sono", il Figlio di Dio e Dio egli stesso. San
Paolo ha potuto dichiarare ai Giudei: "La promessa fatta ai nostri padri si
è compiuta, poiché Dio l'ha attuata per noi. . . risuscitando Gesù, come
anche sta scritto nel Salmo secondo: "Mio Figlio sei tu, oggi ti ho
generato"" ( At 13,32-33 ) [Cf Sal 2,7 ]. La Risurrezione di Cristo è
strettamente legata al Mistero dell'Incarnazione del Figlio di Dio. Ne è il
compimento secondo il disegno eterno di Dio.
654 Vi è un duplice aspetto nel Mistero pasquale: con la sua morte Cristo ci
libera dal peccato, con la sua Risurrezione ci dà accesso ad una nuova vita.
Questa è dapprima la giustificazione che ci mette nuovamente nella grazia di
Dio [Cf Rm 4,25 ] "perché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo
della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova"
( Rm 6,4 ). Essa consiste nella vittoria sulla morte del peccato e nella
nuova partecipazione alla grazia [Cf Ef 2,4-5; 1Pt 1,3 ]. Essa compie
l'adozione filiale poiché gli uomini diventano fratelli di Cristo, come Gesù
stesso chiama i suoi discepoli dopo la sua Risurrezione: "Andate ad
annunziare ai miei fratelli" ( Mt 28,10; Gv 20,17 ). Fratelli non per
natura, ma per dono della grazia, perché questa filiazione adottiva procura
una reale partecipazione alla vita del Figlio unico, la quale si è
pienamente rivelata nella sua Risurrezione.
655 Infine, la Risurrezione di Cristo - e lo stesso Cristo risorto - è
principio e sorgente della nostra risurrezione futura: "Cristo è risuscitato
dai morti, primizia di coloro che sono morti. . . ; e come tutti muoiono in
Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo" ( 1Cor 15,20-22 ).
Nell'attesa di questo compimento, Cristo risuscitato vive nel cuore dei suoi
fedeli. In lui i cristiani gustano "le meraviglie del mondo futuro" ( Eb 6,5
) e la loro vita è trasportata da Cristo nel seno della vita divina: [Cf Col
3,1-3 ] "Egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per
se stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro" ( 2Cor 5,15 ).
In sintesi
656 La fede nella Risurrezione ha per oggetto un avvenimento storicamente
attestato dai discepoli che hanno realmente incontrato il Risorto, ed
insieme misteriosamente trascendente in quanto entrata dell'umanità di
Cristo nella gloria di Dio.
657 La tomba vuota e le bende per terra significano già per se stesse che il
Corpo di Cristo è sfuggito ai legami della morte e della corruzione, per la
potenza di Dio. Esse preparano i discepoli all'incontro con il Risorto.
658 Cristo, "il primogenito di coloro che risuscitano dai morti" ( Col 1,18
), è il principio della nostra Risurrezione, fin d'ora per la
giustificazione della nostra anima , [Cf Rm 6,4 ] più tardi per la
vivificazione del nostro corpo [Cf Rm 8,11 ].
Articolo 6
"GESU' SALI' AL CIELO, SIEDE ALLA DESTRA DI DIO
PADRE ONNIPOTENTE"
659 "Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e
sedette alla destra di Dio" ( Mc 16,19 ). Il Corpo di Cristo è stato
glorificato fin dall'istante della sua Risurrezione, come lo provano le
proprietà nuove e soprannaturali di cui ormai gode in permanenza [Cf Lc
24,31; Gv 20,19; 659 Gv 20,26 ]. Ma durante i quaranta giorni nei quali egli
mangia e beve familiarmente con i suoi discepoli [Cf At 10,41 ] e li
istruisce sul Regno, [Cf At 1,3 ] la sua gloria resta ancora velata sotto i
tratti di una umanità ordinaria [Cf Mc 16,12; Lc 24,15; Gv 20,14-15; Gv 21,4
]. L'ultima apparizione di Gesù termina con l'entrata irreversibile della
sua umanità nella gloria divina simbolizzata dalla nube [Cf At 1,9; cf anche
Lc 9,34-35; Es 13,22 ] e dal cielo [Cf Lc 24,51 ] ove egli siede ormai alla
destra di Dio [Cf Mc 16,19; 659 At 2,33; At 7,56; cf anche Sal 110,1 ]. In
un modo del tutto eccezionale ed unico egli si mostrerà a Paolo "come a un
aborto" ( 1Cor 15,8 ) in un'ultima apparizione che costituirà apostolo Paolo
stesso [Cf 1Cor 9,1; Gal 1,16 ].
660 Il carattere velato della gloria del Risorto durante questo tempo
traspare nelle sue misteriose parole a Maria Maddalena: "Non sono ancora
salito al Padre: ma va' dai miei fratelli e di' loro: Io salgo al Padre mio
e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro" ( Gv 20,17 ). Questo indica una
differenza di manifestazione tra la gloria di Cristo risorto e quella di
Cristo esaltato alla destra del Padre. L'avvenimento ad un tempo storico e
trascendente dell'Ascensione segna il passaggio dall'una all'altra.
661 Quest'ultima tappa rimane strettamente unita alla prima, cioè alla
discesa dal cielo realizzata nell'Incarnazione. Solo colui che è "uscito dal
Padre" può far ritorno al Padre: Cristo [Cf Gv 16,28 ]. "Nessuno è mai
salito al cielo fuorché il Figlio dell'uomo che è disceso dal cielo" ( Gv
3,13 ) [Cf Ef 4,8-10 ]. Lasciata alle sue forze naturali, l'umanità non ha
accesso alla "Casa del Padre" ( Gv 14,2 ), alla vita e alla felicità di Dio.
Soltanto Cristo ha potuto aprire all'uomo questo accesso "per darci la
serena fiducia che dove è lui, Capo e Primogenito, saremo anche noi, sue
membra, uniti nella stessa gloria" [Messale Romano, Prefazio dell'Ascensione
I].
662 "Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me" ( Gv 12,32 ).
L'elevazione sulla croce significa e annunzia l'elevazione dell'Ascensione
al cielo. Essa ne è l'inizio. Gesù Cristo, l'unico Sacerdote della nuova ed
eterna Alleanza, "non è entrato in un santuario fatto da mani d'uomo. . .,
ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore"
( Eb 9,24 ). In cielo Cristo esercita il suo sacerdozio in permanenza,
"essendo egli sempre vivo per intercedere" a favore di "quelli che per mezzo
di lui si accostano a Dio" ( Eb 7,25 ). Come "sommo sacerdote dei beni
futuri" ( Eb 9,11 ) egli è il centro e l'attore principale della Liturgia
che onora il Padre nei cieli [Cf Ap 4,6-11 ].
663 Cristo, ormai, siede alla destra del Padre. "Per destra del Padre
intendiamo la gloria e l'onore della divinità, ove colui che esisteva come
Figlio di Dio prima di tutti i secoli come Dio e consustanziale al Padre,
s'è assiso corporalmente dopo che si è incarnato e la sua carne è stata
glorificata" [San Giovanni Damasceno, De fide orthodoxa, 4, 2, 2: PG 94,
1104D].
664 L'essere assiso alla destra del Padre significa l'inaugurazione del
regno del Messia, compimento della visione del profeta Daniele riguardante
il Figlio dell'uomo: " [Il Vegliardo] gli diede potere, gloria e regno;
tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano; il suo potere è un potere
eterno, che non tramonta mai, e il suo regno è tale che non sarà mai
distrutto" ( Dn 7,14 ). A partire da questo momento, gli Apostoli sono
divenuti i testimoni del "Regno che non avrà fine" [Simbolo di
Nicea-Costantinopoli].
In sintesi
665 L'Ascensione di Cristo segna l'entrata definitiva dell'umanità di Gesù
nel dominio celeste di Dio da dove ritornerà , [Cf At 1,11 ] ma che nel
frattempo lo cela agli occhi degli uomini [Cf Col 3,3 ].
666 Gesù Cristo, Capo della Chiesa, ci precede nel Regno glorioso del Padre
perché noi, membra del suo Corpo, viviamo nella speranza di essere un giorno
eternamente con lui.
667 Gesù Cristo, essendo entrato una volta per tutte nel santuario del
cielo, intercede incessantemente per noi come il mediatore che ci assicura
la perenne effusione dello Spirito Santo.
Articolo 7
"DI LA' VERRA' A GIUDICARE I VIVI E I MORTI"
I. Egli ritornerà nella gloria
Cristo regna già attraverso la Chiesa. . .
668 "Per questo Cristo è morto e ritornato alla vita: per essere il Signore
dei morti e dei vivi" ( Rm 14,9 ). L'Ascensione di Cristo al cielo significa
la sua partecipazione, nella sua umanità, alla potenza e all'autorità di Dio
stesso. Gesù Cristo è Signore: egli detiene tutto il potere nei cieli e
sulla terra. Egli è "al di sopra di ogni principato e autorità, di ogni
potenza e dominazione" perché il Padre "tutto ha sottomesso ai suoi piedi" (
Ef 1,21-22 ). Cristo è il Signore del cosmo [Cf Ef 4,10; 1Cor 15,24; 668
1Cor 15,27-28 ] e della storia. In lui la storia dell'uomo come pure tutta
la creazione trovano la loro "ricapitolazione", [Cf Ef 1,10 ] il loro
compimento trascendente.
669 Come Signore, Cristo è anche il Capo della Chiesa che è il suo Corpo [Cf
Ef 1,22 ]. Elevato al cielo e glorificato, avendo così compiuto pienamente
la sua missione, egli permane sulla terra, nella sua Chiesa. La Redenzione è
la sorgente dell'autorità che Cristo, in virtù dello Spirito Santo, esercita
sulla Chiesa, [Cf Ef 4,11-13 ] la quale è "il Regno di Cristo già presente
in mistero". La Chiesa "di questo Regno costituisce in terra il germe e
l'inizio" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 3; 5].
670 Dopo l'Ascensione, il disegno di Dio è entrato nel suo compimento. Noi
siamo già nell'"ultima ora" ( 1Gv 2,18 ) [Cf 1Pt 4,7 ]. "Già dunque è
arrivata a noi l'ultima fase dei tempi e la rinnovazione del mondo è stata
irrevocabilmente fissata e in un certo modo è realmente anticipata in questo
mondo; difatti la Chiesa già sulla terra è adornata di una santità vera,
anche se imperfetta" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 48]. Il Regno di
Cristo manifesta già la sua presenza attraverso i segni miracolosi [Cf Mc
16,17-18 ] che ne accompagnano l'annunzio da parte della Chiesa [Cf Mc 16,20
].
... nell'attesa che tutto sia a lui sottomesso
671 Già presente nella sua Chiesa, il Regno di Cristo non è tuttavia ancora
compiuto "con potenza e gloria grande" ( Lc 21,27 ) [Cf Mt 25,31 ] mediante
la venuta del Re sulla terra. Questo Regno è ancora insidiato dalle potenze
inique, [Cf 2Ts 2,7 ] anche se esse sono già state vinte radicalmente dalla
Pasqua di Cristo. Fino al momento in cui tutto sarà a lui sottomesso, [Cf
1Cor 15,28 ] "fino a che non vi saranno i nuovi cieli e la terra nuova, nei
quali la giustizia ha la sua dimora, la Chiesa pellegrinante, nei suoi
sacramenti e nelle sue istituzioni, che appartengono all'età presente, porta
la figura fugace di questo mondo, e vive tra le creature, le quali sono in
gemito e nel travaglio del parto sino ad ora e attendono la manifestazione
dei figli di Dio" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 48]. Per questa
ragione i cristiani pregano, soprattutto nell'Eucaristia [Cf 1Cor 11,26 ]
per affrettare il ritorno di Cristo [Cf 2Pt 3,11-12 ] dicendogli: "Vieni,
Signore" ( 1Cor 16,22; Ap 22,17; Ap 22,20 ).
672 Prima dell'Ascensione Cristo ha affermato che non era ancora il momento
del costituirsi glorioso del Regno messianico atteso da Israele, [Cf At
1,6-7 ] Regno che doveva portare a tutti gli uomini, secondo i profeti, [Cf
Is 11,1-9 ] l'ordine definitivo della giustizia, dell'amore e della pace. Il
tempo presente è, secondo il Signore, il tempo dello Spirito e della
testimonianza, [Cf At 1,8 ] ma anche un tempo ancora segnato dalla
"necessità" ( 1Cor 7,26 ) e dalla prova del male, [Cf Ef 5,16 ] che non
risparmia la Chiesa [Cf 1Pt 4,17 ] e inaugura i combattimenti degli ultimi
tempi [Cf 1Gv 2,18; 1Gv 4,3; 1Tm 4,1 ]. E' un tempo di attesa e di vigilanza
[Cf Mt 25,1-13; 672 Mc 13,33-37 ].
La venuta gloriosa di Cristo, speranza di Israele
673 Dopo l'Ascensione, la venuta di Cristo nella gloria è imminente, [Cf Ap
22,20 ] anche se non spetta a noi "conoscere i tempi e i momenti che il
Padre ha riservato alla sua scelta" ( At 1,7 ) [Cf Mc 13,32 ]. Questa venuta
escatologica può compiersi in qualsiasi momento [Cf Mt 24,44; 1Ts 5,2 ]
anche se essa e la prova finale che la precederà sono "impedite" [Cf 2Ts
2,3-12 ].
674 La venuta del Messia glorioso è sospesa in ogni momento della storia [Cf
Rm 11,31 ] al riconoscimento di lui da parte di "tutto Israele" ( Rm 11,26;
674 Mt 23,39 ) a causa dell'"indurimento di una parte" ( Rm 11,25 )
nell'incredulità [Cf Rm 11,20 ] verso Gesù. San Pietro dice agli Ebrei di
Gerusalemme dopo la Pentecoste: "Pentitevi dunque e cambiate vita, perché
siano cancellati i vostri peccati e così possano giungere i tempi della
consolazione da parte del Signore ed egli mandi quello che vi aveva
destinato come Messia, cioè Gesù. Egli dev'esser accolto in cielo fino ai
tempi della restaurazione di tutte le cose, come ha detto Dio fin
dall'antichità, per bocca dei suoi santi profeti" ( At 3,19-21 ). E san
Paolo gli fa eco: "Se infatti il loro rifiuto ha segnato la riconciliazione
del mondo, quale potrà mai essere la loro riammissione se non una
risurrezione dai morti?" ( Rm 11,15 ). "La partecipazione totale" degli
Ebrei ( Rm 11,12 ) alla salvezza messianica a seguito della partecipazione
totale dei pagani [Cf Rm 11,25; Lc 21,24 ] permetterà al Popolo di Dio di
arrivare "alla piena maturità di Cristo" ( Ef 4,13 ) nella quale "Dio sarà
tutto in tutti" ( 1Cor 15,28 ).
L'ultima prova della Chiesa
675 Prima della venuta di Cristo, la Chiesa deve passare attraverso una
prova finale che scuoterà la fede di molti credenti [Cf Lc 18,8; Mt 24,12 ].
La persecuzione che accompagna il suo pellegrinaggio sulla terra [Cf Lc
21,12; Gv 15,19-20 ] svelerà il "Mistero di iniquità" sotto la forma di una
impostura religiosa che offre agli uomini una soluzione apparente ai loro
problemi, al prezzo dell'apostasia dalla verità. La massima impostura
religiosa è quella dell'Anti-Cristo, cioè di uno pseudo-messianismo in cui
l'uomo glorifica se stesso al posto di Dio e del suo Messia venuto nella
carne [Cf 2Ts 2,4-12; 675 1Ts 5,2-3; 2Gv 1,7; 1Gv 2,18; 1Gv 2,22 ].
676 Questa impostura anti-cristica si delinea già nel mondo ogniqualvolta si
pretende di realizzare nella storia la speranza messianica che non può esser
portata a compimento che al di là di essa, attraverso il giudizio
escatologico; anche sotto la sua forma mitigata, la Chiesa ha rigettato
questa falsificazione del Regno futuro sotto il nome di "millenarismo", [Cf
Congregazione per la Dottrina della Fede, Decreto del 19 luglio 1944, De
Millenarismo: Denz. -Schönm. , 3839] soprattutto sotto la forma politica di
un messianismo secolarizzato "intrinsecamente perverso" [Cf Pio XI, Lett.
enc. Divini Redemptoris, che condanna il "falso misticismo" di questa "con-
traffazione della redenzione degli umili"; Conc.
Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 20-21. [Cf Ap 19,1-9 ] Cf Ap 19, 1-9].
677 La Chiesa non entrerà nella gloria del Regno che attraverso quest'ultima
Pasqua, nella quale seguirà il suo Signore nella sua morte e Risurrezione
[Cf Ap 13,8 ]. Il Regno non si compirà dunque attraverso un trionfo storico
della Chiesa [Cf Ap 20,7-10 ] secondo un progresso ascendente, ma attraverso
una vittoria di Dio sullo scatenarsi ultimo del male [Cf Ap 21,2-4 ] che
farà discendere dal cielo la sua Sposa [ Cf Ap 20,12 ]. Il trionfo di Dio
sulla rivolta del male prenderà la forma dell'ultimo Giudizio [Cf 2Pt
3,12-13 ] dopo l'ultimo sommovimento cosmico di questo mondo che passa [Cf
Dn 7,10; Gl 3-4; 677 Ml 3,19 ].
II. Per giudicare i vivi e i morti
678 In linea con i profeti [Cf Mt 3,7-12 ] e Giovanni Battista [Cf Mc
12,38-40 ] Gesù ha annunziato nella sua predicazione il Giudizio dell'ultimo
Giorno. Allora saranno messi in luce la condotta di ciascuno [Cf Lc 12,1-3;
Gv 3,20-21; Rm 2,16; 678 1Cor 4,5 ] e il segreto dei cuori [Cf Mt 11,20-24;
678 Mt 12,41-42 ]. Allora verrà condannata l'incredulità colpevole che non
ha tenuto in alcun conto la grazia offerta da Dio. L'atteggiamento verso il
prossimo rivelerà l'accoglienza o il rifiuto della grazia e dell'amore
divino [Cf Mt 5,22; Mt 7,1-5 ]. Gesù dirà nell'ultimo giorno: "Ogni volta
che avete fatto queste cose ad uno solo di questi miei fratelli più piccoli,
l'avete fatto a me" ( Mt 25,40 ).
679 Cristo è Signore della vita eterna. Il pieno diritto di giudicare
definitivamente le opere e i cuori degli uomini appartiene a lui in quanto
Redentore del mondo. Egli ha "acquisito" questo diritto con la sua croce.
Anche il Padre "ha rimesso ogni giudizio al Figlio" ( Gv 5,22 ) [Cf Gv 5,27;
679 Mt 25,31; At 10,42; At 17,31; 2Tm 4,1 ]. Ora, il Figlio non è venuto per
giudicare, ma per salvare [Cf Gv 3,17 ] e per donare la vita che è in lui
[Cf Gv 5,26 ]. E' per il rifiuto della grazia nella vita presente che ognuno
si giudica già da se stesso, [Cf Gv 3,18; Gv 12,48 ] riceve secondo le sue
opere [Cf 1Cor 3,12-15 ] e può anche condannarsi per l'eternità rifiutando
lo Spirito d'amore [Cf Mt 12,32; Eb 6,4-6; Eb 10,26-31 ].
In sintesi
680 Cristo Signore regna già attraverso la Chiesa, ma tutte le cose di
questo mondo non gli sono ancora sottomesse. Il trionfo del Regno di Cristo
non avverrà senza un ultimo assalto delle potenze del male.
681 Nel Giorno del Giudizio, alla fine del mondo, Cristo verrà nella gloria
per dare compimento al trionfo definitivo del bene sul male che, come il
grano e la zizzania, saranno cresciuti insieme nel corso della storia.
682 Cristo glorioso, venendo alla fine dei tempi a giudicare i vivi e i
morti, rivelerà la disposizione segreta dei cuori e renderà a ciascun uomo
secondo le sue opere e secondo l'accoglienza o il rifiuto della grazia.
PARTE PRIMA - LA PROFESSIONE DELLA FEDE
SEZIONE SECONDA - LA PROFESSIONE DELLA FEDE CRISTIANA
CAPITOLO TERZO - CREDO NELLO SPIRITO SANTO
683 "Nessuno può dire "Gesù è Signore" se non sotto l'azione dello Spirito
Santo" ( 1Cor 12,3 ). "Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo
Figlio che grida: Abbà, Padre!" ( Gal 4,6 ). Questa conoscenza di fede è
possibile solo nello Spirito Santo. Per essere in contatto con Cristo,
bisogna dapprima essere stati toccati dallo Spirito Santo. E' lui che ci
precede e suscita in noi la fede. In forza del nostro Battesimo, primo
sacramento della fede, la Vita, che ha la sua sorgente nel Padre e ci è
offerta nel Figlio, ci viene comunicata intimamente e personalmente dallo
Spirito Santo nella Chiesa:
Il Battesimo ci accorda la grazia della nuova nascita in Dio Padre per mezzo
del Figlio suo nello Spirito Santo. Infatti coloro che hanno lo Spirito di
Dio sono condotti al Verbo, ossia al Figlio; ma il Figlio li presenta al
Padre, e il Padre procura loro l'incorruttibilità. Dunque, senza lo Spirito,
non è possibile vedere il Figlio di Dio, e, senza il Figlio, nessuno può
avvicinarsi al Padre, perché la conoscenza del Padre è il Figlio, e la
conoscenza del Figlio di Dio avviene per mezzo dello Spirito Santo
[Sant'Ireneo di Lione, Demonstratio apostolica, 7].
684 Lo Spirito Santo con la sua grazia è il primo nel destare la nostra fede
e nel suscitare la vita nuova che consiste nel conoscere il Padre e colui
che ha mandato, Gesù Cristo [Cf Gv 17,3 ]. Tuttavia è l'ultimo nella
rivelazione delle Persone della Santa Trinità. San Gregorio Nazianzeno, "il
Teologo", spiega questa progressione con la pedagogia della "condiscendenza"
divina:
L'Antico Testamento proclamava chiaramente il Padre, più oscuramente il
Figlio. Il Nuovo ha manifestato il Figlio, ha fatto intravvedere la divinità
dello Spirito. Ora lo Spirito ha diritto di cittadinanza in mezzo a noi e ci
accorda una visione più chiara di se stesso. Infatti non era prudente,
quando non si professava ancora la divinità del Padre, proclamare
apertamente il Figlio e, quando non era ancora ammessa la divinità del
Figlio, aggiungere lo Spirito Santo come un fardello supplementare, per
usare un'espressione un po' ardita. . . Solo attraverso un cammino di
avanzamento e di progressso "di gloria in gloria", la luce della Trinità
sfolgorerà in più brillante trasparenza [San Gregorio Nazianzeno, Orationes
theologicae, 5, 26: PG 36, 161C].
685 Credere nello Spirito Santo significa dunque professare che lo Spirito
Santo è una delle Persone della Santa Trinità, consustanziale al Padre e al
Figlio, "con il Padre e il Figlio adorato e glorificato" (Simbolo di
Nicea-Costantinopoli). Per questo motivo si è trattato del mistero divino
dello Spirito Santo nella "teologia" trinitaria. Qui, dunque, si considererà
lo Spirito Santo solo nell' "Economia" divina.
686 Lo Spirito Santo è all'opera con il Padre e il Figlio dall'inizio al
compimento del disegno della nostra salvezza. Tuttavia è solo negli "ultimi
tempi", inaugurati con l'Incarnazione redentrice del Figlio, che egli viene
rivelato e donato, riconosciuto e accolto come Persona. Allora questo
disegno divino, compiuto in Cristo, "Primogenito" e Capo della nuova
creazione, potrà realizzarsi nell'umanità con l'effusione dello Spirito: la
Chiesa, la comunione dei santi, la remissione dei peccati, la risurrezione
della carne, la vita eterna.
Articolo 8
"CREDO NELLO SPIRITO SANTO"
687 "I segreti di Dio nessuno li ha mai potuti conoscere se non lo Spirito
di Dio" ( 1Cor 2,11 ). Ora, il suo Spirito, che lo rivela, ci fa conoscere
Cristo, suo Verbo, sua Parola vivente, ma non dice se stesso. Colui che "ha
parlato per mezzo dei profeti" ci fa udire la Parola del Padre. Lui, però,
non lo sentiamo. Non lo conosciamo che nel movimento in cui ci rivela il
Verbo e ci dispone ad accoglierlo nella fede. Lo Spirito di Verità che ci
svela Cristo non parla da sé [Cf Gv 16,13 ]. Un tale annientamento,
propriamente divino, spiega il motivo per cui "il mondo non può ricevere" lo
Spirito, "perché non lo vede e non lo conosce", mentre coloro che credono in
Cristo lo conoscono perché "dimora" presso di loro [Cf Gv 14,17 ].
688 La Chiesa, comunione vivente nella fede degli Apostoli che essa
trasmette, è il luogo della nostra conoscenza dello Spirito Santo:
- nelle Scritture, che egli ha ispirato;
- nella Tradizione di cui i Padri della Chiesa sono sono i testimoni sempre
attuali;
- nel Magistero della Chiesa che egli assiste;
- nella Liturgia sacramentale, attraverso le sue parole e i suoi simboli, in
cui lo Spirito Santo ci mette in comunione con Cristo;
- nella preghiera, nella quale intercede per noi;
- nei carismi e nei ministeri che edificano la Chiesa;
- nei segni di vita apostolica e missionaria;
- nella testimonianza dei santi, in cui egli manifesta la sua santità e
continua l'opera della salvezza.
I. La missione congiunta del Figlio e dello Spirito
689 Colui che il Padre "ha mandato nei nostri cuori, lo Spirito del suo
Figlio" ( Gal 4,6 ) è realmente Dio. Consustanziale al Padre e al Figlio, ne
è inseparabile, tanto nella vita intima della Trinità quanto nel suo dono
d'amore per il mondo. Ma adorando la Trinità Santa, vivificante,
consustanziale e indivisibile, la fede della Chiesa professa anche la
distinzione delle Persone. Quando il Padre invia il suo Verbo, invia sempre
il suo Soffio: missione congiunta in cui il Figlio e lo Spirito Santo sono
distinti ma inseparabili. Certo, è Cristo che appare, egli, l'Immagine
visibile del Dio invisibile, ma è lo Spirito Santo che lo rivela.
690 Gesù è Cristo, "unto", perché lo Spirito ne è l'Unzione e tutto ciò che
avviene a partire dall'Incarnazione sgorga da questa pienezza [Cf Gv 3,34 ].
Infine, quando Cristo è glorificato, [Cf Gv 7,39 ] può, a sua volta, dal
Padre, inviare lo Spirito a coloro che credono in lui: comunica loro la sua
Gloria, [Cf Gv 17,22 ] cioè lo Spirito Santo che lo glorifica [Cf Gv 16,14
]. La missione congiunta si dispiegherà da allora in poi nei figli adottati
dal Padre nel Corpo del suo Figlio: la missione dello Spirito di adozione
sarà di unirli a Cristo e di farli vivere in lui:
La nozione di unzione suggerisce. . . che non c'è alcuna distanza tra il
Figlio e lo Spirito. Infatti, come tra la superficie del corpo e l'unzione
dell'olio né la ragione né la sensazione conoscono intermediari, così è
immediato il contatto del Figlio con lo Spirito; di conseguenza colui che
sta per entrare in contatto con il Figlio mediante la fede, deve
necessariamente dapprima entrare in contatto con l'olio. Nessuna parte
infatti è priva dello Spirito Santo. Ecco perché la confessione della
Signoria del Figlio avviene nello Spirito Santo per coloro che la ricevono,
dato che lo Spirito Santo viene da ogni parte incontro a coloro che si
approssimano per la fede [San Gregorio di Nissa, De Spiritu Sancto, 3, 1: PG
45, 1321A-B].
II. Il nome, gli appellativi e i simboli
dello Spirito Santo
Il nome, proprio dello Spirito Santo
691 "Spirito Santo", tale è il nome proprio di colui che noi adoriamo e
glorifichiamo con il Padre e il Figlio. La Chiesa lo ha ricevuto dal Signore
e lo professa nel Battesimo dei suoi nuovi figli [Cf Mt 28,19 ].
Il termine "Spirito" traduce il termine ebraico "Ruah", che nel suo senso
primario significa soffio, aria, vento. Gesù utilizza proprio l'immagine
sensibile del vento per suggerire a Nicodemo la novità trascendente di colui
che è il Soffio di Dio, lo Spirito divino in persona [Cf Gv 3,5-8 ]. D'altra
parte, Spirito e Santo sono attributi divini comuni alle Tre Persone divine.
Ma, congiungendo i due termini, la Scrittura, la Liturgia e il linguaggio
teologico designano la Persona ineffabile dello Spirito Santo, senza
possibilità di equivoci con gli altri usi dei termini "spirito" e "santo".
Gli appellativi dello Spirito Santo
692 Gesù, quando annunzia e promette la venuta dello Spirito Santo, lo
chiama "Paraclito", letteralmente: "Colui che è chiamato vicino",
"ad-vocatus" ( Gv 14,16; 692 Gv 14,26; Gv 15,26; Gv 16,7 ). "Paraclito"
viene abitualmente tradotto "Consolatore", essendo Gesù il primo consolatore
[Cf 1Gv 2,1 ]. Il Signore stesso chiama lo Spirito Santo "Spirito di verità"
( Gv 16,13 ).
693 Oltre al suo nome proprio, che è il più usato negli Atti degli Apostoli
e nelle Lettere, in san Paolo troviamo gli appellativi: lo Spirito della
promessa, [Cf Gal 3,14; Ef 1,13 ] lo Spirito di adozione, [Cf Rm 8,15; Gal
4,6 ] lo "Spirito di Cristo" ( Rm 8,9 ), "lo Spirito del Signore" ( 2Cor
3,17 ), "lo Spirito di Dio" ( Rm 8,9; Rm 8,14; Rm 15,19; 1Cor 6,11; 693 1Cor
7,40 ), e in san Pietro, "lo Spirito della gloria" ( 1Pt 4,14 ).
I simboli dello Spirito Santo
694 L'acqua. Il simbolismo dell'acqua significa l'azione dello Spirito Santo
nel Battesimo, poiché dopo l'invocazione dello Spirito Santo, essa diviene
il segno sacramentale efficace della nuova nascita: come la gestazione della
nostra prima nascita si è operata nell'acqua, allo stesso modo l'acqua
battesimale significa realmente che la nostra nascita alla vita divina ci è
donata nello Spirito Santo. Ma "battezzati in un solo Spirito", noi "ci
siamo" anche "abbeverati a un solo Spirito" ( 1Cor 12,13 ): lo Spirito,
dunque, è anche personalmente l'acqua viva che scaturisce da Cristo
crocifisso come dalla sua sorgente [ Cf Gv 19,34; 1Gv 5,8 ] e che in noi
zampilla per la Vita eterna [Cf Gv 4,10-14; Gv 7,38; 694 Es 17,1-6; Is 55,1;
Zc 14,8; 1Cor 10,4; Ap 21,6; 694 Ap 22,17 ].
695 L'unzione. Il simbolismo dell'unzione con l'olio è talmente
significativa dello Spirito Santo da divenirne il sinonimo [Cf 1Gv 2,20; 1Gv
2,27; 2Cor 1,21 ]. Nell'iniziazione cristiana essa è il segno sacramentale
della Confermazione, chiamata giustamente nelle Chiese d'Oriente
"Crismazione". Ma per coglierne tutta la forza, bisogna tornare alla prima
unzione compiuta dallo Spirito Santo: quella di Gesù. Cristo ["Messia", in
ebraico] significa "Unto" dallo Spirito di Dio. Nell'Antica Alleanza ci sono
stati degli "unti" del Signore, [Cf Es 30,22-32 ] primo fra tutti il re
Davide [Cf 1Sam 16,13 ]. Ma Gesù è l'Unto di Dio in una maniera unica:
l'umanità che il Figlio assume è totalmente "unta di Spirito Santo". Gesù è
costituito "Cristo" dallo Spirito Santo [Cf Lc 4,18-19; Is 61,1 ]. La
Vergine Maria concepisce Cristo per opera dello Spirito Santo, il quale,
attraverso l'angelo, lo annunzia come Cristo fin dalla nascita [Cf Lc 2,11 ]
e spinge Simeone ad andare al Tempio per vedere il Cristo del Signore; [Cf
Lc 2,26-27 ] è lui che ricolma Cristo, [Cf Lc 4,1 ] è sua la forza che esce
da Cristo negli atti di guarigione e di risanamento [Cf Lc 6,19; 695 Lc 8,46
]. E' lui, infine, che risuscita Cristo dai morti [Cf Rm 1,4; Rm 8,11 ].
Allora, costituito pienamente "Cristo" nella sua Umanità vittoriosa della
morte, [Cf At 2,36 ] Gesù effonde a profusione lo Spirito Santo, finché "i
santi" costituiranno, nella loro unione all'Umanità del Figlio di Dio,
l'"Uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo" (
Ef 4,13 ): "il Cristo totale", secondo l'espressione di sant'Agostino.
696 Il fuoco. Mentre l'acqua significava la nascita e la fecondità della
Vita donata nello Spirito Santo, il fuoco simbolizza l'energia trasformante
degli atti dello Spirito Santo. Il profeta Elia, che "sorse simile al fuoco"
e la cui "parola bruciava come fiaccola" ( Sir 48,1 ), con la sua preghiera
attira il fuoco del cielo sul sacrificio del monte Carmelo, [Cf 1Re 18,38-39
] figura del fuoco dello Spirito Santo che trasforma ciò che tocca. Giovanni
Battista, che cammina innanzi al Signore "con lo spirito e la forza di Elia"
( Lc 1,17 ) annunzia Cristo come colui che "battezzerà in Spirito Santo e
fuoco" ( Lc 3,16 ), quello Spirito di cui Gesù dirà: "Sono venuto a portare
il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!" ( Lc 12,49 ). E'
sotto la forma di "lingue come di fuoco" che lo Spirito Santo si posa sui
discepoli il mattino di Pentecoste e li riempie di sé ( At 2,3-4 ). La
tradizione spirituale riterrà il simbolismo del fuoco come uno dei più
espressivi dell'azione dello Spirito Santo [Cf San Giovanni della Croce,
Fiamma viva d'amore]. "Non spegnete lo Spirito" ( 1Ts 5,19 ).
697 La nube e la luce. Questi due simboli sono inseparabili nelle
manifestazioni dello Spirito Santo. Fin dalle teofanie dell'Antico
Testamento, la Nube, ora oscura, ora luminosa, rivela il Dio vivente e
salvatore, velando la trascendenza della sua Gloria: con Mosè sul monte
Sinai, [Cf Es 24,15-18 ] presso la Tenda del Convegno [Cf Es 33,9-10 ] e
durante il cammino nel deserto; [Cf Es 40,36-38; 697 1Cor 10,1-2 ] con
Salomone al momento della dedicazione del Tempio [Cf 1Re 8,10-12 ]. Ora,
queste figure sono portate a compimento da Cristo nello Spirito Santo. E'
questi che scende sulla Vergine Maria e su di lei stende la "sua ombra",
affinché ella concepi sca e dia alla luce Gesù [Cf Lc 1,35 ]. Sulla montagna
della Trasfigurazione è lui che viene nella nube che avvolge Gesù, Mosè e
Elia, Pietro, Giacomo e Giovanni, e "dalla nube" esce una voce che dice:
"Questi è il mio Figlio, l'eletto; ascoltatelo" ( Lc 9,34-35 ). Infine, è la
stessa Nube che sottrae Gesù allo sguardo dei discepoli il giorno
dell'Ascensione [Cf At 1,9 ] e che lo rivelerà Figlio dell'uomo nella sua
gloria il giorno della sua venuta [Cf Lc 21,27 ].
698 Il sigillo è un simbolo vicino a quello dell'Unzione. Infatti su Cristo
"Dio ha messo il suo sigillo" ( Gv 6,27 ), e in lui il Padre segna anche noi
con il suo sigillo [Cf 2Cor 1,22; Ef 1,13; 698 Ef 4,30 ]. Poiché indica
l'effetto indelebile dell'Unzione dello Spirito Santo nei sacramenti del
Battesimo, della Confermazione e dell'Ordine, l'immagine del sigillo
[sphragis"] è stata utilizzata in certe tradizioni teologiche per esprimere
il "carattere" indelebile impresso da questi tre sacramenti che non possono
essere ripetuti.
699 La mano. Imponendo le mani Gesù guarisce i malati [Cf Mc 6,5; Mc 8,23 ]
e benedice i bambini [Cf Mc 10,16 ]. Nel suo Nome, gli Apostoli compiranno
gli stessi gesti [Cf Mc 16,18; At 5,12; At 14,3 ]. Ancor di più, è mediante
l'imposizione delle mani da parte degli Apostoli che viene donato lo Spirito
Santo [Cf At 8,17-19; At 13,3; At 19,6 ]. La Lettera agli Ebrei mette
l'imposizione delle mani tra gli "articoli fondamentali" del suo
insegnamento [Cf Eb 6,2 ]. La Chiesa ha conservato questo segno
dell'effusione onnipotente dello Spirito Santo nelle epiclesi sacramentali.
700 Il dito. "Con il dito di Dio" Gesù scaccia "i demoni" ( Lc 11,20 ). Se
la Legge di Dio è stata scritta su tavole di pietra "dal dito di Dio" ( Es
31,18 ), "la lettera di Cristo", affidata alle cure degli Apostoli, è
"scritta con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma sulle
tavole di carne dei. . . cuori" ( 2Cor 3,3 ). L'inno "Veni, Creator
Spiritus" invoca lo Spirito Santo come "digitus paternae dexterae dito della
destra del Padre".
701 La colomba. Alla fine del diluvio (il cui simbolismo riguarda il
Battesimo), la colomba fatta uscire da Noè torna, portando nel becco un
freschissimo ramoscello d'ulivo, segno che la terra è di nuovo abitabile [Cf
Gen 8,8-12 ]. Quando Cristo risale dall'acqua del suo battesimo, lo Spirito
Santo, sotto forma di colomba, scende su di lui e in lui rimane [Cf Mt 3,16
par]. Lo Spirito scende e prende dimora nel cuore purificato dei battezzati.
In alcune chiese, la santa Riserva eucaristica è conservata in una custodia
metallica a forma di colomba (il columbarium) appeso al di sopra
dell'altare. Il simbolo della colomba per indicare lo Spirito Santo è
tradizionale nell'iconografia cristiana.
III. Lo Spirito e la Parola di Dio
nel tempo delle promesse
702 Dalle origini fino alla "pienezza del tempo" ( Gal 4,4 ), la missione
congiunta del Verbo e dello Spirito del Padre rimane nascosta, ma è
all'opera. Lo Spirito di Dio va preparando il tempo del Messia, e l'uno e
l'altro, pur non essendo ancora pienamente rivelati, vi sono già promessi,
affinché siano attesi e accolti al momento della loro manifestazione. Per
questo, quando la Chiesa legge l'Antico Testamento, [Cf 2Cor 3,14 ] vi cerca
[Cf Gv 5,39; Gv 5,46 ] ciò che lo Spirito, "che ha parlato per mezzo dei
profeti", vuole dirci di Cristo.
Con il termine "profeti", la fede della Chiesa intende in questo caso tutti
coloro che furono ispirati dallo Spirito Santo nel vivo annuncio e nella
redazione dei Libri Sacri, sia dell'Antico sia del Nuovo Testamento. La
tradizione giudaica distingue la Legge [i primi cinque libri o Pentateuco],
i Profeti [corrispondenti ai nostri libri detti storici e profetici] e gli
Scritti [soprattutto sapienziali, in particolare i Salmi] [Cf Lc 24,44 ].
Nella creazione
703 La Parola di Dio e il suo Soffio sono all'origine dell'essere e della
vita di ogni creatura: [Cf Sal 33,6; Sal 104,30; Gen 1,2; Gen 2,7; Qo
3,20-21; 703 Ez 37,10 ]
E' proprio dello Spirito Santo governare, santificare e animare la
creazione, perché egli è Dio consustanziale al Padre e al Figlio. . . Egli
ha potere sulla vita, perché, essendo Dio, custodisce la creazione nel Padre
per mezzo del Figlio [Liturgia bizantina, Tropario del mattino delle
domeniche del secondo modo].
704 "Quanto all'uomo, Dio l'ha plasmato con le sue proprie mani [cioè il
Figlio e lo Spirito Santo]. . . e sulla carne plasmata disegnò la sua
propria forma, in modo che anche ciò che era visibile portasse la forma
divina [Sant'Ireneo di Lione, Demonstratio apostolica, 11].
Lo Spirito della promessa
705 Sfigurato dal peccato e dalla morte, l'uomo rimane "a immagine di Dio",
a immagine del Figlio, ma è privo "della Gloria di Dio" ( Rm 3,23 ), della
"somiglianza". La Promessa fatta ad Abramo inaugura l'Economia della
salvezza, al termine della quale il Figlio stesso assumerà "l'immagine" [Cf
Gv 1,14; 705 Fil 2,7 ] e la restaurerà nella "somiglianza" con il Padre,
ridonandole la Gloria, lo Spirito "che dà la vita".
706 Contro ogni speranza umana, Dio promette ad Abramo una discendenza, come
frutto della fede e della potenza dello Spirito Santo [Cf Gen 18,1-15; 706
Lc 1,26-38; Lc 1,54-55; Gv 1,12-13; Rm 4,16-21 ]. In essa saranno benedetti
tutti i popoli della terra [Cf Gen 12,3 ]. Questa discendenza sarà Cristo,
[Cf Gal 3,16 ] nel quale l'effusione dello Spirito Santo riunirà "insieme i
figli di Dio che erano dispersi" ( Gv 11,52 ). Impegnandosi con giuramento,
[Cf Lc 1,73 ] Dio si impegna già al dono del suo Figlio Prediletto [Cf Gen
22,17-19; Rm 8,32; 706 Gv 3,16 ] e al dono "dello Spirito Santo che era
stato promesso. . . in attesa della completa redenzione di coloro che Dio si
è acquistato" ( Ef 1,13-14 ) [Cf Gal 3,14 ].
Nelle Teofanie e nella Legge
707 Le Teofanie [manifestazioni di Dio] illuminano il cammino della
Promessa, dai Patriarchi a Mosè e da Giosuè fino alle visioni che inaugurano
la missione dei grandi profeti. La tradizione cristiana ha sempre
riconosciuto che in queste Teofanie si lasciava vedere e udire il Verbo di
Dio, ad un tempo rivelato e "adombrato" nella nube dello Spirito Santo.
708 Questa pedagogia di Dio appare specialmente nel dono della Legge [Cf Es
19-20; Dt 1-5; Dt 6-11; 708 Dt 29-30 ], la quale è stata donata come un
"pedagogo" per condurre il Popolo a Cristo ( Gal 3,24 ). Tuttavia, la sua
impotenza a salvare l'uomo, privo della "somiglianza" divina, e
l'accresciuta conoscenza del peccato che da essa deriva [Cf Rm 3,20 ]
suscitano il desiderio dello Spirito Santo. I gemiti dei Salmi lo
testimoniano.
Nel Regno e nell'esilio
709 La Legge, segno della Promessa e dell'Alleanza, avrebbe dovuto reggere
il cuore e le istituzioni del Popolo nato dalla fede di Abramo. "Se vorrete
ascoltare la mia voce e custodirete la mia alleanza, sarete per me un regno
di sacerdoti e una nazione santa" ( Es 19,5-6 ) [Cf 1Pt 2,9 ]. Ma, dopo
Davide, Israele cede alla tentazione di divenire un regno come le altre
nazioni. Ora il Regno, oggetto della promessa fatta a Davide, [Cf 2Sam 7;
Sal 89; Lc 1,32-33 ] sarà l'opera dello Spirito Santo e apparterrà ai poveri
secondo lo Spirito.
710 La dimenticanza della Legge e l'infedeltà all'Alleanza conducono alla
morte: è l'esilio, apparente smentita delle promesse, di fatto misteriosa
fedeltà del Dio salvatore e inizio della restaurazione promessa, ma secondo
lo Spirito. Era necessario che il Popolo di Dio subisse questa
purificazione; [Cf Lc 24,26 ] l'esilio immette già l'ombra della croce nel
disegno di Dio, e il "resto" dei poveri che ritorna dall'esilio è una delle
figure più trasparenti della Chiesa.
L'attesa del Messia e del suo Spirito
711 "Ecco, faccio una cosa nuova" ( Is 43,19 ). Cominciano a delinearsi due
linee profetiche, fondate l'una sull'attesa del Messia, l'altra
sull'annunzio di uno Spirito nuovo; esse convergono sul piccolo "resto", il
popolo dei poveri, [Cf Sof 2,3 ] che attende nella speranza il "conforto
d'Israele" e la "redenzione di Gerusalemme" ( Lc 2,25; Lc 2,38 ).
Si è visto precedentemente come Gesù compia le profezie che lo riguardano.
Qui ci si limita a quelle in cui è più evidente la relazione fra il Messia e
il suo Spirito.
712 I tratti del volto del Messia atteso cominciano a emergere nel Libro
dell'Emmanuele [Cf Is 6-12; 712 "Quando Isaia vide la Gloria" di Cristo: Gv
12,41 ], in particolare in Is 11,1-2 :
Un germoglio spunterà dal tronco di Jesse,
un virgulto germoglierà dalle sue radici.
Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e di
intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di
timore del Signore.
713 I tratti del Messia sono rivelati soprattutto nei canti del Servo [ Is
42,1-9; cf Mt 12,18-21; 713 Gv 1,32-34, poi Is 49,1-6; cf Mt 3,17; Lc 2,32 ,
infine Is 50,4-10 e Is 52,13-53,12 ]. Questi canti annunziano il significato
della Passione di Gesù, e indicano così in quale modo egli avrebbe effuso lo
Spirito Santo per vivificare la moltitudine: non dall'esterno, ma assumendo
la nostra "condizione di servi" [Cf Fil 2,7 ]. Prendendo su di sé la nostra
morte, può comunicarci il suo Spirito di vita.
714 Per questo Cristo inaugura l'annunzio della Buona Novella facendo suo
questo testo di Isaia ( Lc 4,18-19 ): [Cf Is 61,1-2 ]
Lo Spirito del Signore Dio è su di me,
perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione;
mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai miseri,
a fasciare le piaghe dei cuori spezzati,
a proclamare la libertà degli schiavi,
la scarcerazione dei prigionieri,
a promulgare l'anno di misericordia del Signore.
715 I testi profetici concernenti direttamente l'invio dello Spirito Santo
sono oracoli in cui Dio parla al cuore del suo Popolo nel linguaggio della
Promessa, con gli accenti dell'amore e della fedeltà [Cf Ez 11,19; Ez
36,25-28; Ez 37,1-14; 715 Ger 31,31-34; e Gl 3,1-5, di cui san Pietro
proclamerà il compimento il mattino di Pentecoste: cf At 2,17-21 ]. Secondo
queste promesse, negli "ultimi tempi", lo Spirito del Signore rinnoverà il
cuore degli uomini scrivendo in essi una Legge nuova; radunerà e
riconcilierà i popoli dispersi e divisi; trasformerà la primitiva creazione
e Dio vi abiterà con gli uomini nella pace.
716 Il popolo dei "poveri", [Cf Sof 2,3; Sal 22,27; 716 Sal 34,3; Is 49,13;
Is 61,1; ecc] gli umili e i miti, totalmente abbandonati ai disegni
misteriosi del loro Dio, coloro che attendono la giustizia, non degli uomini
ma del Messia, è alla fine la grande opera della missione nascosta dello
Spirito Santo durante il tempo delle promesse per preparare la venuta di
Cristo. E' il loro cuore, purificato e illuminato dallo Spirito, che si
esprime nei Salmi. In questi poveri, lo Spirito prepara al Signore "un
popolo ben disposto" ( Lc 1,17 ).
IV. Lo Spirito di Cristo nella pienezza del tempo
Giovanni, Precursore, Profeta e Battista
717 "Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni" ( Gv 1,6 ).
Giovanni è "pieno di Spirito Santo fin dal seno di sua madre" ( Lc 1,15; Lc
1,41 ) per opera dello stesso Cristo che la Vergine Maria aveva da poco
concepito per opera dello Spirito Santo. La "visitazione" di Maria ad
Elisabetta diventa così visita di Dio al suo popolo [Cf Lc 1,68 ].
718 Giovanni è "quell'Elia che deve venire" ( Mt 17,10-13 ); il fuoco dello
Spirito abita in lui e lo fa "correre avanti" [come "precursore"] al Signore
che viene. In Giovanni il Precursore, lo Spirito Santo termina di "preparare
al Signore un popolo ben disposto" ( Lc 1,17 ).
719 Giovanni è "più che un profeta" ( Lc 7,26 ). In lui lo Spirito Santo
termina di "parlare per mezzo dei profeti". Giovanni chiude il ciclo dei
profeti inaugurato da Elia [ Mt 11,13-14 ]. Egli annunzia che la
Consolazione di Israele è prossima; è la "voce" del Consolatore che viene (
Gv 1,23 ) [Cf Is 40,1-3 ]. Come farà lo Spirito di verità, egli viene "come
testimone per rendere testimonianza alla Luce" ( Gv 1,7 ) [Cf Gv 15,26; Gv
5,33 ]. In Giovanni, lo Spirito compie così le indagini dei profeti e il
desiderio degli angeli: [Cf 1Pt 1,10-12 ] "L'uomo sul quale vedrai scendere
e rimanere lo Spirito è colui che battezza in Spirito Santo. E io ho visto e
ho reso testimonianza che questi è il Figlio di Dio. . . Ecco l'Agnello di
Dio" ( Gv 1,33-36 ).
720 Infine, con Giovanni Battista lo Spirito Santo inaugura, prefigurandolo,
ciò che realizzerà con Cristo e in Cristo: ridonare all'uomo "la
somiglianza" divina. Il battesimo di Giovanni era per la conversione, quello
nell'acqua e nello Spirito sarà una nuova nascita [Cf Gv 3,5 ].
"Gioisci, piena di grazia"
721 Maria, la tutta Santa Madre di Dio, sempre Vergine, è il capolavoro
della missione del Figlio e dello Spirito nella pienezza del tempo. Per la
prima volta nel disegno della salvezza e perché il suo Spirito l'ha
preparata, il Padre trova la Dimora dove il suo Figlio e il suo Spirito
possono abitare tra gli uomini. In questo senso la Tradizione della Chiesa
ha spesso letto riferendoli a Maria i più bei testi sulla Sapienza: [Cf Pr
8,1-9,6 ; Sir 24 ] Maria è cantata e rappresentata nella Liturgia come "Sede
della Sapienza". In lei cominciano a manifestarsi le "meraviglie di Dio",
che lo Spirito compirà in Cristo e nella Chiesa.
722 Lo Spirito Santo ha preparato Maria con la sua grazia. Era conveniente
che fosse "piena di grazia" la Madre di Colui nel quale "abita corporalmente
tutta la pienezza della Divinità" ( Col 2,9 ). Per pura grazia ella è stata
concepita senza peccato come la creatura più umile e più capace di
accogliere il Dono ineffabile dell'Onnipotente. A giusto titolo l'angelo
Gabriele la saluta come la "Figlia di Sion": "Gioisci" [Cf Sof 3,14; Zc 2,14
]. E' il rendimento di grazie di tutto il Popolo di Dio, e quindi della
Chiesa, che Maria eleva al Padre, nello Spirito, nel suo cantico, [Cf Lc
1,46-55 ] quando ella porta in sé il Figlio eterno.
723 In Maria, lo Spirito Santo realizza il disegno misericordioso del Padre.
E' per opera dello Spirito che la Vergine concepisce e dà alla luce il
Figlio di Dio. La sua verginità diventa fecondità unica in virtù della
potenza dello Spirito e della fede [Cf Lc 1,26-38; Rm 4,18-21; Gal 4,26-28
].
724 In Maria, lo Spirito Santo manifesta il Figlio del Padre divenuto Figlio
della Vergine. Ella è il roveto ardente della Teofania definitiva: ricolma
di Spirito Santo, mostra il Verbo nell'umiltà della sua carne ed è ai poveri
[Cf Lc 1,15-19 ] e alle primizie dei popoli [Cf Mt 2,11 ] che lo fa
conoscere.
725 Infine, per mezzo di Maria, lo Spirito Santo comincia a mettere in
comunione con Cristo gli uomini, oggetto dell'amore misericordioso di Dio
[Cf Lc 2,14 ]. Gli umili sono sempre i primi a ricerverlo: i pastori, i
magi, Simeone e Anna, gli sposi di Cana e i primi discepoli.
726 Al termine di questa missione dello Spirito, Maria diventa la "Donna",
nuova Eva, "madre dei viventi", Madre del "Cristo totale" [Cf Gv 19,25-27 ].
In quanto tale, ella è presente con i Dodici, "assidui e concordi nella
preghiera" ( At 1,14 ), all'alba degli "ultimi tempi" che lo Spirito
inaugura il mattino di Pentecoste manifestando la Chiesa.
Gesù Cristo
727 Tutta la missione del Figlio e dello Spirito Santo nella pienezza del
tempo è racchiusa nel fatto che il Figlio è l'Unto dello Spirito del Padre
dal momento dell'Incarnazione: Gesù è Cristo, il Messia.
Tutto il secondo articolo del Simbolo della fede deve essere letto in questa
luce. L'intera opera di Cristo è missione congiunta del Figlio e dello
Spirito Santo. Qui si menzionerà soltanto ciò che concerne la promessa dello
Spirito Santo da parte di Gesù e il dono dello Spirito da parte del Signore
glorificato.
728 Gesù rivela in pienezza lo Spirito Santo solo dopo che è stato egli
stesso glorificato con la sua Morte e Risurrezione. Tuttavia, lo lascia
gradualmente intravvedere anche nel suo insegnamento alle folle, quando
rivela che la sua carne sarà cibo per la vita del mondo [Cf Gv 6,27; Gv
6,51; Gv 6,62-63 ]. Inoltre lo lascia intuire a Nicodemo, [Cf Gv 3,5-8 ]
alla Samaritana [Cf Gv 4,10; Gv 4,14; Gv 4,23-24 ] e a coloro che
partecipano alla festa delle Capanne [Cf Gv 7,37-39 ]. Ai suoi discepoli ne
parla apertamente a proposito della preghiera [Cf Lc 11,13 ] e della
testimonianza che dovranno dare [Cf Mt 10,19-20 ].
729 Solo quando giunge l'Ora in cui sarà glorificato, Gesù promette la
venuta dello Spirito Santo, poiché la sua Morte e la sua Risurrezione
saranno il compimento della Promessa fatta ai Padri: [Cf Gv 14,16-17; Gv
14,26; Gv 15,26; Gv 16,7-15; 729 Gv 17,26 ] lo Spirito di verità, l'altro
Paraclito, sarà donato dal Padre per la preghiera di Gesù; sarà mandato dal
Padre nel nome di Gesù; Gesù lo invierà quando sarà presso il Padre, perché
è uscito dal Padre. Lo Spirito Santo verrà, noi lo conosceremo, sarà con noi
per sempre, dimorerà con noi; ci insegnerà ogni cosa e ci ricorderà tutto
ciò che Cristo ci ha detto e gli renderà testimonianza; ci condurrà alla
verità tutta intera e glorificherà Cristo; convincerà il mondo quanto al
peccato, alla giustizia e al giudizio.
730 Infine viene l'Ora di Gesù: [Cf Gv 13,1; 730 Gv 17,1 ] Gesù consegna il
suo spirito nelle mani del Padre [Cf Lc 23,46; Gv 19,30 ] nel momento in cui
con la sua morte vince la morte, in modo che, "risuscitato dai morti per
mezzo della gloria del Padre" ( Rm 6,4 ), egli dona subito lo Spirito Santo
"alitando" sui suoi discepoli [Cf Gv 20,22 ]. A partire da questa Ora, la
missione di Cristo e dello Spirito diviene la missione della Chiesa: "Come
il Padre ha mandato me, anch'io mando voi" ( Gv 20,21 ) [Cf Mt 28,19; Lc
24,47-48; At 1,8 ].
V. Lo Spirito e la Chiesa negli ultimi tempi
La Pentecoste
731 Il giorno di Pentecoste (al termine delle sette settimane pasquali), la
Pasqua di Cristo si compie nell'effusione dello Spirito Santo, che è
manifestato, donato e comunicato come Persona divina: dalla sua pienezza,
Cristo, Signore, effonde a profusione lo Spirito [Cf At 2,33-36 ].
732 In questo giorno è pienamente rivelata la Trinità Santa. Da questo
giorno, il Regno annunziato da Cristo è aperto a coloro che credono in lui:
nell'umiltà della carne e nella fede, essi partecipano già alla comunione
della Trinità Santa. Con la sua venuta, che non ha fine, lo Spirito Santo
introduce il mondo negli "ultimi tempi", il tempo della Chiesa, il Regno già
ereditato, ma non ancora compiuto:
Abbiamo visto la vera Luce, abbiamo ricevuto lo Spirito celeste, abbiamo
trovato la vera fede: adoriamo la Trinità indivisibile, perché ci ha salvati
[Liturgia bizantina, Tropario dei Vespri di Pentecoste, ripreso nelle
Liturgie eucaristiche dopo la Comunione].
Lo Spirito Santo - il Dono di Dio
733 "Dio è Amore" ( 1Gv 4,8; 1Gv 4,16 ) e l'Amore è il primo dono, quello
che contiene tutti gli altri. Questo amore, Dio l'ha "riversato nei nostri
cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato donato" ( Rm 5,5 ).
734 Poiché noi siamo morti, o, almeno, feriti per il peccato, il primo
effetto del dono dell'Amore è la remissione dei nostri peccati. E' "la
comunione dello Spirito Santo" ( 2Cor 13,13 ) che nella Chiesa ridona ai
battezzati la somiglianza divina perduta a causa del peccato.
735 Egli dona allora la "caparra" o le "primizie" della nostra eredità; [Cf
Rm 8,23; 2Cor 1,21 ] la vita stessa della Trinità Santa che consiste
nell'amare come egli ci ha amati [Cf 1Gv 4,11-12 ]. Questo amore [La carità
di 1Cor 13 ] è il principio della vita nuova in Cristo, resa possibile dal
fatto che abbiamo "forza dallo Spirito Santo" ( At 1,8 ).
736 E' per questa potenza dello Spirito che i figli di Dio possono portare
frutto. Colui che ci ha innestati sulla vera Vite, farà sì che portiamo "il
frutto dello Spirito [che] è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza,
bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé" ( Gal 5,22-23 ). "Lo Spirito è la
nostra vita": quanto più rinunciamo a noi stessi, [Cf Mt 16,24-26 ] tanto
più "camminiamo secondo lo Spirito" ( Gal 5,25 ):
Con lo Spirito Santo, che rende spirituali, c'è la riammissione al Paradiso,
il ritorno alla condizione di figlio, il coraggio di chiamare Dio Padre, il
diventare partecipe della grazia di Cristo, l'essere chiamato figlio della
luce, il condividere la gloria eterna [San Basilio di Cesarea, Liber de
Spiritu Sancto, 15, 36: PG 32, 132].
Lo Spirito Santo e la Chiesa
737 La missione di Cristo e dello Spirito Santo si compie nella Chiesa,
Corpo di Cristo e tempio dello Spirito Santo. Questa missione congiunta
associa ormai i seguaci di Cristo alla sua comunione con il Padre nello
Spirito Santo: lo Spirito prepara gli uomini, li previene con la sua grazia
per attirarli a Cristo. Manifesta loro il Signore risorto, ricorda loro la
sua parola, apre il loro spirito all'intelligenza della sua Morte e
Risurrezione. Rende loro presente il Mistero di Cristo, soprattutto
nell'Eucaristia, al fine di riconciliarli e di metterli in comunione con Dio
perché portino "molto frutto" ( Gv 15,5; Gv 15,8; 737 Gv 15,16 ).
738 In questo modo la missione della Chiesa non si aggiunge a quella di
Cristo e dello Spirito Santo, ma ne è il sacramento: con tutto il suo essere
e in tutte le sue membra essa è inviata ad annunziare e testimoniare,
attualizzare e diffondere il mistero della comunione della Santa Trinità
(sarà questo l'argomento del prossimo articolo):
Noi tutti che abbiamo ricevuto l'unico e medesimo spirito, cioè lo Spirito
Santo, siamo uniti tra di noi e con Dio. Infatti, sebbene, presi
separatamente, siamo in molti e in ciascuno di noi Cristo faccia abitare lo
Spirito del Padre e suo, tuttavia unico e indivisibile è lo Spirito. Egli
riunisce nell'unità spiriti che tra loro sono distinti. . . e fa di tutti in
se stesso un'unica e medesima cosa. Come la potenza della santa umanità di
Cristo rende concorporei coloro nei quali si trova, allo stesso modo l'unico
e indivisibile Spirito di Dio che abita in tutti, conduce tutti all'unità
spirituale [San Cirillo di Alessandria, Commentarius in Joannem, 12: PG 74,
560-561].
739 Poiché lo Spirito Santo è l'Unzione di Cristo, è Cristo, Capo del Corpo,
a diffonderlo nelle sue membra per nutrirle, guarirle, organizzarle nelle
loro mutue funzioni, vivificarle, inviarle per la testimonianza, associarle
alla sua offerta al Padre e alla sua intercessione per il mondo intero. E'
per mezzo dei sacramenti della Chiesa che Cristo comunica alle membra del
suo Corpo il suo Spirito Santo e santificatore (questo sarà l'argomento
della seconda parte del Catechismo).
740 Queste "meraviglie di Dio", offerte ai credenti nei sacramenti della
Chiesa, portano i loro frutti nella vita nuova, in Cristo, secondo lo
Spirito (questo sarà l'argomento della terza parte del Catechismo).
741 "Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno
sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede
per noi, con gemiti inesprimibili" ( Rm 8,26 ). Lo Spirito Santo, artefice
delle opere di Dio, è il Maestro della preghiera (questo sarà l'argomento
della quarta parte del Catechismo).
In sintesi
742 "E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri
cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre" ( Gal 4,6 ).
743 Dall'inizio alla fine dei tempi, quando Dio invia suo Figlio, invia
sempre il suo Spirito: la loro missione è congiunta e inseparabile.
744 Nella pienezza del tempo, lo Spirito Santo porta a compimento in Maria
tutte le preparazioni alla venuta di Cristo nel Popolo di Dio. Mediante
l'opera dello Spirito Santo in lei, il Padre dona al mondo l'Emmanuele,
"Dio-con-noi" ( Mt 1,23 ).
745 Il Figlio di Dio è consacrato Cristo [Messia] attraverso l'Unzione dello
Spirito Santo nell'Incarnazione [Cf Sal 2,6-7 ].
746 Per la sua morte e Risurrezione, Gesù è costituito "Signore e Cristo"
nella gloria ( At 2,36 ). Dalla sua pienezza, egli effonde lo Spirito Santo
sugli Apostoli e sulla Chiesa.
747 Lo Spirito Santo, che Cristo, Capo, diffonde nelle sue membra, edifica,
anima e santifica la Chiesa, sacramento della comunione della Santis sima
Trinità e degli uomini.
Articolo 9
"CREDO LA SANTA CHIESA CATTOLICA"
748 "Cristo è la luce delle genti, e questo sacro Concilio, adunato nello
Spirito Santo, ardentemente desidera che la luce di Cristo, riflessa sul
volto della Chiesa, illumini tutti gli uomini, annunziando il Vangelo a ogni
creatura". Con queste parole si apre la "Costituzione dogmatica sulla
Chiesa" del Concilio Vaticano II. Con ciò il Concilio indica che l'articolo
di fede sulla Chiesa dipende interamente dagli articoli concernenti Gesù
Cristo. La Chiesa non ha altra luce che quella di Cristo. Secondo
un'immagine cara ai Padri della Chiesa, essa è simile alla luna, la cui luce
è tutta riflesso del sole.
749 L'articolo sulla Chiesa dipende anche interamente da quello sullo
Spirito Santo, che lo precede. "In quello, infatti, lo Spirito Santo ci
appare come la fonte totale di ogni santità; in questo, il divino Spirito ci
appare come la sorgente della santità della Chiesa" [Catechismo Romano, 1,
10, 1]. Secondo l'espressione dei Padri, la Chiesa è il luogo "dove fiorisce
lo Spirito" [Sant'Ippolito di Roma, Traditio apostolica, 35].
750 Credere che la Chiesa è "Santa" e "Cattolica" e che è "Una" e
"Apostolica" (come aggiunge il Simbolo di Nicea-Costantinopoli) è
inseparabile dalla fede in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo. Nel Simbolo
degli Apostoli professiamo di credere una Chiesa Santa (Credo. . .
Ecclesiam"), e non nella Chiesa, per non confondere Dio e le sue opere e per
attribuire chiaramente alla bontà di Dio tutti i doni che egli ha riversato
nella sua Chiesa [Cf Catechismo Romano, 1, 10, 22].
Paragrafo 1
LA CHIESA NEL DISEGNO DI DIO
I. I nomi e le immagini della Chiesa
751 La parola "Chiesa" ["ekklèsia", dal greco "ek-kalein"-"chiamare fuori"]
significa "convocazione". Designa assemblee del popolo, [Cf At 19,39 ]
generalmente di carattere religioso. E' il termine frequentemente usato
nell'Antico Testamento greco per indicare l'assemblea del popolo eletto
riunita davanti a Dio, soprattutto l'assemblea del Sinai, dove Israele
ricevette la Legge e fu costituito da Dio come suo popolo santo [Cf Es 19 ].
Definendosi "Chiesa", la prima comunità di coloro che credevano in Cristo si
riconosce erede di quell'assemblea. In essa, Dio "convoca" il suo Popolo da
tutti i confini della terra. Il termine "Kyriakè", da cui sono derivati
"Church", "Kirche", significa "colei che appartiene al Signore".
752 Nel linguaggio cristiano, il termine "Chiesa" designa l'assemblea
liturgica, [Cf 1Cor 11,18; 1Cor 14,19; 1Cor 14,28; 1Cor 14,34; 1Cor 14,35 ]
ma anche la comunità locale [Cf 1Cor 1,2; 1Cor 16,1 ] o tutta la comunità
universale dei credenti [Cf 1Cor 15,9 Gal 1,13; Fil 3,6 ]. Di fatto questi
tre significati sono inseparabili. La "Chiesa" è il popolo che Dio raduna
nel mondo intero. Essa esiste nelle comunità locali e si realizza come
assemblea liturgica, soprattutto eucaristica. Essa vive della Parola e del
Corpo di Cristo, divenendo così essa stessa Corpo di Cristo.
I simboli della Chiesa
753 Nella Sacra Scrittura troviamo moltissime immagini e figure tra loro
connesse mediante le quali la Rivelazione parla del mistero insondabile
della Chiesa. Le immagini dell'Antico Testamento sono variazioni di un'idea
di fondo, quella del "Popolo di Dio". Nel Nuovo Testamento [Cf Ef 1,22; Col
1,18 ] tutte queste immagini trovano un nuovo centro, per il fatto che
Cristo diventa il "Capo" di questo Popolo, [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Lumen
gentium, 9] che è quindi il suo Corpo. Attorno a questo centro si sono
raggruppate immagini "desunte sia dalla vita pastorale o agricola, sia dalla
costruzione di edifici o anche dalla famiglia e dagli sponsali" [Cf Conc.
Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 9].
754 "Così la Chiesa è l' ovile, la cui porta unica e necessaria è Cristo [Cf
Gv 10,1-10 ]. E' pure il gregge, di cui Dio stesso ha preannunziato che
sarebbe il pastore [Cf Is 40,11; Ez 34,11 ss] e le cui pecore, anche se
governate da pastori umani, sono però incessantemente condotte al pascolo e
nutrite dallo stesso Cristo, il Pastore buono e il Principe dei pastori, [Cf
Gv 10,11; 1Pt 5,4 ] il quale ha dato la sua vita per le pecore [Cf Gv
10,11-15 ].
755 La Chiesa è il podere o campo di Dio [Cf 1Cor 3,9 ]. In quel campo
cresce l'antico olivo, la cui santa radice sono stati i patriarchi e nel
quale è avvenuta e avverrà la riconciliazione dei Giudei e delle genti [Cf
Rm 11,13-26 ]. Essa è stata piantata dal celeste Agricoltore come vigna
scelta [Cf Mt 21,33-43 par.; Is 5,1 ss]. Cristo è la vera Vite, che dà vita
e fecondità ai tralci, cioè a noi, che per mezzo della Chiesa rimaniamo in
lui e senza di lui nulla possiamo fare [Cf Gv 15,1-5 ].
756 Più spesso ancora la Chiesa è detta l' edificio di Dio [Cf 1Cor 3,9 ].
Il Signore stesso si è paragonato alla pietra che i costruttori hanno
rigettata, ma che è divenuta la pietra angolare [Cf Mt 21,42 par.; At 4,11;
1Pt 2,7; Sal 118,22 ]. Sopra quel fondamento la Chiesa è stata costruita
dagli Apostoli [Cf 1Cor 3,11 ] e da esso riceve stabilità e coesione. Questa
costruzione viene chiamata in varie maniere: casa di Dio, [Cf 1Tm 3,15 ]
nella quale abita la sua famiglia , la dimora di Dio nello Spirito, [Cf Ef
2,19-22 ] "la dimora di Dio con gli uomini" ( Ap 21,3 ), e soprattutto
tempio santo, rappresentato da santuari di pietra, che è lodato dai santi
Padri e che la Liturgia giustamente paragona alla Città santa, la nuova
Gerusalemme. In essa, infatti, quali pietre viventi, veniamo a formare su
questa terra un tempio spirituale [Cf 1Pt 2,5 ]. E questa Città santa
Giovanni la contempla mentre nel finale rinnovamento del mondo essa scende
dal cielo, da presso Dio, "preparata come una sposa che si è ornata per il
suo sposo" ( Ap 21,1-2 ).
757 La Chiesa che è chiamata "Gerusalemme che è in alto" e "madre nostra" (
Gal 4,26 ), [Cf Ap 12,17 ] viene pure descritta come l'immacolata sposa
dell'Agnello immacolato, [Cf Ap 19,7; Ap 21,2; 757 Ap 19,9; Ap 22,17 ] sposa
che Cristo "ha amato. . . e per la quale ha dato se stesso, al fine di
renderla santa" ( Ef 5,25-26 ), che si è associata con patto indissolubile e
che incessantemente "nutre e. . . cura"( Ef 5,29 )" [Conc. Ecum. Vat. II,
Lumen gentium, 6].
II. Origine, fondazione e missione della Chiesa
758 Per scrutare il mistero della Chiesa, è bene considerare innanzitutto la
sua origine nel disegno della Santissima Trinità e la sua progressiva
realizzazione nella storia.
Un disegno nato nel cuore del Padre
759 "L'eterno Padre, con liberissimo e arcano disegno di sapienza e di
bontà, ha creato l'universo, ha decretato di elevare gli uomini alla
partecipazione della sua vita divina", alla quale chiama tutti gli uomini
nel suo Figlio: "I credenti in Cristo li ha voluti convocare nella santa
Chiesa". Questa "famiglia di Dio" si costituisce e si realizza gradualmente
lungo le tappe della storia umana, secondo le disposizioni del Padre: la
Chiesa, infatti, "prefigurata sino dal principio del mondo, mirabilmente
preparata nella storia del popolo d'Israele e nell'Antica Alleanza, e
istituita "negli ultimi tempi", è stata manifestata dall'effusione dello
Spirito e avrà glorioso compimento alla fine dei secoli" [Conc. Ecum. Vat.
II, Lumen gentium, 2].
La Chiesa - prefigurata fin dall'origine del mondo
760 "Il mondo fu creato in vista della Chiesa", dicevano i cristiani dei
primi tempi [Cf Erma, Visiones pastoris, 2, 4, 1; cf Aristide, Apologia, 16,
6; San Giustino, Apolo- giae, 2, 7]. Dio ha creato il mondo in vista della
comunione alla sua vita divina, comunione che si realizza mediante la
"convocazione" degli uomini in Cristo, e questa "convocazione" è la Chiesa.
La Chiesa è il fine di tutte le cose [Cf Sant'Epifanio, Panarion seu
adversus LXXX haereses, 1, 1, 5: PG 41, 181C] e le stesse vicissitudini
dolorose, come la caduta degli Angeli e il peccato dell'uomo, furono
permesse da Dio solo in quanto occasione e mezzo per dispiegare tutta la
potenza del suo braccio, tutta l'immensità d'amore che voleva donare al
mondo:
Come la volontà di Dio è un atto, e questo atto si chiama mondo, così la sua
intenzione è la salvezza dell'uomo, ed essa si chiama Chiesa [Clemente
d'Alessandria, Paedagogus, 1, 6].
La Chiesa - preparata nell'Antica Alleanza
761 La convocazione del Popolo di Dio ha inizio nel momento in cui il
peccato distrugge la comunione degli uomini con Dio e quella degli uomini
tra di loro. La convocazione della Chiesa è, per così dire, la reazione di
Dio di fronte al caos provocato dal peccato. Questa riunificazione si
realizza segretamente in seno a tutti i popoli: "Chi teme" Dio "e pratica la
giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto" ( At 10,35 ) [Cf
Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 9; 13; 16].
762 La preparazione remota della riunione del Popolo di Dio comincia con la
vocazione di Abramo, al quale Dio promette che diverrà padre di "un grande
popolo" ( Gen 12,2 ) [Cf Gen 15,5-6 ]. La preparazione immediata comincia
con l'elezione di Israele come Popolo di Dio [Cf Es 19,5-6; Dt 7,6 ]. Con la
sua elezione, Israele deve essere il segno della riunione futura di tutte le
nazioni [Cf Is 2,2-5; 762 Mi 4,1-4 ]. Ma già i profeti accusano Israele di
aver rotto l'Alleanza e di essersi comportato come una prostituta [Cf Os 1;
Is 1,2-4; Ger 2; ecc]. Essi annunziano un'Alleanza Nuova ed Eterna [Cf Ger
31,31-34; Is 55,3 ]. "Cristo istituì questo Nuovo Patto" [Conc. Ecum. Vat.
II, Lumen gentium, 9].
La Chiesa - istituita da Gesù Cristo
763 E' compito del Figlio realizzare, nella pienezza dei tempi, il piano di
salvezza del Padre; è questo il motivo della sua "missione" [Cf ibid., 3;
Id. , Ad gentes, 3]. "Il Signore Gesù diede inizio alla sua Chiesa
predicando la Buona Novella, cioè la venuta del Regno di Dio da secoli
promesso nelle Scritture" [Conc. Ecum. Vat. II., Lumen gentium, 5]. Per
compiere la volontà del Padre, Cristo inaugurò il Regno dei cieli sulla
terra. La Chiesa è "il Regno di Cristo già presente in mistero" [Conc. Ecum.
Vat. II., Lumen gentium, 5].
764 "Questo Regno si manifesta chiaramente agli uomini nelle parole, nelle
opere e nella presenza di Cristo" [Conc. Ecum. Vat. II., Lumen gentium, 5].
Accogliere la parola di Gesù significa accogliere "il Regno stesso di Dio"
[Conc. Ecum. Vat. II., Lumen gentium, 5]. Il germe e l'inizio del Regno sono
il "piccolo gregge" ( Lc 12,32 ) di coloro che Gesù è venuto a convocare
attorno a sé e di cui egli stesso è il pastore [Cf Mt 10,16; Mt 26,31; Gv
10,1-21 ]. Essi costituiscono la vera famiglia di Gesù [Cf Mt 12,49 ]. A
coloro che ha così radunati attorno a sé, ha insegnato un modo nuovo di
comportarsi, ma anche una preghiera loro propria [Cf Mt 5-6 ].
765 Il Signore Gesù ha dotato la sua comunità di una struttura che rimarrà
fino al pieno compimento del Regno. Innanzitutto vi è la scelta dei Dodici
con Pietro come loro capo [Cf Mc 3,14-15 ]. Rappresentando le dodici tribù
d'Israele, [Cf Mt 19,28; Lc 22,30 ] essi sono i basamenti della nuova
Gerusalemme [Cf Ap 21,12-14 ]. I Dodici[Cf Mc 6,7 ] e gli altri discepoli
[Cf Lc 10,1-2 ] partecipano alla missione di Cristo, al suo potere, ma anche
alla sua sorte [Cf Mt 10,25; Gv 15,20 ]. Attraverso tutte queste azioni
Cristo prepara ed edifica la sua Chiesa.
766 Ma la Chiesa è nata principalmente dal dono totale di Cristo per la
nostra salvezza, anticipato nell'istituzione dell'Eucaristia e realizzato
sulla croce. L'inizio e la crescita della Chiesa "sono simboleggiati dal
sangue e dall'acqua che uscirono dal costato aperto di Gesù crocifisso"
[Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 3]. "Infatti dal costato di Cristo
dormiente sulla croce è scaturito il mirabile sacramento di tutta la Chiesa"
[Conc. Ecum. Vat. II, Sacrosanctum concilium, 5]. Come Eva è stata formata
dal costato di Adamo addormentato, così la Chiesa è nata dal cuore trafitto
di Cristo morto sulla croce [Cf Sant'Ambrogio, Expositio Evangelii secundum
Lucam, 2, 85-89: PL 15, 1583-1586].
La Chiesa - manifestata dallo Spirito Santo
767 "Compiuta l'opera che il Padre aveva affidato al Figlio sulla terra, il
giorno di Pentecoste fu inviato lo Spirito Santo per santificare
continuamente la Chiesa" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 4]. Allora "la
Chiesa fu manifestata pubblicamente alla moltitudine" ed "ebbe inizio
attraverso la predicazione la diffusione del Vangelo" [Conc. Ecum. Vat. II,
Ad gentes, 4]. Essendo "convocazione" di tutti gli uomini alla salvezza, la
Chiesa è missionaria per sua natura, inviata da Cristo a tutti i popoli, per
farli discepoli [Cf Mt 28,19-20; Conc. Ecum. Vat. II, Ad gentes, 2; 5-6].
768 Perché la Chiesa possa realizzare la sua missione, lo Spirito Santo "la
provvede di diversi doni gerarchici e carismatici, con i quali la dirige"
[Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 4]. "La Chiesa perciò, fornita dei doni
del suo fondatore e osservando fedelmente i suoi precetti di carità, di
umiltà e di abnegazione, riceve la missione di annunziare e instaurare in
tutte le genti il Regno di Cristo e di Dio, e di questo Regno costituisce in
terra il germe e l'inizio" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 4].
La Chiesa - pienamente compiuta nella gloria
769 "La Chiesa. . . non avrà il suo compimento se non nella gloria del
cielo", [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 48] al momento del ritorno
glorioso di Cristo. Fino a quel giorno, "la Chiesa prosegue il suo
pellegrinaggio fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio"
[Sant'Agostino, De civitate Dei, 18, 51; cf Conc. Ecum. Vat. II, Lumen
gentium, 8]. Quaggiù si sente in esilio, lontana dal Signore; [Cf 2Cor 5,6;
Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 6] "anela al Regno perfetto e con tutte
le sue forze spera e brama di unirsi al suo Re nella gloria" [Conc. Ecum.
Vat. II, Lumen gentium, 5]. Il compimento della Chiesa - e per suo mezzo del
mondo - nella gloria non avverrà se non attraverso molte prove. Allora
soltanto, "tutti i giusti, a partire da Adamo, "dal giusto Abele fino
all'ultimo eletto", saranno riuniti presso il Padre nella Chiesa universale"
[Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 5].
III. Il mistero della Chiesa
770 La Chiesa è nella storia, ma nello stesso tempo la trascende. E'
unicamente "con gli occhi della fede" [Catechismo Romano, 1, 10, 20] che si
può scorgere nella sua realtà visibile una realtà contemporaneamente
spirituale, portatrice di vita divina.
La Chiesa - insieme visibile e spirituale
771 "Cristo, unico mediatore, ha costituito sulla terra la sua Chiesa santa,
comunità di fede, di speranza e di carità, come un organismo visibile;
incessantemente la sostenta e per essa diffonde su tutti la verità e la
grazia". La Chiesa è ad un tempo:
- "la società costituita di organi gerarchici e il Corpo mistico di Cristo;
- l'assemblea visibile e la comunità spirituale;
- la Chiesa della terra e la Chiesa ormai in possesso dei beni celesti".
Queste dimensioni "formano una sola complessa realtà risultante di un
elemento umano e di un elemento divino" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium,
8].
La Chiesa ha la caratteristica di essere nello stesso tempo umana e divina,
visibile ma dotata di realtà invisibili, fervente nell'azione e dedita alla
contemplazione, presente nel mondo e, tuttavia, pellegrina; tutto questo in
modo che quanto in lei è umano sia ordinato e subordinato al divino, il
visibile all'invisibile, l'azione alla contemplazione, la realtà presente
alla città futura verso la quale siamo incamminati [Conc. Ecum. Vat. II,
Sacrosanctum concilium, 2].
O umiltà! O sublimità! Tabernacolo di Cedar, santuario di Dio; abitazione
terrena, celeste reggia; dimora di fango, sala regale; corpo di morte,
tempio di luce; infine, rifiuto per i superbi, ma sposa di Cristo! Bruna
sei, ma bella, o figlia di Gerusalemme: se anche la fatica e il dolore del
lungo esilio ti sfigura, ti adorna tuttavia la bellezza celeste [San
Bernardo di Chiaravalle, In Canticum sermones, 27, 14: PL 183, 920D].
La Chiesa - mistero dell'unione degli uomini con Dio
772 E' nella Chiesa che Cristo compie e rivela il suo proprio Mistero come
il fine del disegno di Dio: "ricapitolare in Cristo tutte le cose" ( Ef 1,10
). San Paolo chiama "mistero grande" ( Ef 5,32 ) l'unione sponsale di Cristo
con la Chiesa. Poiché essa è unita a Cristo come al suo Sposo, [Cf Ef
5,25-27 ] la Chiesa diventa essa stessa a sua volta Mistero [Cf Ef 3,9-11 ].
Contemplando in essa il Mistero, san Paolo scrive: "Cristo in voi, speranza
della gloria" ( Col 1,27 ).
773 Nella Chiesa tale comunione degli uomini con Dio mediante la carità che
"non avrà mai fine" ( 1Cor 13,8 ) è lo scopo cui tende tutto ciò che in essa
è mezzo sacramentale, legato a questo mondo destinato a passare [Cf Conc.
Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 48]. "La sua struttura è completamente
ordinata alla santità delle membra di Cristo. E la santità si misura secondo
il "grande Mistero", nel quale la Sposa risponde col dono dell'amore al dono
dello Sposo" [Giovanni Paolo II, Lett. ap. Mulieris dignitatem, 27]. Maria
precede tutti noi "sulla via verso la santità" che è il mistero della Chiesa
come "la Sposa senza macchia né ruga" ( Ef 5,27 ). Per questo motivo "la
dimensione mariana della Chiesa precede la sua dimensione petrina" [Giovanni
Paolo II, Lett. ap. Mulieris dignitatem, 27].
La Chiesa - sacramento universale di salvezza
774 La parola greca " mysterion " è stata tradotta in latino con due
termini: " mysterium " e " sacramentum ". Nell'interpretazione ulteriore, il
termine "sacramentum" esprime più precisamente il segno visibile della
realtà nascosta della salvezza, indicata dal termine "mysterium". In questo
senso, Cristo stesso è il Mistero della salvezza: "Non est enim aliud Dei
mysterium, nisi Christus - Non v'è altro Mistero di Dio, se non Cristo"
[Sant'Agostino, Epistulae, 187, 11, 34: PL 33, 845]. L'opera salvifica della
sua umanità santa e santificante è il sacramento della salvezza che si
manifesta e agisce nei sacramenti della Chiesa (che le Chiese d'Oriente
chiamano anche "i santi Misteri"). I sette sacramenti sono i segni e gli
strumenti mediante i quali lo Spirito Santo diffonde la grazia di Cristo,
che è il Capo, nella Chiesa, che è il suo Corpo. La Chiesa, dunque, contiene
e comunica la grazia invisibile che essa significa. E' in questo senso
analogico che viene chiamata "sacramento".
775 "La Chiesa è in Cristo come sacramento, cioè segno e strumento
dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano" [Conc.
Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 1]. Essere il sacramento dell' intima unione
degli uomini con Dio: ecco il primo fine della Chiesa. Poiché la comunione
tra gli uomini si radica nell'unione con Dio, la Chiesa è anche il
sacramento dell' unità del genere umano. In essa, tale unità è già iniziata
poiché essa raduna uomini "di ogni nazione, razza, popolo e lingua" ( Ap 7,9
); nello stesso tempo, la Chiesa è "segno e strumento" della piena
realizzazione di questa unità che deve ancora compiersi.
776 In quanto sacramento, la Chiesa è strumento di Cristo. Nelle sue mani
essa è lo "strumento della Redenzione di tutti", [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen
gentium, 1] "il sacramento universale della salvezza", [Conc. Ecum. Vat. II,
Lumen gentium, 1] attraverso il quale Cristo "svela e insieme realizza il
mistero dell'amore di Dio verso l'uomo" [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et
spes, 45]. Essa "è il progetto visibile dell'amore di Dio per l'umanità",
[Paolo VI, discorso del 22 giugno 1973] progetto che vuole "la costituzione
di tutto il genere umano nell'unico Popolo di Dio, la sua riunione
nell'unico Corpo di Cristo, la sua edificazione nell'unico tempio dello
Spirito Santo" [Conc. Ecum. Vat. II, Ad gentes, 7; cf Id., Lumen gentium,
17].
In sintesi
777 La parola "Chiesa" significa "convocazione". Designa l'assemblea di
coloro che la Parola di Dio convoca per formare il Popolo di Dio e che,
nutriti dal Corpo di Cristo, diventano essi stessi Corpo di Cristo.
778 La Chiesa è ad un tempo via e fine del disegno di Dio: prefigurata nella
creazione, preparata nell'Antica Alleanza, fondata dalle parole e dalle
azioni di Gesù Cristo, realizzata mediante la sua croce redentrice e la sua
Risurrezione, essa è manifestata come mistero di salvezza con l'effusione
dello Spirito Santo. Avrà il suo compimento nella gloria del cielo come
assemblea di tutti i redenti della terra [Cf Ap 14,4 ].
779 La Chiesa è ad un tempo visibile e spirituale, società gerarchica e
Corpo Mistico di Cristo. E' "una", formata di un elemento umano e di un
elemento divino. Questo è il suo mistero, che solo la fede può accogliere.
780 La Chiesa è in questo mondo il sacramento della salvezza, il segno e lo
strumento della comunione di Dio e degli uomini.
Paragrafo 2
LA CHIESA - POPOLO DI DIO,
CORPO DI CRISTO, TEMPIO DELLO SPIRITO SANTO
I. La Chiesa - Popolo di Dio
781 "In ogni tempo e in ogni nazione è accetto a Dio chiunque lo teme e
opera la sua giustizia. Tuttavia piacque a Dio di santificare e salvare gli
uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma volle
costituire di loro un Popolo, che lo riconoscesse nella verità e santamente
lo servisse. Si scelse quindi per sé il popolo israelita, stabilì con lui
un'alleanza e lo formò progressivamente. . . Tutto questo però avvenne in
preparazione e in figura di quella Nuova e perfetta Alleanza che doveva
concludersi in Cristo. . . cioè la Nuova Alleanza nel suo sangue, chiamando
gente dai Giudei e dalle nazioni, perché si fondesse in unità non secondo la
carne, ma nello Spirito" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 9].
Le caratteristiche del Popolo di Dio
782 Il Popolo di Dio presenta caratteristiche che lo distinguono nettamente
da tutti i raggruppamenti religiosi, etnici, politici o culturali della
storia:
- E' il Popolo di Dio: Dio non appartiene in proprio ad alcun popolo. Ma
egli da coloro che un tempo erano non-popolo ha acquistato un popolo: "la
stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa" ( 1Pt 2,9 ).
- Si diviene membri di questo Popolo non per la nascita fisica, ma per la
"nascita dall'alto", "dall'acqua e dallo Spirito" ( Gv 3,3-5 ), cioè
mediante la fede in Cristo e il Battesimo.
- Questo Popolo ha per Capo [Testa] Gesù Cristo [Unto, Messia]: poiché la
medesima Unzione, lo Spirito Santo, scorre dal Capo al Corpo, esso è "il
Popolo messianico".
- "Questo Popolo ha per condizione la dignità e la libertà dei figli di Dio,
nel cuore dei quali dimora lo Spirito Santo come nel suo tempio".
- "Ha per legge il nuovo precetto di amare come lo stesso Cristo ci ha
amati" [Cf Gv 13,34 ]. E' la legge "nuova" dello Spirito Santo [Cf Rm 8,2;
782 Gal 5,25 ].
- Ha per missione di essere il sale della terra e la luce del mondo [Cf Mt
5,13-16 ]. "Costituisce per tutta l'umanità un germe validissimo di unità,
di speranza e di salvezza".
- "E, da ultimo, ha per fine il Regno di Dio, incominciato in terra dallo
stesso Dio, e che deve essere ulteriormente dilatato, finché alla fine dei
secoli sia da lui portato a compimento" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium,
9].
Un popolo sacerdotale, profetico e regale
783 Gesù Cristo è colui che il Padre ha unto con lo Spirito Santo e ha
costituito "Sacerdote, Profeta e Re". L'intero Popolo di Dio partecipa a
queste tre funzioni di Cristo e porta le responsabilità di missione e di
servizio che ne derivano [Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptor
hominis, 18-21].
784 Entrando nel Popolo di Dio mediante la fede e il Battesimo, si è resi
partecipi della vocazione unica di questo Popolo, la vocazione sacerdotale :
"Cristo Signore, pontefice assunto di mezzo agli uomini, fece del nuovo
popolo "un regno e dei sacerdoti per Dio, suo Padre". Infatti, per la
rigenerazione e l'unzione dello Spirito Santo i battezzati vengono
consacrati a formare una dimora spirituale e un sacerdozio santo" [Conc.
Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 10].
785 "Il Popolo santo di Dio partecipa pure alla funzione profetica di
Cristo". Ciò soprattutto per il senso soprannaturale della fede che è di
tutto il Popolo, laici e gerarchia, quando "aderisce indefettibilmente alla
fede una volta per tutte trasmessa ai santi" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen
gentium, 10] e ne approfondisce la comprensione e diventa testimone di
Cristo in mezzo a questo mondo.
786 Il Popolo di Dio partecipa infine alla funzione regale di Cristo. Cristo
esercita la sua regalità attirando a sé tutti gli uomini mediante la sua
Morte e la sua Risurrezione [Cf Gv 12,32 ]. Cristo, Re e Signore
dell'universo, si è fatto il servo di tutti, non essendo "venuto per essere
servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti" ( Mt 20,28
). Per il cristiano "regnare" è "servire" Cristo, [Cf Conc. Ecum. Vat. II,
Lumen gentium, 36] soprattutto "nei poveri e nei sofferenti", nei quali la
Chiesa riconosce "l'immagine del suo Fondatore, povero e sofferente" [Conc.
Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 8]. Il Popolo di Dio realizza la sua "dignità
regale" vivendo conformemente a questa vocazione di servire con Cristo.
Tutti quelli che sono rinati in Cristo conseguono dignità regale per il
segno della croce. Con l'unzione dello Spirito Santo sono consacrati
sacerdoti. Non c'è quindi solo quel servizio specifico proprio del nostro
ministero, perché tutti i cristiani, rivestiti di un carisma spirituale e
usando della loro ragione, si riconoscono membra di questa stirpe regale e
partecipi della funzione sacerdotale. Non è forse funzione regale il fatto
che un'anima governi il suo corpo in sottomissione a Dio? Non è forse
funzione sacerdotale consacrare al Signore una coscienza pura e offrirgli
sull'altare del proprio cuore i sacrifici immacolati del nostro culto? [San
Leone Magno, Sermones, 4, 1: PL 54, 149].
II. La Chiesa - Corpo di Cristo
La Chiesa è comunione con Gesù
787 Fin dall'inizio Gesù ha associato i suoi discepoli alla sua vita; [Cf Mc
1,16-20; Mc 3,13-19 ] ha loro rivelato il Mistero del Regno; [Cf Mt 13,10-17
] li ha resi partecipi della sua missione, della sua gioia [Cf Lc 10,17-20 ]
e delle sue sofferenze [Cf Lc 22,28-30 ]. Gesù parla di una comunione ancora
più intima tra sé e coloro che lo seguiranno: "Rimanete in me e io in voi. .
. Io sono la vite, voi i tralci" ( Gv 15,4-5 ). Annunzia inoltre una
comunione misteriosa e reale tra il suo proprio Corpo e il nostro: "Chi
mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui" ( Gv 6,56
).
788 Quando la sua presenza visibile è stata tolta ai discepoli, Gesù non li
ha lasciati orfani [Cf Gv 14,18 ]. Ha promesso di restare con loro sino alla
fine dei tempi, [Cf Mt 28,20 ] ha mandato loro il suo Spirito [Cf Gv 20,22;
At 2,23 ]. In un certo senso, la comunione con Gesù è diventata più intensa:
"Comunicando infatti il suo Spirito, costituisce misticamente come suo Corpo
i suoi fratelli, chiamati da tutte le genti" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen
gentium, 7].
789 Il paragone della Chiesa con il corpo illumina l'intimo legame tra la
Chiesa e Cristo. Essa non è soltanto radunata attorno a lui; è unificata in
lui, nel suo Corpo. Tre aspetti della Chiesa-Corpo di Cristo vanno
sottolineati in modo particolare: l'unità di tutte le membra tra di loro in
forza della loro unione a Cristo; Cristo Capo del Corpo; la Chiesa, Sposa di
Cristo.
"Un solo corpo"
790 I credenti che rispondono alla Parola di Dio e diventano membra del
Corpo di Cristo, vengono strettamente uniti a Cristo: "in quel Corpo la vita
di Cristo si diffonde nei credenti che attraverso i sacramenti vengono uniti
in modo arcano ma reale a Cristo che ha sofferto ed è stato glorificato"
[Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 7]. Ciò è particolarmente vero del
Battesimo, in virtù del quale siamo uniti alla Morte e alla Risurrezione di
Cristo, [Cf Rm 6,4-5; 1Cor 12,13 ] e dell'Eucaristia, mediante la quale
"partecipando realmente al Corpo del Signore" "siamo elevati alla comunione
con lui e tra di noi" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 7].
791 L'unità del corpo non elimina la diversità delle membra:
"Nell'edificazione del Corpo di Cristo vige la diversità delle membra e
delle funzioni. Uno è lo Spirito, il quale per l'utilità della Chiesa
distribuisce i suoi vari doni con magnificenza proporzionata alla sua
ricchezza e alle necessità dei servizi". L'unità del Corpo mistico genera e
stimola tra i fedeli la carità: "E quindi se un membro soffre, soffrono con
esso tutte le altre membra; se un membro è onorato, ne gioiscono con esso
tutte le altre membra" [ Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 7]. Infine,
l'unità del Corpo mistico vince tutte le divisioni umane: "Quanti siete
stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. Non c'è più né
giudeo né greco; non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo né donna,
poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù" ( Gal 3,27-28 ).
"Capo di questo Corpo è Cristo"
792 Cristo "è il Capo del Corpo, cioè della Chiesa" ( Col 1,18 ). E' il
Principio della creazione e della redenzione. Elevato alla gloria del Padre,
ha "il primato su tutte le cose" ( Col 1,18 ), principalmente sulla Chiesa,
per mezzo della quale estende il suo regno su tutte le cose.
793 Egli ci unisce alla sua Pasqua. Tutte le membra devono sforzarsi di
conformarsi a lui finché in esse "non sia formato Cristo" ( Gal 4,19 ). "Per
ciò siamo assunti ai misteri della sua vita. . . Come il corpo al Capo
veniamo associati alle sue sofferenze e soffriamo con lui per essere con lui
glorificati" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 7].
794 Egli provvede alla nostra crescita [Cf Col 2,19 ]. Per farci crescere
verso di lui, nostro Capo, [Cf Ef 4,11-16 ] Cristo dispone nel suo Corpo, la
Chiesa, i doni e i ministeri attraverso i quali noi ci aiutiamo
reciprocamente lungo il cammino della salvezza.
795 Cristo e la Chiesa formano, dunque, il "Cristo totale" [Christus
totus"]. La Chiesa è una con Cristo. I santi hanno una coscienza vivissima
di tale unità:
Rallegriamoci, rendiamo grazie a Dio, non soltanto perché ci ha fatti
diventare cristiani, ma perché ci ha fatto diventare Cristo stesso. Vi
rendete conto, fratelli, di quale grazia ci ha fatto Dio, donandoci Cristo
come Capo? Esultate, gioite, siamo divenuti Cristo. Se egli è il Capo, noi
siamo le membra: siamo un uomo completo, egli e noi. . . Pienezza di Cristo:
il Capo e le membra. Qual è la Testa, e quali sono le membra? Cristo e la
Chiesa [Sant'Agostino, In Evangelium Johannis tractatus, 21, 8].
Redemptor noster unam se personam cum sancta Ecclesia, quam assumpsit,
exhibuit - Il nostro Redentore presentò se stesso come unica persona unita
alla santa Chiesa, da lui assunta [San Gregorio Magno, Moralia in Job,
praef. , 1, 6, 4: PL 75, 525A].
Caput et membra, quasi una persona mystica - Capo e membra sono, per così
dire, una sola persona mistica [San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, III,
48, 2, ad 1].
Una parola di Santa Giovanna d'Arco ai suoi giudici riassume la fede dei
santi Dottori ed esprime il giusto sentire del credente: "A mio avviso, Gesù
Cristo e la Chiesa sono un tutt'uno, e non bisogna sollevare difficoltà"
[Santa Giovanna d'Arco, in Actes du procès].
La Chiesa è la Sposa di Cristo
796 L'unità di Cristo e della Chiesa, Capo e membra del Corpo, implica anche
la distinzione dei due in una relazione personale. Questo aspetto spesso
viene espresso con l'immagine dello Sposo e della Sposa. Il tema di Cristo
Sposo della Chiesa è stato preparato dai profeti e annunziato da Giovanni
Battista [Cf Gv 3,29 ]. Il Signore stesso si è definito come lo "Sposo" ( Mc
2,19 ) [Cf Mt 22,1-14; Mt 25,1-13 ]. L'Apostolo presenta la Chiesa e ogni
fedele, membro del suo Corpo, come una Sposa "fidanzata" a Cristo Signore,
per formare con lui un solo Spirito [Cf 1Cor 6,15-17; 2Cor 11,2 ]. Essa è la
Sposa senza macchia dell' Agnello immacolato; [Cf Ap 22,17; 796 Ef 1,4; Ef
5,27 ] che Cristo ha amato" e per la quale "ha dato se stesso. . ., per
renderla santa" ( Ef 5,25-26 ), che ha unito a sé con una Alleanza eterna e
di cui non cessa di prendersi cura come del suo proprio Corpo [Cf Ef 5,29 ].
Ecco il Cristo totale, capo e corpo, uno solo formato da molti. . . Sia il
capo a parlare, o siano le membra, è sempre Cristo che parla: parla nella
persona del capo [ex persona capitis"], parla nella persona del corpo [ex
persona corporis"]. Che cosa, infatti, sta scritto? "Saranno due in una
carne sola. Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla
Chiesa" ( Ef 5,31-32 ). E Cristo stesso nel Vangelo: "Non sono più due, ma
una carne sola" ( Mt 19,6 ). Difatti, come ben sapete, queste persone sono
sì due, ma poi diventano una sola nell'unione sponsale... Dice di essere
"sposo" in quanto capo, e "sposa" in quanto corpo [Sant'Agostino, Enarratio
in in Psalmos, 74, 4].
III. La Chiesa - Tempio dello Spirito Santo
797 "Quod est spiritus noster, id est anima nostra, ad membra nostra, hoc
est Spiritus Sanctus ad membra Christi, ad corpus Christi, quod est Ecclesia
- Quello che il nostro spirito, ossia la nostra anima, è per le nostre
membra, lo stesso è lo Spirito Santo per le membra di Cristo, per il Corpo
di Cristo, che è la Chiesa" [Sant'Agostino, Sermones, 267, 4: PL 38, 1231D].
"Bisogna attribuire allo Spirito di Cristo, come ad un principio nascosto,
il fatto che tutte le parti del Corpo siano unite tanto fra loro quanto col
loro sommo Capo, poiché egli risiede tutto intero nel Capo, tutto intero nel
Corpo, tutto intero in ciascuna delle sue membra" [Pio XII, Lett. enc.
Mystici Corporis: Denz. -Schönm., 3808]. Lo Spirito Santo fa della Chiesa
"il tempio del Dio vivente" ( 2Cor 6,16 ) [Cf 1Cor 3,16-17; Ef 2,21 ].
E' alla Chiesa che è stato affidato il "Dono di Dio" ... In essa è stata
posta la comunione con Cristo, cioè lo Spirito Santo, caparra
dell'incorruttibilità confermazione della nostra fede, scala per ascendere a
Dio... Infatti, dove è la Chiesa, ivi è anche lo Spirito di Dio e dove è lo
Spirito di Dio, ivi è la Chiesa e ogni grazia [Sant'Ireneo di Lione,
Adversus haereses, 3, 24, 1].
798 Lo Spirito Santo è "il principio di ogni azione vitale e veramente
salvifica in ciascuna delle diverse membra del Corpo" [Pio XII, Lett. enc.
Mystici Corporis: Denz. -Schönm., 3808]. Egli opera in molti modi
l'edificazione dell'intero Corpo nella carità: [Cf Ef 4,16 ] mediante la
Parola di Dio "che ha il potere di edificare" ( At 20,32 ); mediante il
Battesimo con il quale forma il Corpo di Cristo; [Cf 1Cor 12,13 ] mediante i
sacramenti che fanno crescere e guariscono le membra di Cristo; mediante "la
grazia degli Apostoli" che, fra i vari doni, "viene al primo posto"; [Conc.
Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 7] mediante le virtù che fanno agire secondo
il bene, e infine mediante le molteplici grazie speciali [chiamate
"carismi"], con le quali rende i fedeli "adatti e pronti ad assumersi varie
opere o uffici, utili al rinnovamento della Chiesa e allo sviluppo della sua
costruzione" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 7].
I carismi
799 Straordinari o semplici e umili, i carismi sono grazie dello Spirito
Santo che, direttamente o indirettamente, hanno un'utilità ecclesiale,
ordinati come sono all'edificazione della Chiesa, al bene degli uomini e
alle necessità del mondo.
800 I carismi devono essere accolti con riconoscenza non soltanto da chi li
riceve, ma anche da tutti i membri della Chiesa. Infatti sono una
meravigliosa ricchezza di grazia per la vitalità apostolica e per la santità
di tutto il Corpo di Cristo, purché si tratti di doni che provengono
veramente dallo Spirito Santo e siano esercitati in modo pienamente conforme
agli autentici impulsi dello stesso Spirito, cioè secondo la carità, vera
misura dei carismi [Cf 1Cor 13 ].
801 E' in questo senso che si dimostra sempre necessario il discernimento
dei carismi. Nessun carisma dispensa dal riferirsi e sottomettersi ai
Pastori della Chiesa, "ai quali spetta specialmente, non di estinguere lo
Spirito, ma di esaminare tutto e ritenere ciò che è buono", [Conc. Ecum.
Vat. II, Lumen gentium, 12] affinché tutti i carismi, nella loro diversità e
complementarità, cooperino all'"utilità comune" ( 1Cor 12,7 ) [Cf ibid., 30;
Giovanni Paolo II, Esort. ap. Christifideles laici, 24].
In sintesi
802 Gesù Cristo "ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità
e formarsi un Popolo puro che gli appartenga" ( Tt 2,14 ).
803 "Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il
Popolo che Dio si è acquistato" ( 1Pt 2,9 ).
804 Si entra nel Popolo di Dio mediante la fede e il Battesimo. "Tutti gli
uomini sono chiamati a formare il nuovo Popolo di Dio" , [Conc. Ecum. Vat.
II, Lumen gentium, 13] affinché, in Cristo, "gli uomini costituiscano. . .
una sola famiglia e un solo Popolo di Dio" [Conc. Ecum. Vat. II, Ad gentes,
1].
805 La Chiesa è il Corpo di Cristo. Per mezzo dello Spirito e della sua
azione nei sacramenti, soprattutto l'Eucaristia, Cristo, morto e risorto,
costituisce la comunità dei credenti come suo Corpo.
806 Nell'unità di questo Corpo c'è diversità di membra e di funzioni. Tutte
le membra sono legate le une alle altre, particolarmente a quelle che
soffrono, che sono povere e perseguitate.
807 La Chiesa è questo Corpo, di cui Cristo è il Capo: essa vive di lui, in
lui e per lui; egli vive con essa e in essa.
808 La Chiesa è la Sposa di Cristo: egli l'ha amata e ha dato se stesso per
lei. L'ha purificata con il suo sangue. Ha fatto di lei la Madre feconda di
tutti i figli di Dio.
809 La Chiesa è il Tempio dello Spirito Santo. Lo Spirito è come l'anima del
Corpo Mistico, principio della sua vita, dell'unità nella diversità e della
ricchezza dei suoi doni e carismi.
810 "Così la Chiesa universale si presenta come "un Popolo adunato
dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo"" [Conc. Ecum. Vat.
II, Lumen gentium, 4].
Paragrafo 3
LA CHIESA E' UNA, SANTA, CATTOLICA E APOSTOLICA
811 "Questa è l'unica Chiesa di Cristo, che nel Simbolo professiamo una,
santa, cattolica e apostolica" [ Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 4].
Questi quattro attributi, legati inseparabilmente tra di loro, [Cf
Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai vescovi d'Inghilterra
del 16 settembre 1864: Denz. -Schönm., 2888] indicano tratti essenziali
della Chiesa e della sua missione. La Chiesa non se li conferisce da se
stessa; è Cristo che, per mezzo dello Spirito Santo, concede alla sua Chiesa
di essere una, santa, cattolica e apostolica, ed è ancora lui che la chiama
a realizzare ciascuna di queste caratteristiche.
812 Soltanto la fede può riconoscere che la Chiesa trae tali caratteristiche
dalla sua origine divina. Tuttavia le loro manifestazioni storiche sono
segni che parlano chiaramente alla ragione umana. "La Chiesa", ricorda il
Concilio Vaticano I, "a causa della sua eminente santità, . . . della sua
cattolica unità, della sua incrollabile stabilità, è per se stessa un grande
e perenne motivo di credibilità e una irrefragabile testimonianza della sua
missione divina" [Concilio Vaticano I: Denz. -Schönm., 3013].
I. La Chiesa è una
"Il sacro Mistero dell'unità della Chiesa"
[Conc. Ecum. Vat. II, Unitatis redintegratio, 2]
813 La Chiesa è una per la sua origine: "Il supremo modello e il principio
di questo Mistero è l'unità nella Trinità delle Persone di un solo Dio Padre
e Figlio nello Spirito Santo" [Conc. Ecum. Vat. II, Unitatis redintegratio,
2]. La Chiesa è una per il suo Fondatore: "Il Figlio incarnato, infatti,...
per mezzo della sua croce ha riconciliato tutti gli uomini con Dio,...
ristabilendo l'unità di tutti i popoli in un solo Popolo e in un solo corpo"
[Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 78]. La Chiesa è una per la sua
anima: "Lo Spirito Santo, che abita nei credenti e tutta riempie e regge la
Chiesa, produce quella meravigliosa comunione dei fedeli e tanto intimamente
tutti unisce in Cristo, da essere il principio dell'unità della Chiesa"
[Conc. Ecum. Vat. II, Unitatis redintegratio, 2]. E' dunque proprio
dell'essenza stessa della Chiesa di essere una:
Che stupendo mistero! Vi è un solo Padre dell'universo, un solo Logos
dell'universo e anche un solo Spirito Santo, ovunque identico; vi è anche
una sola vergine divenuta madre, e io amo chiamarla Chiesa [Clemente
d'Alessandria, Paedagogus, 1, 6].
814 Fin dal principio, questa Chiesa "una" si presenta tuttavia con una
grande diversità, che proviene sia dalla varietà dei doni di Dio sia dalla
molteplicità delle persone che li ricevono. Nell'unità del Popolo di Dio si
radunano le diversità dei popoli e delle culture. Tra i membri della Chiesa
esiste una diversità di doni, di funzioni, di condizioni e modi di vita;
"nella comunione ecclesiastica vi sono legittimamente delle Chiese
particolari, che godono di proprie tradizioni" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen
gentium, 13]. La grande ricchezza di tale diversità non si oppone all'unità
della Chiesa. Tuttavia, il peccato e il peso delle sue conseguenze
minacciano continuamente il dono dell'unità. Anche l'Apostolo deve esortare
a "conservare l'unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace" ( Ef
4,3 ).
815 Quali sono i vincoli dell'unità? "Al di sopra di tutto... la carità, che
è il vincolo di perfezione" ( Col 3,14 ). Ma l'unità della Chiesa nel tempo
è assicurata anche da legami visibili di comunione:
- la professione di una sola fede ricevuta dagli Apostoli;
- la celebrazione comune del culto divino, soprattutto dei sacramenti;
- la successione apostolica mediante il sacramento dell'Ordine, che
custodisce la concordia fraterna della famiglia di Dio [Cf Conc. Ecum. Vat.
II, Unitatis redintegratio, 2; Id., Lumen gentium, 14; Codice di Diritto
Canonico, 205].
816 "L'unica Chiesa di Cristo. . . " è quella "che il Salvatore nostro, dopo
la sua Risurrezione, diede da pascere a Pietro, affidandone a lui e agli
altri Apostoli la diffusione e la guida. . . Questa Chiesa, in questo mondo
costituita e organizzata come una società, sussiste ["subsistit in"] nella
Chiesa cattolica, governata dal successore di Pietro e dai vescovi in
comunione con lui": [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 8]
Il decreto sull'Ecumenismo del Concilio Vaticano II esplicita: "Solo per
mezzo della cattolica Chiesa di Cristo, che è lo strumento generale della
salvezza,si può ottenere tutta la pienezza dei mezzi di salvezza. In realtà
al solo Collegio apostolico con a capo Pietro crediamo che il Signore ha
affidato tutti i beni della Nuova Alleanza, per costituire l'unico Corpo di
Cristo sulla terra, al quale bisogna che siano pienamente incorporati tutti
quelli che già in qualche modo appartengono al Popolo di Dio" [Conc. Ecum.
Vat. II, Unitatis redintegratio, 3].
Le ferite dell'unità
817 Di fatto, "in questa Chiesa di Dio una e unica sono sorte fino dai
primissimi tempi alcune scissioni, che l'Apostolo riprova con gravi parole
come degne di condanna; ma nei secoli posteriori sono nati dissensi più ampi
e comunità non piccole si sono staccate dalla piena comunione della Chiesa
cattolica, talora non senza colpa di uomini d'entrambe le parti" [Conc.
Ecum. Vat. II, Unitatis redintegratio, 3]. Le scissioni che feriscono
l'unità del Corpo di Cristo (cioè l'eresia, l'apostasia e lo scisma) [Cf
Codice di Diritto Canonico, 751] non avvengono senza i peccati degli uomini:
Ubi peccata sunt, ibi est multitudo, ibi schismata, ibi haereses, ibi
discussiones. Ubi autem virtus, ibi singularitas, ibi unio, ex quo omnium
credentium erat cor unum et anima una - Dove c'è il peccato, lì troviamo la
molteplicità, lì gli scismi, lì le eresie, lì le controversie. Dove, invece,
regna la virtù, lì c'è unità, lì comunione, grazie alle quali tutti i
credenti erano un cuor solo e un'anima sola [Origene, Homiliae in
Ezechielem, 9, 1].
818 Coloro che oggi nascono in comunità sorte da tali scissioni "e sono
istruiti nella fede di Cristo. . . non possono essere accusati del peccato
di separazione, e la Chiesa cattolica li abbraccia con fraterno rispetto e
amore. . . Giustificati nel Battesimo dalla fede, sono incorporati a Cristo
e perciò sono a ragione insigniti del nome di cristiani e dai figli della
Chiesa cattolica sono giustamente riconosciuti come fratelli nel Signore"
[Conc. Ecum. Vat. II, Unitatis redintegratio, 3].
819 Inoltre, "parecchi elementi di santificazione e di verità" [Conc. Ecum.
Vat. II, Lumen gentium, 8] "si trovano fuori dei confini visibili della
Chiesa cattolica, come la Parola di Dio scritta, la vita della grazia, la
fede, la speranza e la carità, e altri doni interiori dello Spirito Santo ed
elementi visibili" [Conc. Ecum. Vat. II, Unitatis redintegratio, 3; cf Id. ,
Lumen gentium, 15]. Lo Spirito di Cristo si serve di queste Chiese e
comunità ecclesiali come di strumenti di salvezza, la cui forza deriva dalla
pienezza di grazia e di verità che Cristo ha dato alla Chiesa cattolica.
Tutti questi beni provengono da Cristo e a lui conducono [Cf Conc. Ecum.
Vat. II, Unitatis redintegratio, 3] e "spingono verso l'unità cattolica"
[Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 8].
Verso l'unità
820 L'unità, Cristo l'ha donata alla sua Chiesa fin dall'inizio. Noi
crediamo che sussista, "senza possibilità di essere perduta, nella Chiesa
cattolica e speriamo che crescerà ogni giorno più sino alla fine dei secoli"
[Conc. Ecum. Vat. II, Unitatis redintegratio, 4]. Cristo fa sempre alla sua
Chiesa il dono dell'unità, ma la Chiesa deve sempre pregare e impegnarsi per
custodire, rafforzare e perfezionare l'unità che Cristo vuole per lei. Per
questo Gesù stesso ha pregato nell'ora della sua Passione e non cessa di
pregare il Padre per l'unità dei suoi discepoli: ". . . Come tu, Padre, sei
in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo
creda che tu mi hai mandato" ( Gv 17,21 ). Il desiderio di ritrovare l'unità
di tutti i cristiani è un dono di Cristo e un appello dello Spirito Santo
[Cf ibid., 1].
821 Per rispondervi adeguatamente sono necessari:
- un rinnovamento permanente della Chiesa in una accresciuta fedeltà alla
sua vocazione. Tale rinnovamento è la forza del movimento verso l'unità; [Cf
Conc. Ecum. Vat. II, Unitatis redintegratio, 6]
- la conversione del cuore per "condurre una vita più conforme al Vangelo",
[Cf Conc. Ecum. Vat. II, Unitatis redintegratio, 6] poiché è l'infedeltà
delle membra al dono di Cristo a causare le divisioni;
- la preghiera in comune; infatti la "conversione "conversione del cuore" e
la "santità della vita, insieme con le preghiere private e pubbliche per
l'unità dei cristiani, si devono ritenere come l'anima di tutto il movimento
ecumenico e si possono giustamente chiamare ecumenismo spirituale"; [Cf
Conc. Ecum. Vat. II, Unitatis redintegratio, 6]
- la reciproca conoscenza fraterna; [Cf ibid.,9]
- la formazione ecumenica dei fedeli e specialmente dei preti; [Cf ibid.,
10]
- il dialogo tra i teologi e gli incontri tra i cristiani delle differenti
Chiese e comunità; [Cf ibid., 4; 9; 11]
- la cooperazione tra cristiani nei diversi ambiti del servizio agli uomini
[Cf ibid., 12].
822 La cura di ristabilire l'unione "riguarda tutta la Chiesa, sia i fedeli
che i pastori" [Cf ibid. , 12]. Ma bisogna anche essere consapevoli "che
questo santo proposito di riconciliare tutti i cristiani nell'unità della
Chiesa di Cristo, una e unica, supera le forze e le doti umane". Perciò
riponiamo tutta la nostra speranza "nell'orazione di Cristo per la Chiesa,
nell'amore del Padre per noi e nella forza dello Spirito Santo" [Cf ibid.,
12].
II. La Chiesa è santa
823 "Noi crediamo che la Chiesa... è indefettibilmente santa. Infatti
Cristo, Figlio di Dio, il quale col Padre e lo Spirito è proclamato "il solo
Santo", ha amato la Chiesa come sua sposa e ha dato se stesso per essa, al
fine di santificarla, e l'ha unita a sé come suo Corpo e l'ha riempita col
dono dello Spirito Santo, per la gloria di Dio" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen
gentium, 39]. La Chiesa è dunque "il Popolo santo di Dio", [Conc. Ecum. Vat.
II, Lumen gentium, 39] e i suoi membri sono chiamati "santi" [Cf At 9,13;
1Cor 6,1; 823 1Cor 16,1 ].
824 La Chiesa, unita a Cristo, da lui è santificata; per mezzo di lui e in
lui diventa anche santificante. Tutte le attività della Chiesa convergono,
come a loro fine, "verso la santificazione degli uomini e la glorificazione
di Dio in Cristo" [Conc. Ecum. Vat. II, Sacrosanctum concilium, 10]. E'
nella Chiesa che si trova "tutta la pienezza dei mezzi di salvezza" [Conc.
Ecum. Vat. II, Unitatis redintegratio, 3]. E' in essa che "per mezzo della
grazia di Dio acquistiamo la santità" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium,
48].
825 "La Chiesa già sulla terra è adornata di una santità vera, anche se
imperfetta" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 48]. Nei suoi membri, la
santità perfetta deve ancora essere raggiunta. "Muniti di tanti e così
mirabili mezzi di salvezza, tutti i fedeli d'ogni stato e condizione sono
chiamati dal Signore, ognuno per la sua via, a quella perfezione di santità
di cui è perfetto il Padre celeste" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium,
48].
826 La carità è l'anima della santità alla quale tutti sono chiamati: essa
"dirige tutti i mezzi di santificazione, dà loro forma e li conduce al loro
fine": [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 48]
Compresi che la Chiesa aveva un corpo, composto di varie membra, e non
mancava il membro più nobile e più necessario. Compresi che la Chiesa aveva
un cuore, un cuore ardente d'Amore. Capii che solo l'Amore spingeva al
l'azione le membra della Chiesa e che, spento questo Amore, gli Apostoli non
avrebbero più annunziato il Vangelo, i Martiri non avrebbero più versato il
loro sangue. . . Compresi che l'Amore abbracciava in sé tutte le vocazioni,
che l'Amore era tutto, che si estendeva a tutti i tempi e a tutti i luoghi,
. . . in una parola, che l'Amore è eterno! [Santa Teresa di Gesù Bambino,
Manoscritti autobiografici, B 3v]
827 "Mentre Cristo "santo, innocente, immacolato", non conobbe il peccato,
ma venne allo scopo di espiare i soli peccati del popolo, la Chiesa che
comprende nel suo seno i peccatori, santa e insieme sempre bisognosa di
purificazione, incessantemente si applica alla penitenza e al suo
rinnovamento" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 8; cf Id. , Unitatis
redintegratio, 3; 6]. Tutti i membri della Chiesa, compresi i suoi ministri,
devono riconoscersi peccatori [ Cf 1Gv 1,8-10 ]. In tutti, sino alla fine
dei tempi, la zizzania del peccato si trova ancora mescolata al buon grano
del Vangelo [Cf Mt 13,24-30 ]. La Chiesa raduna dunque dei peccatori
raggiunti dalla salvezza di Cristo, ma sempre in via di santificazione:
La Chiesa è santa, pur comprendendo nel suo seno dei peccatori, giacché essa
non possiede altra vita se non quella della grazia: appunto vivendo della
sua vita, i suoi membri si santificano, come, sottraendosi alla sua vita,
cadono nei peccati e nei disordini, che impediscono l'irradiazione della sua
santità. Perciò la Chiesa soffre e fa penitenza per tali peccati, da cui
peraltro ha il potere di guarire i suoi figli con il sangue di Cristo e il
dono dello Spirito Santo [Paolo VI, Credo del popolo di Dio, 19].
828 Canonizzando alcuni fedeli, ossia proclamando solennemente che tali
fedeli hanno praticato in modo eroico le virtù e sono vissuti nella fedeltà
alla grazia di Dio, la Chiesa riconosce la potenza dello Spirito di santità
che è in lei, e sostiene la speranza dei fedeli offrendo loro i santi quali
modelli e intercessori [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 40; 48-51].
"I santi e le sante sono sempre stati sorgente e origine di rinnovamento nei
momenti più difficili della storia della Chiesa" [Giovanni Paolo II, Esort.
ap. Christifideles laici, 16]. Infatti, "la santità è la sorgente segreta e
la misura infallibile della sua attività apostolica e del suo slancio
missionario" [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Christifideles laici, 16].
829 "Mentre la Chiesa ha già raggiunto nella beatissima Vergine la
perfezione che la rende senza macchia e senza ruga, i fedeli si sforzano
ancora di crescere nella santità debellando il peccato; e per questo
innalzano gli occhi a Maria": [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 65] in
lei la Chiesa è già la tutta santa.
III. La Chiesa è cattolica
Che cosa vuol dire "cattolica"?
830 La parola "cattolica" significa "universale" nel senso di "secondo la
totalità" o "secondo l'integralità". La Chiesa è cattolica in un duplice
senso.
E' cattolica perché in essa è presente Cristo. "Là dove è Cristo Gesù, ivi è
la Chiesa cattolica" [Sant'Ignazio di Antiochia, Epistula ad Smyrnaeos, 8,
2]. In essa sussiste la pienezza del Corpo di Cristo unito al suo Capo, [Cf
Ef 1,22-23 ] e questo implica che essa riceve da lui "in forma piena e
totale i mezzi di salvezza" [Conc. Ecum. Vat. II, Ad gentes, 6] che egli ha
voluto: confessione di fede retta e completa, vita sacramentale integrale e
ministero ordinato nella successione apostolica. La Chiesa, in questo senso
fondamentale, era cattolica il giorno di Pentecoste [Cf Conc. Ecum. Vat. II,
Ad gentes, 4] e lo sarà sempre fino al giorno della Parusia.
831 Essa è cattolica perché è inviata in missione da Cristo alla totalità
del genere umano: [Cf Mt 28,19 ]
Tutti gli uomini sono chiamati a formare il nuovo Popolo di Dio. Perciò
questo Popolo, restando uno e unico, si deve estendere a tutto il mondo e a
tutti i secoli, affinché si adempia l'intenzione della volontà di Dio, il
quale in principio ha creato la natura umana una, e vuole radunare insieme
infine i suoi figli, che si erano dispersi. . . Questo carattere di
universalità che adorna il Popolo di Dio, è un dono dello stesso Signore, e
con esso la Chiesa cattoli ca efficacemente e senza soste tende a
ricapitolare tutta l'umanità, con tutti i suoi beni, in Cristo capo
nell'unità del suo Spirito [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 13].
Ogni Chiesa particolare è "cattolica"
832 La "Chiesa di Cristo è veramente presente in tutte le legittime
assemblee locali di fedeli, le quali, aderendo ai loro pastori, sono anche
esse chiamate Chiese del Nuovo Testamento. . . In esse con la predicazione
del Vangelo di Cristo vengono radunati i fedeli e si celebra il mistero
della Cena del Signore. . . In queste comunità, sebbene spesso piccole e
povere o che vivono nella dispersione, è presente Cristo, per virtù del
quale si raccoglie la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica" [Conc.
Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 13].
833 Per Chiesa particolare, che è in primo luogo la diocesi (o l'eparchia),
si intende una comunità di fedeli cristiani in comunione nella fede e nei
sacramenti con il loro vescovo ordinato nella successione apostolica [Cf
Conc. Ecum. Vat. II, Christus Dominus, 11; Codice di Diritto Canonico,
368-369]. Queste Chiese particolari sono "formate a immagine della Chiesa
universale"; in esse e a partire da esse "esiste la sola e unica Chiesa
cattolica" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 23].
834 Le Chiese particolari sono pienamente cattoliche per la comunione con
una di loro: la Chiesa di Roma, "che presiede alla carità" [Sant'Ignazio di
Antiochia, Epistula ad Romanos, 1, 1]. "E' sempre stato necessario che ogni
Chiesa, cioè i fedeli di ogni luogo, si volgesse alla Chiesa romana in forza
del suo sacro primato" [Sant'Ireneo di Lione, Adversus haereses, 3, 3, 2:
ripreso dal Concilio Vaticano I: Denz. -Schönm., 3057]. "Infatti, dalla
discesa del Verbo Incarnato verso di noi, tutte le Chiese cristiane sparse
in ogni luogo hanno ritenuto e ritengono la grande Chiesa che è qui [a Roma]
come unica base e fondamento perché, secondo le promesse del Salvatore, le
porte degli inferi non hanno mai prevalso su di essa" [San Massimo il
Confessore, Opuscula theologica et polemica: PG 91, 137-140].
835 "Ma dobbiamo ben guardarci dal concepire la Chiesa universale come la
somma o, per così dire, la federazione di Chiese particolari. E' la stessa
Chiesa che, essendo universale per vocazione e per missione, quando getta le
sue radici nella varietà dei terreni culturali, sociali, umani, assume in
ogni parte del mondo fisionomie ed espressioni esteriori diverse" [Paolo VI,
Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 62]. La ricca varietà di discipline
ecclesiastiche, di riti liturgici, di patrimoni teologici e spirituali
propri alle "Chiese locali tra loro concordi, dimostra con maggior evidenza
la cattolicità della Chiesa indivisa" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium,
23].
Chi appartiene alla Chiesa cattolica?
836 "Tutti gli uomini sono chiamati a questa cattolica unità del Popolo di
Dio. . ., alla quale in vario modo appartengono o sono ordinati sia i fedeli
cattolici, sia gli altri credenti in Cristo, sia, infine, tutti gli uomini,
che dalla grazia di Dio sono chiamati alla salvezza" [Conc. Ecum. Vat. II,
Lumen gentium, 23].
837 "Sono pienamente incorporati nella società della Chiesa quelli che,
avendo lo Spirito di Cristo, accettano integra la sua struttura e tutti i
mezzi di salvezza in essa istituiti, e nel suo organismo visibile sono uniti
con Cristo - che la dirige mediante il sommo pontefice e i vescovi - dai
vincoli della professione di fede, dei sacramenti, del governo ecclesiastico
e della comunione. Non si salva, però, anche se incorporato alla Chiesa,
colui che, non perseverando nella carità, rimane sì in seno alla Chiesa col
"corpo" ma non col "cuore"" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 23].
838 "Con coloro che, battezzati, sono sì insigniti del nome cristiano, ma
non professano la fede integrale o non conservano l'unità della comunione
sotto il successore di Pietro, la Chiesa sa di essere per più ragioni unita"
[Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 23]. "Quelli infatti che credono in
Cristo e hanno ricevuto debitamente il Battesimo sono costituiti in una
certa comunione, sebbene imperfetta, con la Chiesa cattolica" [Conc. Ecum.
Vat. II, Unitatis redintegratio, 3]. Con le Chiese ortodosse, questa
comunione è così pro fonda "che le manca ben poco per raggiungere la
pienezza che autorizza una celebrazione comune della Eucaristia del Signore"
[Paolo VI, discorso del 14 dicembre 1975; cf Conc. Ecum. Vat. II, Unitatis
redintegratio, 13-18].
La Chiesa e i non cristiani
839 "Quelli che non hanno ancora ricevuto il Vangelo, in vari modi sono
ordinati al Popolo di Dio". [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 16]
Il rapporto della Chiesa con il popolo ebraico. La Chiesa, Popolo di Dio
nella Nuova Alleanza, scrutando il suo proprio mistero, scopre il proprio
legame con gli Ebrei, [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Nostra aetate, 4] che Dio
"scelse primi fra tutti gli uomini ad accogliere la sua parola" [Messale
Romano, Venerdì Santo: preghiera universale VI]. A differenza delle altre
religioni non cristiane, la fede ebraica è già risposta alla rivelazione di
Dio nella Antica Alleanza. E' al popolo ebraico che appartengono "l'adozione
a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse, i
patriarchi; da essi proviene Cristo secondo la carne" ( Rm 9,4-5 ) perché "i
doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili!" ( Rm 11,29 ).
840 Del resto, quando si considera il futuro, il popolo di Dio dell'Antica
Alleanza e il nuovo popolo di Dio tendono a fini analoghi: l'attesa della
venuta (o del ritorno) del Messia. Ma tale attesa è, da una parte, rivolta
al ritorno del Messia, morto e risorto, riconosciuto come Signore e Figlio
di Dio, dall'altra è rivolta alla venuta del Messia, i cui tratti rimangono
velati, alla fine dei tempi: si ha un'attesa accompagnata dall'ignoranza o
dal misconoscimento di Gesù Cristo.
841 Le relazioni della Chiesa con i Musulmani. "Il disegno della salvezza
abbraccia anche coloro che riconoscono il Creatore, e tra questi in primo
luogo i Musulmani, i quali, professando di tenere la fede di Abramo, adorano
con noi un Dio unico, misericordioso, che giudicherà gli uomini nel giorno
finale" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 16; cf Id. , Nostra aetate, 3].
842 Il legame della Chiesa con le religioni non cristiane è anzitutto quello
della comune origine e del comune fine del genere umano:
Infatti tutti i popoli costituiscono una sola comunità. Essi hanno una sola
origine poiché Dio ha fatto abitare l'intero genere umano su tutta la faccia
della terra; essi hanno anche un solo fine ultimo, Dio, del quale la
provvidenza, la testimonianza di bontà e il disegno di salvezza si estendono
a tutti, finché gli eletti si riuniscano nella città santa [Conc. Ecum. Vat.
II, Nostra aetate, 1].
843 La Chiesa riconosce nelle altre religioni la ricerca, ancora "nelle
ombre e nelle immagini", "di un Dio ignoto" ma vicino, "poiché è lui che dà
a tutti vita e respiro ad ogni cosa, e. . . vuole che tutti gli uomini siano
salvi". Pertanto la Chiesa considera "tutto ciò che di buono e di vero" si
trova nelle religioni "come una preparazione al Vangelo, e come dato da
colui che illumina ogni uomo, affinché abbia finalmente la vita" [Conc.
Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 16; cf Id. , Nostra aetate, 2; Paolo VI,
Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 53].
844 Ma nel loro comportamento religioso, gli uomini mostrano anche limiti ed
errori che sfigurano in loro l'immagine di Dio:
Molto spesso gli uomini, ingannati dal maligno, hanno vaneggiato nei loro
ragionamenti e hanno scambiato la verità divina con la menzogna, servendo la
creatura piuttosto che il Creatore, oppure vivendo e morendo senza Dio in
questo mondo, sono esposti alla disperazione finale [Conc. Ecum. Vat. II,
Lumen gentium, 16].
845 Proprio per riunire di nuovo tutti i suoi figli, dispersi e sviati dal
peccato, il Padre ha voluto convocare l'intera umanità nella Chiesa del
Figlio suo. La Chiesa è il luogo in cui l'umanità deve ritrovare l'unità e
la salvezza. E' il "mondo riconciliato" [Sant'Agostino, Sermones, 96, 7, 9:
PL 38, 588]. E' la nave che, "pleno dominicae crucis velo Sancti Spiritus
flatu in hoc bene navigat mundo - spiegate le vele della croce del Signore
al soffio dello Spirito Santo, naviga sicura in questo mondo";
[Sant'Ambrogio, De virginitate, 18, 188: PL 16, 297B] secondo un'altra
immagine, cara ai Padri della Chiesa, è l'Arca di Noè che, sola, salva dal
diluvio [Cf 1Pt 3,20-21 ].
"Fuori della Chiesa non c'è salvezza"
846 Come bisogna intendere questa affermazione spesso ripetuta dai Padri
della Chiesa? Formulata in modo positivo, significa che ogni salvezza viene
da Cristo-Capo per mezzo della Chiesa che è il suo Corpo:
Il santo Concilio. . . insegna, appoggiandosi sulla Sacra Scrittura e sulla
Tradizione, che questa Chiesa pellegrinante è necessaria alla salvezza.
Infatti solo Cristo, presente per noi nel suo Corpo, che è la Chiesa, è il
mediatore e la via della salvezza; ora egli, inculcando espressamente la
necessità della fede e del Battesimo, ha insieme confermata la necessità
della Chiesa, nella quale gli uomini entrano mediante il Battesimo come per
la porta. Perciò non potrebbero salvarsi quegli uomini, i quali, non
ignorando che la Chiesa cattolica è stata da Dio per mezzo di Gesù Cristo
fondata come necessaria, non avessero tuttavia voluto entrare in essa o in
essa perseverare [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 14].
847 Questa affermazione non si riferisce a coloro che, senza loro colpa,
ignorano Cristo e la Chiesa:
Infatti, quelli che senza colpa ignorano il Vangelo di Cristo e la sua
Chiesa, e tuttavia cercano sinceramente Dio, e sotto l'influsso della grazia
si sforzano di compiere con le opere la volontà di Dio, conosciuta
attraverso il dettame della coscienza, possono conseguire la salvezza eterna
[Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 14].
848 "Benché Dio, attraverso vie a lui note, possa portare gli uomini, che
senza loro colpa ignorano il Vangelo, alla fede, senza la quale è
impossibile piacergli, [Cf Eb 11,6 ] è tuttavia compito imprescindibile
della Chiesa, ed insieme sacro diritto, evangelizzare" [Conc. Ecum. Vat. II,
Ad gentes, 7] tutti gli uomini.
La missione - un'esigenza della cattolicità della Chiesa
849 Il mandato missionario. "Inviata da Dio alle genti per essere
"sacramento universale di salvezza", la Chiesa, per le esigenze più profonde
della sua cattolicità e obbedendo all'ordine del suo fondatore, si sforza
d'annunciare il Vangelo a tutti gli uomini": [Conc. Ecum. Vat. II, Ad
gentes, 7] "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel
nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad
osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i
giorni, fino alla fine del mondo" ( Mt 28,19-20 ).
850 L'origine e lo scopo della missione. Il mandato missionario del Signore
ha la sua ultima sorgente nell'amore eterno della Santissima Trinità: "La
Chiesa pellegrinante per sua natura è missionaria, in quanto essa trae
origine dalla missione del Figlio e dalla missione dello Spirito Santo,
secondo il disegno di Dio Padre" [Conc. Ecum. Vat. II, Ad gentes, 7]. E il
fine ultimo della missione altro non è che di rendere partecipi gli uomini
della comunione che esiste tra il Padre e il Figlio nel loro Spirito d'amore
[Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio, 23].
851 Il motivo della missione. Da sempre la Chiesa ha tratto l'obbligo e la
forza del suo slancio missionario dall' amore di Dio per tutti gli uomini:
"poiché l'amore di Cristo ci spinge. . . " ( 2Cor 5,14 ) [Cf Conc. Ecum.
Vat. II, Apostolicam actuositatem, 6; Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Redemptoris missio, 11]. Infatti Dio "vuole che tutti gli uomini siano
salvati e arrivino alla conoscenza della verità" ( 1Tm 2,4 ). Dio vuole la
salvezza di tutti attraverso la conoscenza della verità. La salvezza si
trova nella verità. Coloro che obbediscono alla mozione dello Spirito di
verità sono già sul cammino della salvezza; ma la Chiesa, alla quale questa
verità è stata affidata, deve andare incontro al loro desiderio offrendola
loro. Proprio perché crede al disegno universale di salvezza, la Chiesa deve
essere missionaria.
852 Le vie della missione. "Lo Spirito Santo è il protagonista di tutta la
missione ecclesiale" [Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio, 21].
E' lui che conduce la Chiesa sulle vie della missione. Essa "continua e
sviluppa nel corso della storia la missione del Cristo stesso, inviato a
portare la Buona Novella ai poveri; sotto l'influsso dello Spirito di
Cristo, essa deve procedere per la stessa strada seguita da Cristo, la
strada cioè della povertà, dell'obbedienza, del servizio e del sacrificio di
sé. . ., fino alla morte, da cui uscì vincitore" con la risurrezione [Conc.
Ecum. Vat. II, Ad gentes, 5]. E' così che "il sangue dei martiri è seme di
cristiani" [Tertulliano, Apologeticus, 50].
853 Ma "anche in questo nostro tempo sa bene la Chiesa quanto distanti siano
tra loro il messaggio ch'essa reca e l'umana debolezza di coloro cui è
affidato il Vangelo" [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 43]. Solo
applicandosi incessantemente "alla penitenza e al rinnovamento" [Conc. Ecum.
Vat. II, Lumen gentium, 8; cf 15] e "camminando per l'angusta via della
croce", [Conc. Ecum. Vat. II, Ad gentes, 1] il Popolo di Dio può estendere
il regno di Cristo [Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio,
12-20]. Infatti, "come Cristo ha compiuto la sua opera di Redenzione attra
verso la povertà e le persecuzioni, così pure la Chiesa è chiamata a
prendere la stessa via per comunicare agli uomini i frutti della salvezza"
[Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 8].
854 Per mezzo della sua stessa missione, la Chiesa "cammina insieme con
l'umanità tutta e sperimenta assieme al mondo la medesima sorte terrena, ed
è come il fermento e quasi l'anima della società umana, destinata a
rinnovarsi in Cristo e a tra sformarsi in famiglia di Dio" [Conc. Ecum. Vat.
II, Gaudium et spes, 40]. L'impegno missionario esige dunque la pazienza.
Incomincia con l'annunzio del Vangelo ai popoli e ai gruppi che ancora non
credono a Cristo; [Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio,
42-47] prosegue con la costituzione di comunità cristiane che siano "segni
della presenza di Dio nel mondo", [Conc. Ecum. Vat. II, Ad gentes, 15] e con
la fondazione di Chiese locali; [Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Redemptoris missio, 48-49] avvia un processo di inculturazione per incarnare
il Vangelo nelle culture dei popoli; [Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Redemptoris missio, 52-54] non mancherà di conoscere anche degli insuccessi.
"Per quanto riguarda gli uomini, i gruppi e i popoli, solo gradatamente la
Chiesa li raggiunge e li penetra, e li assume così nella pienezza cattolica"
[Conc. Ecum. Vat. II, Ad gentes, 6].
855 La missione della Chiesa richiede lo sforzo verso l'unità dei cristiani
[Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio, 50]. Infatti, "le
divisioni dei cristiani impediscono che la Chiesa stessa attui la pienezza
della cattolicità ad essa propria in quei figli, che le sono bensì uniti col
Battesimo, ma sono separati dalla sua piena comunione. Anzi, alla Chiesa
stessa, diventa più difficile esprimere sotto ogni aspetto la pienezza della
cattolicità proprio nella realtà della vita" [Conc. Ecum. Vat. II, Unitatis
redintegratio, 4].
856 L'attività missionaria implica un dialogo rispettoso con coloro che non
accettano ancora il Vangelo [Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris
missio, 55]. I credenti possono trarre profitto per se stessi da questo
dialogo, imparando a conoscere meglio "tutto ciò che di verità e di grazia
era già riscontrabile, per una nascosta presenza di Dio, in mezzo alle
genti" [Conc. Ecum. Vat. II, Ad gentes, 9]. Se infatti essi annunziano la
Buona Novella a coloro che la ignorano, è per consolidare, completare ed
elevare la verità e il bene che Dio ha diffuso tra gli uomini e i popoli, e
per purificarli dall'errore e dal male "per la gloria di Dio, la confusione
del demonio e la felicità dell'uomo" [Conc. Ecum. Vat. II, Ad gentes, 9].
IV. La Chiesa è apostolica
857 La Chiesa è apostolica, perché è fondata sugli Apostoli, e ciò in un
triplice senso:
- essa è stata e rimane costruita sul "fondamento degli Apostoli" ( Ef 2,20
), [Cf Ap 21,14 ] testimoni scelti e mandati in missione da Cristo stesso;
[Cf Mt 28,16-20; At 1,8; 1Cor 9,1; 857 1Cor 15,7-8; Gal 1,1; ecc...]
- custodisce e trasmette, con l'aiuto dello Spirito che abita in essa,
l'insegnamento, [Cf At 2,42 ] il buon deposito, le sane parole udite dagli
Apostoli; [Cf 2Tm 1,13-14 ]
- fino al ritorno di Cristo, continua ad essere istruita, santificata e
guidata dagli Apostoli grazie ai loro successori nella missione pastorale:
il collegio dei vescovi, "coadiuvato dai sacerdoti ed unito al successore di
Pietro e supremo pastore della Chiesa" [Conc. Ecum. Vat. II, Ad gentes, 5].
Pastore eterno, tu non abbandoni il tuo gregge, ma lo custodisci e proteggi
sempre per mezzo dei tuoi santi Apostoli, e lo conduci attraverso i tempi,
sotto la guida di coloro che tu stesso hai eletto vicari del tuo Figlio e
hai costituito pastori [Messale Romano, Prefazio degli Apostoli I].
La missione degli Apostoli
858 Gesù è l'Inviato del Padre. Fin dall'inizio del suo ministero, "chiamò a
sé quelli che egli volle. . . Ne costituì Dodici che stessero con lui e
anche per mandarli a predicare" ( Mc 3,13-14 ). Da quel momento, essi
saranno i suoi "inviati" [questo il significato del termine greco
"apostoloi"]. In loro Gesù continua la sua missione: "Come il Padre ha
mandato me, anch'io mando voi" ( Gv 20,21 ) [Cf Gv 13,20; Gv 17,18 ]. Il
loro ministero è quindi la continuazione della sua missione: "Chi accoglie
voi, accoglie me", dice ai Dodici ( Mt 10,40 ) [Cf Lc 10,16 ].
859 Gesù li unisce alla missione che ha ricevuto dal Padre. Come "il Figlio
da sé non può fare nulla" ( Gv 5,19; Gv 5,30 ), ma riceve tutto dal Padre
che lo ha inviato, così coloro che Gesù invia non possono fare nulla senza
di lui, [Cf Gv 15,5 ] dal quale ricevono il mandato della missione e il
potere di compierla. Gli Apostoli di Cristo sanno di essere resi da Dio
"ministri adatti di una Nuova Alleanza" ( 2Cor 3,6 ), "ministri di Dio" (
2Cor 6,4 ), "ambasciatori per Cristo" ( 2Cor 5,20 ), "ministri di Cristo e
amministratori dei misteri di Dio" ( 1Cor 4,1 ).
860 Nella missione degli Apostoli c'è un aspetto che non può essere
trasmesso: essere i testimoni scelti della Risurrezione del Signore e le
fondamenta della Chiesa. Ma vi è anche un aspetto permanente della loro
missione. Cristo ha promesso di rimanere con loro sino alla fine del mondo
[Cf Mt 28,20 ]. La "missione divina, affidata da Cristo agli Apostoli, dovrà
durare sino alla fine dei secoli, poiché il Vangelo che essi devono
trasmettere è per la Chiesa principio di tutta la sua vita in ogni tempo.
Per questo gli Apostoli... ebbero cura di costituirsi dei successori" [Conc.
Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 20].
I vescovi successori degli Apostoli
861 "Perché la missione loro affidata venisse continuata dopo la loro morte,
[gli Apostoli] lasciarono quasi in testamento ai loro immediati cooperatori
l'incarico di completare e consolidare l'opera da essi incominciata,
raccomandando loro di attendere a tutto il gregge, nel quale lo Spirito
Santo li aveva posti per pascere la Chiesa di Dio. Essi stabilirono dunque
questi uomini e in seguito diedero disposizione che, quando essi fossero
morti, altri uomini provati prendessero la successione del loro ministero"
[Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 20; cf San Clemente di Roma, Epistula
ad Corinthios, 42; 44].
862 "Come quindi permane l'ufficio dal Signore concesso singolarmente a
Pietro, il primo degli Apostoli, e da trasmettersi ai suoi successori, così
permane l'ufficio degli Apostoli di pascere la Chiesa, da esercitarsi
ininterrottamente dal sacro ordine dei vescovi". Perciò la Chiesa insegna
che "i vescovi per divina istituzione sono succeduti al posto degli
Apostoli, quali pastori della Chiesa: chi li ascolta, ascolta Cristo, chi li
disprezza, disprezza Cristo e colui che Cristo ha mandato" [Conc. Ecum. Vat.
II, Lumen gentium, 20].
L'apostolato
863 Tutta la Chiesa è apostolica in quanto rimane in comunione di fede e di
vita con la sua origine attraverso i successori di san Pietro e degli
Apostoli. Tutta la Chiesa è apostolica, in quanto è "inviata" in tutto il
mondo; tutti i membri della Chiesa, sia pure in modi diversi, partecipano a
questa missione. "La vocazione cristiana infatti è per sua natura anche
vocazione all'apostolato". "Si chiama apostolato" "tutta l'attività del
Corpo mistico" ordinata alla "diffusione del regno di Cristo su tutta la
terra" [Conc. Ecum. Vat. II, Apostolicam actuositatem, 2].
864 "Siccome la fonte e l'origine di tutto l'apostolato della Chiesa è
Cristo, mandato dal Padre, è evidente che la fecondità dell'apostolato", sia
quello dei ministri ordinati sia quello "dei laici, dipende dalla loro
unione vitale con Cristo" [Cf Gv 15,5; Conc. Ecum. Vat. II, Apostolicam
actuositatem, 4]. Secondo le vocazioni, le esigenze dei tempi, i vari doni
dello Spirito Santo, l'apostolato assume le forme più diverse. Ma la carità,
attinta soprattutto nell'Eucaristia, rimane sempre "come l'anima di tutto
l'apostolato" [Conc. Ecum. Vat. II, Apostolicam actuositatem, 3].
865 La Chiesa è una, santa, cattolica e apostolica nella sua identità
profonda e ultima, perché in essa già esiste e si compirà alla fine dei
tempi "il Regno dei cieli", "il Regno di Dio", [Cf Ap 19,6 ] che è venuto
nella Persona di Cristo e che misteriosamente cresce nel cuore di coloro che
a lui sono incorporati, fino alla sua piena manifestazione escatologica.
Allora tutti gli uomini da lui redenti, in lui resi " santi e immacolati al
cospetto" di Dio "nella carità" ( Ef 1,4 ) saranno riuniti come l'unico
Popolo di Dio, "la sposa dell'Agnello" ( Ap 21,9 ), "la città santa" che
scende "dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio" ( Ap 21,10-11
); e "le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i
dodici nomi dei dodici Apostoli dell'Agnello " ( Ap 21,14 ).
In sintesi
866 La Chiesa è una: essa ha un solo Signore, professa una sola fede, nasce
da un solo Battesimo, forma un solo Corpo, vivificato da un solo Spirito, in
vista di un'unica speranza , [Cf Ef 4,3-5 ] al compimento della quale
saranno superate tutte le divisioni.
867 La Chiesa è santa: il Dio Santissimo è il suo autore; Cristo, suo Sposo,
ha dato se stesso per lei, per santificarla; lo Spirito di santità la
vivifica. Benché comprenda in sé uomini peccatori, è senza macchia: "ex
maculatis immaculata". Nei santi risplende la sua santità; in Maria è già la
tutta santa.
868 La Chiesa è cattolica: essa annunzia la totalità della fede; porta in sé
e amministra la pienezza dei mezzi di salvezza; è mandata a tutti i popoli;
si rivolge a tutti gli uomini; abbraccia tutti i tempi; "per sua natura è
missionaria" [Conc. Ecum. Vat. II, Ad gentes, 2].
869 La Chiesa è apostolica: è costruita su basamenti duraturi: "i dodici
Apostoli dell'Agnello" ( Ap 21,14 ); è indistruttibile; [Cf Mt 16,18 ] è
infallibilmente conservata nella verità: Cristo la governa per mezzo di
Pietro e degli altri Apostoli, presenti nei loro successori, il Papa e il
collegio dei vescovi.
870 "Questa è l'unica Chiesa di Cristo, che nel Simbolo professiamo una,
santa, cattolica e apostolica" ... Essa "sussiste nella Chiesa cattolica,
governata governata dal successore di Pietro e dai vescovi in comunione con
lui, ancorché al di fuori del suo organismo visibile si trovino parecchi
elementi di santificazione e di verità" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium,
8].
Paragrafo 4
I FEDELI - GERARCHIA, LAICI, VITA CONSACRATA
871 "I fedeli sono coloro che, essendo stati incorporati a Cristo mediante
il Battesimo, sono costituiti Popolo di Dio e perciò, resi partecipi nel
modo loro proprio dell'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo,
sono chiamati ad attuare, secondo la condizione propria di ciascuno, la
missione che Dio ha affidato alla Chiesa da compiere nel mondo" [Codice di
Diritto Canonico, 204, 1; cf Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 31].
872 "Fra tutti i fedeli, in forza della loro rigenerazione in Cristo,
sussiste una vera uguaglianza nella dignità e nell'agire, e per tale
uguaglianza tutti cooperano all'edificazione del Corpo di Cristo, secondo la
condizione e i compiti propri di ciascuno" [Codice di Diritto Canonico, 208;
cf Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 32].
873 Le differenze stesse che il Signore ha voluto stabilire fra le membra
del suo Corpo sono in funzione della sua unità e della sua missione. Infatti
"c'è nella Chiesa diversità di ministeri, ma unità di missione. Gli Apostoli
e i loro successori hanno avuto da Cristo l'ufficio di insegnare,
santificare, reggere in suo nome e con la sua autorità. Ma i laici, resi
partecipi dell'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, nella
missione di tutto il Popolo di Dio assolvono compiti propri nella Chiesa e
nel mondo" [Conc. Ecum. Vat. II, Apostolicam actuositatem, 2]. Infine dai
ministri sacri e dai laici "provengono fedeli i quali, con la professione
dei consigli evangelici. . . sono consacrati in modo speciale a Dio e danno
incremento alla missione salvifica della Chiesa" [Codice di Diritto
Canonico, 207, 2].
I. La costituzione gerarchica della Chiesa
Perché il ministero ecclesiale?
874 E' Cristo stesso l'origine del ministero nella Chiesa. Egli l'ha
istituita, le ha dato autorità e missione, orientamento e fine:
Cristo Signore, per pascere e sempre più accrescere il Popolo di Dio, ha
istituito nella sua Chiesa vari ministeri, che tendono al bene di tutto il
corpo. I ministri infatti, che sono dotati di sacra potestà, sono a servizio
dei loro fratelli, perché tutti coloro che appartengono al Popolo di Dio. .
. arrivino alla salvezza [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 18].
875 "E come potranno credere, senza averne sentito parlare? E come potranno
sentirne parlare senza uno che lo annunzi? E come lo annunzieranno, senza
essere prima inviati?" ( Rm 10,14-15 ). Nessuno, né individuo né comunità,
può annunziare a se stesso il Vangelo. "La fede dipende. . . dalla
predicazione" ( Rm 10,17 ). Nessuno può darsi da sé il mandato e la missione
di annunziare il Vangelo. L'inviato del Signore parla e agisce non per
autorità propria, ma in forza dell'autorità di Cristo; non come membro della
comunità, ma parlando ad essa in nome di Cristo. Nessuno può conferire a se
stesso la grazia, essa deve essere data e offerta. Ciò suppone che vi siano
ministri della grazia, autorizzati e abilitati da Cristo. Da lui i vescovi e
i presbiteri ricevono la missione e la facoltà [la "sacra potestà"] di agire
"in persona di Cristo Capo", i diaconi la forza di servire il ppolo di Dio
nella "diaconia" della liturgia, della parola e della carità, in comunione
con il vescovo e il suo presbiterio. La tradizione della Chiesa chiama
"sacramento" questo ministero, attraverso il quale gli inviati di Cristo
compiono e danno per dono di Dio quello che da se stessi non possono né
compiere né dare. Il ministero della Chiesa viene conferito mediante uno
specifico sacramento.
876 Alla natura sacramentale del ministero ecclesiale è intrinsecamente
legato il carattere di servizio. I ministri, infatti, in quanto dipendono
interamente da Cristo, il quale conferisce missione e autorità, sono
veramente "servi di Cristo", [Cf Rm 1,1 ] ad immagine di lui che ha assunto
liberamente per noi "la condizione di servo" ( Fil 2,7 ). Poiché la parola e
la grazia di cui sono i ministri non sono le loro, ma quelle di Cristo che
le ha loro affidate per gli altri, essi si faranno liberamente servi di
tutti [Cf 1Cor 9,19 ].
877 Allo stesso modo, è proprio della natura sacramentale del ministero
ecclesiale avere un carattere collegiale. Infatti il Signore Gesù, fin
dall'inizio del suo ministero, istituì i Dodici, che "furono ad un tempo il
seme del Nuovo Israele e l'origine della sacra gerarchia" [Conc. Ecum. Vat.
II, Ad gentes, 5]. Scelti insieme, sono anche mandati insieme, e la loro
unione fraterna sarà al servizio della comunione fraterna di tutti i fedeli;
essa sarà come un riflesso e una testimonianza della comunione delle persone
divine [Cf Gv 17,21-23 ]. Per questo ogni vescovo esercita il suo ministero
in seno al collegio episcopale, in comunione col vescovo di Roma, successore
di san Pietro e capo del collegio; i sacerdoti esercitano il loro ministero
in seno al presbiterio della diocesi, sotto la direzione del loro vescovo.
878 Infine è proprio della natura sacramentale del ministero ecclesiale
avere un carattere personale. Se i ministri di Cristo agiscono in comunione,
agiscono però sempre anche in maniera personale. Ognuno è chiamato
personalmente: "Tu seguimi" ( Gv 21,22 ) [Cf Mt 4,19; Mt 4,21; Gv 1,43 ] per
essere, nella missione comune, testimone personale, personalmente
responsabile davanti a colui che conferisce la missione, agendo "in Sua
persona" e per delle persone: "Io ti battezzo nel nome del Padre. . . "; "Io
ti assolvo. . . ".
879 Pertanto il ministero sacramentale nella Chiesa è un servizio esercitato
in nome di Cristo. Esso ha un carattere personale e una forma collegiale.
Ciò si verifica sia nei legami tra il collegio episcopale e il suo capo, il
successore di san Pietro, sia nel rapporto tra la responsabilità pastorale
del vescovo per la sua Chiesa particolare e la sollecitudine di tutto il
collegio episcopale per la Chiesa universale.
Il collegio episcopale e il suo capo, il Papa
880 Cristo, istituì i Dodici "sotto la forma di un collegio o di un gruppo
stabile, del quale mise a capo Pietro, scelto di mezzo a loro" [Conc. Ecum.
Vat. II, Lumen gentium, 19]. "Come san Pietro e gli altri Apostoli
costituirono, per istituzione del Signore, un unico collegio apostolico,
similmente il romano Pontefice, successore di Pietro, e i vescovi,
successori degli Apostoli, sono tra loro uniti" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen
gentium, 19].
881 Del solo Simone, al quale diede il nome di Pietro, il Signore ha fatto
la pietra della sua Chiesa. A lui ne ha affidato le chiavi; [Cf Mt 16,18-19
] l'ha costituito pastore di tutto il gregge [Cf Gv 21,15-17 ]. "Ma
l'incarico di legare e di sciogliere, che è stato dato a Pietro, risulta
essere stato pure concesso al collegio degli Apostoli, unito col suo capo"
[Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 22]. Questo ufficio pastorale di Pietro
e degli altri Apostoli costituisce uno dei fondamenti della Chiesa; è
continuato dai vescovi sotto il primato del Papa.
882 Il Papa, vescovo di Roma e successore di san Pietro, " è il perpetuo e
visibile principio e fondamento dell'unità sia dei vescovi sia della
moltitudine dei fedeli" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 22]. "Infatti
il romano Pontefice, in virtù del suo ufficio di vicario di Cristo e di
pastore di tutta la Chiesa, ha sulla Chiesa la potestà piena, suprema e
universale, che può sempre esercitare liberamente" [Conc. Ecum. Vat. II,
Lumen gentium, 22].
883 "Il collegio o corpo episcopale non ha. . . autorità, se non lo si
concepisce insieme con il romano Pontefice. . ., quale suo capo". Come tale,
questo collegio "è pure soggetto di suprema e piena potestà su tutta la
Chiesa: potestà che non può essere esercitata se non con il consenso del
romano Pontefice" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 22; cf Codice di
Diritto Canonico, 336].
884 "Il collegio dei vescovi esercita in modo solenne la potestà sulla
Chiesa universale nel Concilio Ecumenico" [Codice di Diritto Canonico, 337,
1]. "Mai si ha Concilio Ecumenico, che come tale non sia confermato o almeno
accettato dal successore di Pietro" [ Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium,
22].
885 " [Il collegio episcopale] in quanto composto da molti, esprime la
varietà e l'universalità del popolo di Dio; in quanto raccolto sotto un solo
capo, esprime l'unità del gregge di Cristo" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen
gentium, 22].
886 "I vescovi. . ., singolarmente presi, sono il principio visibile e il
fondamento dell'unità nelle loro Chiese particolari" [Conc. Ecum. Vat. II,
Lumen gentium, 22]. In quanto tali "esercitano il loro pastorale governo
sopra la porzione del Popolo di Dio che è stata loro affidata", [Conc. Ecum.
Vat. II, Lumen gentium, 22] coadiuvati dai presbiteri e dai diaconi. Ma, in
quanto membri del collegio episcopale, ognuno di loro è partecipe della
sollecitudine per tutte le Chiese, [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Christus
Dominus, 3] e la esercita innanzi tutto "reggendo bene la propria Chiesa
come porzione della Chiesa universale", contribuendo così "al bene di tutto
il Corpo mistico che è pure il corpo delle Chiese" [Conc. Ecum. Vat. II,
Lumen gentium, 23]. Tale sollecitudine si estenderà particolarmente ai
poveri, [Cf Gal 2,10 ] ai perseguitati per la fede, come anche ai missionari
che operano in tutta la terra.
887 Le Chiese particolari vicine e di cultura omogenea formano province
ecclesiastiche o realtà più vaste chiamate patriarcati o regioni [Cf Canone
degli Apostoli, 34]. I vescovi di questi raggruppamenti possono riunirsi in
sinodi o in concilii provinciali. Così pure, le conferenze episcopali
possono, oggi, contribuire in modo molteplice e fecondo a che "lo spirito
collegiale si attui concretamente" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 23].
L'ufficio di insegnare
888 I vescovi, con i presbiteri, loro cooperatori, "hanno anzitutto il
dovere di annunziare a tutti il Vangelo di Dio", [Conc. Ecum. Vat. II,
Presbyterorum ordinis, 4] secondo il comando del Signore [Cf Mc 16,15 ].
Essi sono "gli araldi della fede, che portano a Cristo nuovi discepoli, sono
i dottori autentici" della fede apostolica, "rivestiti dell'autorità di
Cristo" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 25].
889 Per mantenere la Chiesa nella purezza della fede trasmessa dagli
Apostoli, Cristo, che è la Verità, ha voluto rendere la sua Chiesa partecipe
della propria infallibilità. Mediante il "senso soprannaturale della fede",
il Popolo di Dio "aderisce indefettibilmente alla fede", sotto la guida del
Magistero vivente della Chiesa [Cf ibid., 12; Id. , Dei Verbum, 10].
890 La missione del Magistero è legata al carattere definitivo dell'Alleanza
che Dio in Cristo ha stretto con il suo Popolo; deve salvaguardarlo dalle
deviazioni e dai cedimenti, e garantirgli la possibilità oggettiva di
professare senza errore l'autentica fede. Il compito pastorale del Magistero
è quindi ordinato a vigilare affinché il Popolo di Dio rimanga nella verità
che libera. Per compiere questo servizio, Cristo ha dotato i pastori del
carisma d'infallibilità in materia di fede e di costumi. L'esercizio di
questo carisma può avere parecchie modalità.
891 "Di questa infallibilità il romano Pontefice, capo del collegio dei
vescovi, fruisce in virtù del suo ufficio, quando, quale supremo pastore e
dottore di tutti i fedeli, che conferma nella fede i suoi fratelli, proclama
con un atto definitivo una dottrina riguardante la fede o la morale. . .
L'infallibilità promessa alla Chiesa risiede pure nel corpo episcopale,
quando questi esercita il supremo Magistero col successore di Pietro"
soprattutto in un Concilio Ecumenico [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium,
25; cf Concilio Vaticano I: Denz. -Schönm. , 3074]. Quando la Chiesa,
mediante il suo Magistero supremo, propone qualche cosa "da credere come
rivelato da Dio" [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 10] e come insegnamento
di Cristo, "a tali definizioni si deve aderire con l'ossequio della fede"
[Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 25]. Tale infallibilità abbraccia
l'intero deposito della Rivelazione divina [Cf ibid].
892 L'assistenza divina è inoltre data ai successori degli Apostoli, che
insegnano in comunione con il successore di Pietro, e, in modo speciale, al
vescovo di Roma, pastore di tutta la Chiesa, quando, pur senza arrivare ad
una definizione infallibile e senza pronunciarsi in "maniera definitiva",
propongono, nell'esercizio del Magistero ordinario, un insegnamento che
porta ad una migliore intelligenza della Rivelazione in materia di fede e di
costumi. A questo insegnamento ordinario i fedeli devono "aderire col
religioso ossequio dello spirito" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 25]
che, pur distinguendosi dall'ossequio della fede, tuttavia ne è il
prolungamento.
L'ufficio di santificare
893 Il vescovo "è il dispensatore della grazia del supremo sacerdozio",
[Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 25] specialmente nell'Eucaristia che
egli stesso offre o di cui assicura l'offerta mediante i presbiteri, suoi
cooperatori. L'Eucaristia, infatti, è il centro della vita della Chiesa
particolare. Il vescovo e i presbiteri santificano la Chiesa con la loro
preghiera e il loro lavoro, con il ministero della Parola e dei sacramenti.
La santificano con il loro esempio, "non spadroneggiando sulle persone" loro
"affidate", ma facendosi "modelli del gregge" ( 1Pt 5,3 ), in modo che
"possano, insieme col gregge loro affidato, giungere alla vita eterna"
[Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 25].
L'ufficio di governare
894 "I vescovi reggono le Chiese particolari, come vicari e delegati di
Cristo, col consiglio, la persuasione, l'esempio, ma anche con l'autorità e
la sacra potestà", [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 25] che però
dev'essere da loro esercitata allo scopo di edificare, nello spirito di
servizio che è proprio del loro Maestro [Cf Lc 22,26-27 ].
895 "Questa potestà che personalmente esercitano in nome di Cristo, è
propria, ordinaria e immediata, quantunque il suo esercizio sia in
definitiva regolato dalla suprema autorità della Chiesa" [Conc. Ecum. Vat.
II, Lumen gentium, 27]. Ma i vescovi non devono essere considerati come dei
vicari del Papa, la cui autorità ordinaria e immediata su tutta la Chiesa
non annulla quella dei vescovi, ma anzi la conferma e la difende. Tale
autorità deve esercitarsi in comunione con tutta la Chiesa sotto la guida
del Papa.
896 Il Buon Pastore sarà il modello e la "forma" dell'ufficio pastorale del
vescovo. Cosciente delle proprie debolezze, "il vescovo può compatire quelli
che sono nell'ignoranza o nell'errore. Non rifugga dall'ascoltare" coloro
che dipendono da lui e "che cura come veri figli suoi. . . I fedeli poi
devono aderire al vescovo come la Chiesa a Gesù Cristo e come Gesù Cristo al
Padre": [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 27]
Seguite tutti il vescovo, come Gesù Cristo [segue] il Padre, e il
presbiterio come gli Apostoli; quanto ai diaconi, rispettateli come la legge
di Dio. Nessuno compia qualche azione riguardante la Chiesa, senza il
vescovo [Sant'Ignazio di Antiochia, Epistula ad Smyrnaeos, 8, 1].
II. I fedeli laici
897 "Col nome di laici si intendono qui tutti i fedeli a esclusione dei
membri dell'ordine sacro e dello stato religioso riconosciuto dalla Chiesa,
i fedeli cioè, che, dopo essere stati incorporati a Cristo col Battesimo e
costituiti Popolo di Dio, e nella loro misura resi partecipi della funzione
sacerdotale, profetica e regale di Cristo, per la loro parte compiono, nella
Chiesa e nel mondo, la missione propria di tutto il popolo cristiano" [Conc.
Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 31].
La vocazione dei laici
898 "Per loro vocazione è proprio dei laici cercare il Regno di Dio
trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio. . . A loro quindi
particolarmente spetta di illuminare e ordinare tutte le realtà temporali,
alle quali essi sono strettamente legati, in modo che sempre siano fatte
secondo Cristo, e crescano e siano di lode al Creatore e al Redentore"
[Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 31].
899 L'iniziativa dei cristiani laici è particolarmente necessaria quando si
tratta di scoprire, di ideare mezzi per permeare delle esigenze della
dottrina e della vita cristiana le realtà sociali, politiche ed economiche.
Questa iniziativa è un elemento normale della vita della Chiesa:
I fedeli laici si trovano sulla linea più avanzata della vita della Chiesa;
grazie a loro, la Chiesa è il principio vitale della società. Per questo
essi soprattutto devono avere una coscienza sempre più chiara non soltanto
di appartenere alla Chiesa, ma di essere la Chiesa, cioè la comunità dei
fedeli sulla terra sotto la guida dell'unico capo, il Papa, e dei vescovi in
comunione con lui. Essi sono la Chiesa [Pio XII, discorso del 20 febbraio
1946: citato da Giovanni Paolo II, Esort. ap. Christifideles laici, 9].
900 I laici, come tutti i fedeli, in virtù del Battesimo e della
Confermazione, ricevono da Dio l'incarico dell'apostolato; pertanto hanno
l'obbligo e godono del diritto, individualmente o riuniti in associazioni,
di impegnarsi affinché il messaggio divino della salvezza sia conosciuto e
accolto da tutti gli uomini e su tutta la terra; tale obbligo è ancora più
pressante nei casi in cui solo per mezzo loro gli uomini possono ascoltare
il Vangelo e conoscere Cristo. Nelle comunità ecclesiali, la loro azione è
così necessaria che, senza di essa, l'apostolato dei pastori, la maggior
parte delle volte, non può raggiungere il suo pieno effetto [Cf Conc. Ecum.
Vat. II, Lumen gentium, 33].
La partecipazione dei laici all'ufficio
sacerdotale di Cristo
901 "I laici, essendo dedicati a Cristo e consacrati dallo Spirito Santo,
sono in modo mirabile chiamati e istruiti perché lo Spirito produca in essi
frutti sempre più copiosi. Tutte infatti le opere, le preghiere e le
iniziative apostoliche, la vita coniugale e familiare, il lavoro
giornaliero, il sollievo spirituale e corporale, se sono compiute nello
Spirito, e persino le molestie della vita se sono sopportate con pazienza,
diventano "sacrifici spirituali graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo" (
1Pt 2,5 ); e queste cose nella celebrazione dell'Eucaristia sono
piissimamente offerte al Padre insieme all'oblazione del Corpo del Signore.
Così anche i laici, operando santamente dappertutto come adoratori,
consacrano a Dio il mondo stesso" [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium,
33].
902 In modo particolare i genitori partecipano all'ufficio di santificazione
"conducendo la vita coniugale secondo lo spirito cristiano e attendendo
all'educazione cristiana dei figli" [Codice di Diritto Canonico, 835, 4].
903 I laici, se hanno le doti richieste, possono essere assunti stabilmente
ai ministeri di lettori e di accoliti [Cf ibid., 230, 1]. "Ove le necessità
della Chiesa lo suggeriscano, in mancanza di ministri, anche i laici, pur
senza essere lettori o accoliti, possono supplire alcuni dei loro uffici,
cioè esercitare il ministero della Parola, presiedere alle preghiere
liturgiche, amministrare il Battesimo e distribuire la sacra Comunione,
secondo le disposizioni del diritto" [Cf ibid., 230, 1].
La loro partecipazione all'ufficio profetico di Cristo
904 "Cristo. . . adempie la sua funzione profetica. . . non solo per mezzo
della gerarchia. . . ma anche per mezzo dei laici, che perciò costituisce
suoi testimoni" dotandoli "del senso della fede e della grazia della
parola": [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 35]
Istruire qualcuno per condurlo alla fede è il compito di ogni predicatore e
anche di ogni credente [ San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, III, 71, 4,
ad 3].
905 I laici compiono la loro missione profetica anche mediante
l'evangelizzazione, cioè con l'annunzio di Cristo "fatto con la
testimonianza della vita e con la parola". Questa azione evangelizzatrice ad
opera dei laici "acquista una certa nota specifica e una particolare
efficacia, dal fatto che viene compiuta nelle comuni condizioni del secolo":
[Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 35]
Tale apostolato non consiste nella sola testimonianza della vita: il vero
apostolo cerca le occasioni per annunziare Cristo con la parola, sia ai
credenti... sia agli infedeli [Conc. Ecum. Vat. II, Apostolicam
actuositatem, 6; cf Id., Ad gentes, 15].
906 Tra i fedeli laici coloro che ne sono capaci e che vi si preparano
possono anche prestare la loro collaborazione alla formazione catechistica,
[Cf Codice di Diritto Canonico, 774; 776; 780] all'insegna gnamento delle
scienze sacre, [Cf ibid. , 229] ai mezzi di comunicazione sociale [Cf ibid.,
823, 1].
907 "In modo proporzionato alla scienza, alla competenza e al prestigio di
cui godono, essi hanno il diritto, e anzi talvolta anche il dovere, di
manifestare ai sacri pastori il loro pensiero su ciò che riguarda il bene
della Chiesa; e di renderlo noto agli altri fedeli, salva restando
l'integrità della fede e dei costumi e il rispetto verso i pastori, tenendo
inoltre presente l'utilità comune e la dignità della persona" [Cf ibid.,
823, 1].
La loro partecipazione all'ufficio regale di Cristo
908 Mediante la sua obbedienza fino alla morte, [Cf Fil 2,8-9 ] Cristo ha
comunicato ai suoi discepoli il dono della libertà regale, "perché con
l'abnegazione di sé e la vita santa vincano in se stessi il regno del
peccato" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 36].
Colui che sottomette il proprio corpo e governa la sua anima senza lasciarsi
sommergere dalle passioni è padrone di sé: può essere chiamato re perché è
capace di governare la propria persona; è libero e indipendente e non si
lascia imprigionare da una colpevole schiavitù [Sant'Ambrogio, Expositio
Psalmi CXVIII, 14, 30: PL 15, 1403A].
909 "Inoltre i laici, anche mettendo in comune la loro forza, risanino le
istituzioni e le condizioni di vita del mondo, se ve ne sono che spingano i
costumi al peccato, così che tutte siano rese conformi alle norme della
giustizia e, anziché ostacolare, favoriscano l'esercizio delle virtù. Così
agendo impregneranno di valore morale la cultura e i lavori dell'uomo"
[Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 36].
910 "I laici possono anche sentirsi chiamati o essere chiamati a collaborare
con i loro pastori nel servizio della comunità ecclesiale, per la crescita e
la vitalità della medesima, esercitando ministeri diversissimi, secondo la
grazia e i carismi che il Signore vorrà loro dispensare" [Paolo VI, Esort.
ap. Evangelii nuntiandi, 73].
911 Nella Chiesa, "i fedeli possono cooperare a norma del diritto
all'esercizio della potestà di governo" [Codice di Diritto Canonico, 129, 2]
e questo mediante la loro presenza nei Concili particolari, [Cf ibid., 443,
4] nei Sinodi diocesani, [Cf ibid. , 463, 1. 2] nei Consigli pastorali; [Cf
ibid., 511; 536] nell'esercizio della cura pastorale di una parrocchia; [Cf
ibid., 517, 2] nella collaborazione ai Consigli degli affari economici; [Cf
ibid., 492, 1; 536] nella partecipazione ai tribunali ecclesiastici [Cf
ibid., 1421, 2].
912 I fedeli devono "distinguere accuratamente tra i diritti e i doveri, che
loro incombono in quanto sono aggregati alla Chiesa, e quelli che loro
competono in quanto membri della società umana. Cerchino di metterli in
armonia, ricordandosi che in ogni cosa temporale devono essere guidati dalla
coscienza cristiana, poiché nessuna attività umana, neanche in materia
temporale, può essere sottratta al dominio di Dio" [Conc. Ecum. Vat. II,
Lumen gentium, 36].
913 "Così ogni laico, in ragione degli stessi doni ricevuti, è un testimone
e insieme uno strumento vivo della missione della Chiesa stessa "secondo la
misura del dono di Cristo" ( Ef 4,7 )" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium,
36].
III. La vita consacrata
914 "Lo stato [di vita] che è costituito dalla professione dei consigli
evangelici, pur non appartenendo alla struttura gerarchica della Chiesa,
interessa tuttavia indiscutibilmente alla sua vita e alla sua santità" [Conc.
Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 36].
Consigli evangelici, vita consacrata
915 I consigli evangelici, nella loro molteplicità, sono proposti ad ogni
discepolo di Cristo. La perfezione della carità, alla quale tutti i fedeli
sono chiamati, comporta per coloro che liberamente accolgono la vocazione
alla vita consacrata, l'obbligo di praticare la castità nel celibato per il
Regno, la povertà e l'obbedienza. E' la professione di tali consigli, in uno
stato di vita stabile riconosciuto dalla Chiesa, che caratterizza la "vita
consacrata" a Dio [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 42-43; Id. ,
Perfectae caritatis, 1].
916 Lo stato di vita consacrata appare quindi come uno dei modi di
conoscere una consacrazione "più intima", che si radica nel Battesimo e
dedica totalmente a Dio [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Perfectae caritatis, 5].
Nella vita consacrata, i fedeli di Cristo si propongono, sotto la mozione
dello Spirito Santo, di seguire Cristo più da vicino, di donarsi a Dio amato
sopra ogni cosa e, tendendo alla perfezione della carità a servizio del
Regno, di significare e annunziare nella Chiesa la gloria del mondo futuro [Cf
Codice di Diritto Canonico, 573].
Un grande albero dai molti rami
917 "Come in un albero piantato da Dio e in un modo mirabile e molteplice
ramificatosi nel campo del Signore, sono cresciute varie forme di vita
solitaria o comune e varie famiglie, che si sviluppano sia per il profitto
dei loro membri, sia per il bene di tutto il Corpo di Cristo" [Conc. Ecum.
Vat. II, Lumen gentium, 43].
918 "Fin dai primi tempi della Chiesa vi furono uomini e donne che per mezzo
della pratica dei consigli evangelici intesero seguire Cristo con maggiore
libertà e imitarlo più da vicino e condussero, ciascuno a loro modo, una
vita consacrata a Dio. Molti di essi, dietro l'impulso dello Spirito Santo,
o vissero una vita solitaria o fondarono famiglie religiose, che la Chiesa
con la sua autorità volentieri accolse e approvò" [Conc. Ecum. Vat. II,
Perfectae caritatis, 1].
919 I vescovi si premureranno sempre di discernere i nuovi doni della vita
consacrata affidati dallo Spirito Santo alla sua Chiesa; l'approvazione di
nuove forme di vita consacrata è riservata alla Sede Apostolica [Cf Codice
di Diritto Canonico, 605].
La vita eremitica
920 Senza professare sempre pubblicamente i tre consigli evangelici, gli
eremiti, "in una più rigorosa separazione dal mondo, nel silenzio della
solitudine e nella continua preghiera e nella penitenza, dedicano la propria
vita alla lode di Dio e alla salvezza del mondo" [Codice di Diritto
Canonico, 603, 1].
921 Essi indicano a ciascuno quell'aspetto interiore del mistero della
Chiesa che è l'intimità personale con Cristo. Nascosta agli occhi degli
uomini, la vita dell'eremita è predicazione silenziosa di colui al quale ha
consegnato la sua vita, poiché egli è tutto per lui. E' una chiamata
particolare a trovare nel deserto, proprio nel combattimento spirituale, la
gloria del Crocifisso.
Le vergini e le vedove consacrate
922 Fin dai tempi apostolici, ci furono vergini e vedove cristiane che,
chiamate dal Signore a dedicarsi esclusivamente a lui [Cf 1Cor 7,34-36 ] in
una maggiore libertà di cuore, di corpo e di spirito, hanno preso la
decisione, approvata dalla Chiesa, di vivere rispettivamente nello stato di
verginità o di castità perpetua "per il Regno dei cieli" ( Mt 19,12 ).
923 "Emettendo il santo proposito di seguire Cristo più da vicino, [le
vergini] dal vescovo diocesano sono consacrate a Dio secondo il rito
liturgico approvato e, unite in mistiche nozze a Cristo Figlio di Dio, si
dedicano al servizio della Chiesa" [Codice di Diritto Canonico, 604, 1].
Mediante questo rito solenne, [Consecratio virginum] "la vergine è
costituita persona consacrata" quale "segno trascendente dell'amore della
Chiesa verso Cristo, immagine escatologica della Sposa celeste e della vita
futura" [Pontificale romano, Consacrazione delle vergini, Premesse, 1].
924 "Assimilato alle altre forme di vita consacrata", [Codice di Diritto
canonico, 604, 1] l'ordine delle vergini stabilisce la donna che vive nel
mondo (o la monaca) nella preghiera, nella penitenza, nel servizio dei
fratelli e nel lavoro apostolico, secondo lo stato e i rispettivi carismi
offerti ad ognuna [Pontificale romano, Consacrazione delle vergini,
Premesse, 2]. Le vergini consacrate possono associarsi al fine di mantenere
più fedelmente il loro proposito [Cf Codice di Diritto Canonico, 604, 2].
La vita religiosa
925 Nata in Oriente nei primi secoli del cristianesimo [Cf Conc. Ecum. Vat.
II, Unitatis redintegratio, 15] e continuata negli istituti canonicamente
eretti dalla Chiesa, [Cf Codice di Diritto Canonico, 573] la vita religiosa
si distingue dalle altre forme di vita consacrata per l'aspetto cultuale, la
professione pubblica dei consigli evangelici, la vita fraterna condotta in
comune, la testimonianza resa all'unione di Cristo e della Chiesa [Cf Codice
di Diritto Canonico, 607].
926 La vita religiosa sgorga dal mistero della Chiesa. E' un dono che la
Chiesa riceve dal suo Signore e che essa offre come uno stato di vita
stabile al fedele chiamato da Dio nella professione dei consigli. Così la
Chiesa può manifestare Cristo e insieme riconoscersi Sposa del Salvatore.
Alla vita religiosa, nelle sue molteplici forme, è chiesto di esprimere la
carità stessa di Dio, nel linguaggio del nostro tempo.
927 Tutti i religiosi, esenti o no, [Cf ibid. , 591] sono annoverati fra i
cooperatori del vescovo diocesano nel suo ufficio pastorale [Cf Conc. Ecum.
Vat. II, Christus Dominus, 33-35]. La fondazione e l'espansione missionaria
della Chiesa richiedono la presenza della vita religiosa in tutte le sue
forme fin dagli inizi dell'evangelizzazione [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Ad
gentes, 18; 40]. "La storia attesta i grandi meriti delle famiglie religiose
nella propagazione della fede e nella formazione di nuove Chiese, dalle
antiche istituzioni monastiche e dagli Ordini medievali fino alle moderne
Congregazioni" [Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio, 69].
Gli istituti secolari
928 "L'Istituto secolare è un istituto di vita consacrata in cui i fedeli,
vivendo nel mondo, tendono alla perfezione della carità e si impegnano per
la santificazione del mondo, soprattutto operando all'interno di esso"
[Codice di Diritto Canonico, 710].
929 Mediante una "vita perfettamente e interamente consacrata a [tale]
santificazione", [Pio XII, Cost. ap. Provida Mater] i membri di questi
istituti "partecipano della funzione evangelizzatrice della Chiesa", "nel
mondo e dal mondo", in cui la loro presenza agisce "come un fermento" [Conc.
Ecum. Vat. II, Perfectae caritatis, 11]. La loro testimonianza di vita
cristiana mira a ordinare secondo Dio le realtà temporali e vivificare il
mondo con la forza del Vangelo. Essi assumono con vincoli sacri i consigli
evangelici e custodiscono tra loro la comunione e la fraternità che sono
proprie al loro modo di vita secolare [Cf Codice di Diritto Canonico, 713,
2].
Le società di vita apostolica
930 Alle diverse forme di vita consacrata "sono assimilate le società di
vita apostolica i cui membri, senza i voti religiosi, perseguono il fine
apostolico proprio della società e, conducendo vita fraterna in comunità
secondo un proprio stile, tendono alla perfezione della carità mediante
l'osservanza delle costituzioni. Fra queste vi sono società i cui membri
assumono i consigli evangelici", secondo le loro costituzioni [Codice di
Diritto Canonico, 731, 1. 2].
Consacrazione e missione: annunziare il Re che viene
931 Consegnato a Dio sommamente amato, colui che già era stato votato a lui
dal Battesimo, si trova in tal modo più intimamente consacrato al servizio
divino e dedito al bene della Chiesa. Con lo stato di consacrazione a Dio,
la Chiesa manifesta Cristo e mostra come lo Spirito Santo agisca in essa in
modo mirabile. Coloro che professano i consigli evangelici hanno, dunque,
come prima missione, quella di vivere la loro consacrazione. Ma "dal momento
che si dedicano al servizio della Chiesa in forza della stessa
consacrazione, sono tenuti all'obbligo di prestare l'opera loro in modo
speciale nell'azione missionaria, con lo stile proprio dell'Istituto"
[Codice di Diritto Canonico, 731, 1. 2].
932 Nella Chiesa che è come il sacramento, cioè il segno e lo strumento
della vita di Dio, la vita consacrata appare come un segno particolare del
mistero della Redenzione. Seguire e imitare Cristo "più da vicino",
manifestare "più chiaramente" il suo annientamento, significa trovarsi "più
profondamente" presenti, nel cuore di Cristo, ai propri contemporanei.
Coloro, infatti, che camminano in questa via "più stretta" stimolano con il
proprio esempio i loro fratelli e "testimoniano in modo splendido che il
mondo non può essere trasfigurato e offerto a Dio senza lo spirito delle
beatitudini" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 31].
933 Che tale testimonianza, sia pubblica, come nello stato religioso, oppure
più discreta, o addirittura segreta, la venuta di Cristo rimane per tutti i
consacrati l'origine e l'orientamento della loro vita:
Poiché il Popolo di Dio non ha qui città permanente,. . . lo stato
religioso. . . rende visibile per tutti i credenti la presenza, già in
questo mondo, dei beni celesti; meglio testimonia la vita nuova ed eterna
acquistata dalla Redenzione di Cristo, e meglio preannunzia la futura
risurrezione e la gloria del Regno celeste" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen
gentium, 31].
In sintesi
934 "Per istituzione divina vi sono nella Chiesa i ministri sacri, che nel
diritto sono chiamati anche chierici; gli altri fedeli poi sono chiamati
anche laici. Dagli uni e dagli altri provengono fedeli i quali, con la
professione dei consigli evangelici. . . sono consacrati in modo speciale a
Dio e danno incremento alla missione salvifica della Chiesa" [Codice di
Diritto Canonico, 207, 1. 2].
935 Per annunziare la fede e instaurare il suo Regno, Cristo invia i suoi
Apostoli e i loro successori. Li rende partecipi della sua missione. Da lui
ricevono il potere di agire in sua persona.
936 Il Signore ha fatto di san Pietro il fondamento visibile della sua
Chiesa. A lui ne ha affidato le chiavi. Il vescovo della Chiesa di Roma, suc
cessore di san Pietro, è "capo del collegio dei vescovi, vicario di Cristo e
pastore qui in terra della Chiesa universale" [Codice di Diritto Canonico,
207, 1. 2].
937 Il Papa "è per divina istituzione rivestito di un potere supremo, pieno,
immediato e universale per il bene delle anime" [Conc. Ecum. Vat. II,
Christus Dominus, 2].
938 I vescovi, costituiti per mezzo dello Spirito Santo, succedono agli
Apostoli. "Singolarmente presi, sono il principio visibile e il fondamento
dell'unità nelle loro Chiese particolari" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen
gentium, 23].
939 Aiutati dai presbiteri, loro cooperatori, e dai diaconi, i vescovi hanno
l'ufficio di insegnare autenticamente la fede, di celebrare il culto divino,
soprattutto l'Eucarestia, e di guidare la loro Chiesa da veri pastori. E'
inerente al loro ufficio anche la sollecitudine per tutte le Chiese, con il
Papa e sotto di lui.
940 I laici, essendo proprio del loro stato che "vivano nel mondo e in mezzo
agli affari secolari, sono chiamati da Dio affinché, ripieni di spirito
cristiano, a modo di fermento esercitino nel mondo il loro apostolato" [Conc.
Ecum. Vat. II, Apostolicam actuositatem, 2].
941 I laici partecipano al sacerdozio di Cristo: sempre più uniti a lui,
dispiegano la grazia del Battesimo e della Confermazione in tutte le
dimensioni della vita personale, familiare, sociale ed ecclesiale, e
realizzano così la chiamata alla santità rivolta a tutti i battezzati.
942 Grazie alla loro missione profetica, "i laici sono chiamati anche ad
essere testimoni di Cristo in mezzo a tutti, e cioè pure in mezzo alla
società umana" [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 43].
943 Grazie alla loro missione regale, i laici hanno il potere di vincere in
se stessi e nel mondo il regno del peccato con l'abnegazione di sé e la
santità della loro vita [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 36].
944 La vita consacrata a Dio si caratterizza mediante la professione
pubblica dei consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza in uno
stato di vita stabile riconosciuto dalla Chiesa.
945 Consegnato a Dio sommamente amato, colui che era già stato destinato a
lui dal Battesimo, si trova, nello stato di vita consacrata, più intimamente
votato al servizio divino e dedito al bene di tutta la Chiesa.
Paragrafo 5
LA COMUNIONE DEI SANTI
946 Dopo aver confessato "la santa Chiesa cattolica", il Simbolo degli
Apostoli aggiunge "la comunione dei santi". Questo articolo è, per certi
aspetti, una esplicitazione del precedente: "Che cosa è la Chiesa se non
l'assemblea di tutti i santi?" [Niceta, Explanatio symboli, 10: PL 52,
871B]. La comunione dei santi è precisamente la Chiesa.
947 "Poiché tutti i credenti formano un solo corpo, il bene degli uni è
comunicato agli altri. . . Allo stesso modo bisogna credere che esista una
comunione di beni nella Chiesa. Ma il membro più importante è Cristo, poiché
è il Capo. . . Pertanto, il bene di Cristo è comunicato a tutte le membra;
ciò avviene mediante i sacramenti della Chiesa" [San Tommaso d'Aquino,
Expositio in symbolum apostolicum, 10]. "L'unità dello Spirito, da cui la
Chiesa è animata e retta, fa sì che tutto quanto essa possiede sia comune a
tutti coloro che vi appartengono" [Catechismo Romano, 1, 10, 24].
948 Il termine "comunione dei santi" ha pertanto due significati,
strettamente legati: "comunione alle cose sante ["sancta"]" e "comunione tra
le persone sante ["sancti"]".
"Sancta sanctis!" - le cose sante ai santi - viene proclamato dal celebrante
nella maggior parte delle liturgie orientali, al momento dell'elevazione dei
santi Doni, prima della distribuzione della Comunione. I fedeli ["sancti"]
vengono nutriti del Corpo e del Sangue di Cristo ["sancta"] per crescere
nella comunione dello Spirito Santo ["koinonia"] e comunicarla al mondo.
I. La comunione dei beni spirituali
949 Nella prima comunità di Gerusalemme, i discepoli "erano assidui
nell'ascoltare l'insegnamento degli Apostoli e nell'unione fraterna, nella
frazione del pane e nelle preghiere" ( At 2,42 ).
La comunione nella fede. La fede dei fedeli è la fede della Chiesa ricevuta
dagli Apostoli, tesoro di vita che si accresce mentre viene condiviso.
950 La comunione dei sacramenti. "Il frutto di tutti i sacramenti appartiene
così a tutti i fedeli, i quali per mezzo dei sacramenti stessi, come
altrettante arterie misteriose, sono uniti e incorporati in Cristo.
Soprattutto il Battesimo è al tempo stesso porta per cui si entra nella
Chiesa e vincolo dell'unione a Cristo. . . La comunione dei santi significa
questa unione operata dai sacramenti. . . Il nome di "comunione" conviene a
tutti i sacramenti in quanto ci uniscono a Dio. . . ; più propriamente però
esso si addice all'Eucaristia che in modo affatto speciale attua questa
intima e vitale comunione soprannaturale" [Catechismo Romano, 1, 10, 24].
951 La comunione dei carismi. Nella comunione della Chiesa, lo Spirito
Santo "dispensa pure tra i fedeli di ogni ordine grazie speciali" per
l'edificazione della Chiesa [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 12]. Ora "a
ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità
comune" ( 1Cor 12,7 ).
952 " Ogni cosa era fra loro comune " ( At 4,32 ). "Il cristiano veramente
tale nulla possiede di così strettamente suo che non lo debba ritenere in
comune con gli altri, pronto quindi a sollevare la miseria dei fratelli più
poveri" [Catechismo Romano, 1, 10, 27]. Il cristiano è un amministratore dei
beni del Signore [Cf Lc 16,1-3 ].
953 La comunione della carità. Nella "comunione dei santi" "nessuno di noi
vive per se stesso e nessuno muore per se stesso" ( Rm 14,7 ). "Se un membro
soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le
membra gioiscono con lui. Ora voi siete corpo di Cristo e sue membra,
ciascuno per la sua parte" ( 1Cor 12,26-27 ). "La carità non cerca il suo
interesse" ( 1Cor 13,5 ) [Cf 1Cor 10,24 ]. Il più piccolo dei nostri atti
compiuto nella carità ha ripercussioni benefiche per tutti, in forza di
questa solidarietà con tutti gli uomini, vivi o morti, solidarietà che si
fonda sulla comunione dei santi. Ogni peccato nuoce a questa comunione.
II. La comunione della Chiesa del cielo e della terra
954 I tre stati della Chiesa. " Fino a che il Signore non verrà nella sua
gloria e tutti gli angeli con lui e, distrutta la morte, non gli saranno
sottomesse tutte le cose, alcuni dei suoi discepoli sono pellegrini sulla
terra, altri che sono passati da questa vita stanno purificandosi, altri
infine godono della gloria contemplando "chiaramente Dio uno e trino, qual
è"": [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 49]
Tutti però, sebbene in grado e modo diverso, comunichiamo nella stessa
carità di Dio e del prossimo e cantiamo al nostro Dio lo stesso inno di
gloria. Tutti quelli che sono di Cristo, infatti, avendo il suo Spirito
formano una sola Chiesa e sono tra loro uniti in lui [Conc. Ecum. Vat. II,
Lumen gentium, 49].
955 "L'unione. . . di coloro che sono in cammino coi fratelli morti nella
pace di Cristo non è minimamente spezzata, anzi, secondo la perenne fede
della Chiesa, è consolidata dalla comunicazione dei beni spirituali" [Conc.
Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 49].
956 L'intercessione dei santi. "A causa infatti della loro più intima
unione con Cristo i beati rinsaldano tutta la Chiesa nella santità. . . non
cessano di intercedere per noi presso il Padre, offrendo i meriti acquistati
in terra mediante Gesù Cristo, unico Mediatore tra Dio e gli uomini. . . La
nostra debolezza quindi è molto aiutata dalla loro fraterna sollecitudine":
[Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 49]
Non piangete. Io vi sarò più utile dopo la mia morte e vi aiuterò più
efficacemente di quando ero in vita [San Domenico morente ai suoi frati, cf
Giordano di Sassonia, Libellus de principiis Ordinis praedicatorum, 93].
Passerò il mio cielo a fare del bene sulla terra [Santa Teresa di Gesù
Bambino, Novissima verba].
957 La comunione con i santi. "Non veneriamo la memoria dei santi solo a
titolo d'esempio, ma più ancora perché l'unione di tutta la Chiesa nello
Spirito sia consolidata dall'esercizio della fraterna carità. Poiché come la
cristiana comunione tra coloro che sono in cammino ci porta più vicino a
Cristo, così la comunione con i santi ci unisce a Cristo, dal quale, come
dalla fonte e dal capo, promana tutta la grazia e tutta la vita dello stesso
Popolo di Dio": [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 50]
Noi adoriamo Cristo quale Figlio di Dio, mentre ai martiri siamo giustamente
devoti in quanto discepoli e imitatori del Signore e per la loro suprema
fedeltà verso il loro re e maestro; e sia dato anche a noi di farci loro
compagni e condiscepoli [San Policarpo di Smirne, in Martyrium Polycarpi,
17].
958 La comunione con i defunti. "La Chiesa di quelli che sono in cammino,
riconoscendo benissimo questa comunione di tutto il corpo mistico di Gesù
Cristo, fino dai primi tempi della religione cristiana ha coltivato con una
grande pietà la memoria dei defunti e, poiché "santo e salutare è il
pensiero di pregare per i defunti perché siano assolti dai peccati" ( 2Mac
12,45 ), ha offerto per loro anche i suoi suffragi" [Conc. Ecum. Vat. II,
Lumen gentium, 50]. La nostra preghiera per loro può non solo aiutarli, ma
anche rendere efficace la loro intercessione in nostro favore.
959 Nell'unica famiglia di Dio. Tutti noi che "siamo figli di Dio e
costituiamo in Cristo una sola famiglia, mentre comunichiamo tra di noi
nella mutua carità e nell'unica lode della Trinità santissima,
corrispondiamo all'intima vocazione della Chiesa" [Conc. Ecum. Vat. II,
Lumen gentium, 50].
In sintesi
960 La Chiesa è "comunione dei santi": questa espressione designa
primariamente le "cose sante" ["sancta"], e innanzi tutto l'Eucaristia con
la quale "viene rappresentata e prodotta l'unità dei fedeli, che
costituiscono un solo corpo in Cristo" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium,
50].
961 Questo termine designa anche la comunione delle "persone sante" ["sancti"]
nel Cristo che è "morto per tutti", in modo che quanto ognuno fa o soffre in
e per Cristo porta frutto per tutti.
962 "Noi crediamo alla comunione di tutti i fedeli di Cristo, di coloro che
sono pellegrini su questa terra, dei defunti che compiono la loro
purificazione e dei beati del cielo; tutti insieme formano una sola Chiesa;
noi crediamo che in questa comunione l'amore misericordioso di Dio e dei
suoi santi ascolta costantemente le nostre preghiere" [Paolo VI, Credo del
popolo di Dio, 30].
Paragrafo 6
MARIA: MADRE DI CRISTO. MADRE DELLA CHIESA
963 Dopo aver parlato del ruolo della Vergine Maria nel Mistero di Cristo e
dello Spirito, è ora opportuno considerare il suo posto nel Mistero della
Chiesa. "Infatti la Vergine Maria.., e riconosciuta e onorata come la vera
Madre di Dio e del Redentore. . . Insieme però... e veramente "Madre delle
membra" [di Cristo]... perché ha cooperato con la sua carità alla nascita
dei fedeli nella Chiesa, i quali di quel Capo sono le membra", "...Maria
Madre di Cristo, Madre della Chiesa" .
I. La maternità di Maria verso la Chiesa
Interamente unita al Figlio suo
964 Il ruolo di Maria verso la Chiesa è inseparabile dalla sua unione a
Cristo e da essa direttamente deriva. "Questa unione della Madre col Figlio
nell’opera della Redenzione si manifesta dal momento della concezione
verginale di Cristo fino alla morte di lui". Essa viene particolarmente
manifestata nell’ora della sua Passione:
La beata Vergine ha avanzato nel cammino della fede e ha conservato 534
fedelmente la sua unione col Figlio sino alla croce, dove, non senza un
disegno divino, se ne stette ritta, soffrì profondamente con suo Figlio
unigenito e si associò con animo materno al sacrificio di lui, amorosamente
consenziente all’immolazione della vittima da lei generata; e finalmente,
dallo stesso Cristo Gesù morente in croce fu data come madre al discepolo
con queste parole: "Donna, ecco il tuo figlio" (Gv 19, 26).
965 Dopo l’Ascensione del suo Figlio, Maria "con le sue preghiere aiutò le
primizie della Chiesa". Riunita con gll Apostoli e alcune donne, "anche
Maria implorava con le sue preghiere il dono dello Spirito, che l’aveva già
presa sotto la sua ombra nell’Annunciazione" .
.. - .anche nella sua Assunzione... - .
966 "Infine, l’immacolata Vergine, preservata immune da ogni macchia di
colpa originale, finito il corso della sua vita terrena, fu assunta alla
celeste gloria col suo corpo e con la sua anima, e dal Signore esaltata come
la Regina dell’universo. perché fosse più pienamente conformata al Figlio
suo, il Signore dei dominanti, il vincitore del peccato e della morte".
L’Assunzione della Santa Vergine è una singolare partecipazione alla
Risurrezione del suo Figlio e un’anticipazione della risurrezione degli
altri cristiani.
Nella tua maternità hai conservato la verginità, nella sua dormizione non
hai abbandonato il mondo, o Madre di Dio; hai raggiunto la sorgente della
Vita, tu che hai concepito il Dio vivente e che con le tue preghiere
libererai le nostre anime dalla morte.
Ella è nostra Madre nell’ordine della grazia
967 Per la sua piena adesione alla volontà del Padre, all’opera redentrice
del suo Figlio, ad ogni mozione dello Spirito Santo, la Vergine Maria è il
modello della fede e della carità per la Chiesa. "Per questo è riconosciuta
quale sovreminente e del tutto singolare membro della Chiesa" "ed è la
figura ["typus"] della Chiesa".
968 Ma il suo ruolo in rapporto alla Chiesa e a tutta l’umanità va ancora
più lontano. "Ella ha cooperato in modo tutto speciale all’opera del
Salvatore, con l’obbedienza, la fede, la speranza e l’ardente carità cr
restaurare la vita soprannaturale delle anime. Per questo è stata Per noi la
Madre nell’ordine della grazia"
969 "Questa maternità di Maria: nell’economia della grazia perdura senza
soste dal momento del consenso prestato nella fede al tempo
dell’Annunciazione, e mantenuto senza esitazioni sotto la croce, fino al
perpetuo coronamento di tutti gli eletti. Difatti, assunta in cielo ella non
ha deposto questa missione di salvezza, ma con la sua molteplice
intercessione continua ad ottenerci i doni della salvezza eterna. . . Per
questo la beata Vergine è invocata nella Chiesa con i titoli di avvocata,
ausiliatrice, soccorritrice, mediatrice"
970 "La funzione materna di Maria verso gli uomini in nessun modo oscura o
diminuisce" l’"unica mediazione di Cristo, ma ne mostra l’efficacia. Infatti
ogni salutare influsso della beata Vergine. . . sgorga dalla sovrabbondanza
dei meriti di Cristo, si fonda sulla mediazione di lui, da essa
assolutamente dipende e attinge tutta la sua efficacia""Nessuna creatura
infatti può mai essere paragonata col Verbo incarnato e Redentore; ma come
il sacerdozio di Cristo è in vari modi partecipato dai sacri ministri e dal
Popolo fedele, e come l’unica bontà di Dio è realmente diffusa in vari modi
nelle creature, così anche l’unica mediazione del Redentore non esclude, ma
suscita nelle creature una varia cooperazione partecipata dall’unica fonte".
II. Il culto della Santa Vergine
971 "Tutte le generazioni mi chiameranno beata" (Lc 1, 48). "La pietà della
Chiesa verso la Santa Vergine è elemento intrinseco del culto cristiano". La
Santa Vergine "viene dalla Chiesa giustamente onorata con un culto speciale.
In verità dai tempi più antichi la beata Vergine è venerata col titolo di
"Madre di Dio", sotto il cui presidio i fedeli, pregandola, si rifugiano in
tutti i loro pericoli e le loro necessità... Questo culto..., sebbene del
tutto singolare, differisce essenzialmente dal culto di adorazione, prestato
al Verbo incarnato come al Padre e allo Spirito Santo, e particolarmente lo
promuove" esso trova la sua espressione nelle feste liturgiche dedicate alla
Madre di Dio e nella preghiera mariana come il santo Rosario, "compendio di
tutto quanto il Vangelo".
III. Maria - Icona escatologica della Chiesa
972 Dopo aver parlato della Chiesa, della sua origine, della sua missione e
del suo destino, non sapremmo concludere meglio che volgendo lo sguardo
verso Maria per contemplare in lei ciò che la Chiesa è nel suo Mistero, nel
suo "pellegrinaggio della fede", e quello che sarà nella patria al termine
del suo cammino, dove l’attende, nella "gloria della Santissima e indi
indivisibile Trinità", "nella comunione di tutti i santi" colei che la
Chiesa venera come la Madre del suo Signore e come sua propria Madre:
La Madre di Gesù, come in cielo, glorificata ormai nel corpo e nell’anima, è
l’immagine e la primizia della Chiesa che dovrà avere il suo compimento
nell’età futura, così sulla terra brilla come un segno di sicura speranza e
di consolazione per il popolo di Dio in cammino.
IN SINTESI
973 Pronunziando il "fiat" dell’Annunciazione e dando il suo consenso al
Mistero dell’incarnazione, Maria già collabora a tutta l’opera che il Figlio
suo deve compiere. Ella è Madre dovunque egli è Salvatore e Capo del Corpo
Mistico.
974 La Santissima Vergine Maria, dopo aver terminato il corso della sua vita
terrena, fu elevata, corpo e anima, alla gloria del cielo, dove già
partecipa alla gloria della Risurrezione del suo Figlio, anticipando la
risurrezione di tutte le membra del suo Corpo.
975 "Noi crediamo che la Santissima Madre di Dio, nuova Eva, Madre della
Chiesa, continua in cielo il suo ruolo materno verso le membra di Cristo"
Articolo 10
"CREDO LA REMISSIONE DEI PECCATI"
976 Il Simbolo degli Apostoli lega la fede nel perdono dei peccati alla fede
nello Spirito Santo, ma anche alla fede nella Chiesa e nella comunione dei
santi. Proprio donando ai suoi Apostoli lo Spirito Santo, Cristo risorto ha
loro conferito il suo potere divino di perdonare i peccati: "Ricevete lo
Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li
rimetterete, resteranno non rimessi" (Gv 20, 22-23).
(La seconda parte del Catechismo tratterà esplicitamente del perdono dei
peccati per mezzo del Battesimo, del sacramento della Penitenza e degli
altri sacramenti, specialmente dell’Eucaristia. Pertanto qui è sufficiente
richiamare brevemente qualche dato fondamentale).
I. Un solo Battesimo per la remissione dei peccati
977 Nostro Signore ha legato il perdono dei peccati alla fede e al
Battesimo: "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni
creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo" (Mc 16, 15-16). Il
Battesimo è il primo e principale sacramento per il perdono dei peccati
perché ci unisce a Cristo "messo a morte per i mostri peccati e...
risuscitato per la nostra giustificazione" (Rm 4, 25), affinché "anche noi
possiamo camminare m una vita nuova" (Rm 6, 4).
978 "La remissione dei peccati nella Chiesa avviene innanzitutto quando
l’anima professa per la prima volta la fede. Con l’acqua battesimale,
infatti, viene concesso un perdono talmente ampio che non rimane più alcuna
colpa -né originale né ogni altra contratta posteriormente - e viene rimessa
ogni pena da scontare. La grazia del Battesimo, peraltro, non libera la
nostra natura dalla sua debolezza, anzi non vi è quasi nessuno che non debba
lottare "contro la concupiscenza, fomite continuo del peccato".
979 In tale combattimento contro l’inclinazione al male, chi
potrebbe"resistere con tanta energia e con tanta vigilanza da riuscire ad
evitare ogni ferita" del peccato? "Fu quindi necessario che nella Chiesa vi
fosse la potestà di rimettere i peccati anche in modo diverso dal sacramento
del Battesimo. Per questa ragione Cristo consegnò alla Chiesa le chiavi del
Regno dei cieli, in virtù delle quali potesse perdonare a qualsiasi
peccatore pentito i peccati commessi dopo il Battesimo, fino all’ultimo
giorno della vita".
980 È per mezzo del sacramento della Penitenza che il battezzato può essere
riconciliato con Dio e con la Chiesa:
I Padri hanno giustamente chiamato la Penitenza "un battesimo laborioso".
Per coloro che sono caduti dopo il Battesimo questo sacramento della
Penitenza è necessario alla salvezza come lo stesso Battesimo per quelli che
non sono stati ancora
II. Il potere delle chiavi
981 Cristo dopo la sua Risurrezione ha inviato i suoi Apostoli a predicare
"nel suo nome... a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati" (Lc
24, 47). Tale "mmistero della riconciliazione" (2 Cor 5, 18) non viene
compiuto dagli Apostoli e loro successori solamente annunziando agli uomini
il perdono di Dio meritato per noi da Cristo e chiamandoli alla conversione
e alla fede, ma anche comunicando loro la remissione dei peccati per mezzo
del Battesimo e riconciliandoli con Dio e con la Chiesa grazie al potere
delle chiavi ricevuto da Cristo:
La Chiesa ha ricevuto le chiavi del Regno dei cieli, affinché in essa si
compia la remissione dei peccati per mezzo del sangue di Cristo e
dell’azione dello Spirito Santo. In questa Chiesa l’anima, che era morta a
causa dei peccati, rinasce per vivere con Cristo, la cui grazia ci ha
salvati.
982 Non c’è nessuna colpa, per grave che sia, che non possa essere perdonata
dalla santa Chiesa. "Non si può ammettere che ci sia un uomo, per quanto
infame e scellerato, che non possa avere con il pentimento la certezza del
perdono". Cristo, che è morto per tutti gli uomini, vuole che, nella sua
Chiesa, le porte del perdono siano sempre aperte a chiunque si allontana dal
peccato.
983 La catechesi si sforzerà di risvegliare e coltivare nei fedeli la fede
nella incomparabile grandezza del dono che Cristo risorto ha fatto alla sua
Chiesa: la missione e il potere di perdonare veramente i peccati, mediante
il ministero degli Apostoli e dei loro successori. Il Signore vuole che i
suoi discepoli abbiano i più ampi poteri; vuole che i suoi servi facciano in
suo nome ciò che faceva egli stesso, quando era sulla terra’. I sacerdoti
hanno ricevuto un potere che Dio non ha concesso né agli angeli né agli
arcangeli... Quello che i sacerdoti compiono quaggiù, Dio lo conferma lassù.
Se nella Chiesa non ci fosse la remissione dei peccati, non ci sarebbe
nessuna speranza, nessuna speranza di una vita eterna e di una liberazione
eterna. Rendiamo grazie a Dio che ha fatto alla sua Chiesa un tale dono.
IN SINTESI
984 Il Credo mette in relazione "la remissione dei peccati" con la
professione di fede nel/o Spirito Santo. Infatti Cristo risorto ha affidato
agli Apostoli il potere di perdonare i peccati quando ha loro donato lo
Spirito Santo.
985 Il Battesimo è il primo e principale sacramento per il perdono dei
peccati: ci unisce a Cristo morto e risorto e ci dona lo Spirito Santo.
986 Secondo la volontà di Cristo, la Chiesa possiede il/ potere di perdonare
i peccati dei battezzati e lo esercita per mezzo dei vescovi e dei sacerdoti
normalmente nel sacramento della Penitenza.
987 "I sacerdoti e i sacramenti sono gli strumenti per il perdono dei
peccati; strumenti per mezzo dei quali Gesù Cristo, autore e dispensatore
della salvezza, opera in noi la remissione dei peccati e genera la grazia"..
Articolo 11
"CREDO LA RISURREZIONE DELLA CARNE"
988 Il Credo cristiano - professione della nostra fede in Dio Padre, Figlio
e Spirito Santo, e nella sua azione creatrice, salvifica e santificante -
culmina nella proclamazione della risurrezione dei morti alla fine dei
tempi, e nella vita eterna.
989 Noi fermamente crediamo e fermamente speriamo che, come Cristo è
veramente risorto dai morti e vive per sempre, cosi pure i giusti, dopo la
loro morte, vivranno per sempre con Cristo risorto, e che egli li
risusciterà nell’ultimo giorno. Come la sua, anche la nostra risurrezione
sarà opera della Santissima Trinità:
Se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui
che ha risuscitato Cristo dai morti data la vita anche ai vostri corpi
mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi (Rm 8,11)529.
990 Il termine "carne" designa l’uomo nella sua condizione di debolezza e di
mortalità. La "risurrezione della carne" significa che, dopo la morte, non
ci sarà soltanto la vita dell’anima immortale, ma che anche i nostri "corpi
mortali" (Rm 8, 11) riprenderanno vita.
991 Credere nella risurrezione dei morti è stato un elemento essenziale
della fede cristiana fin dalle sue origini "Fiducia chrisrianorum
resurrectio mortuorum; illam credentes, sumus - La risurrezione dei morti è
la fede dei cristiani - credendo in essa siamo tali":
Come possono dire alcuni tra voi che non esiste risurrezione dei morti? Se
non esiste risurrezione dai morti, neanche Cristo è risuscitato! Ma se
Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana
anche la vostra fede... Ora, invece, Cristo e resuscitato dai morti,
primizia di coloro che sono morii (1 Cor 15, 12-14.20).
I. La Risurrezione di Cristo e la nostra
Rivelazione progressiva della Risurrezione
992 La risurrezione dei morti èstata rivelata da Dio al suo Popolo
progressivamente. La speranza nella risurrezione corporea dei morti si è
imposta come una conseguenza intrinseea della fede in un Dio Creatore di
tutto intero l’uomo, anima e corpo. Il Creatore del cielo e della terra è
anche colui che mantiene fedelmente la sua Alleanza con Abramo e con la sua
discendenza. E in questa duplice prospettiva che comincerà ad esprimersi la
fede nella risurrezione. Nelle loro prove i martiri Maccabei confessano:
Il Re del mondo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a
vita nuova ed eterna (2 Mac 7, 9). È bello morire a causa degli uomini, per
attendere da Dio l’adempimento delle speranze di essere da lui di nuovo
risuscitati (2 Mac 7, 14).
993 I farisei e molti contemporanei del Signore speravano nella
risurrezione. Gesù la insegna con fermezza. Ai sadducei che la negano
risponde: "Non siete voi forse in errore dal momento che non conoscere le
Scritture, né la potenza di Dio?" (Mc 12, 24). La fede nella risurrezione
riposa sulla fede in Dioche "non è un Dio dei morti, ma dei viventi!" (Mc
12, 27).
994 Ma c’è di più. Gesù lega la fede nella risurrezione alla sua stessa
Persona: "Io sono la Risurrezione e la Vita" (Gv 11, 25). Sarà lo stesso
Gesù a risuscitare nell ultimo giorno coloro che avranno creduto in lui e
che avranno mangiato il suo Corpo e bevuto il suo Sangue. Egli fin d’ora ne
dà un segno e una caparra facendo tornare in vita alcuni morti, annunziando
con ciò la sua stessa Risurrezione, la quale però sarà di un altro ordine.
Di tale avvenimento senza eguale parla come del "segno di Giona" (Mt 12,
39), del segno del tempio: annunzia la sua Risurrezione al terzo giorno dopo
essere stato messo a morte.
995 Essere testimone di Cristo è essere "testimone della sua Risurrezione"
(At 1,22), aver "mangiato e bevuto con lui dopo la sua Risurrezione dai
morti" (At 10,41). La speranza cristiana nella risurrezione è contrassegnata
dagli incontri con Cristo risorto. Noi risusciteremo come lui, con lui, per
mezzo di lui.
996 Fin dagli inizi, la fede cristiana nella risurrezione ha incontrato
incomprensioni ed opposizioni. "In nessun altro argomento la fede cristiana
incontra tanta opposizione come a proposito della risurrezione della carne".
Si accetta abbastanza facilmente che, dopo la morte, la vita della persona
umana continui in un modo spirituale. Ma come credere che questo corpo, la
cui mortalità è tanto evidente, possa risorgere per la vita eterna?
Come risuscitano i morti?
997 Che cosa significa "risuscitare"? Con la morte, separazione dell’anima e
del corpo, il corpo dell’uomo cade nella corruzione, mentre la stia anima va
incontro a Dio, pur restando in attesa di essere riunita al suo corpo
glorificato. Dio nella sua onnipotenza restituirà definitivamente la vita
incorruttibile ai nostri corpi riunendoli alle nostre anime, in forza della
Risurrezione di Gesù.
998 Chi risusciterà? Tutti gli uomini che sono morti: "quanti fecero il bene
per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di
condanna", (Gv 3, 29).
999 Come? Cristo è risorto con il suo proprio corpo: "Guardate le mie mani e
i miei piedi: sono proprio io!" (Lc 24, 39); ma egli non è . ritornato ad
una vita terrena. Allo stesso modo, in lui, "tutti risorgeranno coi corpi di
cui ora sono rivestiti", ma questo corpo sarà trasfigurato in corpo , in
"corpo spirituale" (1 Cor 15, 44):
Ma qualcuno dirà: "Come risuscitano i morti? Con quale corpo verranno?".
Stolto! Ciò che tu semini non prende vita, se prima non muore, equello che
semini non è il corpo che nascerà, ma un semplice chicco... Si -semina
corruttibile e risurge incorruttibile. . . È necessario infatti che questo
corpo corruttibile si vesta di incorruttibilità e questo corpo mortale si
vesta di immortalità (1 Cor 15, 33-37.42.5 3).
1000 Il "come" supera le possibilità della nostra immaginazione e del nostro
intelletto; è accessibile solo nella fede. Ma la nostra partecipazione
all’Eucaristia ci fa già pregustare la trasfigurazione del nostro corpo per
opera di Cristo:
Come il pane che è frutto della terra, dopo che è stata invocata su di esso
la benedizione divina, non è più pane comune, ma Eucaristia, composta di
due realtà, una terrena, l’altra celeste, così i nostri corpi che ricevono
l’Eucaristia non sono più corruttibili, dal momento che portano in sé il
germe della risurrezione.
1001 Quando? Definitivamente "nell’ultimo giorno" (Gv 6, 39-40.44.54; 11,
24); "alla fine del mondo". Infatti, la risurrezione dei morti è intimamente
associata alla Parusia di Cristo:
Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell’arcangelo e al suono
della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in
Cristo (1 Ts 4, 16).
Risuscitati con Cristo
1002 Se è vero che Cristo ci risusciterà "nell’ultimo giorno", è anche vero
che, per un certo aspetto, siamo già risuscitati con Cristo. Infatti, grazie
allo Spirito Santo, la vita cristiana, fin d’ora su questa terra, è una
partecipazione alla morte e alla Risurrezione di Cristo:
Con lui infatti siete stati sepolti insieme nel Battesimo, in lui anche
siete stati insieme risuscitati per la fede nella potenza di Dio che lo ha
risuscitato dai morti... Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di
lassù, dove sì trova Cristo assiso alla destra di Dio (Col 2, 12; 3, 1).
1003 I credenti, uniti a Cristo mediante il Battesimo, partecipano già
realmente alla vita celeste di Cristo risorto, ma questa vita rimane
"nascosta con Cristo in Dio" (Col 3, 3). "Con lui, [Dio] ci ha anche
risuscitati e ci ha fatti sedere nei cieli in Cristo Gesù" (Ef 2, 6. Nutriti
del suo Corpo nell’Eucaristia, appartecipiamo già al Corpo di Cristo. Quando
risusciteremo nell’ultimo giorno saremo anche noi "manifestati con lui nella
gloria" (Col 3, 4).
1004 Nell’attesa di quel giorno, i corpo e l’anima del credente già
partecipano alla dignità di essere "in Cristo" ; di qui l’esigenza di
rispetto verso il proprio corpo, ma anche verso quello degli altri,
particolarmente quando soffre:
Il corpo è per ii Signore e il Signore è per il corpo. Dio poi che ha
risuscitato il Signore, risusciterà anche noi con la sua potenza. Non sapete
che i vostri corpi sono membra di Cristo?... Non appartenete a voi stessi...
Glorificate dunque Dio nel vostro corpo (1 Cor 6,13-15.19-20).
II. Morire in Cristo Gesù
1005 Per risuscitare con Cristo, bisogna morire con Cristo, bisogna "andare
in esilio dal corpo e abitare presso il Signore" (2 Cor 5, 8). In questo
"essere sciolto" (Fil 1, 23) che è la morte, l’anima viene separata dal
corpo. Essa sarà riunita al suo corpo il giorno della risurrezione dei morti
.
La morte
1006 "In faccia alla morte l’enigma della condizione umana diventa sommo" .
Per un verso la morte corporale è naturale, ma per la fede essa in realtà è
"salario del peccato" (Rm 6, 23). E per coloro che muoiono nella grazia di
Cristo, è una partecipazione alla morte del Signore, per poter partecipare
anche alla sua Risurrezione.
1007 La morte è il termine della vita terrena. Le nostre vite sono misurate
dal tempo, nel corso del quale noi cambiamo, invecchiamo e, come per tutti
gli esseri viventi della terra, la morte appare come la fine normale della
vita. Questo aspetto della morte comporta un’urgenza per le nostre vite:
infatti il far memoria della nostra mortalità serve anche a ricordarci che
abbiamo soltanto un tempo limitato per realizzare la nostra esistenza.
Ricordati del tuo Creatore nei giorni della tua giovinezza.., prima che
ritorni la polvere alla terra, com’era prima, e lo spirito torni a Dio che
lo ha dato (Qo 12,1.7).
1008 La morte è conseguenza del peccato. Interprete autentico delle
affermazioni della Sacra Scrittura e della Tradizione, il Magistero della
Chiesa insegna che la morte è entrata nel mondo a causa del peccato
dell’uomo Sebbene l’uomo possedesse una natura mortale, Dio lo destinava a
non morire.
1009 La morte fu dunque contraria ai disegni di Dio Creatore ed essa entrò
nel mondo come conseguenza del peccato. "La morte corporale, dalla quale
l’uomo sarebbe stato esentato se non avesse peccato"è pertanto "l’ultimo
nemico" [dell’uomo a dover essere vinto
morte è trasformata da Cristo. Anche Gesù, il Figlio di Dio, ha subito la
morte, propria della condizione umana. Ma, malgrado la sua angoscia di
fronte ad essa, egli la assunse in un atto di totale e libera sottomissione
alla volontà del Padre suo. L’obbedienza di Gesù ha trasformato la
maledizione della morte in benedizione.]
Il senso della morte cristiana
1010 Grazie a Cristo, la morte cristiana ha un significato positivo. "Per me
il vivere è Cristo e il morire un guadagno" ( Fil 1,21 ). "Certa è questa
parola: se moriamo con lui, vivremo anche con lui" ( 2Tm 2,11 ). Qui sta la
novità essenziale della morte cristiana: mediante il Battesimo, il cristiano
è già sacramentalmente "morto con Cristo", per vivere di una vita nuova; e
se noi moriamo nella grazia di Cristo, la morte fisica consuma questo
"morire con Cristo" e compie così la nostra incorporazione a lui nel suo
atto redentore.
Per me è meglio morire per (eis") Gesù Cristo, che essere re fino ai confini
della terra. Io cerco colui che morì per noi; io voglio colui che per noi
risuscitò. Il momento in cui sarò partorito è imminente. . . Lasciate che io
raggiunga la pura luce; giunto là, sarò veramente un uomo [Sant'Ignazio di
Antiochia, Epistula ad Romanos, 6, 1-2].
1011 Nella morte, Dio chiama a sé l'uomo. Per questo il cristiano può
provare nei riguardi della morte un desiderio simile a quello di san Paolo:
"il desiderio di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo" ( Fil 1,23
); e può trasformare la sua propria morte in un atto di obbedienza e di
amore verso il Padre, sull'esempio di Cristo [Cf Lc 23,46 ].
Il mio amore è crocifisso; . . . un'acqua viva mormora dentro di me e mi
dice: "Vieni al Padre!" [Sant'Ignazio di Antiochia, Epistula ad Romanos, 7,
2].
Voglio vedere Dio, ma per vederlo bisogna morire [Santa Teresa di Gesù,
Libro della mia vita, 1].
Non muoio, entro nella vita [Santa Teresa di Gesù Bambino, Novissima verba].
1012 La visione cristiana della morte [Cf 1Ts 4,13-14 ] è espressa in modo
impareggiabile nella liturgia della Chiesa:
Ai tuoi fedeli, Signore, la vita non è tolta, ma trasformata; e mentre si
distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata un'abitazione
eterna nel cielo [Messale Romano, Prefazio dei defunti, I].
1013 La morte è la fine del pellegrinaggio terreno dell'uomo, è la fine del
tempo della grazia e della misericordia che Dio gli offre per realizzare la
sua vita terrena secondo il disegno divino e per decidere il suo destino
ultimo. Quando è "finito l'unico corso della nostra vita terrena", [Conc.
Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 48] noi non ritorneremo più a vivere altre
vite terrene. "E' stabilito per gli uomini che muoiano una sola volta" ( Eb
9,27 ). Non c'è "reincarnazione" dopo la morte.
1014 La Chiesa ci incoraggia a prepararci all'ora della nostra morte (Dalla
morte improvvisa, liberaci, Signore": antica Litania dei santi), a chiedere
alla Madre di Dio di intercedere per noi "nell'ora della nostra morte" (Ave
Maria) e ad affidarci a san Giuseppe, patrono della buona morte:
In ogni azione, in ogni pensiero, dovresti comportarti come se tu dovessi
morire oggi stesso; se avrai la coscienza retta, non avrai molta paura di
morire. Sarebbe meglio star lontano dal peccato che fuggire la morte. Se
oggi non sei preparato a morire, come lo sarai domani?
[Imitazione di Cristo, 1, 23, 1]
Laudato si, mi Signore,
per sora nostra Morte corporale,
da la quale nullo omo vivente po' scampare.
Guai a quelli che morranno ne le peccata mortali!;
beati quelli che trovarà
ne le tue sanctissime voluntati,
ca la morte seconda no li farrà male [San Francesco d'Assisi, Cantico delle
creature].
In sintesi
1015 "La carne è il cardine della salvezza" [Tertulliano, De resurrectione
carnis, 8, 2]. Noi crediamo in Dio che è il Creatore della carne; crediamo
nel Verbo fatto carne per riscattare la carne; crediamo nella risurrezione
della carne, compimento della creazione e della redenzione della carne.
1016 Con la morte l'anima viene separata dal corpo, ma nella risurrezione
Dio tornerà a dare la vita incorruttibile al nostro corpo trasformato,
riunendolo alla nostra anima. Come Cristo è risorto e vive per sempre, così
tutti noi risusciteremo nell'ultimo giorno.
1017 "Crediamo nella vera risurrezione della carne che abbiamo ora"
[Concilio di Lione II: Denz. -Schönm., 854]. Mentre, tuttavia, si semina
nella tomba un corpo corruttibile, risuscita un corpo incorruttibile , [Cf
1Cor 15,42 ] un "corpo spirituale" ( 1Cor 15,44 ).
1018 In conseguenza del peccato originale, l'uomo deve subire "la morte
corporale, dalla quale sarebbe stato esentato se non avesse peccato" [Conc.
Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 18].
1019 Gesù, il Figlio di Dio, ha liberamente subìto la morte per noi in una
sottomissione totale e libera alla volontà di Dio, suo Padre. Con la sua
morte ha vinto la morte, aprendo così a tutti gli uomini la possibilità
della salvezza.
Articolo 12
"CREDO LA VITA ETERNA"
1020 Per il cristiano, che unisce la propria morte a quella di Gesù, la
morte è come un andare verso di lui ed entrare nella vita eterna. Quando la
Chiesa ha pronunciato, per l'ultima volta, le parole di perdono
dell'assoluzione di Cristo sul cristiano morente, l'ha segnato, per l'ultima
volta, con una unzione fortificante e gli ha dato Cristo nel viatico come
nutrimento per il viaggio, a lui si rivolge con queste dolci e rassicuranti
parole:
Parti, anima cristiana, da questo mondo, nel nome di Dio Padre onnipotente
che ti ha creato, nel nome di Gesù Cristo, Figlio del Dio vivo, che è morto
per te sulla croce, nel nome dello Spirito Santo, che ti è stato dato in
dono; la tua dimora sia oggi nella pace della santa Gerusalemme, con la
Vergine Maria, Madre di Dio, con san Giuseppe, con tutti gli angeli e i
santi. . . Tu possa tornare al tuo Creatore, che ti ha formato dalla polvere
della terra. Quando lascerai questa vita, ti venga incontro la Vergine Maria
con gli angeli e i santi. . . Mite e festoso ti appaia il volto di Cristo e
possa tu contemplarlo per tutti i secoli in eterno [Rituale romano, Rito
delle esequie, Raccomandazione dell'anima].
I. Il giudizio particolare
1021 La morte pone fine alla vita dell'uomo come tempo aperto
all'accoglienza o al rifiuto della grazia divina apparsa in Cristo [Cf 2Tm
1,9-10 ]. Il Nuovo Testamento parla del giudizio principalmente nella
prospettiva dell'incontro finale con Cristo alla sua seconda venuta, ma
afferma anche, a più riprese, l'immediata retribuzione che, dopo la morte,
sarà data a ciascuno in rapporto alle sue opere e alla sua fede. La parabola
del povero Lazzaro [Cf Lc 16,22 ] e la parola detta da Cristo in croce al
buon ladrone [Cf Lc 23,43 ] così come altri testi del Nuovo Testamento [Cf
2Cor 5,8; Fil 1,23; Eb 9,27; Eb 12,23 ] parlano di una sorte ultima
dell'anima [Cf Mt 16,26 ] che può essere diversa per le une e per le altre.
1022 Ogni uomo fin dal momento della sua morte riceve nella sua anima
immortale la retribuzione eterna, in un giudizio particolare che mette la
sua vita in rapporto a Cristo, per cui o passerà attraverso una
purificazione, [Cf Concilio di Lione II: Denz.-Schönm., 857-858; Concilio di
Firenze II: ibid., 1304-1306; Concilio di Trento: ibid., 1820] o entrerà
immediatamente nella beatitudine del cielo, [Cf Benedetto XII, Cost.
Benedictus Deus: Denz.-Schönm., 1000-1001; Giovanni XXII, Bolla Ne super his:
ibid., 990] oppure si dannerà immediatamente per sempre [Cf Benedetto XII,
Cost. Benedictus Deus: Denz.-Schönm., 1002].
Alla sera della vita, saremo giudicati sull'amore [Cf San Giovanni della
Croce, Parole di luce e di amore, 1, 57].
II. Il Cielo
1023 Coloro che muoiono nella grazia e nell'amicizia di Dio e che sono
perfettamente purificati, vivono per sempre con Cristo. Sono per sempre
simili a Dio, perché lo vedono "così come egli è" ( 1Gv 3,2 ), faccia a
faccia: [Cf 1Cor 13,12; Ap 22,4 ]
Con la nostra apostolica autorità definiamo che, per disposizione generale
di Dio, le anime di tutti i santi morti prima della passione di Cristo. . .
e quelle di tutti i fedeli morti dopo aver ricevuto il santo Battesimo di
Cristo, nelle quali al momento della morte non c'era o non ci sarà nulla da
purificare, oppure, se in esse ci sarà stato o ci sarà qualcosa da
purificare, quando, dopo la morte, si saranno purificate. . ., anche prima
della risurrezione dei loro corpi e del giudizio universale - e questo dopo
l'Ascensione del Signore e Salvatore Gesù Cristo al cielo - sono state, sono
e saranno in cielo, associate al Regno dei cieli e al Paradiso celeste con
Cristo, insieme con i santi angeli. E dopo la passione e la morte del nostro
Signore Gesù Cristo, esse hanno visto e vedono l'essenza divina in una
visione intuitiva e anche a faccia a faccia, senza la mediazione di alcuna
creatura [ Benedetto XII, Cost.
Benedictus Deus: Denz. -Schönm., 1000; cf Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium,
49].
1024
Questa vita perfetta, questa comunione di vita e di amore con la Santissima
Trinità, con la Vergine Maria, gli angeli e tutti i beati è chiamata "il
cielo". Il cielo è il fine ultimo dell'uomo e la realizzazione delle sue
aspirazioni più profonde, lo stato di felicità suprema e definitiva.
1025 Vivere in cielo è "essere con Cristo" [Cf Gv 14,3; Fil 1,23; 1Ts 4,17
]. Gli eletti vivono "in lui", ma conservando, anzi, trovando la loro vera
identità, il loro proprio nome: [Cf Ap 2,17 ]
Vita est enim esse cum Christo; ideo ubi Christus, ibi vita, ibi regnum - La
vita, infatti, è stare con Cristo, perché dove c'è Cristo, là c'è la vita,
là c'è il Regno [Sant'Ambrogio, Expositio Evangelii secundum Lucam, 10, 121:
PL 15, 1834A].
1026 Con la sua morte e la sua Risurrezione Gesù Cristo ci ha "aperto" il
cielo. La vita dei beati consiste nel pieno possesso dei frutti della
Redenzione compiuta da Cristo, il quale associa alla sua glorificazione
celeste coloro che hanno creduto in lui e che sono rimasti fedeli alla sua
volontà. Il cielo è la beata comunità di tutti coloro che sono perfettamente
incorporati in lui.
1027 Questo mistero di comunione beata con Dio e con tutti coloro che sono
in Cristo supera ogni possibilità di comprensione e di descrizione. La
Scrittura ce ne parla con immagini: vita, luce, pace, banchetto di nozze,
vino del Regno, casa del Padre, Gerusalemme celeste, paradiso: "Quelle cose
che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo,
queste ha preparato Dio per coloro che lo amano" ( 1Cor 2,9 ).
1028 A motivo della sua trascendenza, Dio non può essere visto quale è se
non quando egli stesso apre il suo Mistero alla contemplazione immediata
dell'uomo e gliene dona la capacità. Questa contemplazione di Dio nella sua
gloria celeste è chiamata dalla Chiesa la "la visione beatifica":
Questa sarà la tua gloria e la tua felicità: essere ammesso a vedere Dio,
avere l'onore di partecipare alle gioie della salvezza e della luce eterna
insieme con Cristo, il Signore tuo Dio, . . . godere nel Regno dei cieli,
insieme con i giusti e gli amici di Dio, le gioie dell'immortalità raggiunta
[San Cipriano di Cartagine, Epistulae, 56, 10, 1: PL 4, 357B].
1029 Nella gloria del cielo i beati continuano a compiere con gioia la
volontà di Dio in rapporto agli altri uomini e all'intera creazione. Regnano
già con Cristo; con lui "regneranno nei secoli dei secoli" ( Ap 22,5 ) [Cf
Mt 25,21; Mt 25,23 ].
III. La purificazione finale o Purgatorio
1030 Coloro che muoiono nella grazia e nell'amicizia di Dio, ma sono
imperfettamente purificati, sebbene siano certi della loro salvezza eterna,
vengono però sottoposti, dopo la loro morte, ad una purificazione, al fine
di ottenere la santità necessaria per entrare nella gioia del cielo.
1031 La Chiesa chiama Purgatorio questa purificazione finale degli eletti,
che è tutt'altra cosa dal castigo dei dannati. La Chiesa ha formulato la
dottrina della fede relativa al Purgatorio soprattutto nei Concilii di
Firenze [Cf Denz. -Schönm., 1304] e di Trento [Cf ibid. , 1820; 1580]. La
Tradizione della Chiesa, rifacendosi a certi passi della Scrittura, [Cf ad
esempio, 1Cor 3,15; 1031 1Pt 1,7 ] parla di un fuoco purificatore:
Per quanto riguarda alcune colpe leggere, si deve credere che c'è, prima del
Giudizio, un fuoco purificatore; infatti colui che è la Verità afferma che,
se qualcuno pronuncia una bestemmia contro lo Spirito Santo, non gli sarà
perdonata né in questo secolo, né in quello futuro ( Mt 12,31 ). Da questa
affermazione si deduce che certe colpe possono essere rimesse in questo
secolo, ma certe altre nel secolo futuro [San Gregorio Magno, Dialoghi, 4,
39].
1032 Questo insegnamento poggia anche sulla pratica della preghiera per i
defunti di cui la Sacra Scrittura già parla: "Perciò [Giuda Maccabeo] fece
offrire il sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal
peccato" ( 2Mac 12,45 ). Fin dai primi tempi, la Chiesa ha onorato la
memoria dei defunti e ha offerto per loro suffragi, in particolare il
sacrificio eucaristico, [Cf Concilio di Lione II: Denz. -Schönm., 856]
affinché, purificati, possano giungere alla visione beatifica di Dio. La
Chiesa raccomanda anche le elemosine, le indulgenze e le opere di penitenza
a favore dei defunti:
Rechiamo loro soccorso e commemoriamoli. Se i figli di Giobbe sono stati
purificati dal sacrificio del loro padre, [Cf Gb 1,5 ] perché dovremmo
dubitare che le nostre offerte per i morti portino loro qualche
consolazione? Non esitiamo a soccorrere coloro che sono morti e ad offrire
per loro le nostre preghiere [San Giovanni Crisostomo, Homiliae in primam ad
Corinthios, 41, 5: PG 61, 594-595].
IV. L'inferno
1033 Non possiamo essere uniti a Dio se non scegliamo liberamente di amarlo.
Ma non possiamo amare Dio se pecchiamo gravemente contro di lui, contro il
nostro prossimo o contro noi stessi: "Chi non ama rimane nella morte.
Chiunque odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida
possiede in se stesso la vita eterna" ( 1Gv 3,15 ). Nostro Signore ci
avverte che saremo separati da lui se non soccorriamo nei loro gravi bisogni
i poveri e i piccoli che sono suoi fratelli [Cf Mt 25,31-46 ]. Morire in
peccato mortale senza essersene pentiti e senza accogliere l'amore
misericordioso di Dio, significa rimanere separati per sempre da lui per una
nostra libera scelta. Ed è questo stato di definitiva auto-esclusione dalla
comunione con Dio e con i beati che viene designato con la parola "inferno".
1034 Gesù parla ripetutamente della "Geenna", del "fuoco inestinguibile", [Cf
Mt 5,22; Mt 5,29; 1034 Mt 13,42; Mt 13,50; Mc 9,43-48 ] che è riservato a
chi sino alla fine della vita rifiuta di credere e di convertirsi, e dove
possono perire sia l'anima che il corpo [Cf Mt 10,28 ]. Gesù annunzia con
parole severe che egli "manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno. . .
tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente" ( Mt
13,41-42 ), e che pronunzierà la condanna: "Via, lontano da me, maledetti,
nel fuoco eterno!" ( Mt 25,41 ).
1035 La Chiesa nel suo insegnamento afferma l'esistenza dell'inferno e la
sua eternità. Le anime di coloro che muoiono in stato di peccato mortale,
dopo la morte discendono immediatamente negli inferi, dove subiscono le pene
dell'inferno, "il fuoco eterno" [Cf Simbolo "Quicumque": Denz. -Schnöm., 76;
Sinodo di Costantinopoli: ibid., 409. 411; 274]. La pena principale
dell'inferno consiste nella separazione eterna da Dio, nel quale soltanto
l'uomo può avere la vita e la felicità per le quali è stato creato e alle
quali aspira.
1036 Le affermazioni della Sacra Scrittura e gli insegnamenti della Chiesa
riguardanti l'inferno sono un appello alla responsabilità con la quale
l'uomo deve usare la propria libertà in vista del proprio destino eterno.
Costituiscono nello stesso tempo un pressante appello alla conversione:
"Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che
conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto
stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla Vita, e quanto
pochi sono quelli che la trovano!" ( Mt 7,13-14 ).
Siccome non conosciamo né il giorno né l'ora, bisogna, come ci avvisa il
Signore, che vegliamo assiduamente, affinché, finito l'unico corso della
nostra vita terrena, meritiamo con lui di entrare al banchetto nuziale ed
essere annoverati tra i beati, né ci si comandi, come a servi cattivi e
pigri, di andare al fuoco eterno, nelle tenebre esteriori dove "ci sarà
pianto e stridore di denti" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 48].
1037 Dio non predestina nessuno ad andare all'inferno; [ Cf Concilio di
Orange II: Denz. -Schönm. , 397; Concilio di Trento: ibid. , 1567] questo è
la conseguenza di una avversione volontaria a Dio (un peccato mortale), in
cui si persiste sino alla fine. Nella liturgia eucaristica e nelle preghiere
quotidiane dei fedeli, la Chiesa implora la misericordia di Dio, il quale
non vuole "che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi" ( 2Pt
3,9 ):
Accetta con benevolenza, o Signore, l'offerta che ti presentiamo noi tuoi
ministri e tutta la tua famiglia: disponi nella tua pace i nostri giorni,
salvaci dalla dannazione eterna, e accoglici nel gregge degli eletti
[Messale Romano, Canone Romano].
V. Il Giudizio finale
1038 La risurrezione di tutti i morti, "dei giusti e degli ingiusti" ( At
24,15 ), precederà il Giudizio finale. Sarà "l'ora in cui tutti coloro che
sono nei sepolcri udranno la sua voce [del Figlio dell'Uomo] e ne usciranno:
quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male
per una risurrezione di condanna" ( Gv 5,28-29 ). Allora Cristo "verrà nella
sua gloria, con tutti i suoi angeli. . . E saranno riunite davanti a lui
tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa
le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla
sinistra. . . E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla
vita eterna" ( Mt 25,31; Mt 25,32; Mt 25,46 ).
1039 Davanti a Cristo che è la Verità sarà definitivamente messa a nudo la
verità sul rapporto di ogni uomo con Dio [Cf Gv 12,49 ]. Il Giudizio finale
manifesterà, fino alle sue ultime conseguenze, il bene che ognuno avrà
compiuto o avrà omesso di compiere durante la sua vita terrena:
Tutto il male che fanno i cattivi viene registrato a loro insaputa. Il
giorno in cui Dio non tacerà ( Sal 50,3 ). . . egli si volgerà verso i
malvagi e dirà loro: "Io avevo posto sulla terra i miei poverelli, per voi.
Io, loro capo, sedevo nel cielo alla destra di mio Padre, ma sulla terra le
mie membra avevano fame. Se voi aveste donato alle mie membra, il vostro
dono sarebbe giunto fino al capo. Quando ho posto i miei poverelli sulla
terra, li ho costituiti come vostri fattorini perché portassero le vostre
buone opere nel mio tesoro: voi non avete posto nulla nelle loro mani, per
questo non possedete nulla presso di me [Sant'Agostino, Sermones, 18, 4, 4:
PL 38, 130-131].
1040 Il Giudizio finale avverrà al momento del ritorno glorioso di Cristo.
Soltanto il Padre ne conosce l'ora e il giorno, egli solo decide circa la
sua venuta. Per mezzo del suo Figlio Gesù pronunzierà allora la sua parola
definitiva su tutta la storia. Conosceremo il senso ultimo di tutta l'opera
della creazione e di tutta l'Economia della salvezza, e comprenderemo le
mirabili vie attraverso le quali la Provvidenza divina avrà condotto ogni
cosa verso il suo fine ultimo. Il Giudizio finale manifesterà che la
giustizia di Dio trionfa su tutte le ingiustizie commesse dalle sue creature
e che il suo amore è più forte della morte [Cf Ct 8,6 ].
1041 Il messaggio del Giudizio finale chiama alla conversione fin tanto che
Dio dona agli uomini "il momento favorevole, il giorno della salvezza" (
2Cor 6,2 ). Ispira il santo timor di Dio. Impegna per la giustizia del Regno
di Dio. Annunzia la "beata speranza" ( Tt 2,13 ) del ritorno del Signore il
quale "verrà per essere glorificato nei suoi santi ed essere riconosciuto
mirabile in tutti quelli che avranno creduto" ( 2Ts 1,10 ).
VI. La speranza dei cieli nuovi e della terra nuova
1042 Alla fine dei tempi, il Regno di Dio giungerà alla sua pienezza. Dopo
il Giudizio universale i giusti regneranno per sempre con Cristo,
glorificati in corpo e anima, e lo stesso universo sarà rinnovato:
Allora la Chiesa. . . avrà il suo compimento. . . nella gloria del cielo,
quando verrà il tempo della restaurazione di tutte le cose e quando col
genere umano anche tutto il mondo, il quale è intimamente unito con l'uomo e
per mezzo di lui arriva al suo fine, sarà perfettamente ricapitolato in
Cristo [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 48].
1043 Questo misterioso rinnovamento, che trasformerà l'umanità e il mondo,
dalla Sacra Scrittura è definito con l'espressione: "i nuovi cieli e una
terra nuova" ( 2Pt 3,13 ) [Cf Ap 21,1 ]. Sarà la realizzazione definitiva
del disegno di Dio di "ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del
cielo come quelle della terra" ( Ef 1,10 ).
1044 In questo nuovo universo, [Cf Ap 21,5 ] la Gerusalemme celeste, Dio
avrà la sua dimora in mezzo agli uomini. Egli "tergerà ogni lacrima dai loro
occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno perché le
cose di prima sono passate" ( Ap 21,4 ) [Cf Ap 21,27 ].
1045 Per l'uomo questo compimento sarà la realizzazione definitiva
dell'unità del genere umano, voluta da Dio fin dalla creazione e di cui la
Chiesa nella storia è "come sacramento" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium,
1]. Coloro che saranno uniti a Cristo formeranno la comunità dei redenti, la
"Città santa" di Dio ( Ap 21,2 ), "la Sposa dell'Agnello" ( Ap 21,9 ). Essa
non sarà più ferita dal peccato, dalle impurità, [Cf Ap 21,27 ] dall'amor
proprio, che distruggono o feriscono la comunità terrena degli uomini. La
visione beatifica, nella quale Dio si manifesterà in modo inesauribile agli
eletti, sarà sorgente perenne di gaudio, di pace e di reciproca comunione.
1046 Quanto al cosmo, la Rivelazione afferma la profonda comunione di
destino fra il mondo materiale e l'uomo:
La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio.
. . e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della
corruzione. . . Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre
fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che
possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando
l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo ( Rm 8,19-23 ).
1047 Anche l'universo visibile, dunque, è destinato ad essere trasformato,
"affinché il mondo stesso, restaurato nel suo stato primitivo, sia, senza
più alcun ostacolo, al servizio dei giusti", partecipando alla loro
glorificazione in Gesù Cristo risorto [Sant'Ireneo di Lione, Adversus
haereses, 5, 32, 1].
1048 " Ignoriamo il tempo in cui avranno fine la terra e l'umanità, e non
sappiamo il modo in cui sarà trasformato l'universo. Passa certamente
l'aspetto di questo mondo, deformato dal peccato. Sappiamo, però, dalla
Rivelazione che Dio prepara una nuova abitazione e una terra nuova, in cui
abita la giustizia, e la cui felicità sazierà sovrabbondantemente tutti i
desideri di pace che salgono nel cuore degli uomini" [Conc. Ecum. Vat. II,
Gaudium et spes, 39].
1049 "Tuttavia l'attesa di una terra nuova non deve indebolire, bensì
piuttosto stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra
presente, dove cresce quel corpo dell'umanità nuova che già riesce a offrire
una certa prefigurazione che adombra il mondo nuovo. Pertanto, benché si
debba accuratamente distinguere il progresso terreno dallo sviluppo del
Regno di Cristo, tuttavia, nella misura in cui può contribuire a meglio
ordinare l'umana società, tale progresso è di grande importanza" [Conc. Ecum.
Vat. II, Gaudium et spes, 39].
1050 "Infatti. . . tutti i buoni frutti della natura e della nostra
operosità, dopo che li avremo diffusi sulla terra nello Spirito del Signore
e secondo il suo precetto, li ritroveremo poi di nuovo, ma purificati da
ogni macchia, illuminati e trasfigurati, allorquando Cristo rimetterà al
Padre il Regno eterno e universale" [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes,
39]. Dio allora sarà "tutto in tutti" ( 1Cor 15,28 ), nella vita eterna:
La vita, nella sua stessa realtà e verità, è il Padre, che attraverso il
Figlio nello Spirito Santo, riversa come fonte su tutti noi i suoi doni
celesti. E per la sua bontà promette veramente anche a noi uomini i beni
divini della vita eterna [ San Cirillo di Gerusalemme, Catecheses
illuminandorum, 18, 29: PG 33, 1049, cf Liturgia delle Ore, III, Ufficio
delle letture del giovedì della diciassettesima settimana. [Paolo VI, Credo
del popolo di Dio, 28.]
In sintesi
1051 Ogni uomo riceve nella sua anima immortale la propria retribuzione
eterna fin dalla sua morte, in un giudizio particolare ad opera di Cristo,
giudice dei vivi e dei morti.
1052 "Noi crediamo che le anime di tutti coloro che muoiono nella grazia di
Cristo. . . costituiscono il Popolo di Dio nell'al di là della morte, la
quale sarà definitivamente sconfitta nel giorno della risurrezione, quando
queste anime saranno riunite ai propri corpi" .
1053 "Noi crediamo che la moltitudine delle anime, che sono riunite attorno
a Gesù e a Maria in Paradiso, forma la Chiesa del cielo, dove esse nella
beatitudine eterna vedono Dio così com'è e dove sono anche associate, in
diversi gradi, con i santi angeli al governo divino esercitato da Cristo
glorioso, intercedendo per noi e aiutando la nostra debolezza con la loro
fraterna sollecitudine" [Paolo VI, Credo del popolo di Dio, 29].
1054 Coloro che muoiono nella grazia e nell'amicizia di Dio, ma
imperfettamente purificati, benché sicuri della loro salvezza eterna,
vengono sottoposti, dopo la morte, ad una purificazione, al fine di ottenere
la santità necessaria per entrare nella gioia di Dio.
1055 In virtù della "comunione dei santi", la Chiesa raccomanda i defunti
alla misericordia di Dio e per loro offre suffragi, in particolare il santo
Sacrificio eucaristico.
1056 Seguendo l'esempio di Cristo, la Chiesa avverte i fedeli della "triste
e penosa realtà della morte eterna" , [Congregazione per il Clero,
Direttorio catechistico generale, 69] chiamata anche "inferno".
1057 La pena principale dell'inferno consiste nella separazione eterna da
Dio; in Dio soltanto l'uomo può avere la vita e la felicità per le quali è
stato creato e alle quali aspira.
1058 La Chiesa prega perché nessuno si perda: "Signore, non permettere che
sia mai separato da te". Se è vero che nessuno può salvarsi da se stesso, è
anche vero che Dio "vuole che tutti gli uomini siano salvati" ( 1Tm 2,4 ) e
che per lui "tutto è possibile" ( Mt 19,26 ).
1059 "La santissima Chiesa romana crede e confessa fermamente che nel giorno
del Giudizio tutti gli uomini compariranno col loro corpo davanti al
tribunale di Cristo per rendere conto delle loro azioni" [Concilio di Lione
II: Denz. -Schönm., 859; cf Concilio di Trento: ibid., 1549].
1060 Alla fine dei tempi, il Regno di Dio giungerà alla sua pienezza. Allora
i giusti regneranno con Cristo per sempre, glorificati in corpo e anima, e
lo stesso universo materiale sarà trasformato. Dio allora sarà "tutto in
tutti" ( 1Cor 15,28 ), nella vita eterna.
"AMEN"
1061 Il Credo, come pure l'ultimo libro della Sacra Scrittura, [Cf Ap 22,21
] termina con la parola ebraica Amen. La si trova frequentemente alla fine
delle preghiere del Nuovo Testamento. Anche la Chiesa termina le sue
preghiere con "Amen".
1062 In ebraico, "Amen" si ricongiunge alla stessa radice della parola
"credere". Tale radice esprime la solidità, l'affidabilità, la fedeltà. Si
capisce allora perché l'"Amen" può esprimere tanto la fedeltà di Dio verso
di noi quanto la nostra fiducia in lui.
1063 Nel profeta Isaia si trova l'espressione "Dio di verità",
letteralmente "Dio dell'Amen", cioè il Dio fedele alle sue promesse: "Chi
vorrà essere benedetto nel paese, vorrà esserlo per il Dio fedele" ( Is
65,16 ).Nostro Signore usa spesso il termine Amen, [Cf Mt 6,2; Mt 6,5; Mt
6,16 ] a volte in forma doppia, [Cf Gv 5,19 ] per sottolineare
l'affidabilità del suo insegnamento, la sua autorità fondata sulla verità di
Dio.
1064 L'"Amen" finale del Credo riprende quindi e conferma le due parole con
cui inizia: "Io credo". Credere significa dire "Amen" alle parole, alle
promesse, ai comandamenti di Dio, significa fidarsi totalmente di colui che
è l'"Amen" d'infinito amore e di perfetta fedeltà. La vita cristiana di ogni
giorno sarà allora l'"Amen" all'"Io credo" della professione di fede del
nostro Battesimo:
Il Simbolo sia per te come uno specchio. Guardati in esso, per vedere se tu
credi tutto quello che dichiari di credere e rallegrati ogni giorno per la
tua fede [Sant'Agostino, Sermones, 58, 11, 13: PL 38, 399].
1065 Gesù Cristo stesso è l'"Amen" ( Ap 3,14 ). Egli è l'"Amen" definitivo
dell'amore del Padre per noi; assume e porta alla sua pienezza il nostro
"Amen" al Padre: "Tutte le promesse di Dio in lui sono divenute "sì". Per
questo sempre attraverso lui sale a Dio il nostro Amen per la sua gloria" (
2Cor 1,20 ):
Per lui, con lui e in lui,
a te, Dio Padre onnipotente,
nell'unità dello Spirito Santo,
ogni onore e gloria
per tutti i secoli dei secoli. AMEN! |
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